TP53 and Decitabine in Acute Myeloid Leukemia and Myelodysplastic Syndromes
La decitabina (DAC) è un agente ipometilante il DNA indicato per il trattamento di pazienti adulti con nuova diagnosi di leucemia mieloide acuta (LAM) “de novo” o secondaria in base alla classificazione WHO e che non siano candidabili alla chemioterapia di induzione standard. La dose a cui il farmaco è registrato è di 20 mg/m2 di superficie corporea, per infusione endovenosa della durata di un’ora, ripetuta giornalmente per 5 giorni consecutivi (vale a dire un totale di 5 dosi per ciclo di trattamento). La dose giornaliera totale non deve superare i 20 mg/m2 e la dose totale per ciclo di trattamento non deve superare i 100 mg/m2. I risultati ottenuti nelle LAM indicano percentuali di remissione completa (RC) intorno al 25% e un tasso di risposta complessiva, vale a dire RC + RC con incompleto recupero ematologico (RCi), fino al 35%. Risultati migliori sono sati riportati in studi di fase 2 basati su una esposizione prolungata al farmaco (20 mg/m2 per 10 giorni).
Sono stati pubblicati diversi studi effettuati allo scopo di identificare biomarker predittivi di risposta a DAC (variazione della metilazione del DNA, mutazioni di DNMT3A, IDH1, IDH2, and TET2, espressione di miR-29b), ma i risultati restano controversi e comunque non in grado di essere impiegati nella pratica clinica per l’ottimizzazione della terapia.
In questo studio, gli autori hanno impiegato la tecnica dell’enhanced exome sequencing e gene-panel sequencing allo scopo di determinare se la presenza di specifiche mutazioni è correlata alla risposta o alla resistenza a DAC e di definire eventuali pattern di clearance mutazionale. Le principali caratteristiche clinico-ematologiche sono sintetizzate nella Tabella I, nella quale sono anche indicate le percentuali di risposta.
Tabella I
La RC è stata ottenuta nel 15 % dei pazienti, mentre l’overall response rate era del 46% (RC + RC con incompleto recupero ematologico + clearance dei blasti midollari). Da notare che la percentuale di risposta è stata più elevato nei pazienti con cariotipo sfavorevole rispetto a quelli con cariotipo favorevole + intermedio (67% vs. 34%, p < 0,001) e nei pazienti con mutazione di TP53 (100% vs. 41%, p< 0.001). Al contrario, come indicato in Figura I, non vi era differenza nella overall survival tra i due gruppi citogenetici e mutazionali.
Figura I
La conclusione degli autori è che DAC nella schedula 10 giorni produce un maggior numero di risposte nei pazienti con citogenetica sfavorevole e con mutazione di TP53, ma queste risposte non sono durature e senza un significativo impatto sulla sopravvivenza. Altri dati importanti che emergono dallo studio di Welch e coll. sono:
a) i pazienti con risposta completa hanno un outcome nettamente migliore di quelli con risposta parziale e/o con malattia stabile o progressiva (Fig. II);
Figura II
b) vi è una chiara correlazione tra mutazione di TP53 e cariotipo sfavorevole (Fig. III);
Figura III
c) la risposta ematologica correla in alcuni pazienti con la riduzione della variant allele frequency (VAF) di TP53 e altre mutazioni associate a meccanismi epigenetici (DNMT3A e RRN3P2) e la recidiva coincide con l’incremento post-RC della VAF (Fig. IV);
Figura IV
d) decitabina è in grado di indurre una progressiva clearance mutazionale di TP53 associata a benefico clinico (Fig. V).
Figura V
Fonte:
A cura di:
Divisione di Ematologia, Ospedale Cardarelli, Napoli