L’adattamento all’ipossia: un processo biologico da Nobel!

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Il premio Nobel per la Fisiologia e Medicina 2019 è stato conferito a tre scienziati:

  • William Kaelin Jr. – Dana-Farber Cancer Institute, Boston
  • Peter Ratcliffe – University of Oxford
  • Gregg Semenza – Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore i cui studi hanno permesso di chiarire come l‘organismo si adatti alla carenza di ossigeno (ipossia) e come il pathway dell’ipossia sia importante in molte patologie umane, aprendo la strada alla sua manipolazione a fini terapeutici.

Gli esseri viventi dipendono strettamente dall’ossigeno, per cui hanno sviluppato un sistema di sensori per identificarne la riduzione e di risposte rapide di protezione/adattamento per limitare gli effetti negativi dell’ipossia. Il problema è rilevante in Ematologia, data la relazione tra ipossia e sintesi di eritropoietina (EPO), l’ormone renale che controlla la produzione dei globuli rossi. Il prodotto finale dell’eritropoiesi (circa 200 miliardi di eritrociti al giorno) è proprio destinato a mantenere l’ossigenazione di cellule e tessuti.
Il concetto che l’ipossia stimola l’eritropoietina era noto da ben prima che nel 1995 Greg Semenza clonasse l’HIF (hypoxia inducible factors), una famiglia di fattori trascrizionali indotti dall’ipossia. L’HIF è un eterodimero composto da una subunità a e una b. La subunità a funziona solo quando l’ossigeno è ridotto: in questo caso, si associa alla subunità b che è prodotta costitutivamente e il complesso, nel nucleo, lega sequenze definite Hypoxia responsive elements nel promotore dei geni target, inducendone la trascrizione. I geni controllati da HIF sono oltre 300, tra cui il gene dell’EPO; del fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF), per aumentare le connessioni vascolari; del metabolismo glicolitico, per aumentare la produzione di energia in assenza di ossigeno; e dell’assorbimento del ferro, per favorire l’eritropoiesi. Inoltre, HIF regola PDGF, il fattore tissutale della coagulazione, e geni della replicazione, sopravvivenza e motilità cellulare. In questo modo viene compensata l’ipossia sia a breve che a lungo termine.
Gli HIF sono membri di una famiglia: i più studiati sono HIF-1a, che è ubiquitario, e HIF-2a, la cui espressione è ristretta a livello renale, endoteliale e intestinale, mentre il ruolo di HIF-3a è ancora da esplorare.

Peter Radcliffe e William Kaelin hanno scoperto che la regolazione di HIF-a è mediata dalla sua degradazione. In condizioni di normale ossigenazione, HIF-a è modificato dall’enzima prolil idrossilasi (PHD), legato dal fattore von Hippel-Lindau (VHL), ubiquitinato e degradato dal proteasoma (Figura I).  Peter Kaelin a quel tempo studiava la sindrome di VHL, una forma ereditaria rara di elevata suscettibilità allo sviluppo di tumori, causata da mutazioni inattivanti VHL, che si comporta come un gene oncosoppressore. Kaelin aveva osservato che cellule senza VHL mandavano un falso segnale di ipossia, accumulavano HIF-a e mRNA targets, incluso VEGF – il che spiega l’ipervascolarizzazione dei tumori nella sindrome VHL. La cellula reagisce all’ipossia semplicemente bloccando la degradazione di HIF, quindi rapidamente, in pochi minuti.

 

Figura I. Schema del meccanismo di degradazione/attività di HIF-a da parte di prolil idrossilasi (PHD2) e fattore Von Hippel Lindau (VHL): a sinistra in condizioni di normale ossigenazione; a destra in condizioni di ipossia. Modificato da: Bigham AW e Lee FS, 2014.

 

In ipossia, aumentano la ventilazione e l’attività cardiovascolare, la curva di dissociazione della Hb si sposta a destra, ma il compenso a lungo termine richiede l’aumento del numero dei globuli rossi. Ciò avviene tipicamente in altura (oltre 1000 metri), quando la pressione parziale di ossigeno nell’aria si riduce, ma rappresenta un meccanismo di compenso anche in soggetti affetti da patologie croniche polmonari e cardiologiche che riducono l’ossigenazione tissutale.

 

Eritrocitosi familiari

La policitemia di Chuvash, una rara patologia autosomica recessiva, è stata il primo difetto genetico descritto nel pathway dell’ipossia. La patologia è caratterizzata da livelli elevati di Hb e di EPO e complicanze cliniche gravi che possono portare a mortalità precoce. Il quadro patologico dipende da una mutazione germinale in omozigosi del gene VHL (R200W). La mutazione loss of function riduce l’interazione e la degradazione e aumenta l’attività sia di HIF-1a che di HIF-2a. I pazienti presentano anche trombosi arteriose e venose, sanguinamenti, eventi cerebro- e cardio-vascolari, ipertensione polmonare e mortalità precoce, ma non hanno un aumentato rischio di sviluppare i tumori tipici della sindrome VHL.

