La Malattia di Gaucher (MG) ĆØ una delle più comuni patologie da accumulo lisosomiale, causata da un difetto del gene che codifica lāenzima β-glucocerebrosidasi o β-glucosidasi (GBA) (Brady RO et al, 1966). La carenza congenita di tale enzima determina un accumulo progressivo di glucosilceramide nelle cellule del sistema reticolo-endoteliale, prevalentemente nella milza, nel fegato, nel midollo osseo e nello scheletro, rendendo pertanto la MG una malattia cronica multiorgano. Di conseguenza, la maggior parte delle manifestazioni cliniche sono dovute allāaumento di volume della milza e/o del fegato, alla compromissione ossea e, in rari casi, a quella polmonare. Sebbene la MG sia un disordine legato alla mutazione di un singolo gene, le manifestazioni cliniche sono estremamente variabili: da forme totalmente asintomatiche (identificate solo con il dosaggio enzimatico e/o lāanalisi del DNA) a forme neonatali letali con idrope fetale e ittiosi. Tuttavia, alcune manifestazioni cliniche, quali alcuni sintomi neurologici, alterazioni del sistema immunitario, aumentata incidenza di neoplasie (soprattutto ematologiche), calcificazioni di valvole cardiache e ipertensione polmonare, non sono spiegabili dallāaccumulo di per sĆ©.
La MG può manifestarsi, sia in etĆ pediatrica che in quella adulta, con sintomi simili a quelli di una malattia ematologica, con splenomegalia associata o meno a trombocitopenia, non secondarie. Lāesordio subdolo e non caratteristico può determinare un ritardo nella diagnosi e, quindi, dellāinizio della terapia, con conseguenze cliniche per i pazienti (Mehta A et al, 2017). Ć dimostrato che un trattamento tempestivo della MG tipo 1 con la terapia enzimatica sostitutiva (TES) permette di prevenire molte delle possibili complicanze e migliorare notevolmente la qualitĆ di vita dei pazienti (El-Beshlawy A et al, 2017). Uno studio su 884 pazienti con tipo MG 1 ha rilevato che, se iniziato durante l’infanzia, il trattamento con TES continuo per 8 anni ĆØ associato a normalizzazione dellāemoglobina, delle piastrine, dellāorganomegalia e della densitĆ ossea, con riduzioni significative dell’incidenza delle crisi ossee (Andersson H et al, 2008).
Per ridurre il ritardo diagnostico e terapeutico, sono stati proposti algoritmi diagnostici specifici per lāadulto e per il bambino, grazie alla disponibilitĆ di procedure diagnostiche di facile utilizzo che si basano sul dosaggio della β-glucocerebrosidasi nel sangue venoso periferico (Mistry PK et al, 2011; Di Rocco M et al, 2014).
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La diagnosi di MG ĆØ possibile con la dimostrazione del deficit dellāenzima GBA1 nei leucociti del sangue periferico o in altre cellule nucleate, possibile solo in laboratori specializzati. Recentemente, il perfezionamento di una metodica basata sulla misurazione dell’attivitĆ enzimatica in gocce di sangue essiccate su carta da filtro, noto come Dried Blood Spot (DBS), ha permesso lāapplicazione di algoritmi diagnostici specifici per adulti e bambini, favorendo la diagnosi in soggetti con malattia paucisintomatica. La metodica del DBS rappresenta, quindi, un facile strumento di screening, che, in caso di positivitĆ per malattia di Gaucher, richiede la conferma diagnostica con il test standard sui leucociti del sangue venoso periferico (Olivova P et al, 2008; Stroppiano M et al, 2014).
La MG deve essere sospettata in tutti i pazienti con splenomegalia, non altrimenti spiegabile, associata o meno ad alterazioni di altri organi. Nel 2011, Mistry et al hanno proposto degli algoritmi diagnostici specifici per adulti, partendo dalla presenza di una splenomegalia non secondaria ad altre cause (Mistry PK et al, 2011). Nei pazienti di origine ashkenazita, in cui lāincidenza di MG supera quella delle patologie ematologiche maligne (1/800 versus 1/2.500), lāalgoritmo suggerisce di dosare l’attivitĆ della β-glucosidasi in presenza di una splenomegalia isolata. In assenza di splenomegalia, il dosaggio va eseguito nei pazienti che presentano uno o più dei seguenti fattori: trombocitopenia e/o diatesi emorragica con screening coagulativo nella norma e/o iperferritinemia e/o indici di flogosi alterati (Figura I).
Figura I. Algoritmo diagnostico in soggetti adulti di origine Askenazita
Nei pazienti di altra etnia, dove la frequenza di MG è nettamente inferiore (1/40.000), il dosaggio della β-glucosidasi va considerato in presenza di una splenomegalia associata a piastrine <150.000/mmc e/o dolori ossei e/o gammopatia, dopo aver  escluso altre cause di splenomegalia, quali patologie oncoematologiche, ipertensione portale da epatopatie, emoglobinopatie e anemie emolitiche croniche (Figura II).
Figura II. Algoritmo diagnostico in soggetti adulti di origine non Askenazita
Nel 2014, ĆØ stato proposto un algoritmo diagnostico specifico per i pazienti di etĆ <18 anni.Il sospetto diagnostico richiede lāintegrazione di una dettagliata anamnesi personale e familiare, di un accurato esame obiettivo e di unāattenta valutazione dellāesame emocromocitometrico.Oltre la splenomegalia sine causa ĆØ stata presa in considerazione anche lāepatomegalia, di frequente riscontro nei pazienti con MG di questa fascia dāetĆ , associata o meno a trombocitopenia e/o anemia (Di Rocco M et al, 2014). In assenza di altre cause, la presenza di deformitĆ a fiasca di Erlenmeyer e/o disturbi del movimento oculare (strabismo, aprassia oculomotoria) e/o rallentamento o ritardo della crescita e/o livelli elevati di ferritina e fosfatasi acida tartrato-resistente ĆØ raccomandato il dosaggio della β-glucosidasi.
Lāalgoritmo diagnostico completo, proposto per lāetĆ pediatrica, ĆØ rappresentato nella Figura III.
