Riportiamo qui una selezione degli abstract più interessanti presentati durante il Congresso dell’American Society of Hematology (ASH) sulla leucemia acuta linfoblastica (LAL).
Abstract 216. Acute Lymphoblastic Leukemia (ALL) and COVID-19 Infection. A Campus ALL Report.
Chiaretti S, Bonifacio M, Agrippino R et al.
La diffusione dell’infezione da COVID-19 ha rappresentato una sfida importante nella gestione dei pazienti con leucemia acuta linfoblastica (LAL). In questo abstract, il GIMEMA (Gruppo Italiano Malattie EMatologiche dell’Adulto) ha valutato l’incidenza, le caratteristiche, le fonti di contagio e l’outcome dei pazienti con LAL che hanno sviluppato un’infezione da COVID-19. L’indagine è stata condotta su 756 pazienti adulti provenienti da 34 centri di ematologia all’interno della rete del Campus ALL, in un periodo compreso tra febbraio 2020 ad aprile 2021.
Sessantatré dei 756 pazienti (8,3%) hanno sviluppato un’infezione da COVID-19, con una distribuzione equa tra le varie regioni italiane. La maggior parte dei casi (90,5%) è stata registrata durante la seconda ondata della pandemia, tra settembre 2020 e aprile 2021. La fonte dell’infezione è stata nosocomiale in 26 casi (41,3%), familiare in 23 (36,5%), sconosciuta in 13 (20,6%) e in luogo di lavoro in 1 caso (1,6%).
I pazienti che hanno contratto l’infezione erano prevalentemente maschi (n=43, 68,2%) con una distribuzione simile tra le fasce di età. Diciassette pazienti (27%) avevano una diagnosi di LAL T, 28 (44,4%) di LAL B Ph- e 18 (28,6%) di LAL Ph+. Ventisette pazienti (42,9%) presentavano una o più comorbidità.
L’infezione è stata documentata all’esordio della LAL in 4 pazienti (6,3%), durante la fase di induzione in 10 (15,9%), durante il consolidamento in 13 (20,6%), nel mantenimento in 11 (17,5%), dopo trapianto allogenico in 15 (23,8%), durante il mantenimento con trattamento con inibitori della tirosin-chinasi (TKI) o fuori trattamento in 8 (12,7%) e alla ricaduta in 2 (3,2%). Dei pazienti che hanno contratto l’infezione, 9 risultavano asintomatici, 10 presentavano solo febbre, 36 avevano sintomi respiratori e 8 presentavano altri sintomi. La gestione dell’infezione è stata variabile: 29 (46%) pazienti sono stati gestiti a domicilio, 28 (44,4%) sono stati ricoverati in un reparto COVID e 13 di loro hanno richiesto assistenza respiratoria; infine, 6 (9,5%) sono stati trasferiti in terapia intensiva. È importante sottolineare che non si sono verificate sequele in 54 pazienti (85,7%), in 1 paziente è stata documentata una fibrosi polmonare, 1 paziente è andato incontro a ricaduta per un ritardo nel trattamento, mentre 7 (11,1%) sono deceduti a causa dell’infezione. In 6 casi (9,5%), al data cut-off, l’infezione era ancora in corso ma si era risolta del tutto all’ultimo aggiornamento (luglio 2021). Poiché un aspetto chiave nella gestione della LAL è l’aderenza ai tempi del trattamento, gli autori hanno valutato, nei pazienti COVID-19+, la necessità di interruzione del trattamento della LAL. Complessivamente, il trattamento è stato sospeso in 28 pazienti (66,6%): nella maggior parte dei casi si trattava di pazienti con LAL-B Ph- (18/22, p<0,001). Allo stesso modo, anche nella LAL-T la maggior parte dei pazienti ha sospeso il trattamento (7/8). Tra i pazienti con LAL Ph+ solo in pochissimi casi è stato interrotto il trattamento (3/12).
L’incidenza dell’infezione da SARS-CoV-2 nei pazienti adulti con LAL in Italia in un periodo di 15 mesi sembra essere comparabile a quella osservata nella popolazione generale ed è stata registrata principalmente durante la seconda ondata della pandemia. Il contagio è stato prevalentemente nosocomiale. L’infezione è stata, complessivamente, gestibile e nel 46% dei pazienti non ha richiesto alcun intervento medico. Il tasso di mortalità complessivo è stato dell’11%. Sorprendentemente, sembra che i pazienti con LAL Ph+ siano stati i più facili da gestire e quelli con il minor numero di interruzioni del trattamento; sottolineando il vantaggio della strategia di induzione/consolidamento basata sui TKI senza chemioterapia sistemica nella LAL Ph+ utilizzata nei protocolli GIMEMA, e suggerendo un possibile ruolo protettivo dei TKI nei pazienti con infezione da COVID-19.
Van Der Sluis IM, De Lorenzo P, Kotecha RS, et al.
I neonati (<1 anno di età) con diagnosi di LAL e riarrangiamento di KMT2A (KMT2A-r) hanno una prognosi estremamente sfavorevole rispetto alle altre forme di LAL pediatriche, con una sopravvivenza libera da eventi (EFS) ad 1 anno e a 3 anni del 54,8% e del 39,6%, rispettivamente. Il 90% di tutte le ricadute si verifica durante il trattamento, il 66% entro un anno dalla diagnosi. La sopravvivenza globale (OS) dopo la ricaduta è solo del 20%. L’intensificazione della chemioterapia prevista nel protocollo Interfant06 per i pazienti con LAL infantile non ha evidenziato miglioramenti nell’outcome. In questo abstract sono riportati i risultati ottenuti dall’aggiunta del blinatumomab (nella fase di consolidamento) al backbone chemioterapico previsto nell’Interfant06 nei pazienti con LAL infantile KTM2Ar.
