NEWS FROM ASH 2018 (San Diego): Aggiornamenti sulla terapia dei linfomi non Hodgkin

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Anche quest’anno, al congresso annuale dell’ASH (San Diego, 1-4 dicembre 2018), è stato dedicato ampio spazio alla terapia dei linfomi non Hodgkin (NHL), con 18 sessioni di comunicazioni orali dedicate e la presentazione dei risultati di importanti studi.

 

AUGMENT: rituximab/lenalidomide è superiore a rituximab/placebo nei linfomi non Hodgkin B indolenti ricaduti/refrattari

Lo studio AUGMENT è un trial randomizzato, controllato e in doppio cieco nel quale è stato confrontato il regime sperimentale R2 (rituximab e lenalidomide) con il braccio di controllo rappresentato da solo rituximab più placebo. Sono stati arruolati 358 pazienti affetti da NHL indolente recidivato/refrattario, di cui 295 con linfoma follicolare e 63 con linfoma della zona marginale, già sottoposti in precedenza ad almeno un trattamento chemioterapico, un’immunoterapia o una chemio-immmunoterapia e non refrattari a rituximab (Figura I).

Figura I

 

Circa il 60% dei partecipanti aveva un’età uguale o superiore a 60 anni al momento dell’arruolamento, oltre il 70% aveva una malattia in stadio III-IV e circa il 50% presentava un carico tumorale elevato secondo i criteri GELF. La maggior parte dei pazienti (85% nel braccio R2 e 83% nel braccio di controllo) era stata trattata in precedenza con rituximab e circa il 75% in ciascun braccio con una chemio-immunoterapia contenente rituximab. Per il 50% dei pazienti erano trascorsi meno di 2 anni dalla più recente linea di trattamento.

L’endpoint primario del trattamento era la sopravvivenza libera da progressione (PFS) valutata nella popolazione intention-to-treat (ITT) da una commissione di revisione indipendente, che è risultata significativamente superiore nel braccio R2 rispetto al controllo (39,4 mesi vs 14,1 mesi; HR 0,46; 95%CI 0,34-0,62; p < 0,0001). Inoltre, il beneficio di PFS associato al regime R2 è stato osservato nella maggior parte dei sottogruppi di stratificazione prespecificati (precedente trattamento con rituximab: sì vs no; tempo trascorso dall’ultima terapia anti-linfoma: ≤2 vs >2 anni) ed è risultato indipendente dal sesso, dallo stato di chemioresistenza e dal burden tumorale (Figura II). L’unico sottogruppo in cui non si è osservato un beneficio di PFS associato al regime R2 è quello con linfoma della zona marginale, forse a causa del basso numero di pazienti arruolati (circa 30 in ciascun braccio di trattamento).

Figura II

 

L’aggiunta di lenalidomide a rituximab ha portato a un miglioramento anche degli endpoint secondari, in particolare per quanto riguarda la sopravvivenza globale (OS) che, ad un follow-up mediano di 28,3 mesi, è stata superiore nel braccio R2 rispetto al braccio di controllo, anche se la differenza non è risultata statisticamente significativa (HR 0,61; 95%CI 0,33-1,13; p=ns). Nel sottogruppo di pazienti con linfoma follicolare, il vantaggio di OS è risultato ancora superiore e statisticamente significativo (HR 0,45; 95%CI 0,22-0,91; p= 0,02) e l’OS a 2 anni è stata pari al 95% vs 86%.

L’evento avverso più frequente nel braccio trattato con il regime R2 è stata la neutropenia (58% vs 22% nel braccio di controllo). L’incidenza degli eventi tromboembolici (venosi e arteriosi) è risultata relativamente bassa e simile nei due gruppi. I pazienti che hanno interrotto il trattamento in anticipo sono stati il 30% nel braccio R2 contro il 39% nel braccio di controllo, e la causa principale della sospensione è stata la progressione della malattia (rispettivamente 12% e 30% dei casi), seguita dagli eventi avversi (rispettivamente 8% e 4% dei casi).