Figura III. Ā Algoritmo di diagnosi precoce di malattia di Gaucher in etĆ pediatrica (soggetti dietĆ <18 anni).
La MG ĆØ causata da mutazioni del gene codificante la GBA, trasmesse con modalitĆ autosomica recessiva. Il gene responsabile, localizzato sul braccio corto del cromosoma 1 (1p21), ĆØ stato clonato e sequenziato (Barneveld RA et al, 1983;Ā Sorge J et al, 1985;Ā Winfield SL et al, 1997). Finora sono state identificate piuā di 400 mutazioni che spiegano solo in parte lāampia variabilitĆ del fenotipo (Sidransky E et al, 1994;Ā Koprivica V et al, 2000,Ā Grabowski GA et al, 2015, Stirnemann J et al, 2017). Dal momento che molte delle mutazioni sono private, mentre altre possono essere sia singole che combinate in un allele complesso, ĆØ raccomandato il sequenziamento di tutto il gene per una tipizzazione accurata e attendibile. La maggior parte delle mutazioni sono puntiformi, ma sono state descritte ancheĀ inserzioni, delezioni, modifiche del sito di splice, e ricombinazioni di alleli vicini al pseudogene (Grabowsky GA, 2012). Le diverse mutazioni causano lāassenza o lāalterato funzionamento dellāenzima GBA, responsabile della degradazione di glucosilceramide in glucosio e ceramide, sostanze riutilizzabili dallāorganismo. In rari casi, la MG può essere dovuta a deficit di saposina C per alterata funzione del gene attivatore (pro-saposina C), richiesto per lāattivazione biochimica di GBA (Vaccaro AM et al, 2010;Ā Tamargo RJ et al, 2012). Nella Figura IV viene illustrata lāattivitĆ dellāenzima in condizioni normali (A) e nellaĀ MG (B). Lāaccumulo di glucosilceramide nei lisosomi dei macrofagi provoca un aumento di dimensione di queste cellule, che assumono un aspetto particolare e sono definite come ācellule di Gaucherā.
Figura IV. Patogenesi della malattia di Gaucher: azione fisiologica della b-glucocerebrosidasi, coadiuvata dal coenzima, saposina C (A) e conseguenze del suo alterato funzionamento (B).
La GBA ĆØ un enzima appartenente alla classe delle idrolasi, presente nei lisosomi di tutti i tessuti, oltre che nelle cellule del sistema reticolo endoteliale, e questo spiega, in parte, la natura multisistemica della malattia.
In base alla sintomatologia clinica, al tempo di comparsa dei sintomi, al coinvolgimento neurologico e allāaspettativa di vita, si distinguono, classicamente, 3 differenti fenotipi della MG (Tabella I). La forma non neuropatica definisce quella che classicamente veniva definitaĀ MG tipo 1,Ā ed ĆØ contraddistinta da una estrema variabilitĆ sia nellāetĆ di insorgenza che nelle manifestazioni cliniche. Le forme con sintomatologia neurologica vengono suddivise in due sottotipi, in base al tipo e allāetĆ di comparsa dei sintomi neurologici. La MGĀ tipo 2, definita anche āforma neuropatica acutaā, ĆØ caratterizzata da una grave sintomatologia neurologica e organomegalia, ad insorgenza entro il 1° anno di vita e rapidamente progressiva. La MGĀ tipo 3, definita anche āforma neuropatica cronicaā, con eterogeneitĆ , nellāetĆ di insorgenza, nel tipo di sintomi e nellāandamento clinico (Sidransky E, 2004). Nellāambito della forma neuropatica cronica, sono state identificate 3 categorie con caratteristiche cliniche particolari: ilĀ tipo 3a,Ā caratterizzato da un quadro clinico simile a quello dellāepilessia mioclonica progressiva, senza o con modesti sintomi sistemici (ematologici, viscerali, ossei);Ā ilĀ tipo 3b, in cui prevalgono i sintomi viscerali rispetto a quelli neurologici (inizialmente descritto in pazienti del nord della Svezia), edĀ il tipo 3c, una rara variante con compromissione cardiaca, descritta negli arabi palestinesi (Patterson MC et al, 1993;Ā Bohlega S et al, 2000).
Alcuni pazienti con MG possono sviluppare sintomi neurologici simili a quelli osservati nella malattia di Parkinson (MP), ma ad unāetĆ più giovane (Bembi B et al, 2003;Ā Tayebi N et al, 2003;Ā Bultron G et al, 2010;Ā Rosembloom B et al, 2011). I sintomi più frequentemente osservati nei pazienti con MG sono il tremore asimmetrico, la rigiditĆ e lāacinesia. Nella Tabella I sono sintetizzate le caratteristiche che contraddistinguono i 3 principali tipi.
Tabella I. Classificazione della malattia di Gaucher
I diversi fenotipi della malattia rappresentano in realtà un continuum di malattia, dalla forma più lieve non-neuropatica, che può rimanere asintomatica per anni (il riscontro può avvenire anche in età avanzata) alla forma neuropatica subacuta fino a forme a esordio neurologico e viscerale molto precoce, entro il 2°-3°mese di vita (Figura V) (Goker-Alpan O et al, 2003).
Figura V. Spettro delle manifestazioni cliniche della malattia di Gaucher.
Sebbene le correlazioni genotipo-fenotipo siano indicative ma non assolute, tra le mutazioni più frequenti (N370S, L444P, recNciI e D409H), la mutazione N370S sembra proteggere dal coinvolgimento neurologico; la mutazione L444P ĆØ associata ad una malattia più grave (lāomozigosi o lāeterozigosi composta da L444P e D409H sono in genere associate ad un fenotipo neurologico) (Mistry PK, 1995;Ā Grabowski GA et al, 2015).