Sono stati arruolati nel protocollo 28 pazienti. Il follow-up mediano è stato di 11 mesi (range 1,5-33). Tutti i pazienti hanno ricevuto il blinatumomab senza interruzioni del trattamento. Nessuno dei pazienti ha manifestato eventi avversi neurologici. In totale, sono stati segnalati 70 eventi avversi; gli eventi avversi di grado >3 più frequenti sono stati la neutropenia febbrile (n=2), l’anemia (n=5) e un aumento delle GGT (n=2). La remissione completa (RC) con negatività della malattia residua minima (MRD-) si è verificata nel 54% (n=15/28) dei pazienti a 2 settimane dall’inizio del blinatumomab, percentuale più elevata rispetto a quella registrata alla fine del consolidamento nell’Interfant06 (40%). L’89% (25/28) dei pazienti risultava MRD- o non quantificabile a 4 settimane dall’inizio del blinatumomab. La RC MRD- alla fine del blinatumomab è stata riscontrata più frequentemente nei pazienti a rischio intermedio rispetto a quelli ad alto rischio (68% vs 22%, p=0,0418). L’EFS a 1 anno è stata del 96,2%.
Questo è il primo studio a utilizzare blinatumomab nei neonati con LAL KMT2Ar di nuova diagnosi, il farmaco ha dimostrato di essere molto ben tollerato, con un’efficacia promettente, con un alto tasso di risposte complete MRD-, una elevata EFS ad 1 anno e un basso tasso di recidive. Alla luce di questi risultati, blinatumomab sarà aggiunto al backbone chemioterapico di tutti i bambini con LAL KMT2A-r di nuova diagnosi nel prossimo protocollo Interfant21.
Chevallier P, Leguay T, Doubek M, et al
Il trattamento dei pazienti più anziani con LAL-B rimane insoddisfacente in termini di outcome. Inotuzumab ozogamicin (InO), è attualmente approvato per il trattamento della LAL-B R/R negli adulti. Un precedente studio condotto dall’MDACC su pazienti di età pari o superiore a 60 anni con nuova diagnosi di LAL-B ha utilizzato con successo InO in combinazione ad una versione a intensità ridotta dell’hyperCVAD (mini-hyperCVAD). A causa del verificarsi di sindromi da ostruzione sinusoidale (SOS) dopo trattamento con InO, le dosi totali sono state fissate a 1,3 mg/m² per il ciclo 1 seguito da 3 cicli a 1 mg/m². In questo studio di fase II del gruppo EWALL (NCT03249870) è stata valutata l’attività e la sicurezza dell’InO frazionato a dosaggio ridotto in combinazione con chemioterapia a bassa intensità come terapia di prima linea per i pazienti più anziani con LAL-B CD22+ Ph-negativa.
Tra Dicembre 2017 e Giugno 2021, sono stati arruolati 115 pazienti, inclusi 6 screening failure. Per questa analisi sono stati considerati i primi 90 pazienti arruolati al fine di ottenere un follow-up minimo di 4 mesi. L’età mediana era di 69 anni (range 55-84). Al momento dell’analisi, 90 e 88 pazienti avevano effettuato rispettivamente la prima e la seconda fase dell’induzione basata su InO in associazione alla chemioterapia. La mortalità correlata al trattamento è stata del 2,2% (2/90) e il tasso di RC è stato dell’85,5% (77/90) dopo la prima fase dell’induzione e dell’87,7% (79/90) dopo la seconda parte dell’induzione. Sei pazienti hanno eseguito un allotrapianto di cellule staminali. L’OS stimata ad 1 anno è del 78,5%, mentre l’OS mediana non è stata raggiunta. La RFS a un anno è stata del 74,5%. Durante lo studio è stata osservata tossicità epatica di grado 3-4 in 8 pazienti (8,8%), inclusi 3 pazienti (3,3%) che hanno sviluppato una VOD, in 2 casi correlata a InO nella prima parte dell’induzione e in 1 dopo il trapianto. Ventinove pazienti sono morti durante il follow-up, 16 per recidiva (incidenza complessiva 18%) e 13 per eventi avversi (incidenza complessiva 14,4%), inclusa un’infezione fatale da COVID19 durante il consolidamento.
L’associazione di InO frazionato a dosi ridotte in combinazione con chemioterapia a bassa intensità sembra essere un trattamento di prima linea molto attivo e ben tollerato per i pazienti più anziani con LAL-B CD22+.
Brown PA, Ji L, Xu X, et al.
Il trattamento standard della prima recidiva a basso rischio (LR) di LAL-B nei bambini e nei giovani adulti (AYA) consiste in un trattamento chemioterapico standard senza il consolidamento con un trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche (HSCT). Gli autori riportano i risultati di uno studio del COG che ha l’obiettivo di confrontare la DFS e l’OS di pazienti di età compresa tra 1 e 30 anni affetti da LAL-B in prima recidiva LR randomizzati a ricevere due blocchi chemioterapici intensivi (blocchi 2 e 3 dello UKALLR3) dopo chemioterapia di reinduzione (blocco 1 dello UKALLR3) seguiti dal mantenimento dello UKALLR3 (braccio standard) vs. lo stesso backbone chemioterapico con l’integrazione di tre cicli di blinatumomab, uno in sostituzione della chemioterapia del blocco 3 e due aggiunti durante il mantenimento (braccio sperimentale).