Gli autori hanno concluso che l’aggiunta di lenalidomide a rituximab nei pazienti con linfomi indolenti ricaduti/refrattari è ben tollerata e aumenta in maniera significativa le risposte, la durata delle risposte, la PFS e, nei linfomi follicolari, la OS a 2 anni. La combinazione testata in questo studio non ha ancora approvazione FDA o EMA e la disponibilità di altri agenti terapeutici approvati in questo setting (in particolare idelalisib per il linfoma follicolare sottoposto ad almeno due precedenti linee di terapia) richiede che i pazienti siano valutati in maniera personalizzata e che auspicabilmente siano condotti trial di confronto tra regimi di combinazione con farmaci attivi e non solo contro placebo.

J.P. Leonard, et al. AUGMENT: A Phase III Randomized Study of Lenalidomide Plus Rituximab (R2) Vs Rituximab/Placebo in Patients with Relapsed/Refractory Indolent Non-Hodgkin Lymphoma. ASH 2018; abstract 445.

 

KEYNOTE: pembrolizumab nel linfoma primitivo del mediastino ricaduto/refrattario

Sono stati presentati insieme l’aggiornamento dello studio di fase Ib KEYNOTE-013 (KN013, n=21; Zinzani PL et al. Blood 2017;130:267-70) e la prima analisi dello studio di fase II KEYNOTE-170 (KN170, n=53). In entrambi gli studi sono stati arruolati pazienti con linfoma a grandi cellule B primitivo del mediastino in ricaduta o refrattari, non eleggibili al trapianto autologo. I pazienti sono stati trattati con l’anticorpo anti-PD-1 pembrolizumab e la dose individuata dallo studio di fase I per la coorte di espansione è stata di 200 mg ogni 3 settimane, analogamente a quella approvata nel linfoma di Hodgkin. L’età mediana dei pazienti era di 31 anni (KN013) e 33 anni (KN170) e in entrambi gli studi i pazienti avevano ricevuto una mediana di 3 precedenti linee di terapia (tutti avevano ricevuto almeno una linea di trattamento contenente rituximab).

Il tasso di risposta globale, complete e parziali (RC + RP), è stato del 48% nello studio KN013 e del 45% nello studio KN170; in quest’ultimo studio, il 23% dei pazienti non aveva ancora dati sufficienti per la valutazione della risposta. Con un follow-up mediano di 29,1 mesi (KN013) e di 12,5 mesi (KN170), la durata mediana della risposta non è stata raggiunta, e in particolare non si sono registrate ricadute tra gli 11 pazienti che hanno ottenuto la RC nello studio KN170.

A 12 mesi, il tasso di sopravvivenza globale (OS) è risultato del 65% nello studio KN013 e del 58% nello studio KN170 (Figura III).

Figura III

 

Il profilo di sicurezza di pembrolizumab in questo studio è risultato analogo a quello degli altri studi con farmaci inibitori del checkpoint immune e, in particolare, eventi avversi immuno-mediati si sono registrati nell’11% dei pazienti (1 caso di polmonite immuno-mediata di grado 4).

Gli autori concludono che pembrolizumab determina significative e durature risposte nei pazienti con linfoma a grandi cellule B primitivo del mediastino in ricaduta o refrattari, dopo almeno 2 precedenti linee di trattamento. A giugno 2018 la FDA ha concesso l’approvazione accelerata di pembrolizumab in questo setting considerata la prognosi altamente sfavorevole; al momento il farmaco non ha ancora indicazione EMA.

Armand, et al. Pembrolizumab in Patients with Relapsed or Refractory Primary Mediastinal Large B-Cell Lymphoma (PMBCL): Data from the Keynote-013 and Keynote-170 studies. ASH 2018; abstract 228.

 

FLYER: R-CHOPx4 + Rx2 non è inferiore allo standard R-CHOPx6 e determina minore tossicità in pazienti giovani con DLBCL a prognosi favorevole

Si tratta di uno studio internazionale di non inferiorità tra lo standard terapeutico (6 cicli di R-CHOP) e un braccio sperimentale con lo stesso numero di somministrazioni di rituximab (6 dosi ogni 21 giorni) ma solo 4 cicli di CHOP, in pazienti giovani (18-60 anni) affetti da NHL B diffuso a grandi cellule a prognosi favorevole (non bulky e con aaIPI pari a 0).

