Le novità sul metabolismo e le patologie del ferro al congresso annuale dell’ASH (American Society of Hematology) 2021 sono state limitate, ma come sempre interessanti.
Un segnale dell’interesse per l’argomento “ferro” da parte dell’ASH è rappresentato dal fatto che il William Dameshek Price, in onore del primo editore di Blood e Presidente ASH, è stato assegnato quest’anno a Elizabeta Nemeth, Professore di Medicina e Direttore del Centro per le Malattie del ferro della David Geffen School of Medicine, UCLA, President-Elect della International Bioiron Society. Il premio riconosce l’importanza del suo contributo nella scoperta della funzione fisiologica di epcidina, in particolare l’incremento in risposta all’IL-6 nell’infiammazione, il ruolo nell’immunità innata contro i batteri Gram-negativi, le basi strutturali della interazione con ferroportina e lo sviluppo di agonisti dell’epcidina a scopo terapeutico.
Su questa linea, durante il Programma scientifico dell’“Iron and Heme Committee” intitolato “From Structure to Function: Next Generation Iron Therapeutics” moderato da Sant-Rayn Pasricha, Università di Melbourne, Aashish Manglik, UCSF ha discusso l’interazione epcidina-ferroportina a livello atomico, risoluzione ottenuta usando la microscopia elettronica criogenica (Billesbølle CB et al, 2020). La tecnologia ha permesso di dimostrare che epcidina lega esclusivamente i complessi ferroportina-ferro, discriminando la forma libera (apo-ferroportina), in questo modo rappresentando un vero sistema di degradazione selettiva dell’esporto del ferro. E’ noto infatti che la ferroportina è espressa ubiquitariamente, rappresentando l’unico canale transmembrana delle cellule di mammifero in grado esportare il ferro dall’ambiente intra- a quello extra-cellulare. Il gruppo di Manglik ne ha ricostruito la struttura 3-D, delineando con altissima risoluzione tutti i residui aminoacidici che compongono il canale interno della proteina, il cui apice extracellulare viene “tappato” dall’epcidina attraverso la propria struttura terziaria complementare. L’affinità dell’epcidina aumenta tuttavia in maniera esponenziale quando il ferro si trova all’interno del canale, mentre in condizioni basali è bassa e scarsamente influenzata dalla concentrazione dell’ormone entro il proprio range fisiologico. Quindi l’epcidina appare inibire selettivamente la ferroportina delle cellule attivamente coinvolte nell’esportazione del ferro (es. cellule intestinali, macrofagi), ma non nelle cellule “quiescenti” da questo punto di vista. La definizione delle interazioni molecolari tra epcidina e ferroportina è fondamentale per l’interpretazione delle mutazioni genetiche in caso di sospetta malattia della ferroportina e, soprattutto, per la futura selezione di nuovi farmaci in grado di modulare l’asse fondamentale del metabolismo marziale. L’inibitore di ferroportina VIT-2763 (vedi oltre) ne è già un esempio, targettando il sito di legame tra ferroportina-ferro ed epcidina.
Nella stessa sessione Dorine Swinkels, Università di Nijmegen, ha passato in rassegna le potenziali alternative alle terapie tradizionali delle patologie marziali (supplementazione di ferro nella carenza, salassoterapia e chelazione del ferro nel sovraccarico). Le novità nella sideropenia comprendono l’ottimizzazione delle terapie con ferro orale tenendo conto della risposta epcidinica al ferro somministrato, e del reale limitato assorbimento di ferro, con la proposta di protocolli terapeutici a basse dosi o a giorni alterni (Stoffel NU et al, 2020) e lo sviluppo di nuovi farmaci con la finalità di ridurre gli effetti collaterali della terapia tradizionale con ferro orale. Le nuove terapie sperimentali per il sovraccarico e la maldistribuzione hanno come bersaglio la biologia dell’asse epcidina-ferroportina o il pathway di regolazione o di segnale di epcidina. Gli inibitori di TMPRSS6 attualmente in trial di fase 2 (https://www.ionispharma.com/ionis-innovation/pipeline), o di ferroportina (VIT-2763) (Richard F et al, 2020) sono sperimentati in pazienti con sovraccarico di ferro secondario. La carrellata completa di Next generation drugs for iron disorders include l’activin ligan trap (luspatercept), che, bloccando i segnali inibitori dell’eritropoiesi mediati da TGF-b migliora l’anemia nelle forme trasfusione-dipendenti nella b-talassemia (Cappellini MD et al, 2020) e nelle MDS (Fenaux P et al, 2020) per cui è approvato. Gli inibitori della prolilidrossilasi che trasmettono un falso segnale di ipossia, incrementando l’Hypoxia Inducible Factor 2 (Li ZL et al, 2020) e di conseguenza sia la produzione di eritropoietina che l’assorbimento intestinale di ferro, sono approvati in Cina, Giappone e anche dall’EMA (ma non dall’FDA) per la correzione dell’anemia della insufficienza renale cronica.
