Malattia di Gaucher e gli algoritmi diagnostici

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Introduzione

 

La Malattia di Gaucher (MG) ĆØ una delle più comuni patologie da accumulo lisosomiale, causata da un difetto del gene che codifica l’enzima β-glucocerebrosidasi o β-glucosidasi (GBA) (Brady RO et al, 1966). La carenza congenita di tale enzima determina un accumulo progressivo di glucosilceramide nelle cellule del sistema reticolo-endoteliale, prevalentemente nella milza, nel fegato, nel midollo osseo e nello scheletro, rendendo pertanto la MG una malattia cronica multiorgano. Di conseguenza, la maggior parte delle manifestazioni cliniche sono dovute all’aumento di volume della milza e/o del fegato, alla compromissione ossea e, in rari casi, a quella polmonare. Sebbene la MG sia un disordine legato alla mutazione di un singolo gene, le manifestazioni cliniche sono estremamente variabili: da forme totalmente asintomatiche (identificate solo con il dosaggio enzimatico e/o l’analisi del DNA) a forme neonatali letali con idrope fetale e ittiosi. Tuttavia, alcune manifestazioni cliniche, quali alcuni sintomi neurologici, alterazioni del sistema immunitario, aumentata incidenza di neoplasie (soprattutto ematologiche), calcificazioni di valvole cardiache e ipertensione polmonare, non sono spiegabili dall’accumulo di per sĆ©.

La MG può manifestarsi, sia in etĆ  pediatrica che in quella adulta, con sintomi simili a quelli di una malattia ematologica, con splenomegalia associata o meno a trombocitopenia, non secondarie. L’esordio subdolo e non caratteristico può determinare un ritardo nella diagnosi e, quindi, dell’inizio della terapia, con conseguenze cliniche per i pazienti (Mehta A et al, 2017). ƈ dimostrato che un trattamento tempestivo della MG tipo 1 con la terapia enzimatica sostitutiva (TES) permette di prevenire molte delle possibili complicanze e migliorare notevolmente la qualitĆ  di vita dei pazienti (El-Beshlawy A et al, 2017). Uno studio su 884 pazienti con tipo MG 1 ha rilevato che, se iniziato durante l’infanzia, il trattamento con TES continuo per 8 anni ĆØ associato a normalizzazione dell’emoglobina, delle piastrine, dell’organomegalia e della densitĆ  ossea, con riduzioni significative dell’incidenza delle crisi ossee (Andersson H et al, 2008).

Per ridurre il ritardo diagnostico e terapeutico, sono stati proposti algoritmi diagnostici specifici per l’adulto e per il bambino, grazie alla disponibilitĆ  di procedure diagnostiche di facile utilizzo che si basano sul dosaggio della β-glucocerebrosidasi nel sangue venoso periferico (Mistry PK et al, 2011; Di Rocco M et al, 2014).

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Algoritmi diagnostici

 

La diagnosi di MG ĆØ possibile con la dimostrazione del deficit dell’enzima GBA1 nei leucociti del sangue periferico o in altre cellule nucleate, possibile solo in laboratori specializzati. Recentemente, il perfezionamento di una metodica basata sulla misurazione dell’attivitĆ  enzimatica in gocce di sangue essiccate su carta da filtro, noto come Dried Blood Spot (DBS), ha permesso l’applicazione di algoritmi diagnostici specifici per adulti e bambini, favorendo la diagnosi in soggetti con malattia paucisintomatica. La metodica del DBS rappresenta, quindi, un facile strumento di screening, che, in caso di positivitĆ  per malattia di Gaucher, richiede la conferma diagnostica con il test standard sui leucociti del sangue venoso periferico (Olivova P et al, 2008; Stroppiano M et al, 2014).

 

Algoritmo diagnostico per l’etĆ  adulta

 

La MG deve essere sospettata in tutti i pazienti con splenomegalia, non altrimenti spiegabile, associata o meno ad alterazioni di altri organi. Nel 2011, Mistry et al hanno proposto degli algoritmi diagnostici specifici per adulti, partendo dalla presenza di una splenomegalia non secondaria ad altre cause (Mistry PK et al, 2011). Nei pazienti di origine ashkenazita, in cui l’incidenza di MG supera quella delle patologie ematologiche maligne (1/800 versus 1/2.500), l’algoritmo suggerisce di dosare l’attivitĆ  della β-glucosidasi in presenza di una splenomegalia isolata. In assenza di splenomegalia, il dosaggio va eseguito nei pazienti che presentano uno o più dei seguenti fattori: trombocitopenia e/o diatesi emorragica con screening coagulativo nella norma e/o iperferritinemia e/o indici di flogosi alterati (Figura I).

 

Figura I. Algoritmo diagnostico in soggetti adulti di origine Askenazita

 

Nei pazienti di altra etnia, dove la frequenza di MG è nettamente inferiore (1/40.000), il dosaggio della β-glucosidasi va considerato in presenza di una splenomegalia associata a piastrine <150.000/mmc e/o dolori ossei e/o gammopatia, dopo aver  escluso altre cause di splenomegalia, quali patologie oncoematologiche, ipertensione portale da epatopatie, emoglobinopatie e anemie emolitiche croniche (Figura II).

 

Figura II. Algoritmo diagnostico in soggetti adulti di origine non Askenazita

 

Algoritmo diagnostico per l’etĆ  pediatrica

 

Nel 2014, ĆØ stato proposto un algoritmo diagnostico specifico per i pazienti di etĆ  <18 anni.Il sospetto diagnostico richiede l’integrazione di una dettagliata anamnesi personale e familiare, di un accurato esame obiettivo e di un’attenta valutazione dell’esame emocromocitometrico.Oltre la splenomegalia sine causa ĆØ stata presa in considerazione anche l’epatomegalia, di frequente riscontro nei pazienti con MG di questa fascia d’etĆ , associata o meno a trombocitopenia e/o anemia (Di Rocco M et al, 2014). In assenza di altre cause, la presenza di deformitĆ  a fiasca di Erlenmeyer e/o disturbi del movimento oculare (strabismo, aprassia oculomotoria) e/o rallentamento o ritardo della crescita e/o livelli elevati di ferritina e fosfatasi acida tartrato-resistente ĆØ raccomandato il dosaggio della β-glucosidasi.

L’algoritmo diagnostico completo, proposto per l’etĆ  pediatrica, ĆØ rappresentato nella Figura III.

 

Figura III. Ā Algoritmo di diagnosi precoce di malattia di Gaucher in etĆ  pediatrica (soggetti dietĆ  <18 anni).