La variabilitĆ nellāāetĆ di insorgenza e nella gravitĆ dei sintomi, anche nella stessa famiglia, fanno ipotizzare il ruolo di altri fattori, non ancora identificati. Recentemente, ĆØ stato attribuito un ruolo causale allā attivazione costitutiva dei macrofagi, con un aumentato rilascio di diverse citochine pro infiammatorie (TNF-α, IL-1β, IL-6, IL-1, IL-2, IL-8, sCD14, GM-CSF) e di chemochine (MIP-1α, MIP-1β e CCL18) (Hollak CE et al, 1997;Ā Altarescu G et al, 2003Ā and 2005;Ā Yoshino M et al, 2007;Ā van Breemen MJ et al, 2007). Eā stato ipotizzato che lāentitĆ delle reazioni infiammatorie multi-sistemiche sia condizionata dalla quantitĆ di citochine e chemochine circolanti che correla con la gravitĆ della sintomatologia clinica (Barak V et al, 1999).
La prevalenza della MG nella popolazione generale ĆØ stimata > 1:40.000; la forma non neuropatica ĆØ di gran lunga la più comune nei paesi occidentali (oltre il 90% dei pazienti) mentre in Asia e nei paesi arabi sembra prevalente la forma neuropatica cronica (Wan L et al, 2006;Ā Choy FY et al, 2007;Ā El-Morsy Z et al, 2011). La MG, come tutte le patologie autosomiche recessive, può avere predilezioni etniche. In particolare, si osserva una prevalenza della forma di tipo 1, dovuta soprattutto a mutazioni del gene N370S (70% dei casi), negli ebrei askenaziti (frequenza di portatori, 1:17; prevalenza della malattia, 1:850) (Beutler E et al, 1993). Negli altri paesi, la mutazione più frequente nella forma di tipo 1 ĆØ la L444P. Sembra che il genotipo N370S/L444P sia il più frequente nelle popolazioni di discendenza europea e determini un quadro clinico più grave rispetto allāomozigosi N370S. In Italia, le indagini epidemiologiche stimano una prevalenza di 1:40.000-1:86.000.
La MG può esordire a qualunque età e, dal punto di vista della sintomatologia clinica, la malattia è caratterizzata da una estrema variabilità , con segni e sintomi suggestivi di patologie diverse, soprattutto quando compaiono in età adulta (Tabella II).
Tabella II. Ā Segni e sintomi della malattia di Gaucher.
I sintomi viscerali, quali ingombro addominale e/o difficoltĆ digestive, sono dovuti allāaumento di volume soprattutto della milza e, meno frequentemente, del fegato. LaĀ splenomegaliaĀ ĆØ, nella maggioranza dei casi, il sintomo più frequente e può comparire molto precocemente, nella prima infanzia. In questo caso ĆØ spesso accompagnata da anemia, piastrinopenia e leucopenia. Un aumento di volume della milza ĆØ riscontrabile in circa il 70% dei pazienti con MG; tuttavia, una splenomegalia grave (>15 volte il valore normale) ĆØ riscontrabile nel 14% dei pazienti e può essere associata alla presenza di zone infartuali con aree di fibrosi parenchimale. LāepatomegaliaĀ ĆØ meno frequente (30%) ed ĆØ, generalmente, successiva allāinteressamento della milza. Nella maggior parte dei casi ĆØ moderata, e solo in una piccola percentuale di pazienti (2%) il fegato può arrivare ad un volume >2.5 volte il valore normale. Lāinfiltrazione del parenchima epatico da parte delle cellule di Gaucher può comportare alterazione della funzionalitĆ epatica e, se massiccio e persistente, può determinare una fibrosi e, in rari casi, evolvere in cirrosi con conseguente ipertensione portale e sviluppo di varici esofagee.
Una pancitopenia periferica (piastrinopenia e/o anemia e/o leucopenia con neutropenia) di vario grado e alterazioni della coagulazione sono molto comuni. LaĀ piastrinopeniaĀ (piastrine <150.000/mm3) ĆØ lāalterazione ematologica più frequente ed ĆØ riscontrabile in circa il 60% dei pazienti, ma solo nel 30% ĆØ di entitĆ moderata-severa (<120.000/mm3). La sua patogenesi può essere multifattoriale: la ridotta produzione midollare per infiltrazione di cellule Gaucher può essere aggravata da sequestro splenico (in caso di importante splenomegalia). Anche lāanemia, attualmente riscontrabile in circa il 13% dei pazienti, può avere una patogenesi multifattoriale: ridotta produzione di eritrociti per infiltrazione midollare da parte di cellule Gaucher, sequestro splenico, deficit marziale e/o vitaminico.
Manifestazioni emorragicheĀ muco-cutanee (epistassi, gengivorragia, ipermenorrea, metrorragia) o unĀ sanguinamento eccessivoĀ post-traumatico o post-chirurgico possono essere conseguenti sia ad una riduzione e/o alterata funzionalitĆ piastrinica sia ad alterata produzione di fattori della coagulazione (II, V, VII, VIII, IX, X, XI, XII, vWFAg). Le anomalie coagulative possono regredire con la TES (Billett HH et al, 1996;Ā Hollak CE et al, 1997;Ā Giona F et al, 2006;Ā Mitrovic M et al, 2012).
I pazienti con MG possono sviluppare disordini legati a disregolazione dei linfociti B, qualiĀ patologie autoimmuniĀ (piastrinopenia autoimmune, anemia emolitica autoimmune, ecc.);Ā ipergammaglobulinemia policlonale,Ā molto frequente sia nei bambini che negli adulti;Ā gammopatia monoclonale, mieloma multiplo,Ā linfomiĀ eĀ leucemie.Ā Ā Eā stato ipotizzato che la patogenesi di questa disregolazione sia legata allāaccumulo di glucosilceramide nei lisosomi dei macrofagi (cellule chiave dellāimmunitĆ innata ed adattiva), che determina una stimolazione antigenica cronica con iperproduzione di diverse citochine pro-infiammatorie, che esplicano la loro azione non solo sui linfociti B, ma anche su quelli T, i monociti, le cellule NK, le cellule dendritiche e, sembra, anche sui neutrofili (Shoenfeld Y et al, 1982;Ā Fox H et al, 1984;Ā Zimran A et al, 1993). Eā stata segnalata una riduzione del numero delle cellule dendritiche e delle cellule NK, un aumento dellāespressione delle molecole presentanti lāantigene, quali CD1a e MHC di classe II sui monociti, una riduzione dei linfociti T, in particolare dei CD4+, e una riduzione della funzionalitĆ dei neutrofili (Balreira et al, 2005;Ā Micheva et al, 2006; Pandey MK, Grabowski GA, 2013). Nonostante queste alterazioni,Ā non ĆØ stato rilevato un aumentato rischio nĆ© di infezioni nĆ© di patologie autoimmuni, rispetto alla popolazione generale.