Diverse comunicazioni orali selezionate e poster erano relativi alle nuove terapie, in particolare l’effetto di mitapivat e di rusfertide.
Mitapivat è un composto orale, attivatore allosterico della piruvato-chinasi (PK) sviluppato da Agios Pharmaceuticals per correggere il deficit di PK (Rab MAE et al, 2021). Nei pazienti con deficit di PK l’effetto di mitapivat si mantiene anche nella fase di osservazione estesa dopo i trial di fase 3, sia nei pazienti non trasfusi che nei trasfusione-dipendenti, e sia sui livelli di Hb che sul mantenimento della trasfusione-indipendenza (quando raggiunta). Quanto agli effetti sul metabolismo del ferro a un anno dall’inizio della terapia, mitapivat secondo quanto riportato da Edward Van Beers, Università di Utrecht, migliorano i markers di emolisi e eritropoiesi inefficace (LDH, bilirubina, sTFR, e reticolociti) e del metabolismo del ferro, sideremia, saturazione della transferrina, LIC e livelli sierici di epcidina (Abstract #2005).
Questo è in contrasto con l’effetto dell’activin ligand trap luspatercept in uso nei talassemici trasfusione-dipendenti. Maciej W. Garbowski, UCL Londra ha seguito nel tempo i pazienti che con il farmaco acquisivano la trasfusione-indipendenza per la ripresa dell’eritropoiesi endogena. In questi pazienti peggiorano i marcatori di emolisi e nonostante la riduzione dell’apporto trasfusionale a un anno di terapia non si riduce il LIC (ferro epatico) (Abstract #761). Ciò é in relazione ad una redistribuzione del ferro dalle cellule macrofagiche del reticoloendotelio splenico all’epatocita, un effetto che alla lunga non è ottimale per i pazienti.
Mitapivat si è dimostratosi attivo anche in altre anemie come talassemia e drepanocitosi. A questo proposito Kevin Kuo, Università di Toronto, ha riportato i risultati un trial di fase 2 relativo all’uso di mitapivat in pazienti talassemici sia b che a, dove l’anemia migliora, e il miglioramento si mantiene per oltre 72 settimane, indipendentemente dal genotipo e dalla trasfusione-dipendenza con un’efficacia da mettere verosimilmente in relazione al miglioramento del metabolismo energetico (Abstract #576). Trial di fase 3 sono in corso per pazienti talassemici transfusione-dipendenti e non.
Karin Firnberg di Yale ha dimostrato che le cellule sinusoidali del midollo emopoietico producono FGF-23, un ormone che regola il metabolismo dei fosfati determinando fosfaturia. Dati recenti hanno messo in luce interazioni sorprendenti tra metabolismo del ferro e metabolismo fosfo-calcico, con importanti implicazioni pratiche. Per esempio, nella carenza marziale e in altre condizioni di disturbo dell’eritropoiesi i livelli di FGF-23 aumentano, e ciò è stato messo in relazione con l’aumento dell’asse HIF-1a/eritropoietina. Di solito l’aumento di FGF-23 in tali condizioni è controbilanciato da una parallela inattivazione dell’ormone per clivaggio. Tuttavia, alcuni nuovi preparati marziali iniettabili interferiscono con il clivaggio di FGF-23, causando fosfaturia che può essere clinicamente rilevante nei pazienti sottoposti a infusioni ripetute, con rischi di osteomalacia e fratture patologiche. Fino a poco tempo fa si riteneva che FGF-23 fosse prodotto esclusivamente dagli osteociti. La dimostrazione che FGF-23 in corso di carenza marziale aumenta per sintesi da parte delle cellule midollari apre nuovi orizzonti sulle interazioni tra eritropoiesi e metabolismo fosfo-calcico. Sulla stessa linea Anna Maria Aprile, San Raffaele ha dimostrato che FGF23 rappresenta un link tra metabolismo osseo e ematopoiesi e che la sua inibizione corregge il difetto della nicchia midollare nella talassemia (Abstract #572).