Sono stati randomizzati 255 pazienti con prima recidiva LR: 127 nel braccio sperimentale e 128 nel braccio standard. Ad un follow-up mediano di 2,9 anni, la DFS stimata a 4 anni nella popolazione intent-to-treat (ITT) è del 61,2±5,5% (%±errore standard) per il braccio blinatumomab rispetto al 48,2±6,0% per il braccio chemioterapia (p=0,15), mentre l’OS stimata a 4 anni è del 91,6±3,0% per il braccio blinatumomab vs 83,3±4,5% per il trattamento chemioterapico standard (p=0,096).
Sono state notate notevoli differenze in termini di efficacia del blinatumomab e di DFS dopo stratificazione dei pazienti in base alla sede della prima ricaduta. Per le recidive midollari più o meno associate a siti extra-midollari (BM±EM), la DFS a 4 anni è stata del 74,0±6,4% per blinatumomab rispetto al 51,8±7,9% per la chemioterapia (p=0,016) e l’OS a 4 anni del 96,6±2,5% vs 84,4±5,6% (p=0,013). Per le recidive extra-midollari isolate (IEM), la DFS a 4 anni è stata del 34,2±8,6% per il braccio con blinatumomab e del 39,3±8,5% per il braccio chemioterapia (p=0,73) con una OS a 4 anni dell’81,7±7,0% vs l’80,8±7,2% (p=0,61). La differenza nella DFS tra i pazienti BM±EM e IEM è stata determinata da un eccesso di seconde recidive nei pazienti IEM che presentavano, all’arruolamento, una recidiva isolata del SNC. Dei 64 pazienti arruolati con recidiva nel SNC, 39 (61%) hanno avuto una seconda recidiva, di cui 28 (72%) sempre a livello del SNC, senza differenze a seconda del braccio di trattamento. Dei 191/255 pazienti rimanenti, 35 (18%) hanno avuto una seconda ricaduta [13 nel braccio blinatumomab (6 BM±EM, 7 IEM), 22 nel braccio chemioterapia (15 BM±EM, 7 IEM)].
Il ciclo 1 di blinatumomab è stato meglio tollerato rispetto al blocco 3 di chemioterapia con percentuali più basse di neutropenia febbrile di grado ≥3 (3% vs. 47%), infezioni (5% vs. 51%), anemia (12% vs. 57%) e mucosite (1% vs. 7%). Gli eventi avversi correlati a blinatumomab avvenuti nei cicli 1/2/3 (di tutti i gradi) sono stati: la CRS nel 12%/7%/7% dei pazienti trattati, crisi epilettiche nel 3%/1%/3%; altre forme di neurotossicità (ad es. disturbi cognitivi, tremore, atassia, disartria) nel 19%/9%/5%. Tutti gli eventi avversi correlati al blinatumomab sono risultati completamente reversibili.
Secondo questo studio, sembra quindi che per i bambini e i pazienti AYA in prima recidiva di LAL-B LR, il blinatumomab sia più efficace e meno tossico della chemioterapia standard per i pazienti con recidiva BM±EM, stabilendo questo regime come nuova terapia standard per questi pazienti. I pazienti con recidiva isolata del SNC hanno presentato un tasso di recidiva estremamente alto in entrambi i bracci di trattamento, sottolineando l’urgenza di trovare trattamenti più efficaci per questo sottogruppo.
Short NJ, Kantarjian M, Ravandi F, et al.
Vengono riportati i risultati aggiornati di uno studio che prevedeva l’incorporazione precoce del blinatumomab in pazienti con LAL B Ph- di nuova diagnosi al fine di aumentare il tasso di risposte, ridurre le ricadute e migliorare la sopravvivenza. I pazienti hanno ricevuto una chemioterapia secondo schema hyper-CVAD alternato a methotrexate e citarabina ad alte dosi per un massimo di 4 cicli, seguiti da 4 cicli di blinatumomab a dosi standard. I pazienti con malattia CD20+ (≥1% di cellule) hanno ricevuto inoltre 8 dosi di ofatumumab (2000 mg) o rituximab (375 mg/m2). Il mantenimento è stato eseguito secondo schema POMP con aggiunta di 3 cicli di blinatumomab.
Complessivamente sono stati trattati 38 pazienti, 6 pazienti risultavano già in RC all’arruolamento e non sono stati valutati per la risposta morfologica al trattamento sperimentale. L’età mediana è stata di 37 anni (range 17-59), 21 (55%) presentavano almeno una caratteristica ad alto rischio, inclusa la mutazione TP53 nel 27% dei casi e un cariotipo a rischio avverso nel 32%. L’84% dei pazienti ha ricevuto ofatumumab o rituximab.
Dei 32 pazienti con malattia attiva all’arruolamento, il 100% ha raggiunto la RC; nell’81% (n=26) dei casi la RC veniva ottenuta dopo il primo ciclo di terapia. L’MRD valutata mediante citometria a flusso a 6 colori è risultata negativa in 22/26 pazienti (85%) in RC dopo 1 ciclo e in 37/38 pazienti (97%) globalmente. Il tasso di mortalità a 60 giorni è stato dello 0%.