Purtroppo, i pazienti con MG tipo 1 presentano un aumentato rischio di sviluppare patologie neoplastiche, soprattutto emopatie di tipo linfoproproliferativo (Zimran A et al, 2005;Ā Landgren O et al 2007). In base ai dati disponibili, il rischio relativo di sviluppare una neoplasia ematologica varia dal 3,5 al 12,7, e che può salire a valori compresi tra il 25 e il 51 per il mieloma multiplo (MM) (Arends M et al, 2013). Una gammopatia monoclonale di incerto significato (MGUS) ĆØ riportata nellā 8-35% di pazienti (Brautbar A et al, 2004;Ā de Fost M et al, 2008), con un aumentato un rischio di progressione a MM di circa 1% per anno (Kyle RA et al, 2002). Eā stato segnalato anche un incremento nellāincidenza di linfomi non-Hodgkin a cellule B (Cox TM et al, 2015).
Nei pazienti con MG ĆØ possibile riscontrare elevati livelli sierici di ferritina (>300 ng/ml), senza evidente accumulo di ferro negli organi. Eā stato ipotizzato che lāiperferritinemiaĀ sia una conseguenza dellāaccumulo di ferro nelle cellule di Gaucher (Morgan MA et al, 1983;Ā Beutler E, 1991;Ā Zimran A et al, 1992;Ā Decaux O et al, 2003). Il suo significato, cosƬ come il suo ruolo come marker di malattia, resta poco chiaro e ancora da definire, anche se ĆØ stata osservata una normalizzazione dei livelli dopo un lungo periodo di trattamento (Mekinian A et al, 2012). Unāiperferritinemia più elevata (>1000 ng/ml) ĆØ meno frequente e può essere dovuta a una coesistente emocromatosi.
La compromissione ossea è la più importante causa di disabilità legata alla MG, soprattutto negli adulti con la forma di tipo 1. Nei bambini si osserva un ritardo nella crescita (Kauli R et al, 2000).
Si ritiene che le cellule di Gaucher non provochino direttamente il danno osseo ma possano influire indirettamente sulla funzione degli osteoblasti e degli osteoclasti attraverso la secrezione di citochinine, come lāIL-1, lāIL-6 e il TNF (Gervas-Arruga J et al, 2015). Si ipotizza che allāorigine vi sia unāinfiltrazione di cellule di Gaucher che provoca una riduzione nella capacitĆ degli osteoblasti di sintetizzare nuovo tessuto osseo.
Lāinfiltrazione ossea da parte delle cellule di Gaucher determina un anomalo rimodellamento osseo, con la tipica deformitĆ a fiasca di Erlenmeyer, caratteristica di questa malattia e presente in oltre il 60% dei pazienti. Si manifesta sotto forma di unāeccessiva svasatura dellāestremitĆ delle ossa lunghe e, in genere, interessa il femore distale e/o la tibia prossimale.
Lāaumento della pressione intraossea dovuta allāinfiltrazione da parte delle cellule Gaucher può provocare edema doloroso e/o ischemia e conseguenti crisi dolorose ossee e/o infarti. Le cosiddette crisi āosseeā possono essere accompagnate da brividi e febbre, con alterazione degli indici di flogosi. Il dolore osseo, che può essere anche cronico e di entitĆ variabile, ĆØ presente in circa il 40% dei pazienti.
Le alterazioni ossee, con coinvolgimento sia trabecolare che corticale, possono essere localizzate o diffuse e sono progressive. Lāestensione del coinvolgimento osseo, cosƬ come la progressione della malattia ossea, varia enormemente da individuo a individuo e, ad oggi, non ĆØ emersa alcuna correlazione con una mutazione particolare (Mikosch P, Hughes D, 2010). Le alterazioni ossee vanno dal rimaneggiamento osseo allāosteopenia, osteosclerosi, osteoporosi, osteonecrosi, lesioni litiche che possono provocare fratture spontanee o cedimenti articolari. Questi ultimi, a loro volta, comportano lo sviluppo di unāosteoartrosi accompagnata da impotenza funzionale. I segmenti ossei più colpiti sono le vertebre, soprattutto lombari, i femori (metafisi, diafisi ed epifisi), le tibie, lāomero, e nelle forme più gravi, anche lāosso mandibolare. Eā stata dimostrata anche una correlazione direttamente proporzionale tra livelli di vitamina D e densitĆ minerale ossea (Marcucci G et al, 2014). Ā La riduzione della densitĆ ossea, se di grado elevato, aumenta il rischio di fratture.
La presenza di sintomi e segni neurologici caratterizza la forma neuropatica della MG. La compromissione neurologica ĆØ legata alla presenza di mutazione L444P e/o D409H. NellaĀ forma neuropatica acutaĀ ad insorgenza neonatale (alla nascita o entro il 2°-3° mese di vita), i sintomi dāesordio sono rappresentati da difficoltĆ nellāalimentazione e problemi respiratori con frequenti infezioni; successivamente, compare spasticitĆ , disfagia, stridore e paralisi della muscolatura oculare. Il deterioramento neurologico ĆØ rapidamente progressivo; la fase finale ĆØ caratterizzata da cachessia, contratture articolari e infezioni (soprattutto respiratorie) resistenti alla terapia e la morte si verifica nei primi 2-3 anni di vita. NellaĀ forma neuropatica subacutaĀ il coinvolgimento neurologico ĆØ meno aggressivo e più lento (può manifestarsi in un arco di tempo che va dalla prima infanzia alla quinta decade di vita) e le manifestazioni cliniche più frequenti, variabili sia come tipo che come entitĆ , sono rappresentate da: aprassia oculomotoria, nistagmo, oftalmoplegia sopranucleare, atassia, spasticitĆ , mioclonie, crisi epilettiche resistenti alla terapia, demenza, ritardo cognitivo (nei bambini) o regressione intellettiva (negli adulti). LāetĆ di insorgenza di questi sintomi e la loro evoluzione determinano il tipo e il grado di severitĆ della malattia. La presenza di mioclonia, che può spesso progredire in encefalopatia, ĆØ associata con una prognosi peggiore. Il riscontro in un bambino di un ritardo cognitivo, accompagnato o meno da crisi miocloniche o crisi convulsive generalizzate āsine causaā, deve far sospettare la MG, anche in assenza di un coinvolgimento viscerale.
