Ruolo delle alterazioni dei telomeri nella leucemia linfatica cronica

Print Friendly, PDF & Email

Biologia dei Telomeri

I telomeri sono specifiche sequenze nucleotidiche non codificanti situate alle estremità dei cromosomi eucariotici e necessarie per la replicazione completa e la stabilità del cromosoma stesso.

La replicazione del filamento ritardato della doppia elica di DNA richiede a livello della forcella di replicazione la presenza di un certo numero di nucleotidi davanti alla sequenza da copiare, che possa servire da stampo per un RNA primer necessario a sua volta all’attività della DNA polimerasi. La sequenza nucleotidica che funge da stampo per il primer non viene replicata. Per poter quindi duplicare ad ogni ciclo l’intera sequenza di DNA cromosomico è necessario che una sequenza aggiuntiva sia presente all’estremità di ogni cromosoma così da consentire la replicazione anche degli ultimi nucleotidi. Queste sequenze aggiuntive sono i telomeri, altamente conservati in organismi molto diversi come protozoi, funghi, piante e mammiferi; consistono di molte ripetizioni in tandem di una breve sequenza nucleotidica che contiene un blocco di nucleotidi G (Alberts B BD et al, 2009). Nelle cellule umane i telomeri sono composti da centinaia, fino ad alcune migliaia, di sequenze esameriche ripetute in tandem: TTAGGG sul filamento principale, CCCTTA sul filamento ritardato, per una lunghezza totale di 5-12 kb (Figura I).

 

Figura I: Struttura dei telomeri (per la spiegazione si veda il testo).
Adattato da Calado RT and Young NS. Telomere diseases. N Engl J Med 2009; 361:2353-65.

 

A seguito del meccanismo sopra descritto i telomeri si accorciano fisiologicamente di 50-100 bp ad ogni ciclo di divisione cellulare; la lunghezza dei telomeri di una cellula riflette quindi la sua storia replicativa.
Quando i telomeri si accorciano al di sotto di una lunghezza soglia si attivano specifici pathways, mediati in particolare dai geni oncosoppressori p53 ed Rb, che conducono all’arresto della proliferazione cellulare e alla cosiddetta “senescenza cellulare” che precede l’apoptosi  (Calado RT and Young NS, 2009; Young NS, 2010).
Nelle cellule in cui deve essere mantenuto un elevato potenziale proliferativo i telomeri vengono continuamente allungati da un complesso enzimatico definito telomerasi. L’attività telomerasica è ristretta a pochi citotipi normali nell’uomo: le cellule germinali, le cellule staminali, i linfociti attivati e le cellule epiteliali con elevata attività replicativa. In aggiunta, durante la formazione del centro germinativo nel linfonodo, le cellule B ripristinano un elevato livello di attività telomerasica che consente un importante allungamento dei telomeri  (Grabowski P et al, 2005). L’enzima risulta inoltre riattivato in oltre l’80% delle neoplasie, ricoprendo un ruolo fondamentale nell’immortalizzazione cellulare  (Bechter OE et al, 1998).
La telomerasi è una particolare trascrittasi inversa che utilizza uno stampo di RNA per sintetizzare DNA telomerico. Il complesso telomerasico è costituito da una subunità catalitica ad attività transcrittasica inversa (telomerase reverse transcriptase: TERT), dallo stampo di RNA specifico (telomerase RNA component: TERC o TR), da una componente proteica principale detta discherina (codificata dal gene DKC-1) e da proteine che stabilizzano il complesso (Figura II).

 

Figura II: Struttura e componenti del complesso telomerasico (per la spiegazione si veda il testo).
Adattato da Calado RT and Young NS. Telomere diseases. N Engl J Med 2009; 361:2353-65.

 

L’enzima aggiunge ripetizioni esameriche TTAGGG all’estremità 3’ del filamento principale; il filamento complementare viene poi allungato dall’apparato replicativo convenzionale  (Calado RT and Young NS, 2009; Young NS, 2010). Il gene codificante per TERC è espresso in maniera sostanzialmente sovrapponibile nei tessuti somatici e germinali mentre l’espressione del gene TERT è finemente regolata e generalmente non misurabile nella maggior parte delle cellule somatiche, risultando essere il fattore limitante dell’attività telomerasica  (Gancarcikova M et al, 2010).
Esiste inoltre un meccanismo alternativo di allungamento dei telomeri (ALT: alternative lenthening of telomeres), evidente in cellule tumorali in cui non è dimostrabile l’attività telomerasica, che si ipotizza possa implicare fenomeni di ricombinazione omologa (DNA telomerico di cromosomi omologhi viene utilizzato come stampo per l’allungamento) o di duplicazione intratelomerica di sequenze di DNA, o altri meccanismi non noti  (Gancarcikova M et al, 2010).

