LLC con delezione 17p13 e/o mutazione di tp53
La delezione della banda cromosomica 17p13, ove mappa il gene oncosoppressore TP53, e le mutazioni inattivanti di TP53 sono le lesioni citogenetico-molecolari più importanti nella LLC perché identificano un sottogruppo di pazienti a prognosi altamente sfavorevole e meritevoli di un trattamento distinto rispetto agli altri pazienti (Tabella I).
Tabella I: Alcune caratteristiche delle lesioni 17p13/TP53 nella LLC
17p-/mutazioni di TP53
Incidenza e metodiche di rilevazione
L’incidenza della delezione 17p- non varia in rapporto all’età dei pazienti (Shanafelt TD et al, 2010 ), ed è correlata alla sensibilità del metodo con cui essa è ricercata ed alla fase evolutiva nella storia naturale della malattia. Dal momento, infatti, che le cellule di LLC non si dividono spontaneamente, l’analisi citogenetica convenzionale risulta spesso inefficace nel rilevamento di aberrazioni cromosomiche in questo disordine linfoproliferativo, frequentemente sottostimandone la loro reale incidenza. A questo aspetto si aggiunge la considerazione che la delezione 17p può comportare la perdita di piccole porzioni di DNA cromosomico, risultando quindi di difficile visualizzazione in preparazioni citogenetiche di qualità sub-ottimale. La tecnica di ibridazione in situ fluorescente (FISH) permette la visualizzazione di anomalie (trisomie, piccole delezioni) nei nuclei interfasici e quindi rappresenta oggi la metodica di riferimento per il riconoscimento delle delezioni 17p, 11q, 6q, 13q, della trisomia 12 e delle traslocazioni 14q32 nella diagnostica della LLC. Con questa metodica, la frequenza della delezione 17p è stata stimata attorno al 7% in una popolazione comprendente pazienti non trattati e in parte pre-trattati (Dohner H et al, 2000).L’incidenza della del 17p- o di mutazione di TP53, tuttavia, può variare anche in relazione alla fase di malattia, essendo questa anomalia più rara tra i pazienti alla diagnosi (2-5% dei casi) e molto più comune nei casi di malattia recidivata o refrattaria (20-30% dei casi) (Zenz T et al, 2007). Questo fenomeno riflette la selezione di cloni 17p- resistenti operata dalla terapia.
Recentemente è stato dimostrato che una nuova tecnica di stimolazioni delle metafasi, che impiega un oligodeossinucleotide (CpG-ODN) e interleuchina-2 (IL-2), può fornire ottimi risultati in termini di percentuale di metafasi anomale nella LLC (Haferlach C et al, 2007), consentendo di rilevare anomalie in regioni cromosomiche non coperte dai comuni pannelli di sonde utilizzate nell’analisi FISH. E’ stato così osservato che, nelle metafasi ottenute dopo stimolazione con CpG-ODN e IL-2, le delezioni 17p- non erano semplici delezioni interstiziali ma erano causate da traslocazioni non bilanciate e che i pazienti con 17p- risultavano frequentemente caratterizzati dalla contemporanea presenza di traslocazioni coinvolgenti altri cromosomi (Mayr C et al, 2006). Di fatto, le alterazioni del braccio corto del cromosoma 17 (17p-) sono frequentemente accompagnate da aberrazioni cromosomiche aggiuntive e cariotipo complesso, parametro che notoriamente si associa ad una prognosi avversa nelle LLC (Juliusson G et al, 2006).
La dimostrazione che vi sono, oltre alla classica delezione, altri meccanismi molecolari di inattivazione di TP53 (vedi figura I), che includono mutazioni puntiformi e piccole delezioni, ha portato ad adottare tecniche che garantiscano il riconoscimento di ciascuna delle anomalie di questo gene.
Figura I: Illustrazione delle diverse lesioni citogenetico-molecolari che portano alla perdita di funzione di TP53.