Classicamente, la forma di tipo 1 non risulta associata ad un coinvolgimento neurologico, maĀ ĆØ ormai evidente una correlazione tra alcune mutazioni del gene della GBA e la comparsa di un parkinsonismo o di una vera e propria malattia di Parkinson (Bembi B et al, 2003;Ā Itokawa et al, 2006). Questa associazione ĆØ riportata anche per i portatori sani (Aharon-Peretz J et al, 2004;Ā Lwin A et al, 2004).
Un coinvolgimento polmonare ĆØ raro e può manifestarsi con tosse persistente associata o meno ad infezioni broncopneumoniche. Lāipertensione polmonare, che ha unāorigine ad oggi sconosciuta e può svilupparsi anche nel corso della terapia enzimatica sostitutiva, ĆØ una rarissima complicanza, osservata soprattutto nei pazienti splenectomizzati (Belmatoug N et al, 1998). Un coinvolgimento cardiaco ĆØ raro ed ĆØ legato alla presenza di mutazione D409H (Edwards WD et al, 1983;Ā Mistry PK, 1995). Quando presente, si manifesta con coinvolgimento del pericardio e del miocardio con potenziale cardiomiopatia restrittiva.
Nella Figura VI ĆØ illustrato lāalgoritmo diagnostico per la MG.
Figura VI. Algoritmo diagnostico
In presenza di un sospetto clinico, ĆØ necessario eseguire il dosaggio dellāattivitĆ enzimatica della GBA nei leucociti da sangue venoso periferico (SVP) o sui fibroblasti (Beutler E et al, 1970a,Ā Beutler E et al, 1970bĀ eĀ Beutler E et al, 1970c). La dimostrazione di una ridotta attivitĆ enzimatica (<10% del normale) depone per una diagnosi di MG (Charrow J et al, 1998).
IlĀ gold standardĀ diagnostico rimane il dosaggio enzimatico nei leucociti da SVP.
Il ruolo di indagini più invasive, quali lāagoaspirato midollare e/o la biopsia osteomidollare ĆØ limitato al sospetto di una concomitante patologia ematologica. Nel caso vengano evidenziate cellule di Gaucher nel midollo osseo bisogna eseguire, comunque, il dosaggio dellāenzima GBA, dal momento che cellule pseudo-Gaucher possono essere presenti in altre condizioni morbose, quali le malattie mieloproliferative croniche, il mieloma multiplo, le sindromi mielodisplastiche, alcune malattie infettive (la tubercolosi polmonare e la micobatteriosi), la talassemia e la malattia di Nieman-Pick.
Dopo il riscontro di una ridotta attivitĆ enzimatica, ĆØ indispensabile procedere con lāanalisi molecolare delle mutazioni del gene codificante la GBA, per una migliore definizione della malattia. Il gene GBA, che contiene 11 esoni e 10 introni e copre 7.6 kilobasi (KB) di sequenza, ha uno pseudogene altamente omologo (psGBA), che copre 5.7 kb, situato a 16 kb a valle, che condivide circa il 96% della in regioni codificante la sequenza (Brown JT et al, 2006;Ā Hruska KS et al, 2008). Per questo ĆØ necessario che lo studio del gene GBA debba essere eseguito da personale esperto in laboratori dedicati. La conoscenza del genotipo, infatti, può fornire importanti informazioni prognostiche e quindi indirizzare lāapproccio terapeutico, permettere la consulenza genetica nellāambito dei familiari con lāidentificazione di eventuali pazienti affetti asintomatici e/o portatori sani o pianificare una diagnosi prenatale su villi coriali o su amniociti.
La ricerca di un marker biochimico indicativo dellāattivitĆ macrofagica e, quindi, utile nel monitoraggio della risposta al trattamento, ha stimolato studi su diversi parametri, quali: la chitotriosidasi, lāenzima di conversione dellāangiotensina (ACE), la fosfatasi acida tartrato resistente (TRAP), la ferritina e la chemochina CCL18. Questi marcatori biochimici, in realtĆ , sono aspecifici, ma, essendo marcatori dinamici, possono essere utilizzati durante il follow-up per valutare lāandamento della malattia. Il marcatore attualmente più impiegato ĆØ la chitotriosidasi, secreta in eccesso dai macrofagi attivati ripieni di lipidi; i livelli sierici, significativamente aumentati (100-400 volte superiore al valore normale) nei pazienti non trattati, si riducono con la TES e quindi rappresentano uno strumento utile per il monitoraggio dellāefficacia del trattamento (van Dussen L et al, 2014). La sua utilitĆ come marker di malattia ĆØ limitata dal fatto che in una piccola percentuale di pazienti (variabile tra il 6 e lā8%), la chitotriosidasi non ĆØ elevata per unāalterazione del gene codificante (IrĆŗn P et al, 2013). Resta ancora di difficile comprensione il ruolo della TRAP e dellāACE e della chemochina CCL18 nel monitoraggio della MG, tanto che il loro impiego nella pratica clinica ĆØ, ad oggi, limitato.
Una volta definita la diagnosi, vanno effettuate le indagini ematochimiche, strumentali e specialistiche indispensabili per la definizione degli organi potenzialmente coinvolti e lāentitĆ della loro compromissione. Nella Tabella III sono riassunte le valutazioni diagnostiche indispensabili, da eseguire in tutti i pazienti.
Tabella III. Indagini indispensabili alla diagnosi di malattia di Gaucher, negli adulti e nei bambini.