Sono stati arruolati 293 pazienti nel braccio sperimentale e 295 nel braccio standard.

Con un follow-up mediano di 66 mesi, lo studio ha dimostrato la non-inferiorità del regime R-CHOPx4 + Rx2 dal momento che la PFS a 3 anni (endpoint primario dello studio) è risultata pari al 96% vs 94% nel braccio di trattamento R-CHOPx6 (Figura IV). Anche i tassi di sopravvivenza libera da eventi (EFS) a 3 anni (89% vs 89%, rispettivamente) e OS a 3 anni (99% vs 98%) sono risultati identici nei due bracci di terapia. Il numero di eventi avversi non ematologici (in particolare neuropatia periferica, nausea, vomito e infezioni) è stato invece inferiore di circa un terzo nel gruppo di pazienti trattati con R-CHOPx4.

Figura IV

 

Gli autori dello studio hanno quindi concluso che nei pazienti giovani con DLBCL a prognosi favorevole la riduzione dei cicli di chemioterapia non determina un incremento del tasso di recidive e riduce la tossicità del trattamento.

Poeschel, et al. Excellent Outcome of Young Patients (18-60 years) with Favourable-Prognosis Diffuse Large B-Cell Lymphoma (DLBCL) Treated with 4 Cycles CHOP Plus 6 Applications of Rituximab: Results of the 592 Patients of the Flyer Trial of the Dshnhl/GLA. ASH 2018; abstract 781.

  

ECHELON-2: brentuximab vedotin + CHP determina superiore PFS e OS rispetto a CHOP nei linfomi T periferici CD30+ non pretrattati

Lo studio ECHELON-2 è uno studio multicentrico (132 centri in 17 Paesi), randomizzato di fase 3 in doppio cieco, che ha confrontato il trattamento con brentuximab vedotin + CHP (ciclofosfamide, doxorubicina e prednisone) (BV-CHP) vs il braccio standard CHOP (CHP più vincristina) in 452 pazienti affetti da linfoma T periferico CD30+ alla diagnosi (Figura V).

Figura V

 

L’età mediana dei pazienti era di 58 anni e circa il 70% di essi era affetto da linfoma anaplastico a grandi cellule (circa 1/3 ALK+ e 2/3 ALK-). Il numero di cicli totali è stato pari a 6 nel 70% dei pazienti nel braccio BV-CHP e nel 62% dei pazienti nel braccio CHOP. I pazienti che hanno ricevuto 8 cicli di trattamento sono stati il 18% e 19% rispettivamente nei due bracci e i rimanenti pazienti sono usciti precocemente dallo studio per progressione o tossicità.

La PFS mediana, valutata da una commissione centrale indipendente sulla popolazione ITT (endpoint primario dello studio), è risultata pari a 48,2 mesi nel braccio BV-CHP ed a 20,8 mesi nel braccio CHOP (HR 0,71; 95%CI 0,54-0,93; p=0,011) (Figura VI). Il vantaggio del trattamento con BV-CHP è risultato significativo in particolare nei sottogruppi dei pazienti giovani, a rischio IPI basso o intermedio, e affetti da linfoma anaplastico (sia ALK+ che ALK-). Il rischio di morte nel braccio BV-CHP è risultato ridotto del 34% rispetto al braccio standard (HR 0,66; 95%CI 0,46-0,95; p=0,0244).

Figura VI

 

Gli eventi avversi sono risultati simili nei due bracci di trattamento. L’incidenza di neutropenia febbrile è stata del 18% vs 15% rispettivamente, e la neuropatia periferica è stata registrata nel 52% dei pazienti trattati con BV-CHP e nel 55% dei pazienti trattati con CHOP.