 

Eziopatogenesi, classificazione ed epidemiologia

 

La MG ĆØ causata da mutazioni del gene codificante la GBA, trasmesse con modalitĆ  autosomica recessiva. Il gene responsabile, localizzato sul braccio corto del cromosoma 1 (1p21), ĆØ stato clonato e sequenziato (Barneveld RA et al, 1983;Ā Sorge J et al, 1985;Ā Winfield SL et al, 1997). Finora sono state identificate piu’ di 400 mutazioni che spiegano solo in parte l’ampia variabilitĆ  del fenotipo (Sidransky E et al, 1994;Ā Koprivica V et al, 2000,Ā Grabowski GA et al, 2015, Stirnemann J et al, 2017). Dal momento che molte delle mutazioni sono private, mentre altre possono essere sia singole che combinate in un allele complesso, ĆØ raccomandato il sequenziamento di tutto il gene per una tipizzazione accurata e attendibile. La maggior parte delle mutazioni sono puntiformi, ma sono state descritte ancheĀ inserzioni, delezioni, modifiche del sito di splice, e ricombinazioni di alleli vicini al pseudogene (Grabowsky GA, 2012). Le diverse mutazioni causano l’assenza o l’alterato funzionamento dell’enzima GBA, responsabile della degradazione di glucosilceramide in glucosio e ceramide, sostanze riutilizzabili dall’organismo. In rari casi, la MG può essere dovuta a deficit di saposina C per alterata funzione del gene attivatore (pro-saposina C), richiesto per l’attivazione biochimica di GBA (Vaccaro AM et al, 2010;Ā Tamargo RJ et al, 2012). Nella Figura IV viene illustrata l’attivitĆ  dell’enzima in condizioni normali (A) e nellaĀ MG (B). L’accumulo di glucosilceramide nei lisosomi dei macrofagi provoca un aumento di dimensione di queste cellule, che assumono un aspetto particolare e sono definite come ā€œcellule di Gaucherā€.

 

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Figura IV. Patogenesi della malattia di Gaucher: azione fisiologica della b-glucocerebrosidasi, coadiuvata dal coenzima, saposina C (A) e conseguenze del suo alterato funzionamento (B).

 

La GBA ĆØ un enzima appartenente alla classe delle idrolasi, presente nei lisosomi di tutti i tessuti, oltre che nelle cellule del sistema reticolo endoteliale, e questo spiega, in parte, la natura multisistemica della malattia.

In base alla sintomatologia clinica, al tempo di comparsa dei sintomi, al coinvolgimento neurologico e all’aspettativa di vita, si distinguono, classicamente, 3 differenti fenotipi della MG (Tabella I). La forma non neuropatica definisce quella che classicamente veniva definitaĀ MG tipo 1,Ā ed ĆØ contraddistinta da una estrema variabilitĆ  sia nell’etĆ  di insorgenza che nelle manifestazioni cliniche. Le forme con sintomatologia neurologica vengono suddivise in due sottotipi, in base al tipo e all’etĆ  di comparsa dei sintomi neurologici. La MGĀ tipo 2, definita anche ā€œforma neuropatica acutaā€, ĆØ caratterizzata da una grave sintomatologia neurologica e organomegalia, ad insorgenza entro il 1° anno di vita e rapidamente progressiva. La MGĀ tipo 3, definita anche ā€œforma neuropatica cronicaā€, con eterogeneitĆ , nell’etĆ  di insorgenza, nel tipo di sintomi e nell’andamento clinico (Sidransky E, 2004). Nell’ambito della forma neuropatica cronica, sono state identificate 3 categorie con caratteristiche cliniche particolari: ilĀ tipo 3a,Ā caratterizzato da un quadro clinico simile a quello dell’epilessia mioclonica progressiva, senza o con modesti sintomi sistemici (ematologici, viscerali, ossei);Ā ilĀ tipo 3b, in cui prevalgono i sintomi viscerali rispetto a quelli neurologici (inizialmente descritto in pazienti del nord della Svezia), edĀ il tipo 3c, una rara variante con compromissione cardiaca, descritta negli arabi palestinesi (Patterson MC et al, 1993;Ā Bohlega S et al, 2000).

Alcuni pazienti con MG possono sviluppare sintomi neurologici simili a quelli osservati nella malattia di Parkinson (MP), ma ad un’etĆ  più giovane (Bembi B et al, 2003;Ā Tayebi N et al, 2003;Ā Bultron G et al, 2010;Ā Rosembloom B et al, 2011). I sintomi più frequentemente osservati nei pazienti con MG sono il tremore asimmetrico, la rigiditĆ  e l’acinesia. Nella Tabella I sono sintetizzate le caratteristiche che contraddistinguono i 3 principali tipi.

 

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Tabella I. Classificazione della malattia di Gaucher

 

I diversi fenotipi della malattia rappresentano in realtà un continuum di malattia, dalla forma più lieve non-neuropatica, che può rimanere asintomatica per anni (il riscontro può avvenire anche in età avanzata) alla forma neuropatica subacuta fino a forme a esordio neurologico e viscerale molto precoce, entro il 2°-3°mese di vita (Figura V) (Goker-Alpan O et al, 2003).

 

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Figura V. Spettro delle manifestazioni cliniche della malattia di Gaucher.

 

Sebbene le correlazioni genotipo-fenotipo siano indicative ma non assolute, tra le mutazioni più frequenti (N370S, L444P, recNciI e D409H), la mutazione N370S sembra proteggere dal coinvolgimento neurologico; la mutazione L444P ĆØ associata ad una malattia più grave (l’omozigosi o l’eterozigosi composta da L444P e D409H sono in genere associate ad un fenotipo neurologico) (Mistry PK, 1995;Ā Grabowski GA et al, 2015).

La variabilitĆ  nell’’etĆ  di insorgenza e nella gravitĆ  dei sintomi, anche nella stessa famiglia, fanno ipotizzare il ruolo di altri fattori, non ancora identificati. Recentemente, ĆØ stato attribuito un ruolo causale all’ attivazione costitutiva dei macrofagi, con un aumentato rilascio di diverse citochine pro infiammatorie (TNF-α, IL-1β, IL-6, IL-1, IL-2, IL-8, sCD14, GM-CSF) e di chemochine (MIP-1α, MIP-1β e CCL18) (Hollak CE et al, 1997;Ā Altarescu G et al, 2003Ā and 2005;Ā Yoshino M et al, 2007;Ā van Breemen MJ et al, 2007). E’ stato ipotizzato che l’entitĆ  delle reazioni infiammatorie multi-sistemiche sia condizionata dalla quantitĆ  di citochine e chemochine circolanti che correla con la gravitĆ  della sintomatologia clinica (Barak V et al, 1999).

