Terapia di mantenimento con rituximab nei linfomi non Hodgkin B

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L’introduzione dell’anticorpo monoclonale rituximab ha prodotto importanti progressi nel trattamento dei linfomi B sia in prima linea che in recidiva. Nonostante il significativo miglioramento della PFS e della sopravvivenza, la maggior parte dei pazienti con linfoma follicolare e con linfoma mantellare trattati con rituximab presenta ricadute o progressioni: vari studi internazionali hanno quindi valutato se una terapia di mantenimento con tale anticorpo avesse un ruolo nel ritardare la progressione e influenzare la sopravvivenza.

 

Mantenimento con rituximab nei linfomi follicolari

Il linfoma follicolare è senz’altro il setting in cui maggiormente è stato studiato l’impiego della terapia di mantenimento.

Il gruppo americano del Minnie Pearl ha condotto un pionieristico studio di fase 2, non randomizzato, per indagare il ruolo del mantenimento con 4 dosi settimanali di rituximab ogni 6 mesi, fino a un massimo di 2 anni, in pazienti con linfomi indolenti che avessero ottenuto una remissione dopo induzione con rituximab in monoterapia: il tasso di risposta globale dopo il mantenimento è stato del 73% con una PFS di 34 mesi ad un follow-up mediano di 30 mesi. Analizzando separatamente il gruppo dei pazienti con linfoma follicolare (n=38) si confermava una PFS a 2 anni del 77% negli stadi II-III e del 47% negli stadi IV, superiore ai controlli storici (Hainsworth JD et al, 2002).

Il medesimo gruppo ha quindi confrontato il mantenimento con rituximab rispetto al ritrattamento al momento della progressione. Pazienti con linfomi indolenti pretrattati con schemi non includenti rituximab e in progressione/refrattari sono stati sottoposti a terapia di salvataggio con 4 dosi settimanali di rituximab: coloro che presentavano risposta o stabilità di malattia sono stati randomizzati a ricevere mantenimento con lo stesso schema utilizzato nel lavoro precedente vs ritrattamento con 4 dosi settimanali di rituximab alla progressione. Nel subset dei pazienti con linfoma follicolare la strategia di mantenimento ha consentito significativo miglioramento della PFS (31 mesi vs 13 mesi nel gruppo di controllo); inoltre la probabilità di ottenere una remissione completa con la terapia di mantenimento era significativamente maggiore rispetto al ritrattamento alla progressione (32% vs 7%). Tuttavia, le due strategie non hanno mostrato differenze nella probabilità di sopravvivenza a 3 anni (Hainsworth JD et al, 2005).

Anche lo studio del gruppo svizzero SAKK ha dimostrato, tra i primi, che il mantenimento dopo un trattamento di induzione (o reinduzione) con rituximab determina un miglioramento della PFS. La sopravvivenza libera da eventi nei pazienti trattati con un’infusione di rituximab ogni 2 mesi per 4 cicli era di 23,2 mesi rispetto a 11,8 mesi nei pazienti randomizzati alla sola osservazione: tale beneficio era tuttavia più evidente nei pazienti non pretrattati con chemioterapia (36 mesi vs 19 mesi, rispettivamente) (Ghielmini M et al, 2004).