Un’altra fondamentale funzione dei telomeri è quella di conferire stabilità genetica alle terminazioni cromosomiche. L’estremità 3’ della sequenza telomerica sul filamento principale termina con una protrusione a singolo filamento ricca in G e si ripiega ad ansa per insinuarsi nella doppia elica di DNA, che a sua volta si apre formando una struttura a tripla elica detta D-loop (displacement loop). L’anello maggiore generato dal ripiegamento dell’estremità telomerica viene detto T-loop (telomere loop) (Figura I). Questa conformazione conferisce protezione dalle esonucleasi e da fenomeni di fusione termino-terminale, evita che la terminazione del cromosoma venga erroneamente riconosciuta come rottura del doppio filamento dai sistemi di riparazione del DNA ed è un fattore limitante per l’allungamento dei telomeri mediato dalla telomerasi, dal momento che rende inaccessibile all’enzima l’estremità da allungare  (Calado RT and Young NS, 2009; Young NS, 2010; de Lange T, 2005). Nei vertebrati, un complesso di sei proteine (TRF1, TRF2, TIN2, POT1, TPP1, RAP1), denominato “shelterin complex”, si associa specificamente con le ripetizioni telomeriche TTAGGG e media la formazione e la stabilità del T-loop, regolando in questo modo anche l’azione della telomerasi  (de Lange T, 2005) (Figura I). Inoltre, le componenti dello shelterin complex reclutano polipeptidi addizionali che formano un complesso network proteico che riveste le estremità cromosomiche. Questi polipeptidi includono diverse proteine coinvolte nella risposta al danno del DNA come la chinasi ATM, l’eterodimero Ku70/80 e il complesso MRE11/RAD50/NBS1 (MRN)  (de Lange T, 2005). Le sequenze telomeriche possono ulteriormente stabilizzare le estremità dei cromosomi generando strutture insolite per interazione tra quattro guanine, con formazione di una struttura planare che si impila sopra ad altre strutture dello stesso tipo fino ad ottenere un filamento stabile definito G-quadruplex structure  (Burge S et al, 2006). Tali strutture sono stabilizzate dalla formazione di legami idrogeno che si instaurano tra le sommità delle basi e dalla chelazione con uno ione metallico, situato al centro di ogni unità di quattro basi  (Parkinson GN et al, 2002).

Patologia dei telomeri

L’alterata espressione ereditaria dei diversi componenti coinvolti nella normale funzionalità telomerica si associa, in misura variabile, ad alcune malattie quali l’anemia aplastica, la discheratosi congenita, la fibrosi polmonare idiopatica, la cirrosi epatica criptogenetica e la suscettibilità genetica allo sviluppo di numerosi tipi di neoplasia (Calado RT and Young NS, 2009; Young NS, 2010).
L’erosione dei telomeri che si verifica invece durante la vita della cellula, in presenza o meno di mutazioni specifiche dei geni coinvolti nella funzione telomerica, può in taluni casi contribuire a fenomeni di instabilità cromosomica che sembrano coinvolti in maniera importante nella trasformazione neoplastica, sia per quanto riguarda i tumori solidi che le neoplasie ematologiche  (Calado RT and Young NS, 2009; Young NS, 2010).

La perdita delle funzioni protettive dei telomeri, per disfunzione delle proteine telomeriche o per  accorciamento critico degli stessi, determina l’esposizione delle estremità cromosomiche come se fossero rotture del doppio filamento, con conseguente attivazione anomala di una reazione di risposta al danno del DNA. I meccanismi di riparazione coinvolti possono portare all’arresto irreversibile della crescita e proliferazione cellulare, evento noto come senescenza cellulare, ma possono anche indurre instabilità genetica. L’instabilità conseguente alla disfunzione telomerica si associa ad alcune tipiche aberrazioni cromosomiche: la fusione termino-terminale, la perdita del segnale telomerico su uno o entrambi i cromatidi di un cromosoma, la presenza di segnali telomerici extracromosomici, la duplicazione telomerica su uno o entrambi i cromatidi di un cromosoma, la fusione di cromatidi fratelli  (Brugat T et al, 2010b; O’Sullivan RJ and Karlseder J, 2010).
Questi eventi caratterizzano in particolare quella che in vitro viene descritta come “crisi telomerica”, osservata dopo soppressione specifica dei pathways di p53 ed Rb (evento piuttosto frequente nel cancro). Il venir meno di questi meccanismi consente alle cellule di superare lo step limitante della senescenza cellulare e di continuare a dividersi nonostante l’erosione dei telomeri, fino ad una seconda barriera proliferativa, definita appunto “crisi”, in cui l’estrema brevità dei telomeri determina un’elevata instabilità genetica che può portare alla morte della cellula o alla trasformazione neoplastica  (Baird DM, 2005). In particolare è stata identificata una soglia minima di lunghezza telomerica, pari a circa 13 ripetizioni TTAGGG, al di sotto della quale si verificano fenomeni di fusione telomero-telomero. Questi eventi sono stati ulteriormente caratterizzati con PCR long-range (fusion PCR) e successivo sequenziamento ed hanno dimostrato che la fusione si associa sempre (o è preceduta) da delezione di uno o entrambi i telomeri dei cromosomi coinvolti e da fenomeni di micro-omologia. Queste delezioni possono essere conseguenza dello specifico meccanismo che media la fusione oppure possono precederla, anche in modo stocastico, e successivamente favorirla. La delezione sporadica delle sequenze telomeriche può quindi favorire l’instabilità cromosomica anche in cellule con telomeri normali o non eccessivamente corti (Capper R et al, 2007).
La fusione telomero-telomero si considera un evento mutazionale rilevante nell’indurre riarrangiamenti cromosomici coinvolti nella trasformazione neoplastica. Essa infatti genera cromosomi dicentrici che vanno incontro a rottura durante la divisione cellulare con successiva anomala fusione dei monconi con altre sequenze di DNA. Il ripetersi di cicli di fusione/rottura/fusione si associa a comparsa di traslocazioni non reciproche, amplificazione genica, ed altre aberrazioni cromosomiche che nel complesso caratterizzano la trasformazione neoplastica  (Lin TT et al, 2010; Murnane JP, 2010; Artandi SE and DePinho RA, 2010) (Figura III).

