Nei bambini/giovani adulti con LAL recidivata/refrattaria la mancata risposta al blinatumomab e la presenza di alti livelli di malattia correlano con una prognosi peggiore dopo trattamento con cellule CAR-T
Sono stati recentemente riportati i risultati di uno studio volto a valutare l’efficacia del trattamento con cellule CAR-T in pazienti con leucemia acuta linfoblastica recidivata/refrattaria (LAL R/R) che avevano precedentemente ricevuto l’anticorpo monoclonale bispecifico blinatumomab (Myers RM et al, 2022).
Sebbene l’immunoterapia, in particolare quella diretta contro il CD19, rappresenti una nuova frontiera nel trattamento della LAL R/R, la downregolazione dell’espressione del CD19 e la possibile comparsa di recidive sostenute da cloni CD19-negativi, successivi al trattamento con blinatumomab, rappresentano due controindicazioni potenziali alla successiva applicazione delle CAR-T dirette contro il CD19.
Nel tentativo di comprendere meglio l’applicabilità delle CAR-T nei pazienti già sottoposti a terapia con blinatumomab, Myers e colleghi hanno valutato retrospettivamente 420 pazienti pediatrici ed adolescenti affetti da LAL-B R/R trattati con CAR-T CD19 (dominio costimolatorio 41-BB: 365 casi; dominio costimolatorio CD28: 55 casi) con un minimo di 30 giorni di follow-up. Questo studio ha evidenziato una ridotta frequenza di risposte complete (RC) nei pazienti trattati precedentemente con blinatumomab e non rispondenti alla terapia (blina-no RC, 34 pazienti), rispetto ai casi blinatumomab-naive (blina-n, 343 pazienti) o ai pazienti che avevano risposto al trattamento con blinatumomab (blina-RC, 43 pazienti) (RC: 64,5%, 93,5% e 92,9%, rispettivamente, p<0,0001). In maniera simile, la relapse-free survival (RFS) e l’event-free survival (EFS) a sei mesi (follow-up mediano: 30,1 mesi) erano significativamente inferiori nei pazienti blina-no RC rispetto ai blina-n ed ai blina-RC (RFS: 64,1% vs 81,1% vs 73,8%; EFS: 49,7% vs 72,6% vs 66,9% rispettivamente).
Inoltre, gli autori hanno considerato le variabili più “convenzionali”, confermando che gli alti livelli di malattia (blasti midollari >5%), una malattia extramidollare – non comprendente il SNC – e la blastosi periferica rimangono variabili di ridotta EFS, a cui si associa la tipologia di prodotto CAR-T (domini costimolatori CD28 associati a peggior prognosi).
Infine, mediante analisi citofluorimetrica effettuata prima del trattamento con CAR-T, i pazienti sono stati suddivisi in 4 sottogruppi sulla base dell’espressione del CD19: CD19pos (n=382), CD19dim – i.e. intensità di espressione inferiore a quella riportata in un linfocita B maturo – (n=29) e CD19partial – i.e. popolazione leucemica con positività del CD19 tra il 50% ed il 90% – (n=3). Come atteso, la popolazione CD19dim o CD19partial era più frequente nei casi trattati con blinatumomab (10/75, 13%) rispetto a casi blina-n (22/339, 6,5%). Nei pazienti CD19pos, la probabilità di ottenere una RC dopo CAR-T CD19 era inferiore nei pazienti precedentemente esposti a blinatumomab rispetto a chi non aveva ricevuto il farmaco (82,5% vs 92,8%, p<0,01) e nei casi che hanno successivamente presentato una recidiva post-CAR-T (38%), solo il 40% circa presentava una recidiva CD19neg. Al contrario, tra i 28 pazienti CD19dim valutabili, il tasso di recidive/non risposte era superiore (60,7%), con prognosi nettamente peggiore nei pazienti precedentemente sottoposti a blinatumomab, e maggior frequenza di recidive CD19neg (50% nei blina-n e 100% nei casi già trattati con blinatumomab). Interessante sottolineare che, a prescindere dai precedenti trattamenti, le recidive tardive (>12 mesi dall’infusione CAR-T) erano più frequentemente CD19pos.
In conclusione, i risultati di questo studio indicano che la risposta al blinatumomab, piuttosto che la precedente somministrazione di blinatumomab, sia associata ad una ridotta riposta al trattamento con CAR-T e potrebbe rappresentare un marcatore predittivo di efficacia. I dati ottenuti suggeriscono altresì che il tipo di recidiva, sia essa CD19-positiva o negativa, dipenda dall’espressione inziale dell’antigene e dall’esposizione a blinatumomab. Sebbene questi ultimi dati siano di particolare interesse, va sottolineato che il numero di campioni considerati nella sottoanalisi relativa ai pazienti CD19dim è esiguo e necessita di conferma in casistiche più ampie.
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