Per rispondere al quesito se il mantenimento con rituximab fosse efficace anche nei pazienti ricaduti/refrattari che fossero stati pretrattati con chemioterapia e/o chemioterapia + rituximab sono stati condotti due importanti studi prospettici randomizzati. Nello studio del gruppo tedesco GLSG, pazienti con linfoma follicolare ricaduto/refrattario responsivi a una chemioimmunoterapia di reinduzione (R-FCM) sono stati randomizzati a mantenimento con rituximab (4 dosi settimanali a 3 e 9 mesi dopo la fine della reinduzione) vs osservazione: la durata mediana della risposta è risultata significativamente superiore nel gruppo di mantenimento (Forstpointer R et al, 2006). Lo studio del gruppo europeo EORTC è stato condotto su 465 pazienti con linfoma follicolare ricaduto/refrattario, randomizzati a una terapia di reinduzione CHOP vs R-CHOP: i pazienti responsivi a tale reinduzione (n=334) sono stati quindi randomizzati a ricevere mantenimento (un’infusione di rituximab ogni 3 mesi per 2 anni consecutivi) vs osservazione. Questo studio ha dimostrato un chiaro beneficio sulla PFS nei pazienti trattati con il mantenimento, indipendentemente dal tipo di reinduzione (CHOP vs R-CHOP) e dalla qualità della risposta (remissione completa vs parziale) ottenuta dopo la reinduzione: inoltre, un follow-up a 33 mesi (van Oers MH et al, 2006) mostrava per la prima volta un miglioramento della sopravvivenza per i pazienti trattati con il mantenimento (85,1% a 3 anni vs 77,1% nel gruppo di controllo): ad un follow-up più recente (van Oers MH, 2010) tale beneficio non è risultato statisticamente significativo (OS 74,3% a 5 anni nel gruppo mantenimento vs 64,7% nel gruppo di controllo) probabilmente per l’effetto della terapia di salvataggio con lo stesso rituximab nei pazienti arruolati nel braccio osservazionale.

Uno studio europeo del gruppo EBMT ha documentato l’efficacia del mantenimento anche nel setting dei pazienti ricaduti/refrattari sottoposti a terapia sequenziale ad alte dosi e trapianto autologo di cellule staminali: i pazienti randomizzati a ricevere rituximab (una somministrazione ogni 2 mesi per 4 dosi) dopo il trapianto presentavano una PFS significativamente superiore a quella dei pazienti nel braccio di sola osservazione (rispettivamente 54% vs 37%)  (Pettengell R et al, 2013).

Sulla base di tali risultati è stato quindi intrapreso uno studio europeo di fase III (studio PRIMA) per verificare il ruolo del mantenimento anche nel setting dei pazienti con linfoma follicolare di nuova diagnosi, con indicazione al trattamento (Salles G et al, 2010). In questo studio, 1019 pazienti responsivi alla terapia di induzione (secondo gli schemi R-CVP, R-CHOP o R-FCM) sono stati randomizzati a un mantenimento con rituximab (somministrato con una schedula diversa dai precedenti studi, ogni 2 mesi anziché 3 mesi, per una durata complessiva di 2 anni) vs osservazione. La PFS dopo un follow-up mediano di 36 mesi è significativamente superiore nel gruppo di mantenimento (75%) rispetto al braccio osservazionale (58%), indipendentemente dal tipo di chemioterapia utilizzato in induzione. La probabilità di essere in remissione completa 2 anni dopo la randomizzazione è del 71,5% nei pazienti trattati con il mantenimento vs 52% nel braccio osservazionale. La sopravvivenza globale al momento non differisce tra i due gruppi. Nel gruppo trattato con il mantenimento sono stati segnalati maggior eventi avversi di ogni grado (52% vs 35%), di grado III-IV (24% vs 17%) e di infezioni di grado severo (4% vs <1%) (Tabella I).

Tabella I: Efficacia del mantenimento con rituximab nei pazienti con linfoma follicolare

Nell’insieme questi risultati hanno portato all’autorizzazione FDA ed EMA del rituximab come terapia di mantenimento nei pazienti con linfoma follicolare in risposta dopo una prima linea di trattamento con schedula di somministrazione ogni 2 mesi fino a 2 anni.

Il reale impatto in termini di sopravvivenza di questa strategia di trattamento non è tuttavia ancora definito e sono da verificare, in particolare, le possibili conseguenze del mantenimento in termini di effetti collaterali tardivi. Una revisione sistematica degli studi randomizzati ha indicato che il mantenimento aumenta il rischio di infezioni di grado 3 e 4 e di neutropenia severa (Vidal L et al, 2009). Complessivamente, tuttavia, il numero di pazienti con neutropenia o infezioni così severe da richiedere sospensione del trattamento di mantenimento è stato <1% in tutti gli studi. Un recente studio di confronto tra una strategia di mantenimento breve (una infusione di rituximab ogni 2 mesi per 4 volte) o prolungata (una infusione ogni 2 mesi per 5 anni) non ha mostrato differenze nella EFS e nella sopravvivenza globale ad un follow-up medio di circa 6 anni e mezzo (Taverna C et al, 2016).