Lo studio, pubblicato nei giorni scorsi (Horwitz SM et al. Lancet 2018 Dec 3. Epub ahead of print), ha quindi dimostrato che il trattamento frontline con brentuximab-CHP è superiore al trattamento standard CHOP nei pazienti con linfoma T periferico CD30+, e l’indicazione è già stata approvata dalla FDA. Si tratta di una innovazione attesa dato che fino ad oggi nei linfomi T pochi sono ancora i nuovi farmaci efficaci se confrontati con quelli disponibili per i NHL B.

S.M. Horwitz, et al. The ECHELON-2 Trial: Results of a Randomized, Double-Blind, Active-Controlled Phase 3 Study of Brentuximab Vedotin and CHP (A+CHP) Versus CHOP in the Frontline Treatment of Patients with CD30+ Peripheral T-Cell Lymphomas. ASH 2018; abstract 997.

 

 

Aggiornamento sulle cellule CAR-T nel trattamento del DLBCL

I dati a lungo termine dello studio ZUMA-1 evidenziano che il 51% dei pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL), trattati con una singola infusione delle cellule CAR-T axicabtagene ciloleucel (axi-cel), è ancora vivo 2 anni dopo l’infusione, e il 39% non ha ricevuto ulteriori trattamenti.

Lo studio ZUMA-1 (Neelapu SS et al. N Engl J Med 2017;377(26):2531-2544) ha arruolato 111 pazienti, 101 dei quali hanno ricevuto il trattamento con le CAR-T. Il follow-up nello studio pubblicato nel 2017 era di 15,4 mesi, all’ASH è stato presentato un aggiornamento a 27,4 mesi e gli stessi dati sono stati anche pubblicati in extenso nei giorni scorsi (Locke FL et al. Lancet Oncol 2018 Nov 30. Epub ahead of print).

Il tasso di risposta complessivo è stato dell’83%, il tasso di risposta completa è stato del 58%. Il 93% dei pazienti che stavano rispondendo al trattamento dopo 12 mesi dall’infusione ha mantenuto tale risposta anche dopo 24 mesi. La durata mediana della risposta è di 11,1 mesi, mentre la durata mediana della risposta completa non è stata raggiunta. La sopravvivenza globale mediana non è ancora stata raggiunta e la PFS mediana è risultata di 5,9 mesi. In un’analisi esplorativa per valutare la persistenza delle cellule CAR T e il recupero delle cellule B in pazienti con remissione in corso, gli autori hanno osservato che nel 66% dei pazienti con biomarker valutabili le CAR-T persistono a lungo termine in circolo.
Non sono state segnalate tossicità tardive inattese e non si sono verificati a distanza né eventi neurologici, né sindromi da rilascio di citochine, né decessi correlati al farmaco.

Questi risultati sono stati confermati da una analisi retrospettiva e indipendente condotta in “real life” dopo l’approvazione del farmaco negli Stati Uniti (avvenuta nell’ottobre 2017) su 274 pazienti trattati con axi-cel: con un follow-up mediano relativamente breve (90 giorni) il tasso di risposta complessiva è stato dell’81% e quello di risposta completa del 57%.

Le cellule CAR-T axi-cel sono state recentemente approvate anche in Europa per il trattamento di pazienti adulti con linfoma diffuso a grandi cellule B o linfoma primitivo del mediastino, entrambi recidivati o refrattari dopo due o più linee di terapia sistemica.

S.S. Neelapu, et al. 2-Year Follow-up and High-Risk Subset Analysis of Zuma-1, the Pivotal Study of Axicabtagene Ciloleucel (Axi-Cel) in Patients with Refractory Large B Cell Lymphoma. ASH 2018; abstract 2967.

L.J. Nastoupil, et al. Axicabtagene Ciloleucel (Axi-cel) CD19 Chimeric Antigen Receptor (CAR) T-Cell Therapy for Relapsed/Refractory Large B-Cell Lymphoma: Real World Experience. ASH 2018; abstract 91

A cura di:

Sezione di Ematologia del Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Verona

Massimiliano Bonifacio, Giovanni Pizzolo
Massimiliano Bonifacio, Giovanni Pizzolo
Sezione di Ematologia del Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Verona
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