Metabolismo del ferro: Highlights dall’European Iron Club 2022

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Si è tenuto a Oxford nel luglio scorso il Meeting internazionale “European Iron Club 2022” che ha riunito ricercatori che studiano la biologia del ferro e clinici che trattano le patologie dovute ad alterazioni del suo metabolismo. Per l’occasione, dopo gli anni di stop forzato per la pandemia, al meeting hanno partecipato anche molti ricercatori extra-europei, soprattutto dagli Stati Uniti, ma anche da Asia e Australia.

Riassumiamo qui alcuni spunti di interesse relativamente alla ricerca di base, traslazionale e clinica.

 

Ricerca di base e traslazionale

E’ noto che il ferro è indispensabile per tutti gli organi/tessuti e che la sua carenza può indurre sintomi indipendentemente dall’anemia. In quest’ottica particolarmente interessanti sono state alcune letture su invito che hanno sottolineato il ruolo di ferro/epcidina al di là dell’eritropoiesi. La lettura di apertura di Bruno Galy (DKFZ, Heidelberg) ha dimostrato l’importanza delle proteine regolatorie del ferro (IRP1 e IRP2) nella mielopoiesi murina, con importanti difetti di maturazione dei neutrofili in assenza delle stesse.

Samira Lakhal-Littletown (MRC e Università di Oxford) ha rivisto l’effetto locale di epcidina sia nel miocardio che nel sistema vascolare e nel rene, sottolineando un nuovo concetto di come in questi organi esista una funzione per l’epcidina di produzione locale, che tende a tamponare o modulare l’effetto della funzione sistemica. La comprensione di questi meccanismi potrebbe contribuire a migliorare le indicazioni al trattamento marziale (ad esempio nella sideropenia dello scompenso cardiaco cronico).

Carole Peyssonnaux (INSERM, Parigi), che da anni studia il ruolo di epcidina nella cute, ha presentato una serie di dati prodotti dal suo laboratorio sul ruolo locale dell’epcidina prodotta dai cheratinociti. In un modello di infezione cutanea grave, la fascite necrotizzante da streptococco di gruppo A, l’epcidina localmente prodotta stimola la produzione di CXCL1, una chemochina che recluta i neutrofili e in tal modo circoscrive l’infezione contrastando la diffusione sistemica (Malerba M et al, 2020). In un modello di psoriasi, ove pure l’epcidina è over-espressa, l’ormone contribuisce invece a sequestrare ferro negli strati della cute stessa e a perpetuare l’infiammazione locale e l’iper-proliferazione che sono alla base di questa malattia la cui eziologia rimane sconosciuta.

Tra le comunicazioni di base selezionate, Oriana Marques del gruppo di Martina Muckenthaler (Università di Heidelberg) ha indagato i meccanismi molecolari alla base dell’anemia dell’infiammazione, una delle comorbilità più comuni nella pratica clinica, soprattutto ospedaliera. Era noto che il cosiddetto “blocco macrofagico” del ferro con la conseguente indisponibilità dell’elemento per l’eritropoiesi è dovuto in gran parte alla regolazione post-trascrizionale della ferroportina, tramite legame/inattivazione/degradazione da parte dell’epcidina. Tuttavia ciò non spiega interamente il fenomeno. Il lavoro presentato da Marques e collaboratori dimostra che, durante l’infiammazione, la ferroportina viene repressa anche a livello trascrizionale per effetto della stimolazione dei recettori “Toll-like” (soprattutto TLR2), attraverso una via dipendente dal fattore di trascrizione NFkB.

Il gruppo di Jodie Babitt (Harvard, Boston) da tempo cerca di chiarire i meccanismi molecolari attraverso i quali l’aumento del ferro negli epatociti stimola la produzione di BMP6 da parte delle cellule endoteliali sinusoidali epatiche (LSEC). BMP6 a sua volta stimola la produzione di epcidina tramite il pathway BMP-SMAD, dando luogo al classico feed-back negativo di regolazione ormonale. Secondo il lavoro di Babitt e colleghi, la stimolazione di BMP6 nelle LSEC avviene non solo attraverso il fattore di trascrizione NFR2 (Lim PJ et al, 2019), ma anche attraverso c-JUN. Entrambi i fattori di trascrizione divengono pertanto possibili bersagli terapeutici.