Ad un follow-up mediano di 27 mesi (range 11-55), il tasso di remissione continua e OS a 3 anni è stato, rispettivamente, dell’80% e dell’83%. Complessivamente, 5 pazienti (13%) hanno avuto una recidiva, 13 (34%) sono stati sottoposti a HSCT in prima remissione, 1 è deceduto in RC e 19 (50%) rimangono in remissione persistente. Tutte le ricadute si sono verificate in pazienti con caratteristiche di malattia ad alto rischio e non si sono verificate oltre i 2 anni dall’inizio del trattamento. L’outcome, in termini di OS, risulta migliore con hyper-CVAD più blinatumomab rispetto alla sopravvivenza registrata nella coorte storica di pazienti trattati con hyper-CVAD più ofatumumab (OS a 3 anni 83% vs 66%, rispettivamente; p=0,2).
Il trattamento è stato nel complesso ben tollerato. Quattro pazienti hanno sviluppato una sindrome da rilascio di citochine di grado 2-3. Complessivamente, 16 pazienti (42%) hanno avuto un evento avverso neurologico di qualsiasi grado dovuto a blinatumomab, 4 pazienti (11%) hanno sviluppato tossicità neurologica transitoria e reversibile di grado 3. Solo un paziente ha interrotto definitivamente blinatumomab a causa di una encefalopatia.
La combinazione di hyper-CVAD con blinatumomab sequenziale risulta, quindi, altamente efficace come trattamento di prima linea nella LAL B Ph-, con un tasso complessivo di RC MRD negative del 97% [da sottolineare che la valutazione dell’MRD è solo immunofenotipica] e un tasso di OS a 3 anni dell’83%, mostrando un potenziale beneficio dall’incorporazione del blinatumomab già nella fase di prima linea nei giovani adulti.
Short NJ, Kantarjian H, Ravandi F, et al.
In questo abstract sono riportati i risultati aggiornati di uno studio che prevede l’utilizzo di InO associato al mini-hyper-CVAD, con l’aggiunta o meno anche del blinatumumab, in pazienti di età ≥60 anni con LAL B Ph- di nuova diagnosi, strategia che potrebbe consentire l’uso di meno cicli di chemioterapia e di migliorare la durata della remissione e l’OS rispetto alle terapie oggi disponibili.
Al fine di ridurre il rischio di malattia veno-occlusiva (VOD), il protocollo è stato emendato a marzo 2017, e l’InO somministrato in dosi frazionate ad ogni ciclo (0,6 mg/m2 il giorno 2 e 0,3 mg/m2 il giorno 8 del ciclo 1; 0,3 mg/m2 il giorno 2 e 8 dei cicli 2-4). La dose cumulativa di InO somministrata prima e dopo questa modifica è stata, rispettivamente, di 4,3 mg/m2 e 2,7 mg/m2.
Complessivamente, sono stati trattati 75 pazienti, 6 pazienti erano in RC al momento dell’arruolamento e pertanto non valutabili per la risposta morfologica. L’età media era di 68 anni (range 60-87); 30 pazienti (40%) avevano ≥70 anni. Il 39% era positivo per la mutazione di TP53, il 19% aveva una LAL Ph-like e il 25% aveva un cariotipo complesso.
Dei 69 pazienti valutabili per la risposta morfologica, 68 (99%) presentavano una RC/RCi. L’MRD negatività valutata mediante citometria a flusso è stata raggiunta in 57/71 pazienti valutabili (80%) dopo 1 ciclo e in 71/74 (96%) globalmente. I tassi di mortalità a 30 e 60 giorni sono stati rispettivamente dello 0% e del 3%.
Dei 74 pazienti che hanno ottenuto la remissione MRD-, 10 (14%) hanno avuto una ricaduta, 4 (5%) sono stati sottoposti a HSCT in prima remissione (1 dei quali ha avuto una ricaduta dopo HSCT), 32 (43%) rimangono in remissione e 28 (38%) sono deceduti in remissione. Complessivamente, 9 pazienti (12%) hanno sviluppato una MDS/AML. In particolare, per quanto riguarda gli eventi avversi correlati ad InO, 6 pazienti (8%) hanno sviluppato una VOD, 1 dopo HSCT, senza alcuna differenza nei pazienti che avevano ricevuto o meno blinatumomab.
Ad un follow-up mediano di 56 mesi (range 1-111), il tasso di remissione continua e di OS a 5 anni è stato rispettivamente del 76% e del 47%. I risultati sono stati migliori nei pazienti di età compresa tra 60 e 69 anni rispetto a quelli di età ≥70 anni (OS a 5 anni: 58% vs 31%, p=0,04) e per quelli con citogenetica a basso rischio rispetto a quelli con citogenetica ad alto rischio (OS a 5 anni: 56% vs 25%, p=0,01). I pazienti di età ≥70 anni hanno avuto maggiori probabilità di decesso in remissione rispetto ai pazienti di età compresa tra 60 e 69 anni (20/29 [69%] vs. 19/45 [42%]; p=0,03). L’OS a 5 anni per pazienti di età compresa tra 60 e 69 anni con citogenetica a basso rischio era del 68%, mentre era del 37% per quelli con citogenetica ad alto rischio; per i pazienti di età ≥70 con citogenetica a basso rischio era del 42% e dello 0% per quelli con citogenetica ad alto rischio.
