Dopo anni di sostanziale assenza di novità nella terapia della leucemia mieloide acuta (LAM), il 2017 ha visto la registrazione di 3 nuovi farmaci e diversi altri sono in corso di avanzata sperimentazione.
Enasidenib (Idhifa)
In data 1 agosto 2017, l’FDA ha approvato “Idhifa” (enasidenib) per la terapia dei pazienti adulti con LAM recidivata o refrattaria con mutazione IDH2. Il farmaco è stato approvato in combinazione con il test diagnostico “RealTime IDH2 Assay”, che deve essere usato per dimostrare la positività alla mutazione nei pazienti con LAM. Enasidenib (E) è un inibitore orale di isocitrato deidrogenasi 2 (IDH2), un enzima che normalmente catalizza la conversione di isocitrato ad alpha-ketoglutarato (αKG) a livello mitocondriale. Le mutazioni a livello dei siti attivi R140 and R172 inducono attività neomorfa, inducendo la riduzione di αKG a R-2-idrossiglutarato (R-2-HG). In modelli preclinici, alti livelli di R-2-HG competitivamente inibiscono gli enzimi αKG-dipendenti determinando ipermetilazione degli istoni e del DNA, alterazioni cromatiniche e alterate risposte all’ipossia. Alte concentrazioni di R-2-HG sono associate ad arresto della differenziazione emopoietica e sono state trovate nel siero di pazienti con emopatie e mutazione di IDH2 (Stein, 2016). L’efficacia di Idhifa è stata investigata in un “single-arm trial” su 199 pazienti con LAM recidiva o refrattaria (Stein et al, 2017). L’overall response rate (ORR) è stato del 23% (19% CR, 4% CRh), con durata mediana della RC di 8,2 mesi e della RCh di 9,2 mesi, con migliore outcome per i pazienti in RC o RCh (Fig. I).
Figura I: Sopravvivenza globale nei pazienti con e senza CR
Inoltre circa il 34% dei pazienti ha ottenuto indipendenza trasfusionale. E’ da rilevare che alcuni pazienti hanno avuto un miglioramento della risposta durante la terapia (Fig. II).
Figura II: Evoluzione della risposta durante il trattamento nei pazienti rispondenti.
Gli effetti avversi più comuni sono stati nausea, vomito, diarrea, iperbilirubinemia e perdita dell’appetito. Un aspetto rilevante della terapia con Idhifa è la possibilità di insorgenza di una sindrome “da differenziazione”, caratterizzata da febbre, dispnea, infiltrati multipli al torace, effusioni pleuriche e pericardiche, sindrome edemigena e, nei casi più gravi, multiorgan failure (Amatangelo et al, 2017). La sindrome, riportata nel 6% dei casi, va tempestivamente trattata con corticosteroidi e richiede un attento monitoraggio del paziente. L’esame del midollo osseo mostra in questi casi una progressiva differenziazione dei blasti leucemici (Fig. III).
Figura III: Differenziazione dei blasti leucemici in corso di trattamento.
Midostaurina (Rydapt)
Midostaurina (Mido) è un inibitore di multiple chinasi approvato da FDA ed EMA per la terapia della LAM con mutazione di FLT3. Quest’ultima è presente in circa il 30% dei pazienti e conferisce prognosi sfavorevole (Garcia et al, 2017). Nel trial che ha condotto all’approvazione di Mido, denominato “RATIFY”, sono stati investigati 3277 pazienti dei quali 717 arruolati con mutazione FLT3 (valutazione centralizzata), 357 nel gruppo DNR/ARA-C + Mido e 360 nel gruppo placebo (Stone et al, 2017), come mostrato in Figura IV.
Figura IV: Disposizione dei pazienti
Mido era somministrata insieme a 3+7 in induzione, consolidamento (giorni 21-28) e mantenimento per 12 mesi alla dose di 50 mg due volte al dì. Non vi è stata differenza nella percentuale di ottenimento di RC (59% braccio Mido, 54% braccio placebo; p=0,15), mentre è emerso significativo vantaggio in termini di EFS (hazard ratio, HR = 0,78; one-sided p = 0,002) e OS (HR = 0,78; one-sided p = 0,009), come mostrato in Figura V.
Figura V: Sopravvivenza globale (OS) e analisi per sottogruppi
Nella stessa figura, viene mostrato come il vantaggio di Mido rimane statisticamente significativo nell’analisi per sottogruppi in base alla carica allelica e al tipo di mutazione (ITD e TKD). Le tossicità più rilevanti di Mido rispetto a placebo sono consistite in rash e desquamazione cutanea, anemia e nausea (Fig. VI). È infine da segnalare che i risultati del trial sono stati aggiornati all’ASH 2017, con conferma del beneficio di sopravvivenza anche limitando l’analisi ai soli pazienti trapiantati.
