Novità da ASH 2014 – Neoplasie mieloproliferative croniche Philadelphia-negative

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Quest’anno ben sei sessioni orali sono state dedicate alle neoplasie mieloproliferative croniche (MPN) al 56° congresso della American Society of Hematology che si è tenuto a San Francisco nel dicembre del 2014.

Tra le comunicazioni nelle sessioni di studi biologici va ricordato in particolare la descrizione di un modello animale esprimente la mutazione del gene calreticulina (CALR), che è presente in circa il 20-30% dei pazienti con trombocitemia essenziale (TE) e mielofibrosi primaria (PMF). Gli animali che esprimono il gene CALR mutato presentano un fenotipo simile alla TE con aumento marcato della conta piastrinica e progrediscono verso una condizione che è reminescente dell’evoluzione mielofibrotica con splenomegalia e sviluppo di anemia. Questo modello risulterà certamente utile per lo studio dei meccanismi legati alle mutazioni del gene CALR e per identificare potenziali bersagli terapeutici (Marty C. et al, ASH 2014).

Diverse comunicazioni hanno riguardato lo studio del fenotipo di pazienti con TE e PMF recanti la mutazione CALR ed hanno affrontato il problema dell’integrazione delle nuove informazioni molecolari e citogenetiche negli score di rischio per la PMF attualmente in uso. A tal riguardo, sono stati sviluppati due score prognostici nuovi, il primo (MIPSS) che integra informazioni mutazionali con i dati clinici, il secondo (GIPSS) che integra le alterazioni citogenetiche. Entrambi i sistemi si dimostrano più efficienti nella predizione del rischio e della prognosi (sopravvivenza, evoluzione leucemica) rispetto ai modelli (IPSS, DIPPS) basati sulle sole variabili cliniche (Vannucchi AM et al, ASH 2014) (Tefferi A et al, ASH 2014).

Come atteso, e come di consueto da qualche tempo, anche quest’anno numerose presentazioni orali o sotto forma di poster hanno affrontato l’impiego di nuovi farmaci per il trattamento delle MPN.  In particolare, sono stati aggiornati i risultati di studi di fase II di composti alcuni dei quali sono attualmente utilizzati, o stanno per essere utilizzati, in studi di fase 3. Pacritinib, un JAK2 inibitore con minima attività contro JAK1, è impiegato in 2 studi di fase 3, uno in pazienti con mielofibrosi (MF) non precedentemente trattati con altro JAK inibitore ed un secondo in pazienti con MF che abbaino avuto una scarsa risposta o sviluppato tossicità a ruxolitinib. Una caratteristica importante che è emersa dallo studio di fase 2 è che pacritinib ha una tossicità ematologica, in termini di anemia e piastrinopenia, minore rispetto a ruxolitinib pur mantenendo simile efficacia per il controllo dei sintomi e la riduzione del volume splenico. I risultati finali degli studi di fase 3 sono attesi nel corso di quest’anno. (Singer J et al, ASH 2014). Minor induzione di anemia, e anzi un miglioramento della stessa in pazienti anemici con MF, sono stati riportati nell’aggiornamento dello studio di fase 2 con l’inibitore di JAK2/JAK1 momelotinib, ma è stato anche messo in evidenza un effetto collaterale importante rappresentato dalla comparsa di neuropatia periferica nel 44% dei pazienti, di entità medio-severa ma non sempre reversibile alla sospensione del farmaco. Anche per momelotinib si sono in corso studi di fase 3. (Tefferi A et al, ASH 2014b).  Una moderata efficacia sulla splenomegalia, pur con un discreto controllo sui sintomi, è stata osservata nello studio con un farmaco inibitore di JAK1 (e non JAK2), denominato INCB039110, e non è chiaro se questi risultati potranno giustificare l’avvio di un’ulteriore sperimentazione (Mascarenhas J et al, ASH 2014).

