Ruolo del trapianto allogenico di cellule staminali nella leucemia acuta linfoblastica Ph+ in prima remissione completa

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Il cromosoma Philadelphia (Ph+) rappresenta l’anomalia citogenetica più comunemente riscontrata nella leucemia linfoblastica acuta (LAL) dell’adulto. Prima dell’introduzione degli inibitori della tirosin-chinasi (TKI), la LAL Ph+ era associata a una prognosi sfavorevole, con una sopravvivenza a lungo termine inferiore al 20% con la sola chemioterapia e di circa il 40% nei pazienti che riuscivano ad eseguire un consolidamento con un trapianto allogenico di cellule staminali (allo-SCT), considerato l’unica strategia potenzialmente curativa.

Nell’era dei TKI la prognosi di questa patologia si è drasticamente modificata ed il ruolo dell’allo-SCT nei pazienti in prima remissione completa (RC1) è, attualmente, molto dibattuto. Alcuni studi hanno evidenziato come i pazienti che raggiungono rapidamente e mantengono la remissione molecolare completa (CMR) non abbiano un sostanziale giovamento in termini di sopravvivenza con un allo-SCT di consolidamento in CR1, suggerendo che il trapianto potrebbe non essere necessario in questo subset di pazienti.

A questo proposito, è stato recentemente pubblicato uno studio retrospettivo multicentrico (Ghobadi A et al, 2022) in cui è stata valutata una coorte di pazienti adulti con LAL Ph+ (n=230) trattati con una terapia di induzione TKI-based, in CMR entro i 90 giorni dalla diagnosi, che avevano ricevuto o meno un allo-SCT in consolidamento. Gli autori hanno confrontato i risultati in termini di sopravvivenza e di incidenza di recidiva tra coloro che avevano ricevuto un allo-SCT in CR1 (n=98) e chi non lo aveva eseguito (n=132). La coorte allo-SCT era, complessivamente, più giovane e con un miglior performance status. All’analisi multivariata, l’aver eseguito un allo-SCT in RC1 non è risultato associato ad un miglioramento della sopravvivenza globale o della sopravvivenza libera da recidive rispetto a chi non lo aveva eseguito. L’allo-SCT è risultato, complessivamente, associato ad una minore incidenza cumulativa di recidiva, ma a prezzo di una piú elevata mortalità non correlata a recidiva. Anche la sottoanalisi di confronto tra chi aveva ricevuto un allo-SCT ad intensità ridotta, caratterizzato da una minore incidenza di mortalità non legata alla malattia, e chi aveva ricevuto un condizionamento mieloablativo non ha mostrato differenze statisticamente significative in nessuno degli endpoint descritti.

In conclusione, questo studio retrospettivo conferma che i pazienti adulti con LAL Ph+ che hanno raggiunto una CMR entro 90 giorni dall’inizio del trattamento non sembrano trarre beneficio in termini di sopravvivenza dall’eseguire un allo-SCT in CR1.

Sono necessari studi comparativi prospettici per chiarire definitivamente il ruolo di allo-SCT, anche in virtù del maggiore utilizzo di TKI di seconda e terza generazione e del blinatumomab in prima linea in studi clinici.

 

Fonte:

Ghobadi A, Slade M, Kantarjian HM, et al. The Role of Allogeneic Transplant for Adult Ph+ ALL in CR1 with Complete Molecular Remission: A Retrospective Analysis. Blood. 2022 Jul 25:blood.2022016194. Epub ahead of print.

A cura di:

Ematologia, Dipartimento di Medicina Traslazionale e di Precisione, Università Sapienza, Roma

Professore Emerito di Ematologia, Università Sapienza, Roma

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