Mastocitosi: novità dal congresso ASH 2014
La mastocitosi sistemica è una rara neoplasia mieloproliferativa cronica caratterizzata dall’accumulo e dall’anomala attivazione di mastociti patologici. La diagnosi si basa sull’esame del midollo osseo o di altri organi extracutanei in cui venga dimostrata la presenza di mastociti patologici. Difficoltà diagnostiche possono derivare dalla bassa percentuale di mastociti neoplastici, che sono spesso difficilmente identificabili con le metodiche diagnostiche di routine.
De Bendittis et al (De Benedittis C et al, ASH 2014) hanno studiato 20 pazienti negativi per la mutazione cKIT D816V analizzata con il sequenziamento Sanger (metodica a bassa sensibilità) e con l’ultra deep-amplicon sequencing (caratterizzato da una sensibilità che raggiunge lo 0,25%). Questa seconda metodica ha permesso di individuare la mutazione cKIT D816V in 12 dei 20 casi precedentemente definiti negativi, aumentando così l’accuratezza diagnostica.
La malattia può presentarsi sotto varie forme ed avere diverse manifestazioni cliniche. Uno degli studi presentati (Pieri L et al, ASH 2014) ha descritto una delle più ampie casistiche finora riportate di questa rara patologia, rappresentata da 455 pazienti affetti da mastocitosi sistemica. Il 45% dei casi non era associata a interessamento cutaneo e presentava come manifestazione clinica sintomi da rilascio di mediatori, in particolare anafilassi. Lo studio conferma la ridotta sopravvivenza dei pazienti con le forme più aggressive, quali la leucemia a mastociti, la mastocitosi associata ad altre malattie ematologiche non mastocitarie e la mastocitosi aggressiva. Come riportato in studi precedenti, la mastocitosi indolente ha la prognosi migliore, mentre una significativa riduzione della sopravvivenza è emersa per la mastocitosi smoldering, dato che necessita di ulteriori approfondimenti.
La forma più severa, caratterizzata da una prognosi pessima per la breve sopravvivenza, è la leucemia a mastociti. Nel lavoro di Eisenwort et al (Eisenwort G et al, ASH 2014) sono state studiate le caratteristiche della cellula staminale responsabile della patologia. Attraverso esperimenti in vitro e in vivo gli autori hanno descritto le caratteristiche immunofenotipiche della cellula staminale capace di riprodurre nel topo la leucemia a mastociti. Fra i marcatori di superficie sono inoltre espressi, fra gli altri, CD33 e CD52. L’anticorpo monoclonale anti-CD52 alentuzumab si è dimostrato capace in vitro di indurre apoptosi mediata dal complemento nelle cellule CD34+/CD38-.
Soverini et al (Soverini S et al, ASH 2014) studiato i mastociti di un paziente affetto da leucemia a mastociti variante aleucemica attraverso in approccio whole exome sequencing, identificando il gene SETD2 come interessato da due possibili mutazioni inattivanti, di cui una capace di generare una proteina anomala. Il gene SETD2 è implicato nella regolazione epigenetica, e associato in altre patologie ad instabilità genetica. Anche nel caso studiato, durante il decorso della patologia vengono acquisite varie alterazioni citogenetiche in aggiunta alla mutazione di SETD2, suggerendo quindi che alterazioni della regolazione epigenetica possano presentarsi in aggiunta alla nota mutazione cKIT D816V e che siano implicate nella progressione della mastocitosi verso forme più aggressive.
Le forme aggressive presentano una significativa riduzione della sopravvivenza per infiltrazione d’organo, ma possono anche avere, così come le forme indolenti, sintomi o manifestazioni da rilascio di mediatori. Carvalhosa et al (Carvalhosa A et al, ASH 2014) hanno studiato i casi con alterazioni della coagulazione presenti nel French National Reference Centre for Mastocytosis database. Le anomalie presenti includevano prolungamento di PT e PTT, riduzione dei fattori plasmatici della coagulazione e malattia di von Willebrand acquisita, spesso associati a sanguinamento clinicamente evidente. Le anomalie della coagulazione sono state diagnosticate spesso in associazione a episodi di manifestazioni da rilascio di mediatori ed associate a forme di mastocitosi aggressiva. La terapia antiemorragica si è rivelata meno efficace della terapia antimediatori, a sottolineare il ruolo della degranulazione mastocitaria nel processo. L’incidenza di anomalie della coagulazione in pazienti con mastocitosi è probabilmente sottostimata, e necessita di ulteriori studi.
Alcune interessanti novità sono state riportate anche sul piano terapeutico:
Gotlib et al (Gotlib J et al, ASH 2014) hanno riportato i dati del trial clinico di fase II con midostaurina in forme di mastocitosi avanzate, che ha completato l’arruolamento con 116 pazienti. La terapia permette un prolungamento della sopravvivenza e una riduzione media dell’infiltrato mastocitario e dei valori di triptasi sierica. Gli effetti collaterali sono prevalentemente di tipo ematologico e gastrointestinale.
Chandesris et al (Chandesris M et al, ASH 2014) hanno descritto i dati di 22 pazienti con forme avanzate di mastocitosi sistemica trattati con midostaurina; nonostante non vi siano stati casi di remissione di malattia, la sopravvivenza di questi pazienti si è confermata essere significativamente maggiore rispetto ad un gruppo di pazienti con le stesse caratteristiche di età e diagnosi trattati con la terapia convenzionale.
Schittenhelm et al (Schittenhelm M et al, ASH 2014) hanno riportato i dati di esperimenti in vitro e in vivo con il farmaco crenolanib, un inibitore di FLT3 e di cKIT. In particolare, questa molecola ha dimostrato la capacità di indurre apoptosi in cellule murine transfettate con il gene cKIT mutato e in cellule di pazienti a concentrazioni molto inferiori rispetto alle cellule senza mutazione. Questo dato fa ipotizzare una possibile efficacia del farmaco nel controllare la patologia senza indurre significativa tossicità.
E’ stato inoltre presentato (Evans E et al, ASH 2014) il primo inibitore selettivo per le mutazioni di cKIT a carico dell’esone 17, inclusa la D816V. La selettività potrebbe consentire di limitare le eventuali tossicità indesiderate dovute all’inibizione di altre molecole affini a cKIT, quali FLT3. Il farmaco, denominato BLU-285, è stato testato in vitro ed in vivo, dimostrando una elevata capacità di indurre apoptosi e di controllare la crescita neoplastica nel modello murino.
A cura di:
Professore ordinario di Ematologia, Direttore della SODc di Ematologia, Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, Direttore della Scuola di Specializzazione dell'Università degli Studi di Firenze.