La valutazione ematologica comprende, oltre lāesame emocromocitometrico, anche la conta reticolocitaria e la valutazione dello stato del ferro. La determinazione del tempo di protrombina (PT) e di quello di tromboplastina parziale attivata (aPTT) ĆØ indicata per tutti i pazienti, anche in quelli asintomatici. In presenza di una diatesi emorragica, con o senza alterazione del numero delle piastrine ĆØ utile lo studio della funzionalitĆ piastrinica e/o la ricerca dellāantigene di von Willebrand. In caso di alterazione del PT e/o dellāaPTT, ĆØ utile il dosaggio dei fattori della coagulazione.
Per la valutazione strumentale delle dimensioni del fegato e della milza ĆØ indicato lāesame ecografico, anche se la risonanza magnetica (RM) dĆ maggiori informazioni. La TC ĆØ indicata esclusivamente nel caso di sospetto di una concomitante patologia ematologica.
Le indagini utili per la caratterizzazione di unāeventuale compromissione ossea comprendono: la mineralometria ossea (DEXA) della colonna vertebrale e del femore e lāesame radiografico (Rx) del distretto osseo coinvolto, nei pazienti con sintomatologia dolorosa ossea. Nei pazienti con lesioni ossee evidenziate radiologicamente, può essere utile unāintegrazione con la RM, per una maggiore definizione della/e lesione/i e per controllare lāeffetto della terapia. Nei pazienti asintomatici ĆØ indicata la RM della colonna e del femore. In caso di compromissione ossea ĆØ importante completare la valutazione con lo studio del metabolismo osseo, compreso il dosaggio del paratormone e dellāosteocalcina.
Una valutazione cardiologica, comprensiva di ecocardiogramma, ĆØ indicata alla diagnosi e nel follow-up di pazienti con mutazione D409H, che correla con un alto rischio di sviluppare un danno cardiaco.
Un esame neurologico deve essere effettuato in tutti i pazienti. Nei pazienti con sintomi neurologici evidenti, nei bambini con sintomi sistemici gravi con esordio ad unāetĆ <2 anni, nei pazienti diagnosticati a qualsiasi etĆ con genotipo ad alto rischio per compromissione neurologica (L444P/L444P; D409H/ D409H; L444P/ D409H) vanno eseguite indagini specifiche, illustrate nella Tabella IV.
Tabella IV. Indagini specifiche.
La MG di tipo 1 ĆØ stato il primo disordine genetico, da accumulo lisosomiale, in cui la somministrazione dellāenzima mancante si ĆØ dimostrata efficace, diventando il prototipo per lo sviluppo della terapia per altri disordini lisosomiali da accumulo (Brady RO et al, 1975;Ā Dale GL, Beutler E, 1976;Ā Pentchev PG, 1977;Ā Furbish FS et al, 1977).
Prima della disponibilitĆ della TES, la terapia era finalizzata al trattamento dei sintomi. I presidi terapeutici frequentemente impiegati erano rappresentati da vitamine e/o ferro e/o trasfusioni in caso di anemia, cortisonici in caso di piastrinopenia con sintomatologia emorragica, protesi o fissaggi interni in caso di fratture ossee, splenectomia totale o parziale in caso di imponente splenomegalia con sintomi da ingombro e/o con citopenia periferica. La splenectomia veniva eseguita in pazienti con sintomi da ingombro addominale dovuti a splenomegalia massiva e/o ipersplenismo, o nei bambini con ritardo della crescita (van Dussen L et al 2011). La comparsa di complicanze, quali osteonecrosi delle grandi articolazioni, epatomegalia con evoluzione in cirrosi e setticemie (Rodrigue SW et al, 1999) limitava tale procedura, che ĆØ stata praticamente abbandonata dopo lāintroduzione della TES.
Lāobiettivo del trattamento ĆØ quello di ridurre e/o prevenire lāaccumulo del materiale lipidico non digerito, evitando il danno dāorgano e/o le complicanze invalidanti (Stirnemann J et al, 2017).
Attualmente, le opzioni terapeutiche disponibili per i pazienti con GD di tipo 1 e tipo 3 con organomegalia comprendono la TES e la terapia di riduzione del substrato (SRT). Per i pazienti con la forma di tipo 2 e di tipo 3, né la TES né i farmaci inibitori del substrato si sono dimostrati efficaci (Erikson A et al, 1995; Prows CA et al, 1997).
Lāapprovazione per lāuso nella pratica clinica, nel 1991, da parte dellāFDA dellāenzima glucocerebrosidasi, ottenuto dalla placenta umana, purificato e parzialmente deglicosilato,Ā alglucerasi, ha portato ad una vera e propria rivoluzione nella gestione della MG. Nel 1994, tre anni dopo lāapprovazione negli USA, lāuso dellāalglucerasiĀ veniva approvato in Europa. LāenzimaĀ algluceraseĀ ĆØ stato utilizzato a dosi inizialmente elevate (120 U/kg ogni due settimane) e successivamente più basse (15-60 U/Kg/mese), in rapporto al tipo e allāentitĆ di compromissione dā organo (Barton NW et al, 1990;Ā Hollak CE et al, 1995;Ā Zimran A et al, 1995). Lāalglucerasi si ĆØ dimostrato efficace non solo sui sintomi ma anche sullāaccumulo di glucosilceramide negli organi compromessi, con conseguente eliminazione del fabbisogno trasfusionale, correzione dellāanemia e/o piastrinopenia, riduzione dellāepatosplenomegalia con miglioramento dei segni legati allāipersplenismo, riduzione del dolore e delle lesioni ossee, diminuzione dei biomarcatori, mostrando un profilo di sicurezza affidabile (Beutler E et al, 1977;Ā Barton NW et al, 1991;Ā Barton NW et al, 1992;Ā Figueroa ML et al, 1992;Ā Pastores GM et al, 1993;Ā Zimran A et al, 1994;Ā Bembi B et al, 1994;Ā Aporta Rodriguez R et al, 1998).