Questo schema di trattamento che prevede una chemioterapia a bassa intensità associata ad InO, con o senza blinatumomab, negli anziani con LAL Ph- di nuova diagnosi ha determinato un tasso di risposta globale del 98% e un tasso di OS a 5 anni del 47%. Nonostante il regime a intensità relativamente ridotta, si sono verificati decessi in remissione (solitamente dovuti a infezioni), principalmente nei pazienti di età ≥70 anni. In questa popolazione è pertanto in studio una strategia che utilizza la combinazione InO e blinatumomab, senza chemioterapia.
Haddad F, Kantarjian H, Short NJ, et al
Lo stesso schema di trattamento descritto nell’abstract 3400 è stato anche valutato nel setting dei pazienti R/R. Tra febbraio 2013 e aprile 2021, 108 pazienti sono stati arruolati e trattati. Il follow-up mediano è stato di 34 mesi (range 2-100). L’età mediana è stata di 37 anni (range 17-87). Settantasette pazienti (71%) sono stati trattati in salvataggio 1 (S1) e 31 (29%) in S2 e oltre. Ventuno pazienti (19%) avevano ricevuto un precedente HSCT.
Il tasso di risposta globale (ORR) al trattamento è stato dell’83% (RC, 62%; RCi, 21%), in particolare, è stato del 93% per i pazienti in S1, del 59% in S2 e del 57% in S3 o superiore. Degli 89 pazienti rispondenti, 87 erano valutabili per l’MRD e 71/87 pazienti (82%) avevano raggiunto l’MRD negatività [sempre mediante citometria a flusso]. Quarantasette pazienti (44%) hanno eseguito un HSCT di consolidamento.
Il tasso di RC durature e il tasso di sopravvivenza a 3 anni sono stati rispettivamente del 48% e del 37%. Stratificando i pazienti per S1 e S2+, il tasso di OS a 3 anni è stato rispettivamente del 46% e del 16% (p=0,001). I pazienti che hanno raggiunto lo status di MRD negatività presentavano un tasso di OS a 3 anni del 58% rispetto all’8% nei pazienti MRD+ (p=0,0003). I pazienti trattati con la combinazione mini-hyperCVAD+inotuzumab+/-blinatumomab hanno mostrato una OS mediana significativamente più lunga rispetto alla monoterapia con inotuzumab (14 mesi vs 6 mesi; p<0,0001).
Una VOD è stata osservata in 10 dei 108 pazienti (9%) trattati e la sua incidenza si è ridotta dal 13% iniziale al 2% modificando la dose di inotuzumab (p=0,056).
La combinazione appare promettente anche nel contesto della LAL R/R dove i risultati sembrano apparentemente superiori a quelli dell’InO in monoterapia.
Sciumè M, Papayannidis C, Curti A, et al.
Blinatumomab (Blina) e inotuzumab (InO) hanno migliorato l’outcome della LAL B R/R. Tuttavia, molti pazienti ricadono dopo questi trattamenti e poco è noto sul loro outcome dopo l’ulteriore recidiva e dopo trattamento sequenziale con i due farmaci immunoterapici. In questo abstract sono riportate le caratteristiche cliniche e l’outcome di 71 pazienti con LAL B R/R trattati con Blina e con InO in qualsiasi sequenza (Blina/InO o InO/Blina).
Alla diagnosi, l’età mediana era di 34 anni (range 15-64), 16 (22%) pazienti avevano una LAL-B Ph+, 3 (4%) una LAL-B con t(4;11) e 9 (13%) presentavano un cariotipo complesso. Al momento della prima immunoterapia, i pazienti avevano ricevuto una mediana di 2 linee di trattamento precedenti (range 1-8). Tutti i pazienti Ph- avevano ricevuto una chemioterapia intensiva in prima linea; mentre i pazienti Ph+ erano stati trattati con TKI e steroidi in induzione (n=13) o con chemioterapia intensiva associata a TKI (n=3). Blina è stato il primo trattamento di salvataggio in 57 (80%) pazienti (sequenza Blino/InO) e InO in 14 (20%) (sequenza InO/Blina). Ventisette pazienti (38%) erano stati sottoposti precedentemente ad un HSCT.
La mediana di cicli somministrati per la prima immunoterapia è stata di 2 sia per Blina (intervallo 1-9) che per Ino (intervallo 1-4). Nel gruppo Blina/InO, in seguito al trattamento con Blina, si è verificata una tossicità G3/4 in 15 casi (26%): non ematologica in 12 casi (21%), neurologica in 6 (8%). In 17 pazienti (30%) si sono verificate infezioni. Nel gruppo InO/Blina, dopo il trattamento con InO, 3 (21%) pazienti hanno avuto una tossicità G3/4: non ematologica in 2 casi (14%, epatica 1 caso). Le infezioni si sono verificate in 4 casi (28%).
Nel gruppo Blina/InO, dopo Blina, 36 pazienti (63%) hanno ottenuto una RC, 24 (42%) con MRD-; dopo InO, la RC è stata raggiunta in 47 pazienti (82,4%) e 34 (59,6%) presentavano una MRD-. Nel gruppo InO/Blina, dopo InO la RC è stata documentata in 13 casi (93%), con 6 pazienti (42,8%) MRD-; dopo il Blina, la RC è stata raggiunta nuovamente in 6 pazienti (42,8%), con MRD- in 3 casi (21,4%). Globalmente, per 26 pazienti (37%) l’approccio immunoterapico ha consentito un bridge al trapianto allogenico.