La prevalenza della MG nella popolazione generale ĆØ stimata > 1:40.000; la forma non neuropatica ĆØ di gran lunga la più comune nei paesi occidentali (oltre il 90% dei pazienti) mentre in Asia e nei paesi arabi sembra prevalente la forma neuropatica cronica (Wan L et al, 2006;Ā Choy FY et al, 2007;Ā El-Morsy Z et al, 2011). La MG, come tutte le patologie autosomiche recessive, può avere predilezioni etniche. In particolare, si osserva una prevalenza della forma di tipo 1, dovuta soprattutto a mutazioni del gene N370S (70% dei casi), negli ebrei askenaziti (frequenza di portatori, 1:17; prevalenza della malattia, 1:850) (Beutler E et al, 1993). Negli altri paesi, la mutazione più frequente nella forma di tipo 1 ĆØ la L444P. Sembra che il genotipo N370S/L444P sia il più frequente nelle popolazioni di discendenza europea e determini un quadro clinico più grave rispetto all’omozigosi N370S. In Italia, le indagini epidemiologiche stimano una prevalenza di 1:40.000-1:86.000.

 

Manifestazioni cliniche

 

La MG può esordire a qualunque età e, dal punto di vista della sintomatologia clinica, la malattia è caratterizzata da una estrema variabilità, con segni e sintomi suggestivi di patologie diverse, soprattutto quando compaiono in età adulta (Tabella II).

 

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Tabella II. Ā Segni e sintomi della malattia di Gaucher.

 

Sintomi viscerali

 

I sintomi viscerali, quali ingombro addominale e/o difficoltĆ  digestive, sono dovuti all’aumento di volume soprattutto della milza e, meno frequentemente, del fegato. LaĀ splenomegaliaĀ ĆØ, nella maggioranza dei casi, il sintomo più frequente e può comparire molto precocemente, nella prima infanzia. In questo caso ĆØ spesso accompagnata da anemia, piastrinopenia e leucopenia. Un aumento di volume della milza ĆØ riscontrabile in circa il 70% dei pazienti con MG; tuttavia, una splenomegalia grave (>15 volte il valore normale) ĆØ riscontrabile nel 14% dei pazienti e può essere associata alla presenza di zone infartuali con aree di fibrosi parenchimale. L’epatomegaliaĀ ĆØ meno frequente (30%) ed ĆØ, generalmente, successiva all’interessamento della milza. Nella maggior parte dei casi ĆØ moderata, e solo in una piccola percentuale di pazienti (2%) il fegato può arrivare ad un volume >2.5 volte il valore normale. L’infiltrazione del parenchima epatico da parte delle cellule di Gaucher può comportare alterazione della funzionalitĆ  epatica e, se massiccio e persistente, può determinare una fibrosi e, in rari casi, evolvere in cirrosi con conseguente ipertensione portale e sviluppo di varici esofagee.

 

Manifestazioni ematologiche

 

Una pancitopenia periferica (piastrinopenia e/o anemia e/o leucopenia con neutropenia) di vario grado e alterazioni della coagulazione sono molto comuni. LaĀ piastrinopeniaĀ (piastrine <150.000/mm3) ĆØ l’alterazione ematologica più frequente ed ĆØ riscontrabile in circa il 60% dei pazienti, ma solo nel 30% ĆØ di entitĆ  moderata-severa (<120.000/mm3). La sua patogenesi può essere multifattoriale: la ridotta produzione midollare per infiltrazione di cellule Gaucher può essere aggravata da sequestro splenico (in caso di importante splenomegalia). Anche l’anemia, attualmente riscontrabile in circa il 13% dei pazienti, può avere una patogenesi multifattoriale: ridotta produzione di eritrociti per infiltrazione midollare da parte di cellule Gaucher, sequestro splenico, deficit marziale e/o vitaminico.

Manifestazioni emorragicheĀ muco-cutanee (epistassi, gengivorragia, ipermenorrea, metrorragia) o unĀ sanguinamento eccessivoĀ post-traumatico o post-chirurgico possono essere conseguenti sia ad una riduzione e/o alterata funzionalitĆ  piastrinica sia ad alterata produzione di fattori della coagulazione (II, V, VII, VIII, IX, X, XI, XII, vWFAg). Le anomalie coagulative possono regredire con la TES (Billett HH et al, 1996;Ā Hollak CE et al, 1997;Ā Giona F et al, 2006;Ā Mitrovic M et al, 2012).

I pazienti con MG possono sviluppare disordini legati a disregolazione dei linfociti B, qualiĀ patologie autoimmuniĀ (piastrinopenia autoimmune, anemia emolitica autoimmune, ecc.);Ā ipergammaglobulinemia policlonale,Ā molto frequente sia nei bambini che negli adulti;Ā gammopatia monoclonale, mieloma multiplo,Ā linfomiĀ eĀ leucemie.Ā Ā E’ stato ipotizzato che la patogenesi di questa disregolazione sia legata all’accumulo di glucosilceramide nei lisosomi dei macrofagi (cellule chiave dell’immunitĆ  innata ed adattiva), che determina una stimolazione antigenica cronica con iperproduzione di diverse citochine pro-infiammatorie, che esplicano la loro azione non solo sui linfociti B, ma anche su quelli T, i monociti, le cellule NK, le cellule dendritiche e, sembra, anche sui neutrofili (Shoenfeld Y et al, 1982;Ā Fox H et al, 1984;Ā Zimran A et al, 1993). E’ stata segnalata una riduzione del numero delle cellule dendritiche e delle cellule NK, un aumento dell’espressione delle molecole presentanti l’antigene, quali CD1a e MHC di classe II sui monociti, una riduzione dei linfociti T, in particolare dei CD4+, e una riduzione della funzionalitĆ  dei neutrofili (Balreira et al, 2005;Ā Micheva et al, 2006; Pandey MK, Grabowski GA, 2013). Nonostante queste alterazioni,Ā non ĆØ stato rilevato un aumentato rischio nĆ© di infezioni nĆ© di patologie autoimmuni, rispetto alla popolazione generale.