Si tratta di una patologia molto rara, endemica nella repubblica di Chuvashia in Russia. In Italia sono stati identificati 14 soggetti affetti dalla stessa identica mutazione in 5 famiglie nell’isola di Ischia; curiosamente, l’aplotipo al locus VHL di tutti i pazienti era sovrapponibile all’aplotipo riscontrato nel cluster Chuvash, sottolineando un evento mutazionale unico seguito da un effetto “fondatore”, anche se un link tra Chuvashia e Ischia resta difficile da stabilire.

La policitemia di Chuvash è definita tipo 2 nella classificazione delle eritrocitosi secondarie, come riportato nella review di Greg Semenza (Figura II), il tipo 1 essendo rappresentato da mutazioni dominanti del recettore di EPO (EPOR), che quando mutato trasmette costitutivamente il segnale. Altre eritrocitosi sono dovute a mutazioni “loss of function” nel gene ENGL1/PHD2 che quindi riducono l’idrossilazione e la conseguente degradazione di HIF (tipo 3) o mutazioni eterozigoti “gain of function” nel gene EPAS1/HIF-2a (tipo 4). In quest’ultimo caso, le mutazioni cadono vicino al sito di idrossilazione da parte della PHD2 e riducono il legame e quindi la degradazione, stabilizzando HIF-2a. Il fenotipo non è sempre identico, a parte l’eritrocitosi; è più grave quando entrambi gli HIFs sono alterati come nella Chuvash o nel tipo 3, in quanto il deficit di degradazione coinvolge anche HIF-1a. Tutte queste patologie sono rari esperimenti della natura, ma rappresentano modelli biologici importanti che migliorano la nostra conoscenza del pathway dell’ipossia.

 

Figura II. Eritrocitosi familari correlate a difetti genetici del pathway del sensing dell’ossigeno. Sono rappresentati 4 tipi, due gain of function (GOF) e due loss of function (LOF). PHD = prolil idrossilasi. VHL = von Hippel Lindau. EPOR = recettore della eritropoietina, EPAS1 = gene codificante HIF-2a; ENGL1 = gene codificante PHD2. Le mutazioni nei diversi geni sono indicate. (Modificato da Semenza GL, 2009).

 

Sensing dell’ossigeno” e permanenza ad alta quota

La risposta all’ipossia è importante nelle popolazioni che vivono stabilmente oltre i 4000 metri, come i Tibetani e le popolazioni Andine in Perù e Bolivia. Il più alto insediamento al mondo è nel sud-est del Perù, nel sito di una miniera d’oro chiamato la “Riconada”, a 5100 metri circa. Qui molti individui sono affetti da “chronic mountain sickness” o malattia di Monge, da Carlos Monge-Medrano che per primo l’identificò tra le popolazioni Andine, con importante eritrocitosi. I sintomi tipici sono: cefalea, vertigini, acufeni, astenia, dispnea, cardiopalmo e cianosi sino allo scompenso cardiaco destro e alla morte. Non esiste cura ad eccezione della discesa a quote più basse prima che il danno sia irreversibile; i salassi possono dare sollievo momentaneo, riducendo la viscosità del sangue, ma peggiorano l’ossigenazione.

 

 

 

 

A differenza delle popolazioni Andine, i Tibetani che vivono in altura hanno sviluppato un adattamento particolare all’ambiente: hanno livelli elevati di ossido nitrico, aumentano la ventilazione, ma incrementano poco o nulla i livelli di Hb anche oltre i 4000 metri e per questo non sviluppano chronic mountain sickness. Studi di genome wide association (GWA) hanno evidenziato che questa popolazione ha selezionato nell’evoluzione particolari alleli a livello del locus EPAS1 che codifica per HIF-2a e EGLN1 che codifica per PHD2, alleli associati a livelli di Hb più bassi e molto rari nelle popolazioni che vivono a bassa quota, assenti negli Andini. Anche se il meccanismo di queste differenze non è ancora del tutto chiarito, gli alleli Tibetani non si accompagnano ad aumento di HIF-2a e spiegano l’assenza di chronic mountain sickness in questa popolazione di altura.