Proseguendo nello studio della relazione TFR2 e eritropoiesi e di TFR2 eritroide come bersaglio terapeutico, Antonella Nai, San Raffele Milano, ha dimostrato che la delezione di Tfr2 nel fegato fetale trasforma un topo talassemico trasfusione-dipendente in trasfusione-indipendente con effetto intermedio nella delezione di un singolo allele Tfr2. Il problema traslazionale resta lo sviluppo di un composto che riesca a targettare TFR2 a livello eritroide (Abstract #575).
Altri abstract erano relativi all’agonista di epcidina rusfertide (PTG-300, Protagonist Therapeutics) nella policitemia vera. Nella sessione “Novel therapies and targets in MPN” Ronald Hoffman, Mount Sinai, New York, ha riportato i risultati del trial di fase 2 al dosaggio settimanale crescente (da 10 sino a 80mg s.c.) in 63 pazienti con PV: il farmaco riduce la necessità di salassoterapia nella PV sia a basso che ad alto rischio mantenendo l’Ht <45%, i parametri marziali nei limiti della norma e normalizzando MCV e MCH. Ottimo il profilo di sicurezza, con reazioni nel sito d’iniezione come principale effetto collaterale (Abstract #388). In una piccola percentuale di pazienti, Yelenia Ginzburg, Mount Sinai, New York, ha dimostrato che aumentando l’utilizzo di rusfertide 40 mg s.c. a 2 volte la settimana si induce una rapida risposta della Hb senza effetti collaterali di rilievo (Abstract #390).
Dati iniziali, presentati in poster da Kris Kowdley, Seattle, indicano che anche nell’emocromatosi ereditaria rusferitide settimanale s.c. può ridurre il fabbisogno di salassoterapia, la sideremia e la saturazione della transferrina e mantenere stabili o ridurre i valori di LIC misurati con RMN (Abstract #943).
Tra le comunicazioni orali relative a nuovi meccanismi Qingli Liu, Università della Florida, ha identificato ZIP14 (codificata da SLC39A14) come la molecola che importa nel cuore il ferro non legato alla transferrina (NTBI). Lo stesso gruppo aveva già dimostrato che ZIP14 è responsabile del sovraccarico di ferro epatico e pancreatico (Jenkitkasemwong S et al, 2015) che si può osservare nell’ emocromatosi (e anche nella b-talassemia), ma il trasportatore cardiaco restava incerto. Sulla base dell’effetto positivo dell’amilodipina sul sovraccarico di ferro cardiaco in modelli animali, i candidati al trasporto di NTBI nel cuore erano considerati i canali del calcio a basso voltaggio (Oudit GY et al, 2003). Gli Autori dimostrano che l’inattivazione selettiva di ZIP14 nel cuore del topo lo protegge dal sovraccarico di ferro indotto da delezione di hemojuvelin dimostrando che è ZIP14 il vero trasportatore; inoltre amilodipina e altri inibitori dei canali del calcio hanno effetto diretto sulla funzione di ZIP14 (Abstract #758). L’abstract è stato selezionato per la sessione Best of ASH.
In una sessione intitolata: “Large Population Genomic Studies and Red Cell Disorders: A Revisionist View” Nicole Soranzo, Wellcome Sanger Insitute and University of Cambridge, now Head of Genomics Research Centre – Population & Medical Genomics at Technopole Milano, ha discusso il contributo delle varianti poligeniche (>10,000) associate a variazioni dei parametri ematologici (Hb, ematocrito, conta piastrinica e dei globuli bianchi, MCV, MCH, MPV) e patologie ematologiche incluse sideropenia e emocromatosi. Queste informazioni permettono di elaborare un polygenic risk score per capire il contributo dell’ereditarietà sui tratti ematologici e il relativo contributo a patologie oncoematologiche e benigne (Vuckovic D et al, 2020), aprendo un indirizzo di ricerca per il futuro della genetica ematologica.
Bibliografia
Già Professore ordinario di Medicina interna presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e Responsabile della Unità Regolazione del metabolismo del ferro, IRCCS San Raffaele, Milano
Professore Ordinario di Medicina Interna presso Dipartimento di Medicina, Università di Verona, Centro di Riferimento EuroBloodNet per Malattie Rare Ematologiche, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata Verona, Policlinico Giambattista Rossi
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