Purtroppo, i pazienti con MG tipo 1 presentano un aumentato rischio di sviluppare patologie neoplastiche, soprattutto emopatie di tipo linfoproproliferativo (Zimran A et al, 2005;Ā Landgren O et al 2007). In base ai dati disponibili, il rischio relativo di sviluppare una neoplasia ematologica varia dal 3,5 al 12,7, e che può salire a valori compresi tra il 25 e il 51 per il mieloma multiplo (MM) (Arends M et al, 2013). Una gammopatia monoclonale di incerto significato (MGUS) ĆØ riportata nell’ 8-35% di pazienti (Brautbar A et al, 2004;Ā de Fost M et al, 2008), con un aumentato un rischio di progressione a MM di circa 1% per anno (Kyle RA et al, 2002). E’ stato segnalato anche un incremento nell’incidenza di linfomi non-Hodgkin a cellule B (Cox TM et al, 2015).

Nei pazienti con MG ĆØ possibile riscontrare elevati livelli sierici di ferritina (>300 ng/ml), senza evidente accumulo di ferro negli organi. E’ stato ipotizzato che l’iperferritinemiaĀ sia una conseguenza dell’accumulo di ferro nelle cellule di Gaucher (Morgan MA et al, 1983;Ā Beutler E, 1991;Ā Zimran A et al, 1992;Ā Decaux O et al, 2003). Il suo significato, cosƬ come il suo ruolo come marker di malattia, resta poco chiaro e ancora da definire, anche se ĆØ stata osservata una normalizzazione dei livelli dopo un lungo periodo di trattamento (Mekinian A et al, 2012). Un’iperferritinemia più elevata (>1000 ng/ml) ĆØ meno frequente e può essere dovuta a una coesistente emocromatosi.

 

Coinvolgimento osseo

 

La compromissione ossea è la più importante causa di disabilità legata alla MG, soprattutto negli adulti con la forma di tipo 1. Nei bambini si osserva un ritardo nella crescita (Kauli R et al, 2000).

Si ritiene che le cellule di Gaucher non provochino direttamente il danno osseo ma possano influire indirettamente sulla funzione degli osteoblasti e degli osteoclasti attraverso la secrezione di citochinine, come l’IL-1, l’IL-6 e il TNF (Gervas-Arruga J et al, 2015). Si ipotizza che all’origine vi sia un’infiltrazione di cellule di Gaucher che provoca una riduzione nella capacitĆ  degli osteoblasti di sintetizzare nuovo tessuto osseo.

L’infiltrazione ossea da parte delle cellule di Gaucher determina un anomalo rimodellamento osseo, con la tipica deformitĆ  a fiasca di Erlenmeyer, caratteristica di questa malattia e presente in oltre il 60% dei pazienti. Si manifesta sotto forma di un’eccessiva svasatura dell’estremitĆ  delle ossa lunghe e, in genere, interessa il femore distale e/o la tibia prossimale.

L’aumento della pressione intraossea dovuta all’infiltrazione da parte delle cellule Gaucher può provocare edema doloroso e/o ischemia e conseguenti crisi dolorose ossee e/o infarti. Le cosiddette crisi ā€œosseeā€ possono essere accompagnate da brividi e febbre, con alterazione degli indici di flogosi. Il dolore osseo, che può essere anche cronico e di entitĆ  variabile, ĆØ presente in circa il 40% dei pazienti.

Le alterazioni ossee, con coinvolgimento sia trabecolare che corticale, possono essere localizzate o diffuse e sono progressive. L’estensione del coinvolgimento osseo, cosƬ come la progressione della malattia ossea, varia enormemente da individuo a individuo e, ad oggi, non ĆØ emersa alcuna correlazione con una mutazione particolare (Mikosch P, Hughes D, 2010). Le alterazioni ossee vanno dal rimaneggiamento osseo all’osteopenia, osteosclerosi, osteoporosi, osteonecrosi, lesioni litiche che possono provocare fratture spontanee o cedimenti articolari. Questi ultimi, a loro volta, comportano lo sviluppo di un’osteoartrosi accompagnata da impotenza funzionale. I segmenti ossei più colpiti sono le vertebre, soprattutto lombari, i femori (metafisi, diafisi ed epifisi), le tibie, l’omero, e nelle forme più gravi, anche l’osso mandibolare. E’ stata dimostrata anche una correlazione direttamente proporzionale tra livelli di vitamina D e densitĆ  minerale ossea (Marcucci G et al, 2014). Ā La riduzione della densitĆ  ossea, se di grado elevato, aumenta il rischio di fratture.

 

Manifestazioni neurologiche

 

La presenza di sintomi e segni neurologici caratterizza la forma neuropatica della MG. La compromissione neurologica ĆØ legata alla presenza di mutazione L444P e/o D409H. NellaĀ forma neuropatica acutaĀ ad insorgenza neonatale (alla nascita o entro il 2°-3° mese di vita), i sintomi d’esordio sono rappresentati da difficoltĆ  nell’alimentazione e problemi respiratori con frequenti infezioni; successivamente, compare spasticitĆ , disfagia, stridore e paralisi della muscolatura oculare. Il deterioramento neurologico ĆØ rapidamente progressivo; la fase finale ĆØ caratterizzata da cachessia, contratture articolari e infezioni (soprattutto respiratorie) resistenti alla terapia e la morte si verifica nei primi 2-3 anni di vita. NellaĀ forma neuropatica subacutaĀ il coinvolgimento neurologico ĆØ meno aggressivo e più lento (può manifestarsi in un arco di tempo che va dalla prima infanzia alla quinta decade di vita) e le manifestazioni cliniche più frequenti, variabili sia come tipo che come entitĆ , sono rappresentate da: aprassia oculomotoria, nistagmo, oftalmoplegia sopranucleare, atassia, spasticitĆ , mioclonie, crisi epilettiche resistenti alla terapia, demenza, ritardo cognitivo (nei bambini) o regressione intellettiva (negli adulti). L’etĆ  di insorgenza di questi sintomi e la loro evoluzione determinano il tipo e il grado di severitĆ  della malattia. La presenza di mioclonia, che può spesso progredire in encefalopatia, ĆØ associata con una prognosi peggiore. Il riscontro in un bambino di un ritardo cognitivo, accompagnato o meno da crisi miocloniche o crisi convulsive generalizzate ā€œsine causaā€, deve far sospettare la MG, anche in assenza di un coinvolgimento viscerale.

Classicamente, la forma di tipo 1 non risulta associata ad un coinvolgimento neurologico, maĀ  ĆØ ormai evidente una correlazione tra alcune mutazioni del gene della GBA e la comparsa di un parkinsonismo o di una vera e propria malattia di Parkinson (Bembi B et al, 2003;Ā Itokawa et al, 2006). Questa associazione ĆØ riportata anche per i portatori sani (Aharon-Peretz J et al, 2004;Ā Lwin A et al, 2004).