 

 

Metabolismo del ferro-ipossia

Ci sono molteplici relazioni tra regolazione del ferro e pathway dell’ipossia. HIF-1α, ad esempio, regola l’espressione della transferrina, del suo recettore (TfR1) e dell’eme-ossigenasi 1. Inoltre le prolil idrossilasi sono enzimi ferro-dipendenti e non degradano HIF in carenza di ferro. Per questa ragione la sideropenia riproduce alcuni aspetti dell’ipossia.
E’ provato sperimentalmente che HIF-2α (e non HIF-1α) regola EPO e assorbimento del ferro. La delezione di HIF-2α esclusivamente nel rene causa anemia ipoproliferativa per carenza di EPO. Il topo compensa accumulando nel rene HIF-1α e livelli elevati dei suoi geni target (come Glut1, Pkf), ma non EPO, confermando che HIF-2α è indispensabile per la sintesi di EPO.

Il ferro modula finemente la produzione renale di EPO attraverso le sue proteine regolatorie (IRPs). In carenza di ferro, IRP1 si lega all’IRE al 5’ di HIF-2α, sopprimendone la traduzione e riducendo la sintesi di EPO. Finalisticamente, ciò limita il consumo di ferro da parte dell’eritropoiesi. Quando questo meccanismo viene meno, come nel topo Irp1 ko, si sviluppa paradossalmente una policitemia transitoria nell’animale giovane, che è relativamente carente di ferro durante la crescita, policitemia che regredisce nell’adulto, quando il ferro si normalizza. Oltre alla policitemia, il topo sviluppa ipertensione polmonare. Infatti HIF-2α è espresso e controllato da IRP1 nell’endotelio vascolare polmonare.

Lo stimolo eritropoietico richiede un elevato apporto di ferro. HIF-2α coordina eritropoiesi e assorbimento intestinale. Nell’enterocita duodenale HIF2-a, legandosi all’hypoxia responsive element dei rispettivi promotori, incrementa l’espressione dei trasportatori di ferro: DMT1, che assorbe il ferro dal lume, e ferroportina, che esporta il ferro nella circolazione. La riduzione di epcidina, conseguente alla sideropenia dovuta all’incremento nel consumo di ferro da parte dell’eritropoiesi, favorisce ulteriormente il rilascio di ferro da parte di ferroportina.
Dato il ruolo di HIF-2a nella regolazione dell’eritropoiesi e dell’assorbimento del ferro, sono stati sviluppati preparati per incrementarne il livello di Hb in forme di anemia caratterizzate da deficit di eritropoietina e da sideropenia.

 

Non solo globuli rossi

Il fattore VHL è stato originariamente identificato come responsabile della sindrome omonima, caratterizzata da un’aumentata suscettibilità allo sviluppo di alcuni tipi di tumore: in particolare emangioblastomi cerebellari, spinali e retinici, feocromocitomi e carcinoma renale. La trasmissione è autosomica dominante, ma la mutazione richiede un secondo evento mutazionale a livello del tessuto tumorale, spesso la perdita dell’allele per delezione.
Mutazioni sporadiche non ereditarie di VHL che riducono la sua abilità di degradare HIF sono riportate in alcuni tumori, tra cui il carcinoma renale a cellule chiare, che presenta livelli elevati di HIF-2a. Qui HIF attiva la ciclina D1, riduce l’apoptosi e aumenta la proliferazione cellulare.
Il pathway dell’ipossia è attivato nei tumori anche indipendentemente da mutazioni di VH per l’importante crescita cellulare e lo sviluppo disordinato dei vasi. L’aumento di HIF ha un ruolo chiave nei processi di neoangiogenesi, crescita tumorale, invasività e metastasi, ma anche nella resistenza a diversi tipi di trattamento. Tumori con alta espressione di HIF hanno una prognosi sfavorevole. Per questa ragione antagonisti di HIF-2a sono stati proposti come terapia mirata.

L’incremento di HIF nella policitemia di Chuvash così come nella chronic mountain sickness favorisce lo sviluppo dell’ipertensione polmonare, in quanto i piccoli vasi del polmone esprimono alti livelli di HIF-2a nell’endotelio e di HIF-1a nelle cellule muscolari lisce della parete vasale.
HIF gioca un ruolo opposto, positivo, nell’ipossia dell’infarto miocardico, nell’insufficienza vascolare periferica e nell’ictus, come meccanismo di compenso per migliorare l’ossigenazione tramite l’effetto sulla vascolarizzazione. In questi casi, è stato proposto un approccio terapeutico di stabilizzazione di HIF interferendo con la sua degradazione, come discusso nel capitolo successivo.