 

Figura III: Meccanismo di instabilità cromosomica legato alla perdita telomerica ed alla fusione termino-terminale (per la spiegazione si veda il testo). Adattato da Murnane JP. Telomere loss as a mechanism for chromosome instability in human cancer. Cancer Res 2010; 70:4255-9.

Metodiche di quantificazione della lunghezza dei telomeri e dell’attività telomerasica

TRF (terminal restriction fragment) analysis (Southern blot)

Il DNA genomico viene digerito con enzimi di restrizione specifici che non tagliano all’interno delle sequenze telomeriche, così da lasciare intatti i telomeri di ciascun cromosoma (frammenti di restrizione terminali). I frammenti vengono poi separati con elettroforesi su gel di agarosio ed i TRF vengono identificati per ibridazione con sonde specifiche in Southern blot. Questa tecnica, che è la più largamente utilizzata ed è applicabile a diversi tessuti, sia freschi che congelati, ha però alcuni svantaggi: 1) richiede quantità di DNA dell’ordine di microgrammi, quindi sono necessarie almeno 10^5 cellule; 2) i TRF così tagliati possono comprendere, oltre alle sequenze prettamente telomeriche, anche frammenti variabili della regione pretelomerica. Essa è costituita da una porzione di 0-1 kb contigua all’estremità prossimale del telomero e contenente ripetizioni di varianti a singolo nucleotide delle sequenze telomeriche (TVR= telomere variant repeats) e da una regione subtelomerica prossimale che è uno dei loci più dinamici e variabili del genoma. L’eterogeneità di lunghezza dei TRF può quindi essere significativamente influenzata da componenti non telomeriche; 3) essendo  l’identificazione delle sequenze telomeriche basata su un processo di ibridazione, quanto più corto è il telomero tanto meno efficace sarà l’ibridazione, fino ad una lunghezza soglia al di sotto della quale la terminazione telomerica non verrà individuata. La metodica non è quindi in grado di identificare i telomeri più corti; 4) il risultato dell’analisi viene espresso come  lunghezza telomerica di picco oppure come media delle lunghezze dei telomeri dei diversi cromosomi di ogni cellula e di tutti i tipi cellulari presenti nel campione. Allo stesso tempo però il metodo è in grado di descrivere la lunghezza telomerica e la distribuzione della stessa per l’intero genoma  (Baird DM, 2005).

Q-PCR (quantitative-PCR)

Anche detta Tel-PCR, amplifica tutte le sequenze telomeriche della popolazione cellulare studiata ed esprime il contenuto totale delle stesse nel campione come rapporto tra numero di copie amplificate delle ripetizioni telomeriche e numero di copie amplificate di una sequenza genica di controllo, presente nel genoma in copia singola. Il risultato si esprime in termini di T/S value (= telomere/single copy gene ratio). Questa tecnica ha alcuni vantaggi: 1) rapidità e sensibilità (sono sufficienti quantità di DNA dell’ordine di nanogrammi); 2) efficacia anche in presenza di telomeri molto corti; 3) possibilità di essere eseguita anche su materiale degradato o fissato; 4) risultati non falsati in quanto non vengono amplificate le regioni subtelomeriche  (Grabowski P et al, 2005). Non fornisce alcuna indicazione riguardo la distribuzione della lunghezza telomerica  (Baird DM, 2005).

Q-FISH (quantitative-FISH)

Consente un’analisi più specifica delle dinamiche telomeriche di una singola cellula o di una piccola popolazione. Preparazioni cromosomiche in metafase vengono ibridate con sonde PNA (peptide nucleic acid) marcate a fluorescenza e specifiche per le sequenze telomeriche. La lunghezza telomerica di ciascun braccio cromosomico viene espressa in TFU (telomere fluorescence units).
Il principale vantaggio consiste nella visualizzazione diretta delle sequenze telomeriche alle estremità di ciascun cromosoma e quindi della precisa distribuzione delle diverse lunghezze.
Tra gli svantaggi: 1) la difficoltà di tradurre la TFU in effettiva lunghezza di DNA; 2) la difficoltà nell’identificazione dei telomeri più corti essendo la metodica comunque basata sull’ibridazione. Si possono tuttavia quantificare le SFE (signal free ends), cioè le estremità cromosomiche completamente denudate o con telomeri al di sotto della soglia di rilevazione; 3) è applicabile solo a cellule che proliferano adeguatamente in coltura perchè si applica alle cellule in metafase (Baird DM, 2005).

Flow-FISH

Adattamento della Q-FISH in cui una FISH telomerica specifica in interfase viene accoppiata alla citofluorimetria multiparametrica, così da visualizzare le dinamiche telomeriche di specifiche sottopopolazioni emopoietiche. Fornisce una valutazione quantitativa del contenuto telomerico medio della singola cellula e globalmente delle diverse popolazioni cellulari. Non è una metodica ampiamente utilizzata, anche perchè sembra non essere affidabile su campioni conservati  (Grabowski P et al, 2005; Baird DM, 2005; Damle RN et al, 2004).

