Leucemia prolinfocitica (PLL)
Contenuti:
INTRODUZIONE
La leucemia prolinfocitica (Prolymphocytic Leukemia, PLL) è un raro disordine linfoproliferativo caratterizzato dall’aumento della proliferazione di prolinfociti a livello di sangue periferico, midollo osseo e milza (Campo E et al, 2008).
Nel 1973 Catovsky, Galton e colleghi ridefinirono il concetto di PLL, identificandone i sottotipi B e T (B-PLL e T-PLL) (Catovsky D et al, 1973; El Hussein S et al, 2021). Nonostante le loro somiglianze, i sottotipi B e T sono diversi per il loro specifico fenotipo, la citogenetica e le caratteristiche molecolari (Dearden C, 2015; Collignon A et al, 2017; Cross M e Dearden C, 2019; Frater JL, 2020; Kaseb H et al, 2021; Braun T et al, 2021).
Nel 1974 Galton (Galton DA et al, 1974) ha descritto la B-PLL come una variante aggressiva della LLC. Attualmente la B-PLL è riconosciuta come una entità a sé nella classificazione della World Health Organization (WHO) (Swerdlow SH et al, 2017a). Tuttavia, sin dalla sua identificazione, la diagnosi ha posto notevoli sfide e nelle scorse decadi è emersa una sua sostanziale eterogeneità biologica e molecolare. Secondo alcuni autori (El Hussein S et al, 2021) molti casi attualmente classificati come B-PLL non sono in realtà una entità clinica a sé, ma piuttosto rappresentano uno stato di trasformazione morfologica, caratterizzata dall’aumento dei prolinfociti. E’ stato quindi proposto di eliminare questa entità dalla classificazione WHO e tornare a considerarla come una forma possibile di trasformazione di diversi linfomi a piccoli linfociti B (El Hussein S et al, 2021). Secondo altri autori invece (Magnano L et al, 2020), vi sono dati solidi a supporto del fatto che la B-PLL sia una entità biologica autonoma, distinta dalla LLC, e che come tale sia giustamente considerata nella classificazione WHO, come dimostrato non solo dalla presentazione clinica, caratterizzata da splenomegalia, conta leucocitaria elevata e prognosi infausta, ma anche da un diverso immunofenotipo e dall’analisi dei profili di espressione genica, che dimostrano una iperespressione di geni correlati al ciclo cellulare, al metabolismo e all’adesione cellulare (Del Giudice I et al, 2009).
Al contrario, la T-PLL è una entità ben definita (Swerdlow SH et al, 2017b) che negli ultimi anni è stata studiata in modo esteso con un iniziale chiarimento delle sue basi biologiche e molecolari (Braun T et al, 2021).
Definizione ed epidemiologia
La LLC è stata la prima malattia linfoproliferativa per la quale è stata identificata la trasformazione prolinfocitoide, per quei pazienti con più del 55% di prolinfociti nel sangue periferico. Molti articoli in letteratura hanno riportato questi casi e molti sforzi sono stati compiuti per comprendere le caratteristiche di questa condizione, come dimostrato da molte pubblicazioni tra il 1980 e il 1995. Dopo il 2000 c’è stato invece un sostanziale calo delle pubblicazioni. Infatti, molti casi in passato inclusi nella categoria B-PLL, ora sono riconosciuti come trasformazione prolinfocitoide di altre neoplasie a cellule B e sono oggi esclusi dalla definizione di B-PLL. La B-PLL è correntemente definita come una neoplasia dei prolinfociti B che interessa il sangue periferico, il midollo osseo e la milza. I prolinfociti devono essere > 55% delle cellule linfoidi del sangue periferico. Come entità a sé stante, è estremamente rara e rappresenta meno dell’1% dei disordini leucemici maturi (incidenza di circa 20 volte inferiore a quella della LLC) (Dungarwalla M et al, 2008; Castoldi G e Liso V, 2013; Swerdlow SH et al, 2017a; El Hussein S et al, 2021). L’età mediana per la B-PLL è 69 anni. (Matutes E et al, 1991; Castoldi G e Liso V, 2013).
La T-PLL è una leucemia aggressiva a cellule T periferiche caratterizzata dalla proliferazione di prolinfociti T di piccola e media taglia che coinvolge il sangue periferico, il midollo osseo, i linfonodi, il fegato, la milza e la pelle. Rappresenta il 2% dei casi di disordini leucemici maturi ed è la forma più comune di leucemie mature a cellule T nel mondo occidentale, con una incidenza di circa 2 casi/milione di abitanti/anno) (Braun T et al, 2021). L’età mediana è di 65 anni (Castoldi G e Liso V, 2013; Swerdlow SH et al, 2017b).
Caratteristiche clinico-laboratoristiche
Le caratteristiche cliniche e l’outcome della trasformazione prolinfocitoide della LLC e delle forme di B-PLL de novo sono indistinguibili (Agbay RL et al, 2016; El Hussein S et al, 2021). Nonostante la diagnosi di B-PLL come descritta inizialmente si basi su una presentazione clinica aggressiva, il 10-15% dei pazienti può essere asintomatico alla diagnosi con una fase persistente “a basso grado o indolente” che può durare qualche anno, caratterizzata da una conta leucocitaria moderatamente elevata (~20 × 109/L), ma con una quota di prolinfociti B nel sangue periferico > 55% (El Hussein S et al, 2021). Altri pazienti possono presentare una quota di prolinfociti nel sangue periferico > 55% con una linfoadenopatia generalizzata, diversa dalla presentazione classica (Galton DA et al, 1974). Anche l’outcome non è omogeneo, dal momento che alcuni pazienti presentano un declino rapido e altri presentano invece una risposta temporanea ai trattamenti e un overall survival (OS) più lungo. Queste osservazioni supportano l’interpretazione della B-PLL come una entità clinicamente eterogenea.
