NEWS FROM ASH 2018 (San Diego): Novità sulle leucemie acute mieloidi

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Dal 60° ASH Annual Meeting, in programma a San Diego (CA) dal 1° al 4 dicembre 2018, una selezione di abstract dedicati alle leucemie acute mieloidi (LAM).

 

Clinical Impact of an Accurate Genetic Characterization of Older Acute Myeloid Leukemia Patients: A Report from the Northern Italy Leukemia Group (NILG) Randomized Trial 02/06, presentato da Caprioli C et al. Gli autori riportano i risultati di 168 pazienti anziani con età ≥60 anni trattati nell’ambito del protocollo NILG 02/06, randomizzati a ricevere terapia di induzione convenzionale con idarubicina, ARA-C ed etoposide (ICE)  vs. alte dosi di ARA-C ed idarubicina (sHD). Le caratteristiche dei pazienti sono indicate nella tabella in Figura I. Non sono stati riscontrate differenze significative tra i due regimi per quanto riguarda l’ottenimento della remissione completa (RC). La sopravvivenza globale (OS) e la sopravvivenza libera da malattia (DFS) a 5 anni sono state del 29% e del 32%, rispettivamente, nell’intera popolazione in studio, senza differenze significative fra i due regimi di induzione. Il messaggio più rilevante degli autori è che i pazienti anziani con rischio favorevole ELN traggono un significativo beneficio dalla chemioterapia standard, mentre i pazienti ad alto rischio citogenetico-molecolare presentano un outcome particolarmente negativo ed andrebbero trattati con regimi alternativi (trial clinici). Infine, nei pazienti ad alto rischio e clinicamente eleggibili, anche di età ≥60 anni, va considerato il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche (Figura I).

 

Figura I: Risultati del trial NILG 02/06

 

Sorafenib As Maintenance Therapy Post Allogeneic Stem Cell Transplantation for FLT3-ITD Positive AML: Results from the Randomized, Double-Blind, Placebo-Controlled Multicentre Sormain Trial, presentato da Burchert A et al. Studio randomizzato condotto in 14 Centri in Germania su 53 pazienti (età mediana: 54 anni), con LAM FLT3-positiva sottoposti a trapianto di midollo allogenico da donatore familiare HLA-matched 10/10 o 9/10 HLA-matched non correlato. Tutti i pazienti erano in RC al momento dello screening e sono stati randomizzati a ricevere sorafenib (dose iniziale: 2 x 200 mg qd, con incremento ogni 14 giorni fino a 2 x 400mg in accordo alla tollerabilità) o placebo fino a 24 mesi. L’endpoint primario era la sopravvivenza libera da recidiva (RFS), l’endpoint secondario la OS. Il gruppo sorafenib ha ottenuto significativo vantaggio sia in termini di RFS che di OS (Figura II) e non vi è stata differenza nell’incidenza di graft-versus-host-disease (GVHD) (17,5 % gruppo placebo verso 21% braccio sorafenib). Gli autori concludono che la terapia di mantenimento con sorafenib dopo allotrapianto è fattibile e riduce significativamente il rischio di recidiva e di morte nei pazienti con LAM FLT3-positiva.

Figura II: RFS nello studio Sormain: sorafenib verso placebo

 

Prospective Evaluation of Prognostic Relevance of KIT Mutations in Core-Binding Factor Acute Myeloid Leukemia: Results from the JALSG CBF-AML209-KIT Study, presentato da Kawashima N et al. Diversi studi hanno dimostrato il significato prognostico sfavorevole della mutazione del gene  KIT nelle core binding factor (CBF)-LAM, che includono LAM con t(8;21) e LAM con inv(16). Kawashima e coll. riportano i risultati di uno studio prospettico effettuato allo scopo di valutare l’impatto prognostico delle mutazioni di KIT e della malattia minima residua (MMR), oltre che l’incidenza e la rilevanza clinica di altre mutazioni eventualmente associate, su una coorte di 199 pazienti (età: 16-64 anni) con CBF-LAM.
Dopo un follow-up mediano di 1556 giorni (range: 356 – 2453), non vi erano differenze significative in termini di RFS e OS tra pazienti con RUNX1-RUNX1T1 (t;8;21) e CBFB-MYH11 [inv(16)]. Al contrario, la RFS a 2 anni era 67,1% nei pazienti senza mutazione di KIT e 48,6% in quelli positivi alla mutazione. La OS a due anni era pari a 91,0% e 74,6%, rispettivamente (p=0,0005). Infine, nei pazienti con CBFB-MYH11, la mutazione non aveva impatto sulla prognosi, mentre vi era un significativo impatto negativo nel gruppo RUNX1-RUNX1T1: a due anni i tassi di RFS (72,8% vs. 39,5%, p<0,0001) e di OS (89,7% vs. 63,5%, p<0,0001), come illustrato in Figura III, erano significativamente peggiori. Questo studio prospettico dimostra che la mutazione di KIT ha un effetto negativo su OS e RFS solo nei pazienti con LAM RUNX1-RUNX1T1, e non CBFB-MYH11. Nei pazienti con RUNX1-RUNX1T1, tra i 3 tipi di mutazione di KIT, solo quella a livello dell’esone 17 appare avere rilevanza prognostica.