STELA (single telomere length analysis)

Si tratta di una PCR ad elevata risoluzione per l’amplificazione delle sequenze telomeriche di uno specifico braccio cromosomico. Utilizza primers che si legano alla terminazione a singolo filamento in 3’, da un lato, e ad una sequenza specifica della regione subtelomerica del cromosoma di interesse, dall’altro. I frammenti amplificati vengono poi fatti migrare in elettroforesi su gel di agarosio ed indentificati in Southern blot con sonde telomero-specifiche. La metodica è applicabile qualora si sia in grado di sintetizzare primers cromosoma-specifici e questo è in genere consentito dall’elevato polimorfismo delle sequenze subtelomeriche  (Baird DM, 2005). A questo scopo ben si prestano, ad esempio, i telomeri del braccio corto dei cromosomi X ed Y, che sono preceduti da una regione subtelomerica detta pseudoautosomal region (PAR1), caratterizzata da un’elevata frequenza di polimorfismo in quanto sede obbligata di appaiamento in meiosi dei due cromosomi e quindi di eventi di ricombinazione (Baird DM et al, 1995).
I vantaggi di questa indagine sono evidenti: 1) la possibilità di quantificare con precisione la lunghezza dei telomeri ad una specifica estremità cromosomica e di sequenziare i frammenti amplificati in modo da conoscere l’esatta lunghezza delle sequenze telomeriche, delle varianti telomeriche ripetute e della regione subtelomerica; 2) la capacità di identificare anche telomeri molto corti ed anche se rari nel contesto di altri telomeri di maggiore lunghezza. Gli svantaggi sono rappresentati da: 1) la limitazione imposta dal fatto che solo alcune terminazioni cromosomiche hanno sequenze subtelomeriche uniche che consentono la creazione di primers specifici; 2) le difficoltà tecniche legate alla metodica altamente sofisticata; 3) l’impossibilità di applicazione a materiale degradato o fissato (Baird DM, 2005).

Valutazione dell’attività telomerasica

L’indagine migliore per quantificare l’attività telomerasica è un saggio funzionale di amplificazione specifica delle ripetizioni telomeriche di un lisato cellulare (TRAP assay) e viene espressa in TPG (total product generated) units, ogni TPG U corrisponde al numero di primers specifici allungati di almeno 4 ripetizioni telomeriche in 30 min di incubazione a 30°C  (Bechter OE et al, 1998).
E’ stata inoltre dimostrata la validità di un metodo indiretto di misurazione dell’attività telomerasica, potenzialmente più agevole nella pratica clinica, che consiste nella  quantificazione dei trascritti del gene h-TERT con real-time PCR. Studi che hanno confrontato questa metodica con il TRAP assay hanno dimostrato una correlazione diretta tra livelli di trascrizione di h-TERT e attività telomerasica misurata con il saggio funzionale  (Terrin L et al, 2007).

Telomeri e leucemia linfatica cronica

La relazione tra lunghezza dei telomeri, attività telomerasica e cancro è divenuta oggetto di grande interesse e di attiva ricerca scientifica negli ultimi vent’anni.
I risultati ad oggi ottenuti concordano globalmente sulla presenza nelle cellule neoplastiche, di tumori solidi ed ematologici, di telomeri mediamente più corti e di un’aumentata attività telomerasica, caratteristiche entrambe che risultano associate a stadi avanzati di malattia e a prognosi severa  (Grabowski P et al, 2005; Bechter OE et al, 1998; Damle RN et al, 2004; Terrin L et al, 2007; Ohyashiki JH et al, 2002, Hackett JA and Greider CW, 2002). A differenza di quanto accade nelle cellule normali, la lunghezza dei telomeri nelle cellule neoplastiche non correla con parametri demografici quali età e sesso  (Grabowski P et al, 2005; Ricca I et al, 2007).

Il primo lavoro relativo alle caratteristiche dei telomeri nella leucemia linfatica cronica (LLC) è stato condotto da Bechter e colleghi nel 1998  (Bechter OE et al, 1998) ed ha evidenziato una relazione inversa tra lunghezza dei telomeri ed attività telomerasica e la correlazione di entrambi i parametri con lo stadio secondo Binet: pazienti in stadio A mostravano telomeri significativamente più lunghi ed inferiore attività telomerasica rispetto ai pazienti in stadio B/C. La brevità dei telomeri e l’elevata attività enzimatica risultavano significativamente associate con una ridotta sopravvivenza globale  (Bechter OE et al, 1998).

a) Telomeri e stato mutazionale IGHV

Studi successivi hanno confermato questi dati ed hanno osservato una concordanza tra dinamiche telomeriche ed altri fattori prognostici riconosciuti per la LLC: CD38, ZAP-70, stato mutazionale dei geni IGHV (regione variabile delle catene pesanti delle immunoglobuline) ed anomalie citogenetiche  (Terrin L et al, 2007; Roos G et al, 2008).