Dalla prima immunoterapia, nel gruppo Blina/InO, l’OS mediana è stata di 19 mesi, mentre dopo InO di 6,3 mesi. Per quanto riguarda la DFS mediana è stata di 7,4 mesi dopo Blina (11,6 vs 2,7 mesi nei pazienti MRD- vs MRD+, p <0,03) e dopo InO era di 5,4 mesi.
Nel gruppo InO/Blina, l’OS mediana era di 9,4 mesi dopo la prima immunoterapia e di 4,6 mesi dopo Blina (7,5 vs 2,8 mesi nei pazienti MRD- vs MRD+, p=0,02). Per quel che concerne la DFS, dopo InO è stata di 5,1 mesi e dopo Blina era di 1,5 mesi (8,7 vs 2,5 in pazienti MRD- vs MRD+, p=0,02).
L’OS e la DFS nei pazienti MRD- dopo Blina sono state significativamente migliori, sia nel gruppo Blina/InO che nel gruppo InO/Blina.
Ad un follow-up mediano di 16,5 mesi dall’inizio dell’immunoterapia e di 33,8 mesi dalla diagnosi iniziale, 24 pazienti (34%) sono vivi e 16 (22%) vivi e in RC. Quattro pazienti (6%) sono deceduti in RC a causa di malattia veno-occlusiva durante il trapianto o dopo il trattamento con InO. È interessante notare che la OS e la DFS dalla prima immunoterapia sono state migliori nei pazienti che avevano eseguito un precedente HSCT (sopravvivenza mediana 24,2 vs 13 mesi, p=ns). L’HSCT eseguito dopo la seconda immunoterapia è stato associato ad una migliore OS e DFS (OS: 9,8 e DFS: 7,2 mesi vs 7,8 e 4,4 mesi, p=ns).
Questo abstract, basato su dati di real life, mostra la fattibilità e l’efficacia di una strategia di immunoterapia sequenziale in termini di risposte molecolari, di DFS e OS, e come bridge al trapianto.
Short NJ, Kantarjian H, Konopleva M, et al.
Ponatinib e blinatumomab sono entrambi altamente efficaci nella LAL B Ph+. La combinazione di questi due agenti si presume possa portare a risposte più profonde e durature, riducendo potenzialmente la necessità sia di eseguire chemioterapie intensive sia quella dell’HSCT in prima remissione.
In questo studio di fase II, erano eleggibili pazienti adulti con LAL Ph+ di nuova diagnosi (ND), LAL Ph+ R/R o con leucemia mieloide cronica in fase blastica linfoide (LMC-LBP). I pazienti hanno ricevuto fino a 5 cicli di blinatumomab a dosi standard e ponatinib 30 mg al giorno al ciclo 1, ridotto successivamente a 15 mg al giorno una volta ottenuta una risposta molecolare completa (CMR). Dopo il completamento del trattamento con blinatumomab, ponatinib è stato continuato per almeno 5 anni nei pazienti rispondenti. Come profilassi della recidiva nel SNC sono state somministrate dodici dosi di chemioterapia intratecale profilattica con alternanza di citarabina e metotrexate.
Tra febbraio 2018 e luglio 2021, sono stati trattati 43 pazienti (24 ND, 14 R/R e 5 CML-LBP). L’età mediana nelle coorti ND e R/R era rispettivamente di 60 anni (range 34-83) e 38 anni (range 24-61). Il 43% dei pazienti dei pazienti R/R aveva eseguito 2 o più linee di trattamento.
Dei 32 pazienti valutabili per la risposta morfologica, 31/32 (97%) hanno risposto. In particolare, l’unico paziente non rispondente presentava una LAL Ph+ R/R e aveva ricevuto ponatinib in un precedente regime di salvataggio. Nei pazienti ND e LMC-LBP, la percentuale di RC/RCi è stata del 100%, nei pazienti R/R del 91%. Globalmente, l’84% dei pazienti rispondenti ha raggiunto una CMR (91% nella coorte ND, 91% nella coorte R/R e 40% nella coorte CML-LBP).
Il follow-up mediano è stato di 9 mesi (range 1-38+). Dei 24 pazienti nella coorte ND, 1 paziente è deceduto in RC e gli altri rimangono in RC senza aver eseguito un HSCT in prima remissione, con un’EFS e OS stimate a 2 anni del 95%. Dei 14 pazienti nella coorte R/R, 2 hanno un follow-up troppo breve per essere valutati, 1 non ha risposto, 4 sono stati sottoposti ad HSCT (3 dei quali sono vivi e in remissione e 1 deceduto per recidiva di malattia), 6 non hanno eseguito un trapianto, 2 dei quali sono successivamente andati incontro ad una ricaduta e 1 paziente è morto in RC. L’EFS e l’OS stimate a 2 anni per la coorte R/R sono state, rispettivamente, del 53% e del 39%. Dei 5 pazienti nella coorte CML-LBP, 2 sono recidivanti (1 dei quali con switch fenotipico a leucemia mieloide) e 3 mantengono la risposta senza aver eseguito un HSCT.
Il trattamento di combinazione è stato ben tollerato e la maggior parte degli effetti collaterali sono stati di grado 1-2 e coerenti con il profilo di tossicità dei due agenti presi singolarmente. Due pazienti hanno interrotto ponatinib a causa di eventi avversi tromboembolici (1 per ictus e 1 per TVP). Nessun paziente ha interrotto in maniera definitiva il trattamento con blinatumomab. Non sono stati osservati decessi precoci.