 

Studi clinici

In una prospettiva più clinica il gruppo di Michael Zimmermann (Zurigo e Oxford) ha portato ulteriori dati a supporto della supplementazione marziale per os a giorni alterni, piuttosto che quotidiana. Lo studio è stato condotto questa volta su donne gravide durante il secondo trimestre di gestazione, ed ha confermato che l’assorbimento frazionato del ferro è superiore con il regime a giorni alterni rispetto alla somministrazione quotidiana. Tale conferma ha importanti riflessi pratici data l’elevata prevalenza di carenza di ferro nelle gravide. Lo stesso gruppo ha inoltre effettuato uno studio randomizzato di grande interesse sulla risposta vaccinale anti-SARS-CoV-2 a seconda dello stato marziale in giovani donne africane sideropeniche (ferritina basale mediana intorno a 10 mg/L), sulla scorta di una ipotesi di lavoro recentemente proposta da un gruppo di esperti (Drakesmith H et al, 2021). In accordo con tale ipotesi, lo studio ha evidenziato che il gruppo pre-trattato con ferro presentava a 4 settimane dalla vaccinazione tassi di sieroconversione e un titolo anticorpale superiore rispetto a al gruppo che era rimasto sideropenico.

Interessante uno studio pilota, pur se randomizzato e controllato con placebo, di van Vuren e colleghi (Università di Utrecht) che ha dimostrato come l’uso di inibitori di pompa (notoriamente associati a una riduzione dell’assorbimento intestinale del ferro) per un anno sia in grado di ridurre l’accumulo di ferro nel fegato in un piccolo gruppo di pazienti con varie forme di “iron loading anemias” (anemie ereditarie non trasfusione dipendenti) suggerendo una potenziale terapia alternativa o di associazione alla terapia chelante del ferro in questi pazienti.

Molto interessante lo studio proposto dal gruppo di Suzanne Cloonan, pneumologa di Dublino, che ha studiato il ruolo della ferritina nella malattia grave da COVID-19. E’ noto da numerosi studi e meta-analisi che la ferritina elevata rappresenta uno dei parametri di laboratorio maggiormente predittivi di evoluzione sfavorevole di COVID-19, anche in modo indipendente da altri indici di infiammazione (Girelli D, Marchi G, et al, 2021). Gli autori hanno studiato, oltre ai valori di ferritina al momento dell’accesso in Pronto Soccorso, anche la traiettoria di valori seriati della ferritina durante il ricovero, confermando la tendenza all’evoluzione sfavorevole nei pazienti in cui la ferritina aumenta ulteriormente durante il ricovero. Mediante uno studio di trascrittomica su singole cellule del sangue periferico è stata documentata l’iper-espressione del gene codificante per la subunità H della ferritina nei monociti circolanti, quale probabile origine principale dell’iperferritinemia circolante. L’iper-espressione di subunità H si associava a ridotta espressione di pathway importanti per il controllo dell’infezione quali IFN-γ e TNF. Infine, in un modello murino di danno polmonare acuto da iperossia, è stato osservato come la delezione selettiva della ferritina H nei monociti si associava a minore danno polmonare e migliore sopravvivenza.

Sempre in tema di COVID-19, il gruppo coordinato da Tracey Rouault (NIH, Bethesda) ha fatto un’importante osservazione di base relativa alla RNA polimerasi virale, che rappresenta uno step fondamentale per la replicazione del SARS-CoV-2 condiviso in maniera altamente conservata con l’intera famiglia dei coronavirus. L’enzima contiene infatti due gruppi ferro-zolfo (iron sulfur clusters) critici per la funzione. Su tali basi sono allo studio inibitori specifici che potrebbero rappresentare un approccio terapeutico innovativo, indipendente dalle terapie attuali spesso focalizzate sull’inibizione della proteina spike altamente mutevole, che potrebbero funzionare anche come farmaci di classe anti pan-coronavirus.