Figura III: RFS secondo le mutazioni di KIT: risultati dello studio JALSG CBF-AML209-KIT

 

Minimal Residual Disease (MRD) at Time of Complete Remission Is Commonly Detected in Acute Myeloid Leukemia (AML) Patients Age ≥60 Years and Significantly Impacts Outcome Based on Post-Remission Treatment Strategies: Prospective Analysis of ECOG-ACRIN (E-A) E2906 Phase III Trial, presentato da Foran J et al. Gli autori descrivono i risultati di uno studio condotto in pazienti anziani (>60 anni) con LAM, randomizzati a ricevere terapia standard (3+7 con daunorubicina 60 mg/m2) come induzione, seguiti da due cicli di consolidamento con dosi intermedie di Ara-C (1,5g/m2 x 12 dosi; 6 dosi se età≥70 anni) o induzione e consolidamento (due cicli) con clofarabina (CLO) come agente singolo. Non vi è stata differenza in termini di ottenimento di RC o morte in induzione, ma il braccio standard ha ottenuto una migliore OS.  In 147 pazienti in RC, è stato possibile valutare la MMR in citofluorimetria a 6 colori e 58 sono risultati negativi (39%).  Questi dati dimostrano che oltre il 60% dei pazienti anziani con LAM in remissione completa hanno una MMR positiva ≥0,1% e che tale positività ha un significativo impatto sulla prognosi in termini di OS e DFS (Figura IV).

Figura IV: OS e DFS secondo lo stato di MMR

 

Comparison of Induction Strategies and Responses for Acute Myeloid Leukemia Patients after Resistance to Hypomethylating Agents for Antecedent Myeloid Malignancy, presentato da Talati C et al. Viene riportata l’esperienza di un gruppo statunitense in pazienti con LAM secondaria ad altra emopatia trattata con agenti ipometilanti (HMA). E’ noto da numerosi studi precedenti che i risultati con terapia standard (3+7) in questi pazienti sono deludenti in termini di ottenimento e durata della RC. Alcuni autori hanno suggerito l’uso di regimi basati su cladribina o CPX-351 (formulazione liposomiale di daunorubicina e Ara-C). I risultati di questo studio, che ha valutato 242 pazienti (vedi tabella in Figura V) dimostrano che regimi basati su cladribina o CPX-351 permettono di ottenere una più elevata percentuale di CR/CRi in confronto al regime 3+7 in pazienti con fallimento della terapia con HMA per precedente malattia ematologica. La OS mediana rimane però deludente e sottolinea la necessità di approcci terapeutici alternativi per questa categoria di pazienti a rischio molto elevato (Figura V).

Figura V: Pazienti con LAM secondaria resistenti a HMA

 