La combinazione chemo-free ponatinib + blinatumomab è un regime sicuro ed efficace in tutte e 3 le coorti. Gli esiti particolarmente favorevoli dei pazienti con LAL Ph+ di nuova diagnosi in assenza di consolidamento con HSCT, suggeriscono, nuovamente, che i regimi chemo-free possano consentire di non eseguire il trapianto in prima remissione molecolare.
Ribera JM, Garcia O, Ribera J, et al.
Nelle LAL Ph+ la combinazione di hyperCVAD e ponatinib ha determinato un’elevata percentuale di risposte molecolare e un miglioramento della sopravvivenza, suggerendo un possibile vantaggio rispetto alle combinazioni di chemioterapia con TKI di prima o seconda generazione. In questo abstract sono riportati i risultati finali dello studio di fase 2 PONALFIL del gruppo spagnolo PETHEMA, che incorpora ponatinib (30 mg/die) allo stesso backbone chemioterapico dello studio ALLPh08 che, però, utilizzava imatinib come TKI. I pazienti dopo consolidamento eseguivano, quando possibile, un HSCT; il ponatinib veniva ripreso post-trapianto solo nei pazienti MRD+.
Sono stati arruolati e trattati 30 pazienti, l’età media era di 49 anni (range 19-59). La RC è stata ottenuta nel 100% dei pazienti, una CMR in 14/30 (47%) e una remissione molecolare maggiore (MMR) in 5/30 (17%); 11/30 (37%) pazienti non presentavano risposta molecolare. Due pazienti sono usciti dallo studio durante l’induzione (1 per trombosi dell’arteria centrale della retina e 1 per grave infezione intestinale). Il consolidamento è stato eseguito in 28 pazienti, 2 sono usciti dallo studio (1 per decisione del curante e 1 per mancanza di risposta molecolare); 26 pazienti hanno ricevuto un HSCT (20 in CMR, 6 in MMR). Non sono state riscontrate ricadute prima dell’HSCT. Dopo trapianto, 1 paziente ha avuto una ricaduta. Post-HSCT, 4/26 pazienti hanno ripreso il ponatinib e 1/26 dasatinib per ripositivizzazione dell’MRD, 1/26 ha ricevuto dasatinib in CMR a causa del rifiuto di eseguire la profilassi intratecale del SNC, mentre 20/26 pazienti non hanno ricevuto alcun TKI dopo HSCT.
Ventinove pazienti sono vivi (follow-up mediano 2,3 anni, range 1,3-4). Le probabilità di DFS e OS a 2 anni sono state del 97% (91%-100%) e del 97% (91%-100%).
Dei 16 pazienti che non erano in CMR post-consolidamento, 7 sono stati valutati per lesioni genetiche aggiuntive: 4 avevano una delezione di IKZF1 (IKZF1plus in 2), 1 aveva una delezione di CDKN2A/B e PAX5 e 2 non hanno mostrato alcuna alterazione. Dei 5/19 pazienti con recidiva molecolare, 3 avevano una delezione di IKZF1 (1 IKZF1plus) e 2 non hanno avevano alterazioni genetiche aggiuntive.
Il tasso di DFS a 2 anni per PONALFIL e per l’ALLPh08 (che includeva l’imatinib) è stato, rispettivamente, del 97% e del 62% (p=0,005) mentre il tasso di OS a 2 anni nei due studi è stato del 97% e del 66% (p=0,001).
Sono stati registrati 107 eventi avversi in 20 pazienti (21 di grado severo registrati in 11). Gli eventi avversi più frequenti sono stati ematologici (28%), gastrointestinali (14%), epatici (11%), infettivi (7%). Eventi cardiovascolari si sono verificati in 2 pazienti (angina pectoris e trombosi dell’arteria centrale della retina).
I risultati dello studio PONALFIL mostrano, quindi, un’elevata efficacia anti-leucemica e un profilo di tossicità accettabile della combinazione di ponatinib con il backbone chemioterapico dell’ALLPh08 e si confrontano favorevolmente con lo stesso schema chemioterapico in associazione a imatinib.
Rousselot P, Chalandon Y, Chevret S, et al.
In questo abstract sono riportati i risultati dello studio GRAAPH-2014 che ha usato il nilotinib in associazione alla chemioterapia in pazienti con LAL Ph+ di nuova diagnosi.
Da marzo 2016, pazienti di età compresa tra 18 e 60 anni sono stati randomizzati a ricevere 4 cicli di chemioterapia in combinazione con nilotinib al dosaggio di 400 mg bid, il braccio sperimentale (B) prevedeva una deintensificazione della chemioterapia nei cicli 2 e 4, in cui veniva somministrato solo methotrexate con eliminazione dell’HD-AraC. Il ciclo 1 e 3 erano simili in entrambi i bracci, identici al primo ciclo deintensificato dello studio GRAAPH-2005. L’MRD è stata valutata mediante qPCR del trascritto BCR-ABL1 e del riarrangiamento dei geni di Ig-TCR dopo ogni ciclo (MRD 1-4). I pazienti in RC dopo il ciclo 4 erano candidati ad eseguire un HSCT. I pazienti che non potevano eseguirlo avevano la possibilità di ricevere un trapianto autologo (autoSCT) se veniva raggiunta una risposta molecolare maggiore (MMolR) (MRD4 BCR-ABL1 <0,1%). Sia il trapianto allogenico che autologo erano seguiti da un mantenimento con imatinib per 2 anni. A febbraio 2019, la randomizzazione è stata interrotta dopo un’analisi ad interim che ha mostrato un significativo incremento di ricadute nel braccio B (senza HD-AraC).