Il gruppo di Patricia Bignell (Oxford) ha presentato una serie di 45 pazienti con sindrome iperferritinemia cataratta (HHCS), confermando le precedenti sporadiche osservazioni che mutazioni sull’IRE del gene per la L-ferritina possono associarsi a iperferritinemia isolata geneticamente determinata senza sovraccarico marziale, anche in assenza della classica manifestazione oculare.

La terapia ferrochelante viene utilizzata attualmente nei pazienti con mielodisplasie (MDS) solo dopo l’instaurazione di un significativo sovraccarico marziale, che si evidenzia generalmente in maniera conclamata con il ricorso al supporto trasfusionale, ma che spesso è già presente nelle fasi iniziali indipendentemente dalle trasfusioni stesse, a motivo della soppressione dell’epcidina. Francesca Vinchi (Blood Bank, New York) ha studiato il metabolismo marziale in un modello murino di MDS (topo transgenico NUP98-HOXD13) che sviluppa, tra l’altro, un sovraccarico marziale secondario proprio alla soppressione dell’epcidina da parte dell’eritropoiesi inefficace. Il trattamento ferrochelante precoce con deferiprone ha evidenziato in questo modello un miglioramento del quadro ematologico (ripristino dell’epcidina e della risposta all’EPO, nonché miglioramento della differenziazione degli eritroblasti), suggerendo la possibilità di esplorare un simile approccio ferrochelante precoce anche in patologia umana.

I rapporti tra il metabolismo marziale e quello fosfo-calcico sono oggetto ultimamente di intensi studi, in particolare da quando si è notato che alcuni pazienti sideropenici trattati con preparati marziali endovenosi di ultima generazione possono sviluppare una ipofosfatemia potenzialmente grave quale effetto collaterale, seppure relativamente raro. Tale ipofosfatemia si è vista essere mediata dall’ormone FGF-23, che stimola la fosfaturia. FGF-23 è notoriamente prodotto dagli osteociti, tuttavia il gruppo di Karin Finberg (Yale University) ha dimostrato per la prima volta che FGF-23 viene prodotto anche dalle cellule endoteliali del midollo emopoietico, particolarmente in modelli murini di anemia sideropenica indotta da salassi o secondaria a inattivazione di TMPRSS6 (IRIDA). L’aumento dell’EPO potrebbe rappresentare il segnale che induce tali cellule alla produzione di FGF-23.

Uno studio pilota comparativo di Xenophon Kassianides e collaboratori  (Università di Innsbruck) ha valutato l’effetto sul metabolismo del fosforo in pazienti con insufficienza renale cronica (IRC) non in dialisi trattati con ferro carbossimaltosio (FCM) e derisomaltosio (FDI). Il primo ha confermato un maggiore aumento di iFGF-23 (1-2 gg. post-infusione) e una maggiore prevalenza di ipofosfatemia (2 settimane post-infusione). Questo dato può essere rilevante nel trattamento della sideropenia correlata all’IRC, ove è presente già un’alterazione del metabolismo fosfo-calcico.

E’ ormai noto che la carenza marziale determina effetti negativi sulla funzione miocardica, che possono essere contrastati con supplementazione marziale. Il gruppo di Samira Lakhal-Littleton (Oxford) ha riportato per la prima volta in un gruppo di 213 donne indiane che la carenza marziale rappresenta un fattore di rischio importante (Odds Ratio = 4x) per lo sviluppo della miocardiopatia peri-partum, complicanza infrequente ma purtroppo grave della gravidanza. Da valutare in futuro se un migliore controllo dello stato marziale durante la gravidanza, (la sideropenia è un problema particolarmente frequente nei paesi in via di sviluppo), possa determinare una riduzione della frequenza della cardiomiopatia peri-partum stessa.