 

Sviluppo di farmaci per controllo del pathway dell’ipossia

La caratterizzazione del sensing e risposta all’ipossia ha permesso di sviluppare composti che sono attualmente in trial clinici per il trattamento di diverse condizioni patologiche. Composti che inibiscono HIF-2a sono potenzialmente utili per il trattamento di pazienti neoplastici, soprattutto affetti da tumori renali. E’ stato suggerito che questi composti potrebbero avere un minor effetto nelle cellule normali, che non sono ipossiche, rispetto a quelle tumorali, che hanno HIF elevato. Antagonisti di HIF-2a sono stati usati con esito positivo in modelli preclinici in tumori con mutazioni di VHL e alti livelli di HIF-2a, e sono in trial clinici nel carcinoma renale a cellule chiare.
Una classe di farmaci con effetto opposto è rappresentata dagli inibitori di PHD, proposti per incrementare la produzione di EPO e l’assorbimento del ferro, correggendo le situazioni in cui sono entrambi depressi, come succede nell’insufficienza renale cronica. Gli entusiasmi su questi farmaci sono frenati dalla considerazione che ogni manipolazione di HIF, che è espresso anche nel tessuto nervoso, nella parete vasale e nel sistema immunitario, può avere effetti collaterali. Tuttavia la ricerca clinica non si ferma: il trattamento con inibitori di prolil idrossilasi che stabilizzano l’HIF è stato approvato in Cina e sono stati pubblicati di recente i risultati di trial di fase 3 con roxadustat (inibitore di HIF-PHD) nell’anemia dell’insufficienza renale cronica, in pazienti sia in pre-dialisi che in dialisi.  In questi trial, roxadustat si è dimostrato superiore al placebo nell’aumentare l’Hb di pazienti non dializzati e non inferiore all’EPO (epoetina a) nell’aumentare l’Hb in pazienti dializzati. Gli effetti collaterali erano modesti, a parte l’iperpotassiemia, mentre il trattamento con EPO può avere effetti cardiovascolari indesiderati. Va però considerato che i trial avevano una durata limitata, non oltre le 18 e 23 settimane rispettivamente, ed il numero di casi trattati era modesto. Si attendono i risultati di trial che prevedono trattamenti più prolungati.
Diversi autori considerano questi approcci non sicuri, in quanto l’inibizione di PHD stimola molti processi biologici HIF-dipendenti. Una strategia più selettiva potrebbe essere rivolta ad aumentare preferenzialmente l’attività HIF-2a, la cui espressione è ristretta a un numero limitato di tessuti.

Nonostante i problemi relativi alla produzione di farmaci selettivi e sicuri, la scoperta e la caratterizzazione dettagliata del sensing e della risposta alla ipossia hanno incrementato le nostre conoscenze biologiche, hanno stimolato ulteriore ricerca e promettono di alleviare in futuro i sintomi e le problematiche relative a condizioni in cui il pathway è sregolato. Il premio Nobel ai 3 scienziati dell’ipossia testimonia tutto questo.

 

 

Crediti fotografici: le foto presenti sono state scattate dal Prof. Robin Foà

 

BIBLIOGRAFIA

 

Articoli originali dei 3 scienziati vincitori del Nobel

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Policitemia da difetti genetici del pathway dell’ipossia

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Adattamento genetico ad alta quota

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Metabolismo del ferro-ipossia

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Non solo globuli rossi

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Farmaci per controllo del pathway dell’ipossia

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  • Chen N, Hao C, Liu BC, Lin H, Wang C, Xing C, Liang X, Jiang G, Liu Z, Li X, Zuo L, Luo L, Wang J, Zhao MH, Liu Z, Cai GY, Hao L, Leong R, Wang C, Liu C, Neff T, Szczech L, Yu KP. Roxadustat Treatment for Anemia in Patients Undergoing Long-Term Dialysis. N Engl J Med 2019; 381: 1011-22.
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  • Chen W, Hill H, Christie A, Kim MS, Holloman E, Pavia-Jimenez A, Homayoun F, Ma Y, Patel N, Yell P, Hao G, Yousuf Q, Joyce A, Pedrosa I, Geiger H, Zhang H, Chang J, Gardner KH, Bruick RK, Reeves C, Hwang TH, Courtney K, Frenkel E, Sun X, Zojwalla N, Wong T, Rizzi JP, Wallace EM, Josey JA, Xie Y, Xie XJ, Kapur P, McKay RM, Brugarolas J. Targeting renal cell carcinoma with a HIF-2 antagonist. Nature 2016; 539: 112- 117.

A cura di:

Già Professore ordinario di Medicina interna presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e Responsabile della Unità Regolazione del metabolismo del ferro, IRCCS San Raffaele, Milano

Clara Camaschella
Clara Camaschella
Già Professore ordinario di Medicina interna presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e Responsabile della Unità Regolazione del metabolismo del ferro, IRCCS San Raffaele, Milano
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