Trattamento “chemio-free” con lenalidomide e rituximab come prima linea dei pazienti con linfoma follicolare avanzato

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Esperienze preliminari hanno dimostrato l’efficacia della combinazione di lenalidomide e rituximab nei pazienti con linfoma follicolare sia non pretrattati che in recidiva.

Nello studio di fase 3, prospettico, multicentrico, che viene adesso pubblicato sul New England Journal of Medicine, (Morschhauser F et al, 2018), 1030 pazienti con linfoma follicolare avanzato (con necessità di trattamento secondo i criteri del Groupe d’Etude des Lymphomes Folliculaires, età mediana 59 anni, 49% alto rischio FLIPI) sono stati randomizzati 1:1 a ricevere un trattamento con rituximab (375 mg/mq, 18 cicli) e lenalidomide (20 mg/die giorni 1-21 ogni 28 giorni cicli 1-6, 10 mg/die cicli 7-18) oppure con rituximab e chemioterapia a scelta dell’investigatore (R-CHOP, R-bendamustina, R-CVP). In entrambi i bracci di randomizzazione era previsto il mantenimento con rituximab ogni 8 settimane per 2 anni.

Lo studio è stato disegnato come un trial di superiorità con due endpoint co-primari: il tasso di remissione completa a 120 settimane e la sopravvivenza libera da progressione (PFS). Le risposte complete sono state del 48% nel braccio “chemio-free” e del 53% nei pazienti trattati con chemioterapia (p=0,13). Una analisi ad interim a 3 anni di follow-up ha mostrato una PFS del 77% e del 78% nei due gruppi, rispettivamente.

Gli eventi avversi risultati significativamente superiori nel braccio trattato con chemioterapia sono stati le tossicità ematologiche, la nausea e il vomito, la neuropatia periferica e la neutropenia febbrile. Nei pazienti trattati con rituximab-lenalidomide sono risultate più comuni le reazioni cutanee. Con un follow-up mediano di 37,9 mesi, sono state registrate 38 neoplasie secondarie (7%) nel braccio con lenalidomide e 48 (10%) nel braccio con chemioterapia.

Il trial non ha dimostrato la superiorità del regime “chemio-free” ma ne ha evidenziato un diverso profilo di tossicità, in particolare per la minore incidenza di anemia, neutropenia e infezioni. In questo trial, condotto tra il 2011 e il 2014, la maggior parte dei pazienti randomizzati a chemioterapia è stata trattata con R-CHOP, che in più recenti studi randomizzati si è dimostrato essere gravato da maggiori tossicità rispetto al regime R-bendamustina. Inoltre, non sono stati confermati i tassi di risposta (fino al 95%) osservati negli studi di fase 2 che utilizzavano uno schema simile a quello del presente studio. Per tali ragioni il trattamento con lenalidomide frontline non può ancora essere considerato uno standard of care, anche se questi risultati forniscono un supporto verso la progressiva ricerca di trattamenti non basati sulla chemioterapia nel setting del linfoma follicolare.

 

Fonte:

Morschhauser F, Fowler NH, Feugier P, et al. Rituximab plus Lenalidomide in Advanced Untreated Follicular Lymphoma. N Engl J Med. 2018 Sep 6;379(10):934-947.

 

BIBLIOGRAFIA

  • Morschhauser F, Fowler NH, Feugier P, Bouabdallah R, Tilly H, Palomba ML, Fruchart C, Libby EN, Casasnovas RO, Flinn IW, Haioun C, Maisonneuve H, Ysebaert L, Bartlett NL, Bouabdallah K, Brice P, Ribrag V, Daguindau N, Le Gouill S, Pica GM, Martin Garcia-Sancho A, López-Guillermo A, Larouche JF, Ando K, Gomes da Silva M, André M, Zachée P, Sehn LH, Tobinai K, Cartron G, Liu D, Wang J, Xerri L, Salles GA; RELEVANCE Trial Investigators. Rituximab plus Lenalidomide in Advanced Untreated Follicular Lymphoma. N Engl J Med. 2018 Sep 6;379(10):934-947.

A cura di:

Sezione di Ematologia del Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Verona

Massimiliano Bonifacio, Giovanni Pizzolo
Massimiliano Bonifacio, Giovanni Pizzolo
Sezione di Ematologia del Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Verona
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