 

Coinvolgimento cardio-polmonare

 

Un coinvolgimento polmonare ĆØ raro e può manifestarsi con tosse persistente associata o meno ad infezioni broncopneumoniche. L’ipertensione polmonare, che ha un’origine ad oggi sconosciuta e può svilupparsi anche nel corso della terapia enzimatica sostitutiva, ĆØ una rarissima complicanza, osservata soprattutto nei pazienti splenectomizzati (Belmatoug N et al, 1998). Un coinvolgimento cardiaco ĆØ raro ed ĆØ legato alla presenza di mutazione D409H (Edwards WD et al, 1983;Ā Mistry PK, 1995). Quando presente, si manifesta con coinvolgimento del pericardio e del miocardio con potenziale cardiomiopatia restrittiva.

 

Percorso diagnostico

Nella Figura VI ĆØ illustrato l’algoritmo diagnostico per la MG.

 

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Figura VI. Algoritmo diagnostico

 

Dosaggio dell’attivitĆ  enzimatica della β-glucocerebrosidasi

 

In presenza di un sospetto clinico, ĆØ necessario eseguire il dosaggio dell’attivitĆ  enzimatica della GBA nei leucociti da sangue venoso periferico (SVP) o sui fibroblasti (Beutler E et al, 1970a,Ā Beutler E et al, 1970bĀ eĀ Beutler E et al, 1970c). La dimostrazione di una ridotta attivitĆ  enzimatica (<10% del normale) depone per una diagnosi di MG (Charrow J et al, 1998).

IlĀ gold standardĀ diagnostico rimane il dosaggio enzimatico nei leucociti da SVP.

Il ruolo di indagini più invasive, quali l’agoaspirato midollare e/o la biopsia osteomidollare ĆØ limitato al sospetto di una concomitante patologia ematologica. Nel caso vengano evidenziate cellule di Gaucher nel midollo osseo bisogna eseguire, comunque, il dosaggio dell’enzima GBA, dal momento che cellule pseudo-Gaucher possono essere presenti in altre condizioni morbose, quali le malattie mieloproliferative croniche, il mieloma multiplo, le sindromi mielodisplastiche, alcune malattie infettive (la tubercolosi polmonare e la micobatteriosi), la talassemia e la malattia di Nieman-Pick.

 

Analisi molecolare delle mutazioni

 

Dopo il riscontro di una ridotta attivitĆ  enzimatica, ĆØ indispensabile procedere con l’analisi molecolare delle mutazioni del gene codificante la GBA, per una migliore definizione della malattia. Il gene GBA, che contiene 11 esoni e 10 introni e copre 7.6 kilobasi (KB) di sequenza, ha uno pseudogene altamente omologo (psGBA), che copre 5.7 kb, situato a 16 kb a valle, che condivide circa il 96% della in regioni codificante la sequenza (Brown JT et al, 2006;Ā Hruska KS et al, 2008). Per questo ĆØ necessario che lo studio del gene GBA debba essere eseguito da personale esperto in laboratori dedicati. La conoscenza del genotipo, infatti, può fornire importanti informazioni prognostiche e quindi indirizzare l’approccio terapeutico, permettere la consulenza genetica nell’ambito dei familiari con l’identificazione di eventuali pazienti affetti asintomatici e/o portatori sani o pianificare una diagnosi prenatale su villi coriali o su amniociti.

 

Marcatori biochimici

 

La ricerca di un marker biochimico indicativo dell’attivitĆ  macrofagica e, quindi, utile nel monitoraggio della risposta al trattamento, ha stimolato studi su diversi parametri, quali: la chitotriosidasi, l’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE), la fosfatasi acida tartrato resistente (TRAP), la ferritina e la chemochina CCL18. Questi marcatori biochimici, in realtĆ , sono aspecifici, ma, essendo marcatori dinamici, possono essere utilizzati durante il follow-up per valutare l’andamento della malattia. Il marcatore attualmente più impiegato ĆØ la chitotriosidasi, secreta in eccesso dai macrofagi attivati ripieni di lipidi; i livelli sierici, significativamente aumentati (100-400 volte superiore al valore normale) nei pazienti non trattati, si riducono con la TES e quindi rappresentano uno strumento utile per il monitoraggio dell’efficacia del trattamento (van Dussen L et al, 2014). La sua utilitĆ  come marker di malattia ĆØ limitata dal fatto che in una piccola percentuale di pazienti (variabile tra il 6 e l’8%), la chitotriosidasi non ĆØ elevata per un’alterazione del gene codificante (IrĆŗn P et al, 2013). Resta ancora di difficile comprensione il ruolo della TRAP e dell’ACE e della chemochina CCL18 nel monitoraggio della MG, tanto che il loro impiego nella pratica clinica ĆØ, ad oggi, limitato.

 

Indagini ematochimiche, strumentali e specialistiche

 

Una volta definita la diagnosi, vanno effettuate le indagini ematochimiche, strumentali e specialistiche indispensabili per la definizione degli organi potenzialmente coinvolti e l’entitĆ  della loro compromissione. Nella Tabella III sono riassunte le valutazioni diagnostiche indispensabili, da eseguire in tutti i pazienti.

 

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Tabella III. Indagini indispensabili alla diagnosi di malattia di Gaucher, negli adulti e nei bambini.

 

La valutazione ematologica comprende, oltre l’esame emocromocitometrico, anche la conta reticolocitaria e la valutazione dello stato del ferro. La determinazione del tempo di protrombina (PT) e di quello di tromboplastina parziale attivata (aPTT) ĆØ indicata per tutti i pazienti, anche in quelli asintomatici. In presenza di una diatesi emorragica, con o senza alterazione del numero delle piastrine ĆØ utile lo studio della funzionalitĆ  piastrinica e/o la ricerca dell’antigene di von Willebrand. In caso di alterazione del PT e/o dell’aPTT, ĆØ utile il dosaggio dei fattori della coagulazione.

Per la valutazione strumentale delle dimensioni del fegato e della milza ĆØ indicato l’esame ecografico, anche se la risonanza magnetica (RM) dĆ  maggiori informazioni. La TC ĆØ indicata esclusivamente nel caso di sospetto di una concomitante patologia ematologica.

