Mini-epcidine per il trattamento della beta-talassemia e della policitemia vera

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L’effetto positivo di aumentare la produzione di epcidina nel sovraccarico di ferro in modelli animali di emocromatosi ereditaria e beta-talassemia poggia sulla fisiopatologia del sovraccarico, in entrambi i casi dovuto al difetto di epcidina, ereditario o secondario alla espansione eritropoietica.

Diversi approcci sono stati proposti in studi preclinici in grado di incrementare la produzione di epcidina, basati su infusioni di transferrina (Li H et al, 2010), inattivazione genetica (Nai A et al, 2012) o farmacologica (Guo S et al, 2013; Schmidt PJ et al, 2013) dell’inibitore epatico di epcidina TMPRSS6/matriptasi 2 e più recentemente con l’uso di terapie sostitutive con miniepcidine (Casu et al, 2016).

L’effetto di epcidina è di degradare ferroportina e quindi di bloccare l’assorbimento di ferro e il rilascio dai depositi (Nemeth E et al, 2004).  La somma di questi due eventi produce una condizione di eritropoiesi ferrocarente. Nell’emocromatosi l’eritropoiesi ferrocarente comporta come effetto collaterale atteso una lieve anemia, equiparabile a quello che succede con la salassoterapia; nella talassemia la stessa condizione ha effetti paradossalmente positivi sull’eritropoiesi inefficace, con riduzione della splenomegalia e dell’anemia. I meccanismi base più verosimili sono stati identificati nella riduzione della produzione di ROS e della formazione di eme, secondari alla riduzione del ferro nei precursori eritroidi (Camaschella C et al, 2013). Questi due ultimi eventi portano a ridurre la traduzione proteica e quindi l’eccesso di alfa-globina (Camaschella C et al, 2016), che è il problema cardine dello sbilancio di sintesi nella talassemia, da cui dipende l’eritropoiesi inefficace.

In questo lavoro Casu et al., oltre a proporre mini-epcidine per il trattamento della beta-talassemia, soprattutto delle forme non-trasfusione dipendenti, propongono una nuova possibile applicazione al trattamento della policitemia rubra vera (PV)(Nemeth E et al, 2004).

Le mini-epcidine utilizzate corrispondono ai nove amino acidi N-terminali di epcidina, indispensabili per l’interazione con ferroportina (Gardenghi S et al, 2010). Sono state modificate rispetto alle prime proposte (Ramos E et al, 2012) e rese più stabili in soluzione acquosa. La prima osservazione degli Autori è stata che questi derivati sono molto potenti e la dose nel topo deve essere monitorata attentamente pena lo sviluppo di carenza di ferro grave, se sono usate dosi eccessive o troppo ravvicinate. La dose di 2,625 mg/kg sottocute due volte a settimana è stata scelta come un compromesso tra efficacia e effetti collaterali nel modello di talassemia studiato (topo Hbbth3/+). Gli studi sono stati protratti da 2 a 6 settimane, ma il dosaggio forse andrebbe ulteriormente ridotto in terapie croniche. In topi maschi di 2 mesi questo protocollo ha determinato l’incremento di Hb di 2 g circa, riduzione (50%) della splenomegalia per riduzione della formazione di emicromi e miglioramento dell’eritropoiesi. La morfologia dei globuli rossi allo striscio periferico è stata quasi normalizzata, la sopravvivenza allungata e l’ossigenazione tissutale migliorata. Il sovraccarico di ferro è stato ridotto del 50% nel fegato, con una maggiore quantità di ferro trattenuto nella milza. L’effetto viene in parte mantenuto anche in topi anziani, con sovraccarico più importante e anemia più marcata. Cosa rilevante nell’ottica di un possibile trial clinico, le mini-epcidine non generano interferenza nella associazione con il chelante del ferro.