Particolare interesse ha suscitato la correlazione tra lunghezza dei telomeri e stato mutazionale IGHV: in tutti gli studi il sottogruppo di casi di LLC con IGHV non mutate si è dimostrato avere telomeri significativamente più corti rispetto ai casi con IGHV mutate  (Grabowski P et al, 2005; Damle RN et al, 2004; Ricca I et al, 2007; Roos G et al, 2008; Walsh SH et al, 2007).
La velocità di accorciamento dei telomeri nei due sottogruppi è risultata però comparabile e costante nel tempo  (Damle RN et al, 2004); d’altronde la maggior parte dei linfociti leucemici circolanti nella LLC risulta in una fase di quiescenza replicativa (G0). E’ quindi verosimile che la differente lunghezza telomerica tra i due sottogruppi rifletta la diversa storia replicativa della cellula prima della trasformazione leucemica, determinata dalle caratteristiche della stimolazione antigenica cui sono state esposte le cellule che hanno poi dato origine a cloni di LLC ipermutata o non ipermutata  (Grabowski P et al, 2005; Damle RN et al, 2004; Ricca I et al, 2007). I casi di LLC mutata originano probabilmente da linfociti B che hanno preso parte agli eventi del centro germinativo per stimolazione antigenica T-dipendente. Questo giustificherebbe la ipermutazione somatica dei geni IGHV, la brevità dei telomeri rispetto ai linfociti B naive e allo stesso tempo la maggior lunghezza rispetto ai casi con IGHV non mutate, poichè la reazione del centro germinativo comporta fisiologicamente un’importante attivazione telomerasica. In considerazione dell’accorciamento dei telomeri, anche i casi con IGHV non mutate sembrano derivare da linfociti B che hanno incontrato l’antigene, seppur senza passaggio per il centro germinativo, quindi senza ipermutazione somatica e senza attivazione telomerasica. La valutazione funzionale dell’attività enzimatica ha tuttavia dimostrato una maggiore attivazione della telomerasi nel sottogruppo a IGHV non mutate, verosimilmente successiva alla trasformazione leucemica e compensatoria dell’eccessivo accorciamento dei telomeri in questo sottogruppo; solo i cloni che sviluppano quest’attività compensatoria sopravvivono e proliferano  (Damle RN et al, 2004).
Anche in altri disordini linfoproliferativi B maturi la lunghezza dei telomeri si è dimostrata correlare con l’origine della cellula trasformata dal centro germinativo (GC, germinal center): i disordini derivanti da linfociti B GC-experienced hanno telomeri più lunghi (linfoma follicolare, Burkitt, marginale, DLBCL GC-like, mieloma multiplo) rispetto a quelli originati da linfociti B che non hanno avuto rapporti con il centro germinativo (DLBCL non GC-like, linfoma mantellare)  (Grabowski P et al, 2005; Ricca I et al, 2007, Walsh SH et al, 2007).

Inizialmente quindi il significato prognostico indipendente della lunghezza dei telomeri è stato sminuito perchè si considerava un parametro direttamente correlato con lo stato mutazionale, quasi un marcatore equivalente di derivazione dal centro germinativo, quindi di ipermutazione IGHV  (Grabowski P et al, 2005; Ricca I et al, 2007).
Tuttavia alcune osservazioni hanno messo in discussione questa ipotesi: 1) lo stato mutazionale si dimostrava un fattore prognostico significativo per i pazienti in stadio Binet A ma non per quelli in stadio B/C, a differenza della lunghezza telomerica, predittiva di migliore o peggiore sopravvivenza globale sia per lo stadio A che per lo stadio B/C  (Grabowski P et al, 2005); 2) nel contesto delle LLC con IGHV mutate e non mutate sono stati dimostrati casi cosiddetti “discordanti”, che mostravano cioè telomeri corti pur avendo IGHV mutate o telomeri più lunghi pur con IGHV non mutate  (Grabowski P et al, 2005; Ricca I et al, 2007): la prognosi di questi casi concordava con la lunghezza telomerica piuttosto che con lo stato mutazionale, quindi il sottogruppo con IGHV mutate e telomeri corti aveva outcome sfavorevole, approssimabile a quello dei pazienti con IGHV non mutate  (Ricca I et al, 2007); 3) casi “discordanti” sono stati osservati anche per quanto riguarda lo stato mutazionale e l’attività telomerasica: il sottogruppo con IGHV non mutate ma ridotta attività telomerasica ha mostrato prognosi migliore mentre quello con IGHV mutate ed elevata attività telomerasica mostrava un outcome nettamente peggiore  (Terrin L et al, 2007); 4) lo studio approfondito delle dinamiche telomeriche nei disordini linfoproliferativi B maturi ha mostrato casi di discordanza tra lunghezza telomerica ed origine della cellula trasformata dal centro germinativo  (Walsh SH et al, 2007).

b) Significato prognostico delle alterazioni telomeriche

Si è quindi reso evidente come la lunghezza telomerica non correli semplicemente con la storia replicativa della cellula prima della trasformazione ma sia un fattore più dinamico, influenzato anche dall’attività proliferativa della cellula trasformata e a sua volta in grado di agire come fattore prognostico indipendente  (Terrin L et al, 2007; Walsh SH et al, 2007).
In numerosi lavori sono state condotte analisi multivariate che prendevano in considerazione anche altri fattori prognostici riconosciuti per la LLC (stato mutazionale, CD38, ZAP70, stadio clinico, malattia attiva/quiescente): la lunghezza dei telomeri e l’attività telomerasica si sono dimostrate fattori prognostici indipendenti in termini di sopravvivenza globale (OS= overall survival), sopravvivenza libera da trattamento (TFS= treatment free survival), sopravvivenza libera da progressione (PFS= progression free survival) e rischio di evoluzione ad una forma istologica più aggressiva che è la sindrome di Richter  (Grabowski P et al, 2005; Bechter OE et al, 1998; Terrin L et al, 2007; Ricca I et al, 2007; Roos G et al, 2008; Rossi D et al, 2009).
Analisi dei casi di discordanza tra lunghezza telomerica ed altri fattori prognostici riconosciuti per la LLC hanno mostrato che la presenza di telomeri più corti di una determinata soglia (5.000 bp) identificava un gruppo di LLC a ridotta TFS e OS anche se caratterizzate da fattori prognostici favorevoli (età <65, stadio A, IGHV mutate, citogenetica favorevole, CD38 e ZAP70 negativi); analogamente la presenza di telomeri più lunghi della soglia identificava un gruppo a prognosi migliore anche in presenza di un profilo di rischio sfavorevole  (Rossi D et al, 2009).
I dati prognostici hanno mostrato una significativa concordanza negli studi fatti, sebbene condotti con diverse metodiche di valutazione della lunghezza telomerica e dell’attività telomerasica, a rafforzare il significato predittivo di questo parametro e la sua applicabilità clinica  (Ricca I et al, 2007; Rossi D et al, 2009).