Le indagini utili per la caratterizzazione di un’eventuale compromissione ossea comprendono: la mineralometria ossea (DEXA) della colonna vertebrale e del femore e l’esame radiografico (Rx) del distretto osseo coinvolto, nei pazienti con sintomatologia dolorosa ossea. Nei pazienti con lesioni ossee evidenziate radiologicamente, può essere utile un’integrazione con la RM, per una maggiore definizione della/e lesione/i e per controllare l’effetto della terapia. Nei pazienti asintomatici ĆØ indicata la RM della colonna e del femore. In caso di compromissione ossea ĆØ importante completare la valutazione con lo studio del metabolismo osseo, compreso il dosaggio del paratormone e dell’osteocalcina.

Una valutazione cardiologica, comprensiva di ecocardiogramma, ĆØ indicata alla diagnosi e nel follow-up di pazienti con mutazione D409H, che correla con un alto rischio di sviluppare un danno cardiaco.

Un esame neurologico deve essere effettuato in tutti i pazienti. Nei pazienti con sintomi neurologici evidenti, nei bambini con sintomi sistemici gravi con esordio ad un’etĆ  <2 anni, nei pazienti diagnosticati a qualsiasi etĆ  con genotipo ad alto rischio per compromissione neurologica (L444P/L444P; D409H/ D409H; L444P/ D409H) vanno eseguite indagini specifiche, illustrate nella Tabella IV.

 

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Tabella IV. Indagini specifiche.

 

Terapia

 

La MG di tipo 1 ĆØ stato il primo disordine genetico, da accumulo lisosomiale, in cui la somministrazione dell’enzima mancante si ĆØ dimostrata efficace, diventando il prototipo per lo sviluppo della terapia per altri disordini lisosomiali da accumulo (Brady RO et al, 1975;Ā Dale GL, Beutler E, 1976;Ā Pentchev PG, 1977;Ā Furbish FS et al, 1977).

Prima della disponibilitĆ  della TES, la terapia era finalizzata al trattamento dei sintomi. I presidi terapeutici frequentemente impiegati erano rappresentati da vitamine e/o ferro e/o trasfusioni in caso di anemia, cortisonici in caso di piastrinopenia con sintomatologia emorragica, protesi o fissaggi interni in caso di fratture ossee, splenectomia totale o parziale in caso di imponente splenomegalia con sintomi da ingombro e/o con citopenia periferica. La splenectomia veniva eseguita in pazienti con sintomi da ingombro addominale dovuti a splenomegalia massiva e/o ipersplenismo, o nei bambini con ritardo della crescita (van Dussen L et al 2011). La comparsa di complicanze, quali osteonecrosi delle grandi articolazioni, epatomegalia con evoluzione in cirrosi e setticemie (Rodrigue SW et al, 1999) limitava tale procedura, che ĆØ stata praticamente abbandonata dopo l’introduzione della TES.

L’obiettivo del trattamento ĆØ quello di ridurre e/o prevenire l’accumulo del materiale lipidico non digerito, evitando il danno d’organo e/o le complicanze invalidanti (Stirnemann J et al, 2017).

Attualmente, le opzioni terapeutiche disponibili per i pazienti con GD di tipo 1 e tipo 3 con organomegalia comprendono la TES e la terapia di riduzione del substrato (SRT). Per i pazienti con la forma di tipo 2 e di tipo 3, né la TES né i farmaci inibitori del substrato si sono dimostrati efficaci (Erikson A et al, 1995; Prows CA et al, 1997).

 

Terapia Enzimatica Sostitutiva (TES)

 

L’approvazione per l’uso nella pratica clinica, nel 1991, da parte dell’FDA dell’enzima glucocerebrosidasi, ottenuto dalla placenta umana, purificato e parzialmente deglicosilato,Ā alglucerasi, ha portato ad una vera e propria rivoluzione nella gestione della MG. Nel 1994, tre anni dopo l’approvazione negli USA, l’uso dell’alglucerasiĀ veniva approvato in Europa. L’enzimaĀ algluceraseĀ ĆØ stato utilizzato a dosi inizialmente elevate (120 U/kg ogni due settimane) e successivamente più basse (15-60 U/Kg/mese), in rapporto al tipo e all’entitĆ  di compromissione d’ organo (Barton NW et al, 1990;Ā Hollak CE et al, 1995;Ā Zimran A et al, 1995). L’alglucerasi si ĆØ dimostrato efficace non solo sui sintomi ma anche sull’accumulo di glucosilceramide negli organi compromessi, con conseguente eliminazione del fabbisogno trasfusionale, correzione dell’anemia e/o piastrinopenia, riduzione dell’epatosplenomegalia con miglioramento dei segni legati all’ipersplenismo, riduzione del dolore e delle lesioni ossee, diminuzione dei biomarcatori, mostrando un profilo di sicurezza affidabile (Beutler E et al, 1977;Ā Barton NW et al, 1991;Ā Barton NW et al, 1992;Ā Figueroa ML et al, 1992;Ā Pastores GM et al, 1993;Ā Zimran A et al, 1994;Ā Bembi B et al, 1994;Ā Aporta Rodriguez R et al, 1998).

Le enormi quantitĆ  di placenta indispensabili per soddisfare le richieste e il potenziale rischio infettivo diedero la spinta per la ricerca di nuove molecole. L’imiglucerasiĀ ĆØ stato il primo enzima ricombinante (ottenuto da cellule ovariche di criceti cinesi con sostituzione di un singolo aminoacido in posizione 495 nella catena glicoproteica) che ha mostrato un’efficacia e una tollerabilitĆ  simile all’alglucerasiĀ allo stesso dosaggio (Grabowski GA et al, 1995;Ā Niederau C et al, 1998;Ā Elstein D et al, 1998a). Ā E’ stato approvato dalla FDA nel 1994 e in Europa nel 1997 per i pazienti con diagnosi confermata di MG non neuropatica (tipo 1) o neuropatica cronica con significative manifestazioni cliniche sistemiche di malattia (tipo 3). L’elevato costo della TES e la necessitĆ  di un trattamento a vita hanno stimolato la ricerca per l’identificazione di un dosaggio minimo efficace, in base all’entitĆ  e al tipo di compromissione d’organo, e di una frequenza di somministrazione ottimale per raggiungere gli obiettivi terapeutici previsti. Da anni, l’attivitĆ  del gruppo internazionale di esperti, denominatoĀ European Working Group on Gaucher DiseaseĀ (EWGGD,Ā www.ewggd.com)Ā e l’esistenza di un Registro Internazionale Gaucher (ICGG,Ā https://www.gauchercare.com/), che attualmente include circa 5000 pazienti, permettono l’acquisizione di informazioni utili ad ottimizzare la gestione dei pazienti con MG (Vellodi A et al, 2001; Weinreb NJ et al, 2002).