In questo studio preclinico nella beta-talassemia mini-epcidine sono in grado di interrompere il circolo vizioso eritropoiesi inefficace –> sovraccarico di ferro –> eritropoiesi inefficace e di migliorare i livelli di Hb con sopravvivenza dei GR simile ai controlli, data la riduzione dello sbilancio di sintesi globinica che è la chiave fisiopatologica della malattia. Gli Autori speculano sulla possibilità di una ridotta morbidità nei pazienti anche per altre ragioni non evidenziabili nel modello animale. Ad esempio il miglioramento della morfologia dei globuli rossi e la scomparsa di frammenti cellulari nella circolazione potrebbe ridurre il rischio trombotico (Cappellini MD et al, 2007), la riduzione della splenomegalia diminuirebbe la necessità di intervento e la miglior ossigenazione tissutale ridurrebbe l’ipertensione polmonare (Karimi M et al, 2011). La riduzione del sovraccarico di ferro infine potrebbe ridurre le complicanze, cirrosi e epatocarcinoma, complicanza quest’ultima significativa da quando è migliorata la vita media dei pazienti (Borgna-Pignatti C et al, 2014). Ovviamente epcidina non fa eliminare il ferro precedentemente accumulato, ma potrebbe essere utilizzata insieme al chelante orale (deferiprone nello studio considerato) con il mantenimento del relativo effetto sull’eritropoiesi e sul sovraccarico di ferro, rispettivamente. I dati prodotti suggeriscono che le mini-epcidine possano essere utili nelle forme di talassemia non trasfusione dipendenti ma anche nelle forme più gravi trasfusione-dipendenti, dove potrebbero essere usate in associazione ai farmaci tradizionali.

Come noto PV dipende da una mutazione somatica attivante di JAK2 (valinaàfenilalanina in posizione 617) che causa iperattivazione della via di segnale STAT5 e importante espansione eritropoietica efficace. Si caratterizza per elevati livelli di Hb e Hct, conteggio GR, splenomegalia e aumentata suscettibilità alla trombosi. Nel topo, portatore della mutazione JAK2 ortologa alla mutazione umana e modello di PV, mini-epcidine sono state utilizzate in dosaggi più elevati (10-20 mg/Kg) e il trattamento protratto per 6 settimane per indurre una vera sideropenia (> 80% di riduzione del ferro circolante). In questo modo si assiste alla normalizzazione della splenomegalia, e in citofluorimetria alla riduzione del numero di progenitori eritroidi. Non si osservano modificazioni del ferro epatico (peraltro non elevato) mentre aumenta quello splenico. In questi casi è necessaria un’osservazione attenta per evitare una eccessiva sideropenia. Questo approccio, per ora utilizzato solo nel modello animale inibisce, inducendo sideropenia, l’espansione eritropoietica in modo diverso dagli inibitori di JAK2 (Vannucchi AM et al, 2015) ma concorrerebbe ad un analogo risultato. A detta degli Autori le mini-epcidine simulano una “medical phlebotomy” e controllano l’Ht più rapidamente della salassoterapia, un effetto importante nella prevenzione della trombosi.

I tempi sono maturi per avviare trial clinici con le nuove epcidine.

Fonte:

Casu C, Oikonomidou PR, Chen H, Nandi V, Ginzburg Y, Prasad P, Fleming RE, Shah YM, Valore EV, Nemeth E, Ganz T, MacDonald B, Rivella S. Minihepcidin peptides as disease modifiers in mice affected by β-thalassemia and polycythemia vera. Blood 2016;128:265-76.

BIBLIOGRAFIA

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A cura di:

Già Professore ordinario di Medicina interna presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e Responsabile della Unità Regolazione del metabolismo del ferro, IRCCS San Raffaele, Milano

Clara Camaschella
Clara Camaschella
Già Professore ordinario di Medicina interna presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e Responsabile della Unità Regolazione del metabolismo del ferro, IRCCS San Raffaele, Milano
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