c) Telomeri e lesioni citogenetico-molecolari

Obiettivo dei lavori successivi è divenuto quello di comprendere come la brevità dei telomeri potesse attivamente determinare un peggioramento della prognosi. Tra le osservazioni più precoci vi è stata quella di una significativa differenza in termini di lunghezza telomerica tra casi di LLC a cariotipo normale o con una sola aberrazione cromosomica e casi con due o più anomalie citogenetiche  (Roos G et al, 2008). Dopo esclusione dei casi con delezione isolata 13q ogni ulteriore aberrazione aumentava la probabilità di associarsi a telomeri corti e la brevità dei telomeri correlava maggiormente con le anomalie citogenetiche prognosticamente sfavorevoli (17p-, 11q-)  (Roos G et al, 2008). La spiegazione di queste osservazioni deve probabilmente tener conto di due eventi principali: 1) le alterazioni genetiche (soprattutto a carico di TP53 o Rb) consentono di superare la senescenza cellulare e di prolungare la sopravvivenza e l’attività proliferativa di una cellula oltre i limiti normalmente imposti dall’accorciamento dei telomeri, determinando così un ulteriore estremo consumo delle sequenze telomeriche; 2) le cellule neoplastiche sono in grado di resistere alla morte indotta da telomeri criticamente corti per up-regolazione dell’attività telomerasica, spesso indotta dalle anomalie citogenetiche stesse, insufficiente però a compensare l’instabilità genetica legata alla brevità critica delle sequenze telomeriche  (Roos G et al, 2008).

La capacità dei telomeri criticamente corti di indurre instabilità genetica con aberrazioni cromosomiche  anche grossolane è stata dimostrata e caratterizzata in vitro con induzione della cosiddetta “crisi telomerica”, per soppressione dei pathways di p53 ed Rb mediata dalla forzata espressione delle oncoproteine E6 ed E7 di HPV16 (Capper R et al, 2007). Lin e colleghi hanno recentemente dimostrato, grazie all’utilizzo della tecnologia ad alta risoluzione STELA e all’estensione delle sue applicazioni (TVR-PCR, fusion-PCR), che fenomeni del tutto analoghi a quelli osservati durante la crisi telomerica in vitro caratterizzano in vivo la progressione della LLC  (Lin TT et al, 2010). Questo lavoro per primo ha dato diretta evidenza che l’accorciamento critico dei telomeri, la disfunzione degli stessi e fenomeni di fusione contribuiscono alla progressione di malattia. L’analisi per sequenziamento dei processi di fusione telomero-telomero ha evidenziato nella LLC le caratteristiche già descritte per i processi di fusione tra telomeri corti osservate nella crisi telomerica in vitro, cioè la presenza di un limitato numero di ripetizioni telomeriche nei punti di fusione, la delezione delle regioni telomeriche e subtelomeriche di almeno uno dei due cromosomi coinvolti e fenomeni di microomologia nei punti di fusione. Analisi di array-CGH (comparative genome hybridization) di casi con evidente disfunzione telomerica hanno mostrato riarrangiamenti genomici su larga scala concentrati nelle regioni telomeriche. Questo non si evidenziava nei casi con telomeri più lunghi. Si è in particolare osservato che la frequenza di questi fenomeni di erosione, disfunzione e fusione telomerica aumentava negli stadi avanzati di LLC. Tuttavia alcuni casi si sono riscontrati anche negli stadi precoci a cattiva prognosi, indicando che queste modificazioni possono effettivamente precedere la progressione di malattia e probabilmente favorirla  (Lin TT et al, 2010).

Il raggiungimento da parte delle cellule leucemiche della crisi telomerica richiede che esse abbiano perso in precedenza meccanismi che regolano il checkpoint della senescenza cellulare, quali ad esempio i pathways di p53 e della proteina ATM che si associano in effetti ad anomalie citogenetiche a pessima prognosi (rispettivamente 17p- e 11q-). Esse possono tuttavia non essere le sole a consentire il superamento della senescenza, anche perchè raramente vengono riscontrate negli stadi precoci di LLC, prima che avvenga effettivamente la progressione  (Lin TT et al, 2010). E’ quindi legittimo chiedersi quale sia la causa e quale la conseguenza: se siano le anomalie citogenetiche sfavorevoli a determinare l’accorciamento dei telomeri, associandosi ad una più elevata attività proliferativa ed al superamento della senescenza cellulare, o se siano invece telomeri patologicamente corti per altre concause a determinare un’instabilità genetica responsabile dello sviluppo di anomalie citogenetiche maggiori  (Ladetto M, 2010) . E’ verosimile che le due ipotesi non si escludano a vicenda, secondo un modello speculativo di progressione della LLC che prevede la perdita, per meccanismi variabili, del checkpoint della senescenza cellulare, la progressione verso la crisi telomerica, la successiva instabilità genetica con la fusione di telomeri disfunzionali con altre sequenze telomeriche o con punti di rottura del doppio filamento di DNA, cicli di ponti in anafase, rotture e nuove fusioni. Ne risultano riarrangiamenti cromosomici maggiori (traslocazioni non reciproche, amplificazioni, ecc.) a loro volta frequentemente responsabili del silenziamento di geni oncosoppressori quali in particolare TP53 e ATM, con ulteriore promozione della disfunzione telomerica in un circolo vizioso che conduce la progressione di malattia  (Lin TT et al, 2010; Ladetto M, 2010) (Figura IV).