Le enormi quantitĆ di placenta indispensabili per soddisfare le richieste e il potenziale rischio infettivo diedero la spinta per la ricerca di nuove molecole. LāimiglucerasiĀ ĆØ stato il primo enzima ricombinante (ottenuto da cellule ovariche di criceti cinesi con sostituzione di un singolo aminoacido in posizione 495 nella catena glicoproteica) che ha mostrato unāefficacia e una tollerabilitĆ simile allāalglucerasiĀ allo stesso dosaggio (Grabowski GA et al, 1995;Ā Niederau C et al, 1998;Ā Elstein D et al, 1998a). Ā Eā stato approvato dalla FDA nel 1994 e in Europa nel 1997 per i pazienti con diagnosi confermata di MG non neuropatica (tipo 1) o neuropatica cronica con significative manifestazioni cliniche sistemiche di malattia (tipo 3). Lāelevato costo della TES e la necessitĆ di un trattamento a vita hanno stimolato la ricerca per lāidentificazione di un dosaggio minimo efficace, in base allāentitĆ e al tipo di compromissione dāorgano, e di una frequenza di somministrazione ottimale per raggiungere gli obiettivi terapeutici previsti. Da anni, lāattivitĆ del gruppo internazionale di esperti, denominatoĀ European Working Group on Gaucher DiseaseĀ (EWGGD,Ā www.ewggd.com)Ā e lāesistenza di un Registro Internazionale Gaucher (ICGG,Ā https://www.gauchercare.com/), che attualmente include circa 5000 pazienti, permettono lāacquisizione di informazioni utili ad ottimizzare la gestione dei pazienti con MG (Vellodi A et al, 2001; Weinreb NJ et al, 2002).
Nel 2010 ĆØ stato approvato sia dallāFDA che dallāEMA lāuso di un nuovo enzima ricombinante, ilĀ velaglucerasi alfa, ottenuto mediante tecnica di attivazione genica in una linea cellulare umana, quindi con una sequenza identica a quella naturale. Eā indicato per la TES a lungo termine nei pazienti affetti da MG di tipo 1. Gli enzimi ricombinanti ottenuti da cellule di mammiferi, a fronte di una elevata efficacia terapeutica, comportano elevati costi di produzione.
Un nuovo enzima ricombinante con la stessa struttura di quello umano, ilĀ taliglucerasi alfa, ĆØ stato ottenuto da cellule vegetali (carota) con una piattaforma di produzione ad alto rendimento con importante riduzione dei costi di produzione. IlĀ taliglucerasi alfaĀ si ĆØ dimostrato efficace nelle forme di tipo 1 con importante organomegalia (Zimran A et al, 2011) per cui nel maggio 2012 ĆØ stato registrato negli USA dallāFDA per i pazienti con MG di tipo 1.
La TES presenta dei limiti legati, oltre che al costo elevato (Edward RB et al, 1996), alle caratteristiche dellāenzima: incapacitĆ di superare la barriera emato-encefalica, somministrazione per via endovenosa, rischio di reazioni allergiche. Per superare questi inconvenienti, in questi ultimi anni ĆØ stata posta lāattenzione sulle piccole molecole, le molecoleĀ chaperonesĀ e gliĀ inibitori del substrato.
Gli inibitori del substrato rappresentano una strategia alternativa proposta per la prima volta da Radin nel 1996 (Radin NS et al, 1996). Lāobiettivo ĆØ quello di inibire la formazione di sfingolipidi che si accumulano nei lisosomi dei macrofagi rendendo sufficiente lāattivitĆ enzimatica residua (Shayman JA, Larsen SD, 2014). Questo tipo di terapia ha inoltre il vantaggio della somministrazione orale, della notevole riduzione dei costi e dello sviluppo di anticorpi anti-enzima infuso (Gary SE et al, 2018).
IlĀ miglustatĀ ĆØ stata la prima molecola ad azione inibitoria sul substrato a dimostrare unāefficacia nei pazienti con MG di tipo 1 (Cox T et al, 2000;Ā Heitner R et al, 2003). La sua attivitĆ si esplica attraverso lāinibizione dellāenzima glucosilceramide-sintetasi con conseguente ridotta formazione di glucosilceramide. Eā stato approvato nel 2002 dallā EMA per i pazienti adulti con MG tipo 1 di grado lieve-moderato, e nel 2003 dalla FDA per i pazienti con MG tipo 1 che per diversi motivi (reazioni di ipersensibilitĆ , scarsa compliance, sviluppo di anticorpi) non possono essere trattati con la TES. La sua formulazione orale supera gli inconvenienti della TES, ma la sua non selettivitĆ comporta unāelevata incidenza di effetti collaterali soprattutto gastrointestinali, quali diarrea profusa con squilibri elettrolitici Ā (Weinreb NJ et al, 2005). Ad oggi, non ĆØ stata dimostrata unāefficacia superiore alla TES nelle forme con coinvolgimento neurologico (tipo 3) (Schiffmann R et al, 2008;Ā Hollak CE et al, 2009).
Un inibitore selettivo della glucosilceramide sintetasi, che si ĆØ dimostrato sicuro ed efficace nella MG tipo1, ĆØ lāeliglustat tartratoĀ (McEachern KA 2007;Ā Lukina E et al, 2010). Il metabolismo di questa molecola coinvolge il citocromo CYP2D6, la cui attivitĆ ne condiziona lāutilizzo. Lāeliglustat tartratoĀ ĆØ stato approvato dalla FDA nel 2014 e dallāEMA nel 2015 con lāindicazione per il trattamento a lungo termine di pazienti adulti con MG di tipo 1 che sono metabolizzatori lenti (poor metabolisers, PMs), metabolizzatori intermedi (intermediate metabolisers, IMs) o metabolizzatori estensivi (extensive metabolisers, EMs) per il citocromo CYP2D6; non ĆØ indicato per i metabolizzatori rapidi. Ā Quindi, prima di iniziare il trattamento conĀ eliglustat tartratoĀ ĆØ necessario determinare il genotipo di CYP2D6 dei pazienti, allo scopo di stabilire lo stato di metabolizzatore per il citocromo CYP2D6.