Management of Relapse in Acute Promyelocytic Leukemia Treated with Upfront Arsenic Trioxide Based Regimens, presentato da Fouzia N et al. La terapia della leucemia acuta promielocitica (LAP) a rischio basso e intermedio si basa sulla combinazione di acido retinoico (ATRA) e triossido di arsenico (ATO) che induce una RC in oltre il 95% dei casi ed una sopravvivenza a lungo termine oltre il 90%. Una minoranza di pazienti tuttavia recidiva e al momento non vi è uno standard terapeutico condiviso per tali pazienti. Nello studio di Fouzia e collaboratori vengono descritti i risultati di una serie di 67 pazienti con età mediana di 28 anni (range: 4-54), trattati con regimi basati su ATO all’esordio di malattia e con intervallo mediano tra diagnosi e recidiva di 19,6 mesi (range: 6 – 128). Le recidive erano midollari (70%), al sistema nervoso centrale (SNC) (9%) o al midollo più SNC (19%). Tutti i pazienti sono stati ritrattati con ATO (+/- ATRA o bortezomib) con una percentuale di II RC molecolare del 94% e sopravvivenza a 5 anni intorno al 75%. I pazienti successivamente sottoposti a trapianto autologo (Figura VI) hanno ottenuto un outcome significativamente migliore, ragione per cui gli autori concludono che tale procedura dovrebbe essere sempre considerata in questa categoria di pazienti con LAP.

Figura VI: Sopravvivenza dei pazienti con LAP recidivata trattati con regimi di prima linea basati su ATO

 

Outcomes of Relapsed/Refractory Patients with IDH1/2 Mutated AML Treated with Non-Targeted Therapy: Results from the NCRI AML Trials, presentato da Hills RK et al. Le mutazioni IDH1/2 ricorrono in circa il 15% dei pazienti con LAM ed il loro significato prognostico rimane tuttora incerto. Recentemente vi è stata l’approvazione FDA di due nuovi agenti, enasidenib e ivosidenib per pazienti in recidiva con mutazione di IDH2 e IDH1, rispettivamente, in seguito a studi di fase 1-2 che hanno dimostrato percentuali di risposta intorno al 20% e sopravvivenza mediana di 9,10 mesi. In questo studio Hills e coll. riportano i risultati ottenuti in questi pazienti con chemioterapia di salvataggio convenzionale (OS mediana: 4-5 mesi) (tabella in Figura VII) e sottolineano la superiorità dell’approccio mirato.

Figura VII: Outcome dei pazienti recidivati/refrattari IDH1/IDH2 mutati nei trial UK NCRI AML

 

Five-Day Versus Ten-Day Schedules of Decitabine in Older Patients with Newly Diagnosed Acute Myeloid Leukemia: Results of a Randomized Phase II Study, presentato da Short NJ et al.  Gli autori riportano i risultati di uno studio di fase 2 in 71 pazienti anziani con LAM randomizzati a ricevere 5 vs. 10 giorni di decitabina.  Non vi sono state differenza nella percentuale di risposte (RC + RCp + RCi), che è risultata simile (12/28 [43%] nel gruppo 5 giorni vs 17/43 [40%] nel gruppo 10 giorni; p=0,78). La percentuale di RC è stata anche sovrapponibile (29% e 30%, rispettivamente). Al contrario, la percentuale di mortalità a 30 giorni è stata inferiore per il braccio 5 giorni (4% vs. 9%). Infine, come illustrato nella Figura VIII, la OS e la DFS sono risultate simili e non vi è stato significativo vantaggio della schedula a 10 giorni nel gruppo con mutazione di TP53, mentre nei rispondenti si è osservata una significativa riduzione della frequenza allelica della mutazione (Figura VIII).

Figura VIII: Decitabina 5 giorni verso 10 giorni nei pazienti anziani con LAM

 

Interim Analysis of Phase II Study of Venetoclax with 10-Day Decitabine (DEC10-VEN) in Acute Myeloid Leukemia and Myelodysplastic Syndrome, presentato da Maiti A et al. In questo studio, 48 pazienti con LAM (anziani di nuova diagnosi non eleggibili a terapia intensiva, oppure con LAM secondaria, oppure recidivata o refrattaria) sono stati trattati con la combinazione decitabina (10 giorni) e venetoclax. In tale coorte prognosticamente sfavorevole (tabelle 1 e 2 della Figura IX), la percentuale di RC + RCi è stata del 92%, e il 52% dei rispondenti ha ottenuto la negatività per MMR. Sono stati registrati 6 decessi, tutti in pazienti con LAM recidivata o refrattaria. Le mediane di OS e DFS non sono state ancora raggiunte (Figura IX). In base a questi risultati particolarmente incoraggianti, il trial è ancora in corso ed i dati verranno aggiornati in una fase successiva.