 

Figura IV: Rappresentazione schematica del ruolo del progressivo accorciamento dei telomeri nella progressione della LLC.
Ripetuti cicli di divisione cellulare sostenuti dalla storia replicativa delle cellule leucemiche, in associazione ad altri potenziali fattori concomitanti, inducono un  progressivo accorciamento dei telomeri. L’inattivazione del checkpoint della senescenza cellulare consente alle cellule di raggiungere un accorciamento telomerico tale da  determinare una condizione di “crisi telomerica” che si associa ad instabilità genetica, possibile evoluzione clonale e progressione di malattia.
Adattato da Ladetto M. Telomere disrupts, CLL progresses. Blood 2010; 116:1821-2.

 

Numerosi lavori hanno dimostrato un’alterata espressione globale nella LLC di geni coinvolti nella normale funzionalità telomerica, codificanti le diverse subunità del complesso telomerasico o i costituenti proteici dello shelterin complex o altre proteine regolatorie. Il risultato finale è un’accentuata disfunzione telomerica ed una attivazione telomerasica che possono rispettivamente contribuire all’accorciamento critico dei telomeri ed alla sopravvivenza cellulare pur in presenza di telomeri corti, così da esporre la cellula ai rischi dell’instabilità genetica associata alla crisi telomerica  (Poncet D et al, 2008). La presenza di telomeri corti e di alterata espressione di componenti del complesso telomerico e telomerasico caratterizza in particolare cellule leucemiche resistenti in vitro all’apoptosi indotta dal danno del DNA e ottenute da pazienti refrattari alla terapia con alchilanti e/o analoghi delle purine (Brugat T et al, 2010a). In queste cellule sono state evidenziate alterazioni istoniche che modificano la condensazione della cromatina a livello delle sequenze telomeriche e la perdita del cappuccio a singolo filamento dell’estremità 3’. La comparsa in queste cellule di aberrazioni cromosomiche legate alla disfunzione dei telomeri, quali la delezione delle sequenze telomeriche in uno o entrambi i cromatidi di un cromosoma, si associavano alla comparsa di anomalie citogenetiche multiple e cariotipo complesso  (Brugat T et al, 2010b).

d) Conclusione

Lo studio dei telomeri rappresenta un argomento importante per la comprensione della biologia dalla LLC. La dimostrazione dell’importanza delle dinamiche telomeriche nella progressione di malattia e del loro significato prognostico globale ha fatto pensare all’enzima telomerasi come ad un possibile target terapeutico. L’inibizione dell’attività telomerasica ad uno stadio precoce di malattia, quando ancora la cellula non ha soppresso i meccanismi della senescenza cellulare indotta dall’accorciamento dei telomeri, potrebbe avere un importante effetto antineoplastico  (Terrin L et al, 2007; Ohyashiki JH et al, 2002; Roos G et al, 2008). E’ stato inoltre dimostrato che l’attività telomerasica è connessa con funzioni quali la promozione della sopravvivenza cellulare e la prevenzione dell’apoptosi indotta da agenti antiblastici, indipendenti dalla sua attività di allungamento dei telomeri  (Terrin L et al, 2007). Sono in corso studi relativi a questa possibilità terapeutica che devono confrontarsi con le difficoltà legate alla tutt’ora incompleta comprensione del preciso ruolo di telomeri e telomerasi nelle neoplasie ematologiche nonchè al possibile effetto dannoso che inibitori della telomerasi potrebbero avere sulle normali cellule staminali emopoietiche che esprimono costitutivamente un certo livello di attività telomerasica  (Ohyashiki JH et al, 2002).

 

