I pazienti con linfoma di Hodgkin (LH) refrattario o recidivato rappresentano attualmente una delle principali sfide terapeutiche di questa patologia, sulla quale si stanno concentrando numerosi sforzi sia per approfondirne i meccanismi biologici che per lo sviluppo di nuovi farmaci attivi.
I brillanti risultati raggiunti dalla recente introduzione dell’anticorpo anti-CD30 coniugato con tossina del fuso mitotico (Brentuximab vedotin), oltre ad aprire nuovi scenari nel trattamento del LH, sono infatti lo specchio di un approccio terapeutico mirato e basato sulle caratteristiche biologiche peculiari di questa tipologia di linfoma.
All’interno di questa prospettiva, di notevole rilievo sono i dati pubblicati recentemente sul New England Journal of Medicine da parte di Ansell e colleghi riguardante lo studio di fase 1 dell’anticorpo anti PD-1 (Nivolumab) in pazienti con linfoma di Hodgkin refrattario o recidivato.
Le cellule di Reed-Stemberg iperesprimono le molecole PD-L1 e PD-L2 (Programmed Death Ligand) che si legano a PD-1 presente sulle cellule T del microambiente, inibendone l’attivazione e la proliferazione ed evadendo così la risposta immunitaria. Un approccio terapeutico volto a bloccare tale via di segnale permetterebbe di rimodulare la risposta immune del microambiente tumorale contro la cellula neoplastica.
Nello studio sono stati trattati 23 pazienti con LH recidivato e refrattario. Tutti i soggetti erano già stati sottoposti ad almeno due linee di terapia ed in particolare il 78% era recidivato dopo trapianto autologo e il 78% dopo terapia con Brentuximab vedotin.
Lo studio ha dimostrato una buona tollerabilità e sicurezza del farmaco con un tasso complessivo di risposte del 87% (17% CR, 70% PR) e una PFS a 24 settimane del 86%.
Nonostante i limiti di uno studio di fase I, il lavoro di Ansell e colleghi propone quindi dei dati di assoluto valore, sia per i presupposti biologici da cui lo studio nasce, sia per le possibili ricadute nel prossimo futuro nel trattamento di questa categoria di pazienti, minoritaria ma finora difficilmente intaccabile.
Fonte:
Dirigente medico, U.O.S. CMET, U.O.C. Ematologia, Ospedale San Bortolo, Vicenza
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