Nel 2010 ĆØ stato approvato sia dall’FDA che dall’EMA l’uso di un nuovo enzima ricombinante, ilĀ velaglucerasi alfa, ottenuto mediante tecnica di attivazione genica in una linea cellulare umana, quindi con una sequenza identica a quella naturale. E’ indicato per la TES a lungo termine nei pazienti affetti da MG di tipo 1. Gli enzimi ricombinanti ottenuti da cellule di mammiferi, a fronte di una elevata efficacia terapeutica, comportano elevati costi di produzione.

Un nuovo enzima ricombinante con la stessa struttura di quello umano, ilĀ taliglucerasi alfa, ĆØ stato ottenuto da cellule vegetali (carota) con una piattaforma di produzione ad alto rendimento con importante riduzione dei costi di produzione. IlĀ taliglucerasi alfaĀ si ĆØ dimostrato efficace nelle forme di tipo 1 con importante organomegalia (Zimran A et al, 2011) per cui nel maggio 2012 ĆØ stato registrato negli USA dall’FDA per i pazienti con MG di tipo 1.

 

Inibitori del substrato

 

La TES presenta dei limiti legati, oltre che al costo elevato (Edward RB et al, 1996), alle caratteristiche dell’enzima: incapacitĆ  di superare la barriera emato-encefalica, somministrazione per via endovenosa, rischio di reazioni allergiche. Per superare questi inconvenienti, in questi ultimi anni ĆØ stata posta l’attenzione sulle piccole molecole, le molecoleĀ chaperonesĀ e gliĀ inibitori del substrato.

Gli inibitori del substrato rappresentano una strategia alternativa proposta per la prima volta da Radin nel 1996 (Radin NS et al, 1996). L’obiettivo ĆØ quello di inibire la formazione di sfingolipidi che si accumulano nei lisosomi dei macrofagi rendendo sufficiente l’attivitĆ  enzimatica residua (Shayman JA, Larsen SD, 2014). Questo tipo di terapia ha inoltre il vantaggio della somministrazione orale, della notevole riduzione dei costi e dello sviluppo di anticorpi anti-enzima infuso (Gary SE et al, 2018).

IlĀ miglustatĀ ĆØ stata la prima molecola ad azione inibitoria sul substrato a dimostrare un’efficacia nei pazienti con MG di tipo 1 (Cox T et al, 2000;Ā Heitner R et al, 2003). La sua attivitĆ  si esplica attraverso l’inibizione dell’enzima glucosilceramide-sintetasi con conseguente ridotta formazione di glucosilceramide. E’ stato approvato nel 2002 dall’ EMA per i pazienti adulti con MG tipo 1 di grado lieve-moderato, e nel 2003 dalla FDA per i pazienti con MG tipo 1 che per diversi motivi (reazioni di ipersensibilitĆ , scarsa compliance, sviluppo di anticorpi) non possono essere trattati con la TES. La sua formulazione orale supera gli inconvenienti della TES, ma la sua non selettivitĆ  comporta un’elevata incidenza di effetti collaterali soprattutto gastrointestinali, quali diarrea profusa con squilibri elettrolitici Ā (Weinreb NJ et al, 2005). Ad oggi, non ĆØ stata dimostrata un’efficacia superiore alla TES nelle forme con coinvolgimento neurologico (tipo 3) (Schiffmann R et al, 2008;Ā Hollak CE et al, 2009).

Un inibitore selettivo della glucosilceramide sintetasi, che si ĆØ dimostrato sicuro ed efficace nella MG tipo1, ĆØ l’eliglustat tartratoĀ (McEachern KA 2007;Ā Lukina E et al, 2010). Il metabolismo di questa molecola coinvolge il citocromo CYP2D6, la cui attivitĆ  ne condiziona l’utilizzo. L’eliglustat tartratoĀ ĆØ stato approvato dalla FDA nel 2014 e dall’EMA nel 2015 con l’indicazione per il trattamento a lungo termine di pazienti adulti con MG di tipo 1 che sono metabolizzatori lenti (poor metabolisers, PMs), metabolizzatori intermedi (intermediate metabolisers, IMs) o metabolizzatori estensivi (extensive metabolisers, EMs) per il citocromo CYP2D6; non ĆØ indicato per i metabolizzatori rapidi. Ā Quindi, prima di iniziare il trattamento conĀ eliglustat tartratoĀ ĆØ necessario determinare il genotipo di CYP2D6 dei pazienti, allo scopo di stabilire lo stato di metabolizzatore per il citocromo CYP2D6.

 

Molecole chaperones

 

La terapia farmacologica con iĀ chaperonesĀ si basa sulle capacitĆ  di queste molecole di promuovere la corretta conformazione e di rendere stabili gli enzimi lisosomiali anomali, prevenendo la degradazione in proteosomi nel reticolo endoplasmico e permettendo il passaggio ai lisosomi (SawkarĀ AR et al, 2002). Il fatto che nella MG vi siano numerosissime mutazioni responsabili della produzione di enzimi anomali con caratteristiche diverse gli uni dagli altri ha rappresentato e continua a rappresentare un ostacolo all’identificazione di una molecolaĀ chaperoneĀ attiva nei confronti dei diversi enzimi. Infatti, finora non ĆØ stata identificata alcuna molecolaĀ chaperoneĀ efficace per più di una mutazione. Il persistente interesse per queste molecole ĆØ dovuto al fatto che iĀ chaperonesĀ farmacologici possono essere progettati per attraversare la barriera emato-encefalica e quindi essere candidati per il trattamento delle forme neuropatico di MG che non rispondono alla TES (Benito JM et al, 2011).

Per quanto riguarda gli chaperones anche se non approvati per uso clinico sono oggetto di studi data la loro capacitĆ  di superare la barriera ematoencefalica. Il primo ad essere utilizzato ĆØ stato l’afegostat (Dulstat C et al, 2009)

Un altro chaperone, ambroxolo si ĆØ dimostrato efficace se associato alla TES in casi con coinvolgimento neurologico, soprattutto nell’epilessia miolonica, con specifiche mutazioni (Narita A et al, 2016).

La strategia terapeutica ottimale potrebbe essere quella di una terapia combinata. La TES sembra essere utile in un ā€œdebulkingā€ iniziale delle cellule coinvolte mentre SRT o cheperones potrebbero essere utili nel prevenire il riaccumulo di substrato. Combinare la TES con chaperones potrebbe ridurre la dose e di conseguenza i costi della terapia.