A) presenza di un allele wild-type e di un allele deleto (freccia): in questo caso, molto raro peraltro, si può invocare un meccanismo di aploinsufficienza come conseguenza della delezione di un allele;
B) la delezione 17p- si associa a inattivazione dell’allele non deleto per effetto di mutazione del gene TP53;
C) La mutazione si associa a inattivazione dell’allele non mutato: in questo caso l’effetto dominante negativo impedisce il funzionamento dell’allele normale;
D) il gene mutato TP53 è presente su entrambi gli alleli per effetto della disomia uniparentale
In aggiunta, quindi, alla analisi FISH, il sequenziamento diretto secondo Sanger degli esoni 4-9, preventivamente identificati mediante denaturing high performance liquid chromatography (DHPLC), ha un ruolo importante nella moderna diagnostica della LLC (Grever MR et al, 2007). Questa metodica consente infatti di identificare mutazioni di TP53 monoalleliche purchè presenti in almeno il 15-20% delle cellule ed è noto che pazienti con cariotipo normale o con delezione 13q isolata possono presentare nel 5-7% dei casi mutazioni di TP53 (Dicker F et al, 2009). Analogamente a quanto osservato in presenza di delezione, la prognosi in questi pazienti è sfavorevole (Zenz T et al, 2010). Possono esistere casi nei quali le mutazioni di TP53 coinvolgono una frazione minoritaria (<15%) del clone leucemico; anche in questi casi, documentabili mediante metodiche di sequenziamento di ultima generazione, la prognosi appare sfavorevole (Rossi D et al, 2014).
Le disfunzioni del pathway di p53 possono anche essere rilevate mediante tecnica citofluorimetrica (Carter A et al, 2004)e immunoistochimica su biopsia ossea o linfonodale (Schlette EJ et al, 2009).
Funzione di TP53 e meccanismi patogenetici
Le funzioni fisiologiche del gene oncosopressore TP53 sono riprodotte nella Figura II.
Figura II: Funzione della proteina p53. Le frecce blu indicano effetto di stimolazione positiva. Le barre rosse, invece, effetto di inibizione. In seguito a stimoli correlati ad insulto genomico (danno su doppia o singola elica, attivazione di oncogeni, ipossia e accorciamento teleomerico), la proteina p53 è up-regolata. La risposta al danno del DNA è mediata da alcune molecole di trasduzione del segnale quali ATM (ataxia-teleangiectasia Mutated) o ATR (AT e Rad3-related) a loro volta modulate da serin/treonin chinasi (CHK2 e CHK1, rispettivamente). L’attivazione di ATM, ATR oltre che della proteina p14ARF (indotta dagli oncogeni) inibisce mdm2 e mdm4 (murine double-minute2 e 4), le quali a loro volta sono responsabili dell’inibizione della funzione di p53 di cui promuovono la degradazione mediante ubiquitilazione e degradazione proteasomica. Il normale funzionamento della proteina p53 promuove il riparo del DNA danneggiato, il blocco del ciclo cellulare (mediante induzione della proteina p21WAF e la conseguente inibizione della chinasi ciclina-dipendente ciclina CDK2) e l’apoptosi (mediante l’up-regolazione di geni, tra cui NOXA e PUMA, capaci di inibire l’attività dell’oncogene bcl-2).
Attraverso feed-back negativo, p53 induce la trascrizione di mdm2.
La delezione 17p- si associa, virtualmente in tutti i casi, a perdita dell’oncosoppressore TP53 e a mutazione del restante allele.L’inattivazione di TP53 tuttavia può anche scaturire da altri meccanismi che comprendono: a) la sola mutazione di TP53 su un allele in assenza di delezione; b) la disomia uniparentale che comporta la duplicazione del segmento cromosomico che contiene un allele TP53 mutato (Figura I) (Zenz T et al, 2009).
Poiché TP53 esplica la sua funzione legandosi a sequenze bersaglio come tetramero, le mutazioni di TP53 che riguardano un solo allele esercitano un effetto dominante negativo sull’allele normale, comportando la perdita di funzione della proteina tetramerica, che non è più in grado di legarsi correttamente al DNA (de Vries A et al, 2002). Recentemente è stato osservato che i livelli di espressione di piccole molecole di RNA (microRNAs) sono utili nel predire il comportamento clinico della LLC (Calin GA e Croce CM, 2009). Così, oltre alla attesa down-regolazione di geni a mRNA mappanti sul 17p (Fabris S et al, 2008), alcuni geni a micro RNA, quali miR-21, miR-34a, miR-155, miR-181b, miR-29c, miR-17-5p e miR151-3p sono espressi differentemente nelle cellule di LLC con 17p- rispetto a quelli con 17p normale e con cariotipo normale (Mraz M et al, 2009; Rossi S et al, 2010). I livelli di alcuni di questi specifici miRNAs, inoltre, sono indicatori di sopravvivenza libera da trattamento e possono predire la sensibilità al trattamento (Ferracin M et al, 2010). E’ interessante osservare che solo alcuni di questi miRNAs sono direttamente dipendenti dalla funzione di p53 che alternativamente ne può aumentare o diminuire l’espressione (Ferracin M et al, 2010). Gli altri, pur essendo allo stesso modo differentemente espressi in relazione alla presenza o meno di 17p-/TP53 mutato, sono probabilmente regolati da geni alternativi localizzati sul 17p oppure da altri importanti pathways probabilmente correlati allo stato di attivazione cellulare mediato dal BCR.
