Le mutazioni di nucleofosmina-1 (NPM1) si riscontrano in circa il 30% dei pazienti con leucemia acuta mieloide (LAM) di nuova diagnosi e sono più frequenti nelle forme de novo. In assenza di concomitante mutazione di FLT3, la mutazione è associata a prognosi favorevole (Heath EM et al, 2017), ma l’impatto benefico di NPM1 declina progressivamente con l’età nei pazienti trattati con chemioterapia standard di induzione/consolidamento o con agenti ipometilanti (HMA) (Mrozek K et al, 2012).
Nello studio di Lachowiez et al. (Lachowiez et al, 2020) è stata effettuata un’analisi retrospettiva nella quale sono stati confrontati i risultati terapeutici di tre differenti approcci: HMA, venetoclax + HMA (VEN/HMA), terapia intensiva di induzione (IC). Le caratteristiche cliniche e i profili mutazionali sono riportati nelle Figure I-III. Le percentuali di remissione completa (RC) + remissione completa con incompleto recupero ematologico (RCi) sono state rispettivamente del 96% (27/28), 36% (17/47) e 89% (204/228) nei pazienti trattati con VEN/HMA, HMA e IC, rispettivamente (VEN/HMA vs HMA, p: 0,001; VEN/HMA vs IC, p:0,10), come mostrato in Figura IV. Nei pazienti anziani con età >65 anni la RC/RCi è stata ottenuta nell’88%, 28% e 56%, rispettivamente (VEN/HMA vs HMA, p:0,001; VEN/HMA vs IC, p:0,01), Figura IV.
Figura I. Caratteristiche demografiche dei pazienti.
Figura II. Profilo mutazionale.
Figure III. Caratteristiche demografiche dei pazienti.
(Legenda. Profili mutazionali delle coorti HMA/VEN, HMA e IC (età> 65 anni). Le coorti HMA/ VEN (A), HMA (B) e IC (C) ospitavano diverse mutazioni profili con una mediana di 4 mutazioni per paziente, incluso NPM11. Mutazioni comuni nel contesto delle mutazioni NPM1 includevano FLT3-ITD, DNTM3A, IDH1, e IDH2. Le mutazioni di TET2 erano comuni nelle coorti HMA 1 VEN e HMA, probabilmente in correlazione con l’età avanzata e la nota associazione con mutazioni DTA.)
Figura IV. Outcome del trattamento.
Come mostrato in Figura V, un significativo miglioramento della sopravvivenza globale (OS) è stato osservato nei pazienti di età superiore a 65 anni trattati con VEN/HMA vs HMA (mediana non raggiunta vs. 0,4 anni; p:0,001) o IC (NR vs 0,93 anni; P:0,001), mentre la differenza tra IC e VEN/HMA non era significativa nell’intera coorte di pazienti NPM1+ (Figura VI). Inoltre, i pazienti più anziani trattati con HMA 1 VEN avevano un’OS dell’80% dopo follow-up mediano di 1 anno, con OS stimata a 2 anni del 70%. Nell’analisi multivariata la combinazione VEN/HMA è risultata associata a rischio di morte inferiore del 69% rispetto a IC (hazard ratio: 0,31; intervallo di confidenza al 95%, 0,12-0,83), Figura VII.
Figura V. OS nei pazienti con età >65 anni (A) e nei pazienti con età >60 anni a rischio ELN favorevole (B).
Figura VI. OS nella popolazione NPM1+ totale (A) e nei pazienti di età >65 anni (B).
Figura VII.
La conclusione degli autori è che VEN/HMA può rappresentare una efficace alternativa alla chemioterapia intensiva di induzione nei pazienti anziani con LAM.
La mia personale opinione, come anche ribadito dalle recenti linee guida ASH (Sekeres MA et al, 2020), è che, in assenza di uno studio randomizzato “conclusivo”, la chemioterapia intensiva di induzione/consolidamento dovrebbe rimanere la strategia terapeutica da adottare nella pratica clinica nei pazienti ritenuti fit secondo le linee guida SIE/SIES/GITMO (Ferrara F et al, 2013).
Fonte:
Bibliografia:
Divisione di Ematologia, Ospedale Cardarelli, Napoli
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