Per i farmaci non-inibitori di JAK1/JAK2, vanno menzionati gli aggiornamenti riguardanti l’inibitore dei processi fibrogenici, pentraxin-2 o PRM151, che hanno confermato le evidenze preliminari della fase 1 di ottima tollerabilità (nessuna tossicità di grado 3 e 4), una modesta attività clinica (splenomegalia, sintomi) ma la capacità di migliorare in alcuni casi la morfologia midollare riducendo la fibrosi (Verstovsek S et al, ASH 2014). Hanno richiamato un particolare interesse anche le informazioni aggiornate su imetelstat, un inibitore delle telomerasi, che si conferma possedere una significativa attività clinica accompagnata, in alcuni casi, anche ad un effetto sulla fibrosi e sulla carica allelica della mutazione JAK2V617F. L’uso del farmaco, alla luce delle tossicità epatiche che hanno imposto anche una sospensione cautelativa transitoria da parte di FDA, prosegue con una specifica attenzione a questo tipo di tossicità; è in programma l’apertura, nel corso di quest’anno, di un nuovo studio di fase 2, probabilmente a  livello internazionale (Tefferi A et al, ASH 2014c). Un aggiornamento dello studio di fase 2 in pazienti con trombocitemia essenziale ha dimostrato una spiccata efficacia del farmaco contro le cellule esprimenti la mutazione di calreticulina (Baerlocher G et al, ASH 2014).

Oltre a numerosi contributi che hanno rafforzato le evidenze disponibili circa l’efficacia clinica e la sicurezza dell’inibitore di JAK1 e JAK2,  ruxolitinib, in pazienti con MF, sono stati riportati aggiornamenti di alcuni studi di combinazione (fase 1/2). Tra questi, l’associazione di ruxolitinib con panobinostat (un inibitore delle deacetilasi istoniche), BKM-120 (buparlisib; inibitore delle PI3 kinasi) e un inibitore di hedgehog (sonidegib) (Kiladjian JJ et al, ASH 2014Gisslinger H et al, ASH 2014Gupta V et al, ASH 2014). Nel complesso, queste combinazioni si sono dimostrate sufficientemente sicure in termini di tossicità ed evidenze preliminari di efficacia sono state descritte per tutte le combinazioni. Naturalmente, è necessario attendere il completamento degli studi, che prevedono una coorte più ampia di soggetti trattati alla massima dose tollerata, prima di poter trarre conclusioni circa tossicità ed efficacia.

Sul versante farmacologico, ma a livello preclinico, si devono menzionare due studi. Il primo ha valutato gli effetti di un nuovo composto capace di bloccare la segnalazione attraverso il recettore della trombopoietina, MPL. Questo antagonista induce il blocco della crescita e la morte cellulare in cellule di pazienti con MPN, mentre nel modello murino di trapianto è risultato in grado di inibire l’attecchimento di cellule MPN (Wang X et al, ASH 2014). Un inibitore di JAK2 “di tipo II” (NVP-CHZ868; gli inibitori attuali sono tutti della famiglia degli inibitori di tipo I) è stato valutato in modelli cellulari e nel modello murino di topi esprimenti JAK2 e MPL mutati. Nei modelli animali, il farmaco ha indotto una spiccata regressione della malattia con quasi totale risoluzione della splenomegalia, delle alterazioni del sangue periferico e midollari. Di particolare interesse il fatto che, in vitro, il farmaco si è dimostrato attivo anche contro cellule rese resistenti a ruxolitinib (Meyer S et al, ASH 2014).

A cura di:

Professore ordinario di Ematologia, Direttore della SODc di Ematologia, Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, Direttore della Scuola di Specializzazione dell'Università degli Studi di Firenze.

Alessandro M. Vannucchi
Alessandro M. Vannucchi
Professore ordinario di Ematologia, Direttore della SODc di Ematologia, Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, Direttore della Scuola di Specializzazione dell'Università degli Studi di Firenze.
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