Ruxolitinib: inibitore di JAK2 per la mielofibrosi

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Ruxolitinib, un inibitore selettivo di JAK1 e JAK2, è stato sviluppato a seguito della scoperta del ruolo giocato dalle mutazioni i JAK2 nella patogenesi delle sindromi mieloproliferative Ph-negative. Si ritiene che il farmaco abbia effetti antiproliferativi e proapoptotici, attraverso l’attenuazione dei segnali citochinici conseguente all’inibizione di JAK1 e JAK2 (wild-type o mutato).

Vengono adesso pubblicati sul New England Journal of Medicine i risultati dei due trial di fase III, COMFORT-I e COMFORT-II, che hanno condotto alla registrazione di ruxolitinib per il trattamento della mielofibrosi da parte della FDA (Food and Drug Administration).

Nel primo studio (Verstovsek S et al. NEJM, 2012, 366:799-807), condotto negli USA, Canada e Australia, 309 pazienti con mielofibrosi a rischio intermedio-2 o alto sono stati randomizzati a ricevere ruxolitinib per os, due volte al giorno, o un placebo per 24 settimane. L’end-point primario era rappresentato da una riduzione del volume splenico di almeno il 35% a 24 settimane, risultato ottenuto nel 41,9% dei pazienti nel gruppo ruxolitinib verso lo 0,7% nel gruppo placebo (p < 0,001). Inoltre, nel 45,9% dei pazienti trattati con ruxolitinib è stato osservato un miglioramento della sintomatologia clinica (total symptom score) pari o superiore al 50%, verso il 5,3% dei pazienti riceventi il placebo (p < 0,001). La sopravvivenza globale è stata superiore nel braccio ruxolitinb, con 13 decessi osservati verso 24 nel braccio placebo (HR: 0,50; 95%CI: 0,25-0,98; p = 0,04).

Il COMFORT-II (Harrison C et al. NEJM, 2012, 366:787-798), condotto in Europa (con la partecipazione di centri italiani), ha invece randomizzato 219 pazienti con mielofibrosi primaria, post-policitemia vera o post-trombocitemia essenziale a ricevere ruxolitinib per os o la migliore terapia disponibile. In questo caso, l’end-point primario di una riduzione di almeno il 35% del volume della milza veniva valutato a 48 settimane ed è stato ottenuto dal 28% dei pazienti nel braccio ruxolitinib verso lo 0% del braccio di controllo (p < 0,001). I pazienti riceventi ruxolitinib hanno mostrato un miglioramento degli indici globali di qualità della vita e una riduzione dei sintomi associati alla mielofibrosi. Nessuna differenza fra i due gruppi è stata osservata in termini di sopravvivenza globale.

La principale tossicità associata al trattamento con ruxolitinib è ematologica, sotto forma di trombocitopenia e anemia, giudicate gestibili con riduzioni del dosaggio, interruzioni del trattamento o trasfusioni in entrambi gli studi. Gli aventi avversi non-ematologici (stanchezza, diarrea, dispnea, cefalea, vertigini, nausea e confusione) sono rari e generalmente di grado lieve. Va segnalato tuttavia uno studio recente (Tefferi A et al. Mayo Clin Proc, 2011, 86:1188-91) che ha evidenziato la possibile comparsa di eventi avversi gravi (recidiva acuta dei sintomi di mielofibrosi, ingrossamento rapido della milza e anche scompenso emodinamico acuto) durante la sospensione del trattamento con ruxolitinib, suggerendo l’opportunità di una riduzione graduale del dosaggio.

L’efficacia di ruxolitinib è attualmente indagata in un trial clinico di fase III (RESPONSE) nei pazienti con policitemia vera resistenti o intolleranti a idrossiurea.

 

Fonte: New England Journal of Medicine

 

Link: 

– Verstovsek S et al. NEJM, 2012, 366:799-807 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22375971

– Harrison C et al. NEJM, 2012, 366:787-798 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22375970

– Tefferi A et al. Mayo Clin Proc, 2011, 86:1188-91 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22034658

 

 

 

A cura di:

www.ematologiainprogress.net

Redazione Ematologia in progress
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