Kelvin Abuga, del gruppo di Sarah Atkinson (Kifili, Kenya e Università di Oxford) da molti anni attivo in ricerche sui rapporti tra stato marziale e suscettibilità alle infezioni in paesi in via di sviluppo (v. anche il recente lavoro pubblicato su HaematologicaAbuga KM et al, 2022), ha condotto uno studio epidemiologico molto ampio in Kenya per valutare la correlazione tra anemia e sepsi in bambini ricoverati tra il 1998 e il 2019. Da una estrazione di dati effettuata in oltre 89.000 accessi è emerso che una concomitante anemia rappresenta un importante fattore di rischio per batteriemia, soprattutto da salmonelle non-typhimurium. Il meccanismo ipotizzato è che l’anemia sopprima l’epcidina e che aumenti pertanto la disponibilità di specie marziali (soprattutto non-transferrin-bound-iron, NTBI) per i microrganismi invadenti.

Interessante anche lo studio di Alexander Drakesmith e collaboratori (MRC e Università di Oxford), che ha dimostrato la possibilità di dosare con sufficiente accuratezza l’epcidina con metodo mini-invasivo su goccia di sangue (dried blood spot – DBS), analogamente a quanto correntemente in uso per altri analiti nei programmi di screening neonatale.

Un altro studio preliminare del gruppo di Robert Fleming (St. Louis University) ha dimostrato in un modello murino di emocromatosi (knock-out per HFE) la possibilità di correggere il fenotipo mediante la somministrazione di nanoparticelle lipidiche contenenti la proteina mancante (HFE). Lo stesso gruppo, dopo un lavoro originale che proponeva un ruolo diverso della transferrina a seconda che il ferro si leghi al lobo C o N terminale (Parrow NL et al, 2019), proseguendo in tale direzione ha presentato nuovi dati in modelli murini che definiscono le funzioni specifiche delle diverse transferrine monoferriche, la prima (C) con capacità di rilascio di ferro e la seconda (N) con effetto di regolazione.

Infine, Yelena Ginzburg (Mount Sinai, New York) ha presentato un’ulteriore analisi del trial clinico di fase 2 che ha utilizzato rusfertide (PTG-300, un farmaco mimetico dell’epcidina) in pazienti con policitemia vera. Rispetto ai dati presentati all’ultimo ASH, si conferma l’efficacia e la sicurezza del farmaco nel mantenere l’ematocrito al di sotto del 45% senza indurre evidente carenza di ferro, che rappresenta invece un classico effetto collaterale della tradizionale salassoterapia.

 

Bibliografia

  • Abuga KM, Muriuki JM, Uyoga SM, et al. Hepcidin regulation in Kenyan children with severe malaria and non-typhoidal Salmonella bacteremia. 2022;107:1589-1598.
  • Drakesmith H, Pasricha SR, Cabantchik I, et al. Vaccine efficacy and iron deficiency: an intertwined pair? Lancet Haematol. 2021;8:e666-e669.
  • Girelli D, Marchi G, Busti F, Vianello A. Iron metabolism in infections: Focus on COVID-19. Semin Hematol. 2021;58:182-187.
  • Lim PJ, Duarte TL, Arezes J, et al. Nrf2 controls iron homeostasis in haemochromatosis and thalassaemia via Bmp6 and hepcidin. Nat Metab. 2019;5:519-531.
  • Malerba M, Louis S, Cuvellier S, et al. Epidermal hepcidin is required for neutrophil response to bacterial infection. J Clin Invest. 2020;130:329-334.
  • Parrow NL, Li Y, Feola M, et al. Lobe specificity of iron binding to transferrin modulates murine erythropoiesis and iron homeostasis. 2019;134:1373-1384.

A cura di:

Professore Ordinario di Medicina Interna presso Dipartimento di Medicina, Università di Verona, Centro di Riferimento EuroBloodNet per Malattie Rare Ematologiche, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata Verona, Policlinico Giambattista Rossi

Già Professore ordinario di Medicina interna presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e Responsabile della Unità Regolazione del metabolismo del ferro, IRCCS San Raffaele, Milano

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