In totale sono stati randomizzati 156 pazienti (77 nel braccio A e 79 nel braccio B). L’età media era di 47,1 anni (range 18,1-59,9). Il follow-up mediano è stato di 2,8 anni (IC 95%: 2,6-3,1). Tutti i pazienti valutabili hanno raggiunto la RC dopo un massimo di due cicli. Tre pazienti sono deceduti durante il ciclo 1 (2 nel braccio A, 1 nel braccio B) e 2 durante il ciclo 2 (1 per braccio). La maggior parte dei pazienti ha ricevuto i 4 cicli di chemioterapia previsti (n=143, 91,7%). Un HSCT è stato eseguito in 91 pazienti (58,3%), mentre 41 pazienti hanno ricevuto un autoSCT (26,3%). È stata osservata una non inferiorità nella risposta MRD tardiva (MRD4) tra i due bracci (endpoint primario). La MMolR è stata raggiunta in 55/75 (73,3%) e 61/78 (78,2%) dei pazienti in RC nel braccio A e B, rispettivamente. A 3 anni, l’OS è stata dell’86,0% nel braccio A contro il 74,2% nel braccio B (p=0.08). La sopravvivenza libera da progressione (PFS) è stata del 79,6% nel braccio A contro il 57,2% nel braccio B (p=0.008). Trentuno pazienti hanno avuto una recidiva ematologica (8 nel braccio A e 23 nel braccio B). Ventotto su 31 pazienti recidivanti sono stati valutati per le mutazioni di ABL1, 20/28 (71%) avevano almeno una mutazione e 10/28 (36%) la mutazione T315I. A 3 anni, l’incidenza cumulativa di recidiva (CIR) era del 21,3%, significativamente più alta nel braccio B rispetto al braccio A (30,8% vs 10,6%, p=0,007) a prescindere dall’esecuzione o meno di un HSCT.
Possiamo concludere da questo abstract che la somministrazione combinata di nilotinib e chemioterapia sia efficace nei giovani adulti con LAL Ph+ come bridge all’HSCT. Tuttavia, l’omissione di HD-AraC è risultata associarsi ad una maggiore incidenza di recidive nonostante i livelli di BCR-ABL1 all’MRD4 non fossero inferiori.
Abstract 3395. Venetoclax-Ponatinib for T315I/compound-mutated Ph+ acute lymphoblastic leukemia.
Wang H, Qian J, Yang C, et al.
L’outcome della LAL Ph+ è notevolmente migliorato nell’era degli inibitori della tirosin-chinasi (TKI) e si sta progressivamente spostando con successo verso un’era chemo-free. Tuttavia, l’outcome dei pazienti con LAL Ph+ con T315I e mutazioni compound rimane infausto. Recentemente, è stato dimostrato in modelli murini di LAL BCR-ABL1+ il potenziale sinergico di venetoclax + TKIs + desametasone.
In questo abstract sono riportati i primi risultati di uno studio che prevede un trattamento con venetoclax (100 mg d1, 200 mg d2, 400 mg d3-28), ponatinib (45 mg d1-28) e desametasone (0,15 mg/kg d1-21; 0,075 mg/kg d22-28) (regime VPD) per pazienti con LAL Ph+ R/R con T315I o mutazioni compound. Tra gennaio 2020 e maggio 2021 sono stati arruolati e trattati 19 pazienti che avevano già ricevuto una mediana di 3 precedenti linee di terapia di salvataggio.
Dopo un ciclo, 17 pazienti (89,5%) hanno raggiunto la RC/RCi (13 con MRD- in citofluorimetria; 11 una MMR; 8 in CMR). Successivamente, tra i rispondenti, 6 hanno ricevuto un HSCT (con 1 paziente recidivato post-HSCT) mentre gli altri 11 hanno proseguito con cicli VDP di consolidamento (7 pazienti sono andati incontro a recidiva). Ad un follow-up mediano di 259 giorni, la mediana di EFS e OS dei pazienti dall’inizio del trattamento con VPD è stata di 242 e 400 giorni. Gli eventi avversi del regime VPD più comuni sono stati quelli ematologici: neutropenia, anemia e trombocitopenia di grado 3-4 si sono verificate nel 73,7%, 36,8% e 52,6% dei pazienti. Non si sono verificate sindromi da lisi tumorale o decessi.
Lo schema VPD sembra quindi essere efficace nella LAL Ph+ R/R con T315I o mutazioni compound, con un tasso di RC/RCi dell’89,5% associate spesso risposte molecolari profonde (MMR 57,9%); questi dati sono migliori di quelli riportati per ponatinib in monoterapia (tasso di RC del 41%). Da sottolineare che il tasso di recidive è stato più alto nei pazienti che hanno continuato VPD e non hanno eseguito un trapianto; questo potrebbe rendere tale schema valido come bridge all’HSCT.
Ematologia, Dipartimento di Medicina Traslazionale e di Precisione, Università Sapienza, Roma
Professore Emerito di Ematologia, Università Sapienza, Roma
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