La terapia farmacologica con iĀ chaperonesĀ si basa sulle capacitĆ di queste molecole di promuovere la corretta conformazione e di rendere stabili gli enzimi lisosomiali anomali, prevenendo la degradazione in proteosomi nel reticolo endoplasmico e permettendo il passaggio ai lisosomi (SawkarĀ AR et al, 2002). Il fatto che nella MG vi siano numerosissime mutazioni responsabili della produzione di enzimi anomali con caratteristiche diverse gli uni dagli altri ha rappresentato e continua a rappresentare un ostacolo allāidentificazione di una molecolaĀ chaperoneĀ attiva nei confronti dei diversi enzimi. Infatti, finora non ĆØ stata identificata alcuna molecolaĀ chaperoneĀ efficace per più di una mutazione. Il persistente interesse per queste molecole ĆØ dovuto al fatto che iĀ chaperonesĀ farmacologici possono essere progettati per attraversare la barriera emato-encefalica e quindi essere candidati per il trattamento delle forme neuropatico di MG che non rispondono alla TES (Benito JM et al, 2011).
Per quanto riguarda gli chaperones anche se non approvati per uso clinico sono oggetto di studi data la loro capacitĆ di superare la barriera ematoencefalica. Il primo ad essere utilizzato ĆØ stato lāafegostat (Dulstat C et al, 2009)
Un altro chaperone, ambroxolo si ĆØ dimostrato efficace se associato alla TES in casi con coinvolgimento neurologico, soprattutto nellāepilessia miolonica, con specifiche mutazioni (Narita A et al, 2016).
La strategia terapeutica ottimale potrebbe essere quella di una terapia combinata. La TES sembra essere utile in un ādebulkingā iniziale delle cellule coinvolte mentre SRT o cheperones potrebbero essere utili nel prevenire il riaccumulo di substrato. Combinare la TES con chaperones potrebbe ridurre la dose e di conseguenza i costi della terapia.
Le linee guida per il trattamento della MG si basano sullā esperienza accumulata nel corso degli anni con la terapia con gli enzimiĀ alglucerasiĀ eĀ imiglucerasi,Ā che ha permesso di identificare i criteri da considerare per lāinizio della TES (Pastores G et al, 2004). Il trattamento ĆØ indicato nella forma non neuropatica (tipo 1) della MG in presenza di malattia sintomatica, in particolare:
Per i soggetti adulti con la forma di tipo 1 asintomatica, esclusi quelli con mutazione L444P o D409H, non ĆØ previsto alcun trattamento, ma una valutazione periodica, ad intervalli programmati, per monitorare lāevoluzione della malattia ed eventuale inizio del trattamento.
Ad oggi, per lāinizio del trattamento negli adulti con MG di tipo 1 esiste una variabilitĆ nei criteri di valutazione sia dei parametri ematologici (valori di emoglobina, piastrine e leucociti) sia dellāentitĆ dellāorganomegalia.
La TES va somministrata endovena ogni quindici giorni, indipendentemente dalla dose.
Nei bambini con MG di tipo 1, la dose varia da 30 U/kg/mese a 60 U/kg/mese in quelli sintomatici. Nei pazienti adulti con MG di tipo 1 sintomatici, la dose varia da 30 U/Kg/mese a 60 U/Kg/mese in presenza di una compromissione ossea. Dosaggi più elevati non sono indicati. Per quanto riguarda le forme neuropatiche, la TES ad un dosaggio massimo di 120 U/Kg/mese è indicata per migliorare i sintomi sistemici per le forme neurologiche di tipo 3 con coinvolgimento scheletrico, organomegalia, alterazioni della crasi ematica. Nelle forme di tipo 2 e di tipo 3 senza coinvolgimento viscerale non è indicata la TES (Elstein D et al, 1998b; Vellodi A et al, 2009).
In considerazione del tipo di malattia, i pazienti con MG devono essere seguiti presso i Centri di Riferimento istituzionalmente riconosciuti anche per il monitoraggio della malattia. Sono trascorsi ormai oltre due decenni dallāintroduzione della TES, ed ĆØ ormai dimostrato che molti dei sintomi e segni della MG, quali lāepatosplenomegalia, lāanemia, la trombocitopenia e le lesioni scheletriche migliorano con il trattamento (Elstein D, Zimran A, 2009).
I controlli clinici, strumentali e di laboratorio sono previsti a cadenza periodica sia per i pazienti in trattamento che per quelli con la forma di tipo 1, asintomatici, diagnosticati in etĆ adulta (Kaplan P et al, 2013).
Gli obiettivi da raggiungere con la TES, generalmente condivisi, sono:
LāeterogeneitĆ epidemiologica e clinica che caratterizza la MG non permette, purtroppo, una definizione precisa dei parametri della risposta al trattamento. Pur con questi limiti, nel corso degli anni, sono state stilate diverse proposte (Charrow J et al, 1998;Ā Pastores GM et al, 2004; Charrow J et al, 2004;Ā Weinreb NJ et al, 2004; Mistry P, Germain DP, 2006;Ā Vom Dahl S et al, 2006;Ā Hughes D et al, 2007) di cui la più condivisa ĆØ quella formulata da Pastores GM et al, nel 2004 (Tabella V).
La riduzione dellāepato-splenomegalia e un aumento dei livelli di emoglobina e della conta piastrinica di solito si verifica entro i 6 mesi dallāinizio della TES. La conta piastrinica nei pazienti con importante splenomegalia può richiedere più tempo per la risposta, ma solitamente anche in questi pazienti si osserva una normalizzazione della conta piastrinica entro i primi 2-4 anni di trattamento (Weinreb NJ et al, 2013;Ā Pastores GM et al, 2004).Ā Il miglioramento a carico dellāapparato scheletrico ĆØ più lento rispetto alla risposta viscerale ed ematologica. Un aumento della densitĆ minerale ossea si osserva dopo 3-5 anni con una normalizzazione che può richiedere fino a 8 anni (Pastores GM et al, 2004;Ā Wenstrup RJ et al, 2007;Ā Robertson PL et al, 2007).Ā Alcune lesioni ossee, quali lāosteonecrosi, gli infarti e le fratture ossee, se presenti, sono irreversibili e, quindi non rispondono al trattamento. In caso di compromissione ossea il massimo beneficio della TES si ottiene quando il trattamento viene iniziato precocemente.
Tabella V. Obiettivi terapeutici nella malattia di Gaucher (Pastores GM et al, 2004).
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