 

Mantenimento con rituximab nei linfomi mantellari

L’inclusione di alcuni pazienti con linfoma mantellare nello studio del gruppo tedesco GLSG sui linfomi a bassa malignità (Forstpointer G et al, 2006) ha suggerito che anche in questa patologia il mantenimento con rituximab fosse efficace nel ritardare la progressione.

E’ stato quindi condotto un studio specifico su pazienti >60 anni con linfoma mantellare non eleggibili a terapia ad alte dosi e trapianto autologo. 559 pazienti sono stati randomizzati a ricevere un’induzione con 8 cicli R-CHOP-21 o 6 cicli R-FC: i pazienti in risposta parziale o completa sono stati quindi randomizzati a mantenimento con rituximab (una somministrazione ogni 2 mesi fino a progressione) o interferone (IFN, 3 MU 3 volte la settimana fino a progressione). Il mantenimento con rituximab è risultato significativamente più efficace nel prolungare la durata della risposta (77 mesi nel braccio rituximab vs 24 mesi nel braccio IFN), indipendentemente dalla terapia di induzione. Il trattamento R-CHOP è comunque risultato superiore ad R-FC in termini di efficacia e minor incidenza di eventi avversi. Gli autori hanno quindi proposto la terapia di induzione R-CHOP seguita da mantenimento con rituximab fino a progressione quale nuovo standard di terapia per i pazienti anziani con linfoma mantellare non candidabili a terapia ad alte dosi (Kluin-Nelemans HC et al, 2012). Analoghi risultati sono stati osservati in uno studio condotto su 240 pazienti con linfoma mantellare di età 18-65 anni, sottoposti a trapianto autologo e randomizzati a sola osservazione (n=120) o mantenimento con rituximab ogni 2 mesi per 3 anni (n=120). L’endpoint primario dello studio era la EFS a 4 anni, che è risultata significativamente superiore nei pazienti trattati con mantenimento (79% vs 61%), così come superiori sono state la PFS a 4 anni (83% vs 64%) e la sopravvivenza globale a 4 anni è (89% vs 80%). Questo studio ha quindi confermato nel setting dei pazienti più giovani trattati con autotrapianto il beneficio del mantenimento con rituximab (Le Gouill S et al, 2017).

 

Mantenimento con rituximab nei linfomi B diffusi a grandi cellule

Ci sono pochi dati sull’impiego del mantenimento nei linfomi B aggressivi. L’esperienza più rilevante è lo studio CORAL, che ha arruolato 477 pazienti con DLBCL ricaduto/refrattario, avviati a ricevere 3 cicli R-DHAP o 3 cicli R-ICE quale terapia di reinduzione prima del trapianto autologo e, successivamente, sottoposti a una seconda randomizzazione tra 6 cicli di mantenimento con rituximab (ogni 2 mesi) vs osservazione. Ad un follow-up mediano di 44 mesi, non è stata osservata alcuna differenza in termini di EFS (52% vs 53%, rispettivamente) e OS tra i due bracci sperimentali. Lo studio ha concluso che i due regimi di salvataggio (R-DHAP e R-ICE) sono ugualmente efficaci nei pazienti con DLBCL ricaduto/refrattario e che il mantenimento con rituximab non aggiunge alcun beneficio rispetto alla sola osservazione nei pazienti trattati con il trapianto autologo (Gisselbrecht C et al, 2012).