Figura IX: Decitabina più venetoclax nella LAM

 

Incidence of Differentiation Syndrome with Ivosidenib (IVO) and Enasidenib (ENA) for Treatment of Patients with Relapsed or Refractory (R/R) Isocitrate Dehydrogenase (IDH)1- or IDH2-Mutated Acute Myeloid Leukemia (AML): A Systematic Analysis By the U.S. Food and Drug Administration (FDA), presentato da Norsworthy KJ et al. La sindrome da differenziazione (DS) è stata prevalentemente descritta nella LAP. I sintomi proposti per la diagnosi e la graduazione di severità includono dispnea, febbre, aumento del peso corporeo, ipotensione, insufficienza renale acuta e infiltrati polmonari e/o versamento pleuro-pericardico. Pazienti con 2-3 criteri vengono classificati come affetti da DS moderata, con 4 o più criteri da DS severa. In questa analisi condotta dalla FDA su pazienti trattati con ivosidenib o enasidenib per LAM (Figura X) con mutazione di IDH1/2 vengono descritte le caratteristiche cliniche di 71 pazienti affetti da DS (Figura XI). La mediana per l’insorgenza di DS è intorno ai 20 giorni ed è molto frequente la leucocitosi. Nel 70% dei casi, la DS è moderata, nel 24% severa. La mortalità da DS è intorno al 5%. La conclusione degli autori è che in corso di terapia con ivosidenib o enasidenib la DS deve essere diagnosticata precocemente con avvio immediato della terapia steroidea.

Figura X: Ivosidenib ed enasidenib per in pazienti con LAM

 

Figura XI: Caratteristiche dei casi di DS

 

Efficacy and Safety of Single-Agent Quizartinib (Q), a Potent and Selective FLT3 Inhibitor (FLT3i), in Patients (pts) with FLT3-Internal Tandem Duplication (FLT3-ITD)–Mutated Relapsed/Refractory (R/R) Acute Myeloid Leukemia (AML) Enrolled in the Global, Phase 3, Randomized Controlled Quantum-R Trial, presentato da Cortes JE et al. Quantum-R è il primo studio randomizzato che ha dimostrato la superiorità di quizartinib (Q), un potente inibitore di FLT3, rispetto alla terapia convenzionale di salvataggio nei pazienti con LAM FLT3-ITD positiva in recidiva, in termini di OS e di fattibilità del trapianto allogenico (Figura XII). Nell’update di Cortes presentato all’ASH 2018, viene riportata una sottoanalisi che dimostra la maggiore efficacia di Q nei diversi sottogruppi analizzati, con l’unica eccezione dei soggetti di razza asiatica (Figura XIII). Nella opinione degli autori, il trial stabilisce il nuovo paradigma terapeutico nei pazienti con LAM FLT3–ITD positiva in recidiva.

Figura XII: OS nello studio Quantum-R

 

Figura XIII: Analisi per sottogruppi dello studio Quantum-R

 

Initial Report of the Beat AML Umbrella Study for Previously Untreated AML: Evidence of Feasibility and Early Success in Molecularly Driven Phase 1 and 2 Studies, presentato da Burd A et al. La possibilità di stratificare la terapia di induzione in accordo con l’anomalia molecolare alla diagnosi è stata esplorata nel trial “Beat AML” in pazienti con età superiore a 60 anni. In particolare, era richiesto entro 7 giorni di acquisire i risultati della citogenetica effettuata a livello locale e l’assetto molecolare mediante centralizzazione in next generation sequencing (NGS).  I dettagli del trattamento “molecularly driven” sono mostrati nella Figura XIV. In 110 pazienti (52,4%) è stata possibile l’inclusione in uno dei sottostudi del Beat AML trial (Figura XV), a dimostrazione della fattibilità di questo nuovo approccio. E’ da sottolineare che il trial è strutturato in maniera dinamica, con la possibilità di ampliare lo spettro mutazionale e l’impiego di nuovi agenti terapeutici.

Figura XIV: Beat AML trial: bracci di trattamento

 

Figura XV: Beat AML trial: pazienti assegnati per terapia

 

A cura di:

Divisione di Ematologia, Ospedale Cardarelli, Napoli

Felicetto Ferrara
Felicetto Ferrara
Divisione di Ematologia, Ospedale Cardarelli, Napoli
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