Figura VI: Eventi avversi di grado 3 o superiore
CPX-351 (Vyxeos)
Vyxeos è una nuova formulazione di ARA-C e daunorubicina, in un rapporto fisso 1:5, basata sulla tecnologia dei liposomi bilamellari (Fig. VII).
Figura VII: CPX-351: struttura
Ciò consente una esposizione ottimale ai due farmaci nella fase di induzione; è stato anche dimostrato un accumulo preferenziale di Vyxeos a livello del midollo osseo (Brunetti et al, 2017). In un trial di fase 3 (Fig. VIII), 159 pazienti sono stati randomizzati con rapporto 1:1 al trattamento con CPX-351 (153 pazienti; 1000 U/m2 nei giorni 1, 3 e 5) o chemioterapia ‘7 + 3’ (156 pazienti; citarabina 100 mg/m2/giorno per 7 giorni più daunorubicina 60 mg/m2 nei giorni 1, 2 e 3).
Figura VIII: Schema dello studio
I due bracci dello studio erano ben bilanciati per quanto riguarda genere, età, razza, performance status, sottotipo di leucemia mieloide acuta, citogenetica e terapia ipometilante precedente. I criteri di inclusione erano: età 60-75 anni, presenza di anomalie citogenetiche “MDS related”, LAM secondaria a precedente sindrome mielodisplastica o leucemia mielo-monocitica cronica. Un maggior numero di pazienti assegnati al trattamento con CPX-351 ha raggiunto la remissione completa o la remissione completa con incompleto recupero ematologico (47,7% contro 33,3%; p = 0,016).
Inoltre (Fig. IX), l’OS mediana è risultata di 9,56 mesi nel braccio CPX-351 contro 5,95 mesi nel braccio 7 + 3, differenza che si traduce in una riduzione significativa del rischio di mortalità con CPX-351 (HR = 0,69; p = 0,005). I pazienti trattati con CPX-351 hanno ottenuto anche un prolungamento significativo dell’EFS (HR= 0,74, P = 0,021). Anche la mortalità a 60 giorni è risultata inferiore nel braccio trattato con CPX-351 (13,7% contro 21,2%). Infine, l’incidenza degli eventi avversi di grado 3-5 è risultata paragonabile nei due bracci (92% contro 91%) (Lancet et al, 2016). In base a questi risultati, l’FDA ha approvato Vyxeos per la terapia della LAM treatment-related e della LAM con myelodysplasia-related changes (LAM-MRC).
Figura IX: Sopravvivenza globale (OS)
Gemtuzumab-Ozogamycin (Mylotarg)
Gemtuzumab-Ozogamycin (GO) è un anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro l’antigene CD33 (espresso in oltre il 90% dei casi di LAM), coniugato mediante legame idrosolubile alla chalicheamicina, un chemioterapico intercalante il DNA. Come mostrato in Fig. X, il complesso GO-CD33 viene internalizzato nella cellula a livello lisosomiale con successiva liberazione dell’agente citotossico, rottura della singola e doppia elica del DNA e morte cellulare (Hutter et al, 2011).
Figura X: Meccanismo d’azione di GO
ll farmaco è ben noto agli ematologi, in quanto era stato approvato nel 2000 per la terapia della LAM in prima recidiva nei pazienti anziani (Bross et al, 2001). In seguito, fu ritirato dal commercio sulla scorta di uno studio cooperativo del gruppo statunitense SWOG (Petersdorf et al, 2013), dal quale emergeva un eccesso di tossicità, in particolare 6% di mortalità in induzione vs. 1% dei controlli, Figura XI.
Figura XI: Studio SWOG-0106
La nuova recente approvazione FDA per pazienti con LAM di nuova diagnosi CD33 positiva si è basata sull’analisi di 3 trial: ALFA-0701 (Castaigne et al, 2012), AML-19 (Amadori et al, 2016), and MyloFrance-1.1 (che ha arruolato pazienti in recidiva). In particolare, il trial francese ALFA-701 ha dimostrato un vantaggio significativo in termini di EFS (Fig. XII).
Figura XII: EFS nello studio ALFA-701
I dati sono stati confermati in una metanalisi recentemente pubblicata in Lancet Oncology (Hills et al, 2014), che ha tenuto conto anche dei dati dello studio MRC AML15 (Burnett et al, 2011). E’da rilevare che il vantaggio di GO è significativo nei pazienti con citogenetica favorevole ed, in misura minore, intermedia, mentre non conferisce beneficio clinico nei pazienti con cariotipo sfavorevole (Fig. XIII). La schedula di GO approvata deriva dallo studio ALFA-0701 ed è di 3mg/m2 nei giorni 1,4 e 7, in associazione a chemioterapia convenzionale.
Figura XIII: EFS per sottogruppi citogenetici
BIBLIOGRAFIA
Divisione di Ematologia, Ospedale Cardarelli, Napoli
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