 

Linee guida per il trattamento

 

Le linee guida per il trattamento della MG si basano sull’ esperienza accumulata nel corso degli anni con la terapia con gli enzimiĀ alglucerasiĀ eĀ imiglucerasi,Ā che ha permesso di identificare i criteri da considerare per l’inizio della TES (Pastores G et al, 2004). Il trattamento ĆØ indicato nella forma non neuropatica (tipo 1) della MG in presenza di malattia sintomatica, in particolare:

  • Diagnosi di malattia in etĆ  pediatrica (entro le prime due decadi di vita),
  • Citopenia periferica (anemia non secondaria, piastrinopenia non immune, leucopenia),
  • Alterazioni ossee, sintomatiche e non, compresa una densitĆ  ossea ridotta,
  • Splenomegalia ed epatomegalia,
  • Ridotta velocitĆ  di crescita (bambini),
  • Ritardo nello sviluppo puberale,
  • Peso <5° percentile,
  • Pazienti adulti asintomatici con un genotipo associato a malattia grave (presenza di mutazioni L444P o D409H),
  • Forma neuropatica cronica (tipo 3) con importante organomegalia.

Per i soggetti adulti con la forma di tipo 1 asintomatica, esclusi quelli con mutazione L444P o D409H, non ĆØ previsto alcun trattamento, ma una valutazione periodica, ad intervalli programmati, per monitorare l’evoluzione della malattia ed eventuale inizio del trattamento.

Ad oggi, per l’inizio del trattamento negli adulti con MG di tipo 1 esiste una variabilitĆ  nei criteri di valutazione sia dei parametri ematologici (valori di emoglobina, piastrine e leucociti) sia dell’entitĆ  dell’organomegalia.

La TES va somministrata endovena ogni quindici giorni, indipendentemente dalla dose.

Nei bambini con MG di tipo 1, la dose varia da 30 U/kg/mese a 60 U/kg/mese in quelli sintomatici. Nei pazienti adulti con MG di tipo 1 sintomatici, la dose varia da 30 U/Kg/mese a 60 U/Kg/mese in presenza di una compromissione ossea. Dosaggi più elevati non sono indicati. Per quanto riguarda le forme neuropatiche, la TES ad un dosaggio massimo di 120 U/Kg/mese è indicata per migliorare i sintomi sistemici per le forme neurologiche di tipo 3 con coinvolgimento scheletrico, organomegalia, alterazioni della crasi ematica. Nelle forme di tipo 2 e di tipo 3 senza coinvolgimento viscerale non è indicata la TES (Elstein D et al, 1998b; Vellodi A et al, 2009).

 

Monitoraggio della malattia e dell’efficacia della terapia

 

In considerazione del tipo di malattia, i pazienti con MG devono essere seguiti presso i Centri di Riferimento istituzionalmente riconosciuti anche per il monitoraggio della malattia. Sono trascorsi ormai oltre due decenni dall’introduzione della TES, ed ĆØ ormai dimostrato che molti dei sintomi e segni della MG, quali l’epatosplenomegalia, l’anemia, la trombocitopenia e le lesioni scheletriche migliorano con il trattamento (Elstein D, Zimran A, 2009).

I controlli clinici, strumentali e di laboratorio sono previsti a cadenza periodica sia per i pazienti in trattamento che per quelli con la forma di tipo 1, asintomatici, diagnosticati in etĆ  adulta (Kaplan P et al, 2013).

Gli obiettivi da raggiungere con la TES, generalmente condivisi, sono:

  • Riduzione fino a scomparsa dei sintomi sistemici (astenia, facile stancabilitĆ ),
  • Recupero delle capacitĆ  fisiche e della mobilitĆ ,
  • Prevenzione della disabilitĆ ,
  • Miglioramento o stabilizzazione della qualitĆ  di vita,
  • Incremento dell’Hb fino a normalizzazione,
  • Incremento del numero delle piastrine,
  • Riduzione delle dimensioni della milza,
  • Eliminazione dei sintomi causati dalla splenomegalia (distensione addominale, difficoltĆ  digestive), dei segni dell’ipersplenismo, e dell’insorgenza di nuovi infarti splenici,
  • Riduzione dell’epatomegalia,
  • Risoluzione del dolore osseo entro 6-12 mesi di trattamento,
  • Prevenzione delle complicanze ossee,
  • Riduzioni delle lesioni ossee,
  • Miglioramento della densitĆ  ossea con incremento della mineralizzazione corticale e trabecolare,
  • Normale sviluppo fisico e psichico (bambini).

L’eterogeneitĆ  epidemiologica e clinica che caratterizza la MG non permette, purtroppo, una definizione precisa dei parametri della risposta al trattamento. Pur con questi limiti, nel corso degli anni, sono state stilate diverse proposte (Charrow J et al, 1998;Ā Pastores GM et al, 2004; Charrow J et al, 2004;Ā Weinreb NJ et al, 2004; Mistry P, Germain DP, 2006;Ā Vom Dahl S et al, 2006;Ā Hughes D et al, 2007) di cui la più  condivisa ĆØ quella formulata da Pastores GM et al, nel 2004 (Tabella V).

La riduzione dell’epato-splenomegalia e un aumento dei livelli di emoglobina e della conta piastrinica di solito si verifica entro i 6 mesi dall’inizio della TES. La conta piastrinica nei pazienti con importante splenomegalia può richiedere più tempo per la risposta, ma solitamente anche in questi pazienti si osserva una normalizzazione della conta piastrinica entro i primi 2-4 anni di trattamento (Weinreb NJ et al, 2013;Ā Pastores GM et al, 2004).Ā Il miglioramento a carico dell’apparato scheletrico ĆØ più lento rispetto alla risposta viscerale ed ematologica. Un aumento della densitĆ  minerale ossea si osserva dopo 3-5 anni con una normalizzazione che può richiedere fino a 8 anni (Pastores GM et al, 2004;Ā Wenstrup RJ et al, 2007;Ā Robertson PL et al, 2007).Ā Alcune lesioni ossee, quali l’osteonecrosi, gli infarti e le fratture ossee, se presenti, sono irreversibili e, quindi non rispondono al trattamento. In caso di compromissione ossea il massimo beneficio della TES si ottiene quando il trattamento viene iniziato precocemente.

 

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Tabella V. Obiettivi terapeutici nella malattia di Gaucher (Pastores GM et al, 2004).

 

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A cura di:

Dipartimento di Medicina Traslazionale e di Precisione – Sapienza UniversitĆ  di Roma

Ematologia, UniversitĆ  Sapienza, Roma

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Ematologia, "Sapienza" UniversitĆ  di Roma

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