Comportamento clinico e terapia
Nella LLC specifiche anomalie citogenetico-molecolari si accompagnano a quadri morfologici ricorrenti. Nei casi con delezione 17p-/TP53 mutato è frequente il riscontro di una componente prolinfocitaria compresa tra il 10 ed il 55% (Lens D et al, 1997).
Il decorso clinico nei pazienti con 17p-/TP53 mutato è francamente più aggressivo rispetto alle altre forme di LLC (Lin SL et al, 2009; Zenz T et al, 2008). Nei pazienti con 17p- diagnosticato all’esordio, l’intervallo mediano tra diagnosi e progressione richiedente terapia era di 5 anni e la sopravvivenza mediana di 7-8 anni in un recente studio (Shanafelt TD et al, 2010). La prognosi in questi pazienti è più severa nei casi che presentano stadio intermedio-avanzato e stato IGHV “non mutato” in quanto, in questi casi, le percentuali di risposta alla chemioimmunoterapia sono basse, la sopravvivenza libera da progressione (18% a 3 anni) e la sopravvivenza (38% a 3 anni) sono molto brevi (Hallek M et al, 2010; Tam CS et al, 2009). Il valore prognostico del 17p- può essere meno impegnativo in presenza di uno stadio di malattia iniziale, di un profilo “mutato” del gene IGHV (Tam CS et al, 2009) e può inoltre correlarsi alla percentuale di nuclei in interfase (FISH) con l’anomalia: infatti i pazienti che hanno meno del 20-25% di cellule nucleate con il 17p- hanno una sopravvivenza e percentuali di risposte alla chemioterapia sovrapponibili a quelli senza 17p- (Hallek M et al, 2010; Catovsky D et al, 2007).
I risultati terapeutici con i classici regimi di combinazione in questo sottotipo di LLC sono deludenti (Tabella II).
Tabella II: Risposta alle terapie con combinazioni di chemioimmunoterapia o con agenti biologici nella LLC con 17p- (*)
Diversamente dalle altre classi citogenetiche della LLC, la combinazione fludarabina, ciclofosfamide e rituximab ottiene solo raramente la remissione completa in ragione del fatto che l’effetto farmacologico di fludarabina è strettamente dipendente da un normale funzionamento del pathway della p53. L’alemtuzumab, l’anticorpo monoclonale anti CD20, ofatumumab e gli steroidi ad alte dosi agiscono con meccanismi p53-indipendenti e quindi hanno dimostrato una certa efficacia (Hillmen P et al, 2007; Pettitt AR et al, 2012; Wierda WG et al, 2010; Castro JE et al, 2009). Il trapianto di midollo allogenico ha un ruolo nella terapia di questi pazienti in quanto può indurre remissioni prolungate (Dreger P et al, 2010), anche se la tossicità del trattamento impone un’attenta selezione dei pazienti da avviare a questa procedura (Sorror ML et al, 2008).
L’inibitore della Bruton tirosin chinasi ibrutinib e l’inibitore della subunità delta della fosfatidil inolositolo-3-kinasi idelalisib sono molto efficaci e hanno ottenuto l’approvazione per l’impiego nella terapia della LLC con 17p- o mutazione di TP53. Queste molecole rappresentano oggi la terapia di scelta per questi pazienti, inclusa la prima linea, pur in presenza di follow-up ancora relativamente breve, in quanto appaiono efficaci nei pazienti recidivati e refrattari indipendentemente dalla presenza della delezione 17p- (O’Brien S et al, 2014; Brown JR et al, 2014). I dati del più lungo follow-up disponibile con ibrutinib (tabella II) indicano una sopravvivenza libera da progressione del 79.3% con una mediana di osservazione di 13 mesi in pazienti recidivati o refrattari (O’Brien S et al, 2014b), un dato molto incoraggiante, che non trova analoghi precedenti con altre terapie in questo sottotipo di pazienti. Analogamente, idelalisib in associazione a rituximab ha prodotto una sopravvivenza libera da progressione pari al 62% a 12 mesi nella LLC recidivata o refrattaria con 17p- o 11q- (Sharman JP et al, 2014), annullando l’impatto prognostico sfavorevole di queste aberrazioni.
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A cura di:
Professore Ordinario di Ematologia, Università degli Studi di Ferrara