Utilizzo di rituximab nei pazienti con infezione da virus dell’epatite B

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La riacutizzazione dell’infezione da virus dell’epatite B (HBV) in corso di immunosoppressione rappresenta un problema ancora attuale: nonostante la vaccinazione obbligatoria dei nuovi nati, vi sono ancora in Italia quasi 1 milione di portatori cronici di HBV, specie nella fascia di età adulta e anziana, la stessa nella quale sono in aumento tanto l’incidenza delle neoplasie ematologiche quanto l’utilizzo di terapie immunosoppressive.

Dal punto di vista fisiopatologico si distinguono 3 categorie di soggetti infetti da HBV: i portatori attivi di HBsAg, quelli inattivi e i soggetti con infezione occulta (OBI, Occult B Infection). Le prime due categorie si caratterizzano per la positività dell’HBsAg e si differenziano per la presenza o assenza, rispettivamente, di HBV DNA circolante; la categoria degli OBI si caratterizza invece per la negatività di HBsAg e HBV DNA. In questi soggetti l’unico segnale di un pregresso contatto immunologico con il virus HBV è dato dalla positività (in >90% dei casi) per gli anticorpi HBcAb: si tratta di portatori occulti di HBV in quanto il DNA virale non è rilevabile in circolo ma è presente negli epatociti.
Nei portatori inattivi e in quelli occulti la replicazione di HBV è tenuta sotto controllo dal sistema immunitario, in particolare dagli anticorpi prodotti dai linfociti B: per tale motivo l’impiego di Rituximab, da solo o in associazione ad altri farmaci immunosoppressori, toglie un meccanismo di controllo fondamentale, e può predisporre alla riattivazione virale, definita come la ricomparsa di viremia significativa (>20.000 UI) nei portatori inattivi e la ricomparsa di HBsAg (sieroreversione) nei portatori occulti. In entrambi i casi si associano segni di danno epatico mediato dal virus.
La prevalenza di infezione attiva o inattiva (HBsAg+) nei pazienti con NHL è di circa l’8%, ben superiore a quella della popolazione generale, il che ha fatto presumere un ruolo patogenetico di HBV nella linfomagenesi (Marcucci F et al, 2006). Nei portatori inattivi di HBsAg la chemioterapia immunosoppressiva determina un rischio di riattivazione del 50% e una mortalità del 20%, in genere entro i primi 2 mesi dall’inizio della terapia, talora in forma di epatite fulminante.

Nei soggetti HBsAge HBcAb+ (la cui prevalenza nella popolazione generale arriva al 20-25%.) la sieroreversione si realizza con una frequenza dal 3 al 50%, in genere più tardivamente rispetto ai portatori inattivi (fino a 1 anno dopo la fine della terapia): si presume che il meccanismo patogenetico in questi soggetti non dipenda dalla soppressione diretta del meccanismo umorale che controlla la replicazione virale, ma da una distruzione degli epatociti infetti legata alla ricostituzione del sistema immunitario dopo terapia immunosoppressiva.
Diversi trial, sia prospettici che retrospettivi, hanno dimostrato che l’incidenza di riattivazione di infezione da HBV nei pazienti HBsAg+ che ricevono chemioterapia senza essere sottoposti a profilassi antivirale varia dal 24 al 56% (Hsu C et al, 2008). Uno studio randomizzato su 51 pazienti affetti da NHL HBsAg+ ha dimostrato che la profilassi con lamivudina riduce significativamente il rischio di riattivazione dell’HBV (11% vs 56% di casi di riattivazione e 7,7% vs 48% di casi di epatite HBV-indotta nei soggetti sottoposti o non sottoposti a profilassi con lamivudina, rispettivamente).
La riattivazione di HBV, pur colpendo prevalentemente i soggetti HBsAg+, può interessare anche i soggetti HBsAg-. In uno studio italiano su 1087 pazienti con NHL, 394 (36%) sono risultati HBsAg HBcAb+ (comprendendo quindi sia gli OBI che i soggetti con infezione pregressa non cronicizzata): tra questi, 245 sono stati trattati con chemioterapia CHOP e 74 con Rituximab-CHOP. La percentuale di riattivazione nei soggetti trattati con R-CHOP (2,7%) è risultata significativamente superiore a quella nei soggetti trattati con sola chemioterapia (0,8%) (Targhetta C et al, 2008). Sulla base di questa osservazione, nei pazienti con neoplasia ematologica da trattare con immunochemioterapia è necessaria non solo la ricerca basale dei markers virali associati all’epatite B, ma anche il periodico dosaggio di HBV-DNA per evidenziare precocemente eventuali sieroreversioni.
Mentre il ruolo della profilassi antivirale con lamivudina nei pazienti HBsAg+ (portatori inattivi) ha ormai ampia evidenza scientifica, esistono ancora aspetti controversi sulla profilassi dei soggetti OBI (portatori occulti): le attuali linee guida italiane suggeriscono un approccio “flessibile” rappresentato dalla terapia “on demand” (al momento della sieroreversione) nei soggetti in cui è attesa una bassa immunosoppressione, e dalla profilassi universale nei soggetti ad elevato rischio di riattivazione (compresi i soggetti trattati con Rituximab) (Marzano A et al, 2008) (Tabella I). Va tuttavia sottolineato che la distinzione tra soggetti a basso o alto rischio di riattivazione non è sempre agevole, che anche nel primo gruppo di soggetti possono verificarsi casi (se pur rari) di sieroreversione ad andamento infausto e che l’adozione della terapia antivirale solo al momento della sieroreversione può ritardare o determinare l’interruzione del programma chemioterapico: per tali motivi alcuni esperti suggeriscono che la profilassi con lamivudina venga estesa indifferentemente a tutti i portatori cronici di HBV che necessitano di iniziare un trattamento chemioterapico.

Tabella I: Profilassi dei portatori cronici di HBV che ricevono immunochemioterapia

 

BIBLIOGRAFIA

 

  • Hsu C, Hsiung CA, Su IJ, et al. A revisit of prophylactic lamivudine for chemotherapy-associated hepatitis B reactivation in non-Hodgkin’s lymphoma: a randomized trial. Hepatology 2008;47:844-853.
  • Marcucci F, Mele A, Spada E, et al. High prevalence of hepatitis B virus infection in B-cell non-Hodgkin’s lymphoma. Haematologica 2006;91:554-557.
  • Marzano A, Angelucci E, Andreone P, et al. Prophylaxis and treatment of hepatitis B in immunocompromised patients. Dig Liver Dis 2007;39:397-408.
  • Targhetta C, Cabras MG, Mamusa AM, et al. Hepatitis B virus-related disease in isolated anti-hepatitis B-core positive lymphoma patients receiving chemo- or chemo-immune therapy. Haematologica 2008;93:951-952.

 

A cura di:

Università degli Studi di Verona, Professore Onorario di Ematologia, già Direttore della Scuola di Specializzazione in Ematologia, della UOC di Ematologia e del Dipartimento di Medicina

Giovanni Pizzolo
Giovanni Pizzolo
Università degli Studi di Verona, Professore Onorario di Ematologia, già Direttore della Scuola di Specializzazione in Ematologia, della UOC di Ematologia e del Dipartimento di Medicina
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