 

BIBLIOGRAFIA

  • Forstpointer R, Unterhalt M, Dreyling M, et al. Maintenance therapy with rituximab leads to significant prolongation of response duration after salvage therapy with a combination of rituximab, fludarabine, cyclophosphamide, and mitoxantrone (R-FCM) in patients with recurring and refractory follicular and mantle cell lymphomas: results of a prospective randomized study of the German low grade lymphoma study group (GLSG). Blood 2006;108:4003-4008.
  • Ghielmini M, Schmitz SF, Cogliatti SB, et al. Prolonged treatment with rituximab in patients with follicular lymphoma significantly increases event-free survival and response duration compared with the standard weekly x4 schedule. Blood 2004;103:4416-4423.
  • Gisselbrecht C, Schmitz N, Mounier N et al. Rituximab maintenace therapy after autologous stem cell transplantation in patients with relapsed CD20(+) diffuse large B-cell lymphoma: final analysis of the collaborative trial in relapsed aggressive lymphoma. J Clin Oncol 2012;30:44262-4469.
  • Hainsworth JD, Litchy S, Burris HA III, et al. Rituximab as first-line and maintenance therapy for patients with indolent non-Hodgkin’s lymphoma. J Clin Oncol 2002;20:4261-4267.
  • Hainsworth JD, Litchy S, Shaffer DW, et al. Maximizing therapeutic benefit of rituximab: maintenance therapy versus re-treatment at progression in patients with indolent non-Hodgkin’s lymphoma – a randomized phase II trial of the Minnie Pearl Cancer Research Network. J Clin Oncol 2005;23:1088-1095.
  • Kluin-Nelemans HC, Hoster E, Hermine J, et al. Treatment of older patients with mantle-cell lymphoma. N Engl J Med 2012;367:520-531.
  • Le Gouill S, Thieblemont C, Oberic L, et al. Rituximab after autologous stem cell transplantation in mantle cell lymphoma. N Engl J Med 2017;377:1250-1260.
  • Pettengell R, Schmitz N, Gisselbrecht C, et al. Rituximab purging and/or maintenance undergoing autologous transplantation for relapsed follicular lymphoma: a prospective randomized trial from the lymphoma working party of the European group for blood and marrow transplantation. J Clin Oncol 2013;31:1624-1630.
  • Salles G, Seymur JF, Offner F, et al. Rituximab maintenance for 2 years in patients with high tumor burden follicular lymphoma responding to rituximab plus chemotherapy (PRIMA): a phase 3, randomised controlled trial. Lancet 2010;377:42-51.
  • Taverna C, Martinelli G, Hitz F et al. Rituximab maintenance for a maximum of 5 years after single-agent rituximab induction in follicular lymphoma: results of the randomized controlled phase III trial SAKK 35/03. J Clin Oncol 2016;34:495-500.
  • van Oers MH, Klasa R, Marcus RE, et al. Rituximab maintenance improves clinical outcome of relapsed/resistant follicular lymphoma in patients both with and without rituximab during induction: results of a prospective randomized phase 3 intergroup trial. Blood 2006;108:3295-3301.
  • van Oers MH, Van Glabbeke M, Giurgea L, et al. Rituximab maintenance treatment of relapsed/resistant follicular non-Hodgkin’s lymphoma: long-term outcome of the EORTC 20981 phase III randomized intergroup study. J Clin Oncol 2010;28:2853-2858.
  • Vidal L, Gafter-Gvili A, Leibovici L, et al. Rituximab maintenance for the treatment of patients with follicular lymphoma: systematic review and meta-analysis of randomized trials. J Natl Cancer Inst  2009;101:248-255.

A cura di:

Università degli Studi di Verona, Professore Onorario di Ematologia, già Direttore della Scuola di Specializzazione in Ematologia, della UOC di Ematologia e del Dipartimento di Medicina

Giovanni Pizzolo
Giovanni Pizzolo
Università degli Studi di Verona, Professore Onorario di Ematologia, già Direttore della Scuola di Specializzazione in Ematologia, della UOC di Ematologia e del Dipartimento di Medicina
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