BIBLIOGRAFIA

  • Alberts B BD, Lewis J, Raff M, Roberts K, Watson JD, Biologia molecolare della cellula. Terza edizione ed. Vol. 1. 1995.
  • Artandi SE and DePinho RA. Telomeres and telomerase in cancer. Carcinogenesis 2010; 31:9-18.
  • Baird DM, Jeffreys AJ, and Royle NJ. Mechanisms underlying telomere repeat turnover, revealed by hypervariable variant repeat distribution patterns in the human Xp/Yp telomere. Embo J 1995; 14:5433-43.
  • Baird DM. New developments in telomere length analysis. Exp Gerontol 2005; 40:363-8.
  • Bechter OE, Eisterer W, Pall G, Hilbe W, Kuhr T, and Thaler J. Telomere length and telomerase activity predict survival in patients with B cell chronic lymphocytic leukemia. Cancer Res 1998; 58:4918-22.
  • Brugat T, Gault N, Baccelli I, Maes J, Roborel de Climens A, Nguyen-Khac F et al. Aberrant telomere structure is characteristic of resistant chronic lymphocytic leukaemia cells. Leukemia 2010a; 24:246-51.
  • Brugat T, Nguyen-Khac F, Grelier A, Merle-Beral H, and Delic J. Telomere dysfunction-induced foci arise with the onset of telomeric deletions and complex chromosomal aberrations in resistant chronic lymphocytic leukemia cells. Blood 2010b; 116:239-49.
  • Burge S, Parkinson GN, Hazel P, Todd AK, and Neidle S. Quadruplex DNA: sequence, topology and structure. Nucleic Acids Res 2006; 34:5402-15.
  • Calado RT and Young NS. Telomere diseases. N Engl J Med 2009; 361:2353-65.
  • Capper R, Britt-Compton B, Tankimanova M, Rowson J, Letsolo B, Man S et al. The nature of telomere fusion and a definition of the critical telomere length in human cells. Genes Dev 2007; 21:2495-508.
  • Damle RN, Batliwalla FM, Ghiotto F, Valetto A, Albesiano E, Sison C et al. Telomere length and telomerase activity delineate distinctive replicative features of the B-CLL subgroups defined by immunoglobulin V gene mutations. Blood 2004; 103:375-82.
  • de Lange T. Shelterin: the protein complex that shapes and safeguards human telomeres. Genes Dev 2005; 19:2100-10.
  • Gancarcikova M, Zemanova Z, Brezinova J, Berkova A, Vcelikova S, Smigova J et al. The role of telomeres and telomerase complex in haematological neoplasia: the length of telomeres as a marker of carcinogenesis and prognosis of disease. Prague Med Rep 2010; 111:91-105.
  • Grabowski P, Hultdin M, Karlsson K, Tobin G, Aleskog A, Thunberg U et al. Telomere length as a prognostic parameter in chronic lymphocytic leukemia with special reference to VH gene mutation status. Blood 2005; 105:4807-12.
  • Hackett JA and Greider CW. Balancing instability: dual roles for telomerase and telomere dysfunction in tumorigenesis. Oncogene 2002; 21:619-26.
  • Jahrsdorfer B and Weiner GJ. Short telomeres in B-CLL: the chicken or the egg? Blood 2008; 111:5756; author reply 5756-7.
  • Ladetto M. Telomere disrupts, CLL progresses. Blood 2010; 116:1821-2.
  • Lin TT, Letsolo BT, Jones RE, Rowson J, Pratt G, Hewamana S et al. Telomere dysfunction and fusion during the progression of chronic lymphocytic leukemia: evidence for a telomere crisis. Blood 2010; 116:1899-907.
  • Murnane JP. Telomere loss as a mechanism for chromosome instability in human cancer. Cancer Res 2010; 70:4255-9.
  • O’Sullivan RJ and Karlseder J. Telomeres: protecting chromosomes against genome instability. Nat Rev Mol Cell Biol 2010; 11:171-81.
  • Ohyashiki JH, Sashida G, Tauchi T, and Ohyashiki K. Telomeres and telomerase in hematologic neoplasia. Oncogene 2002; 21:680-7.
  • Parkinson GN, Lee MP, and Neidle S. Crystal structure of parallel quadruplexes from human telomeric DNA. Nature 2002; 417:876-80.
  • Poncet D, Belleville A, t’kint de Roodenbeke C, Roborel de Climens A, Ben Simon E, Merle-Beral H et al. Changes in the expression of telomere maintenance genes suggest global telomere dysfunction in B-chronic lymphocytic leukemia. Blood 2008; 111:2388-91.
  • Ricca I, Rocci A, Drandi D, Francese R, Compagno M, Lobetti Bodoni C et al. Telomere length identifies two different prognostic subgroups among VH-unmutated B-cell chronic lymphocytic leukemia patients. Leukemia 2007; 21:697-705.
  • Roos G, Krober A, Grabowski P, Kienle D, Buhler A, Dohner H et al. Short telomeres are associated with genetic complexity, high-risk genomic aberrations, and short survival in chronic lymphocytic leukemia. Blood 2008; 111:2246-52.
  • Rossi D, Lobetti Bodoni C, Genuardi E, Monitillo L, Drandi D, Cerri M et al. Telomere length is an independent predictor of survival, treatment requirement and Richter’s syndrome transformation in chronic lymphocytic leukemia. Leukemia 2009; 23:1062-72.
  • Terrin L, Trentin L, Degan M, Corradini I, Bertorelle R, Carli P et al. Telomerase expression in B-cell chronic lymphocytic leukemia predicts survival and delineates subgroups of patients with the same igVH mutation status and different outcome. Leukemia 2007; 21:965-72.
  • Walsh SH, Grabowski P, Berglund M, Thunberg U, Thorselius M, Tobin G et al. Telomere length and correlation with histopathogenesis in B-cell leukemias/lymphomas. Eur J Haematol 2007; 78:283-9.
  • Young NS. Telomere biology and telomere diseases: implications for practice and reasearch. Hematology 2010: 30-35.

A cura di:

Professore Ordinario di Ematologia, Università degli Studi di Ferrara

Antonio Cuneo
Antonio Cuneo
Professore Ordinario di Ematologia, Università degli Studi di Ferrara
×
Registrati
  • Print Friendly, PDF & Email

    Registrati a Ematologia in Progress per poter continuare la navigazione

    Vai al modulo di iscrizione.

    Sei già iscritto a Ematologia in Progress? Accedi ora.

  • Print Friendly, PDF & Email

    Sei già iscritto a Ematologia in Progress?

    → ISCRIVITI

    → ACCEDI

    Attenzione: Ematologia in Progress è strettamente riservato a un pubblico di addetti ai lavori:

    Medici, Specialisti, Specializzandi, Biologi, Studenti di Medicina.

    Proseguendo nella navigazione auto-certifichi di appartenere a una delle suddette categorie.