Più comunemente i pazienti si presentano con una rapida comparsa di sintomi B (febbre, sudorazione notturna e calo ponderale), importante splenomegalia (2/3 dei pazienti) e linfocitosi marcata (>100×109/L); la maggior parte degli elementi linfocitari (più del 55%, ma spesso oltre il 90%) sono prolinfociti (Dearden C, 2015; Rashidi A et al, 2015). Le linfoadenopatie, sebbene presenti in più del 50% dei pazienti, sono raramente massive e spesso non apprezzabili nelle sedi superficiali. Nel 50% delle forme di B-PLL è presente anemia e piastrinopenia, secondarie all’infiltrazione midollare. Un quadro di anemia emolitica si riscontra nel 10% dei casi (Feld J et al, 2019). Spesso è presente una componente monoclonale serica (Campo E et al, 2008; Del Giudice I et al, 2009; Dungarwalla M et al, 2008). Il coinvolgimento del sistema nervoso centrale (SNC) è raro (<10%).
La T-PLL ha in generale una prognosi infausta, inferiore ai 3 anni (Colon Ramos A et al, 2021; Braun T et al, 2021). Una piccola proporzione di pazienti ha un decorso iniziale indolente (Colon Ramos A et al, 2021). Nella maggiore parte dei casi, i pazienti si presentano con crescita esponenziale dei globuli bianchi (tipicamente >100 × 109/L), splenomegalia, linfoadenopatie non massive (Braun T et al, 2021), coinvolgimento del fegato e del midollo osseo (Colon Ramos A et al, 2021). E’ stato descritto un coinvolgimento del SNC, manifestazione clinica di aggressività, in meno del 5% dei casi (Braun T et al, 2021). Un rash cutaneo eritematoso o nodulare, edemi periferici e versamenti pleuro-peritoneali si riscontrano fino al 25% dei pazienti con T-PLL.
La T-PLL può insorgere come complicanza di disordini genetici ereditari, come l’atassia teleangectasia e la sindrome di Nijmegen. Non sono stati indentificati altri chiari fattori predisponenti genetici o ambientali (Dearden C, 2015).
Morfologia cellulare
La proliferazione coinvolge un elemento linfoide denominato prolinfocito, ad uno stadio di differenziazione diverso da quello da cui prenderebbe origine la LLC (Castoldi G e Liso V, 2013). Nel sangue periferico i prolinfociti appaiono come cellule linfoidi di medie dimensioni con un citoplasma basofilo e nucleoli prominenti. I prolifociti B e T possono essere indistinguibili morfologicamente (Dearden C, 2015).
I prolinfociti B possono essere di dimensioni maggiori (14-20 μm), circa 2 volte quella dei linfociti della LLC (Figura I), con un rapporto nucleo-citoplasma inferiore rispetto alla LLC e alla T-PLL, nucleo rotondo centrale a cromatina moderatamente condensata, con un prominente nucleolo in posizione centrale e accentuazione dell’area peri-nucleolare, citoplasma basofilo privo di granulazioni azzurrofile (Dungarwalla M et al, 2008). La definizione morfologica stessa di prolinfocito può costituire un problema (El Hussein S et al, 2021). Molto spesso, infatti, i prolinfociti presentano un nucleo più irregolare e un citoplasma con caratteristiche variabili. Inoltre, c’è una notevole variabilità inter-osservatore. Alcuni emo-patologi usano criteri molto stringenti, altri meno. In questo modo non è infrequente che la conta dei prolinfociti vari anche del 10–20%. Ciò aggiunge un elemento di incertezza nella definizione di questa entità, largamente basata sulla percentuale di prolinfociti (El Hussein S et al, 2021).
I prolinfociti T possono presentare proiezioni citoplasmatiche caratteristiche o “blebs”. In circa il 20% dei casi, i prolinfociti T presentano dimensioni minori e nucleolo meno evidente (T-PLL small-cell variant, sv); nel 5% dei casi le cellule hanno un nucleo cerebriforme (irregolare e ripiegato) (Matutes E et al, 1986; Dearden C, 2015; Rashidi A et al, 2015).
L’istologia di altri tessuti, quali il midollo osseo, i linfonodi, la milza e la cute, è di aiuto nel supportare la diagnosi, soprattutto per confermare una forma di B-PLL de novo o individuare una trasformazione prolinfocitoide di una CLL o di una altra malattia linfoproliferativa quale un linfoma mantellare (mantle cell lymphoma, MCL) o un linfoma marginale splenico (splenic marginal zone lymphoma, SMZL) (El Hussein S et al, 2021). Nella B-PLL nel midollo è presente una infiltrazione interstiziale o nodulare di cellule nucleolate con una distribuzione inter-trabecolare (Campo E et al, 2008). Nella milza vi è una espansione della polpa bianca e rossa, mentre i linfonodi mostrano un aspetto vagamente nodulare privo dei centri di proliferazione (pseudo-follicoli), che invece sono presenti nella LLC.
Figura I. Prolinfocito (a destra).
Immunofenotipo
Nel 60% dei casi la PLL ha un fenotipo B, nel 30% dei casi un fenotipo T e nei rimanenti casi un fenotipo ibrido T-B (Castoldi G e Liso V, 2013). La distinzione tra i sottotipi B e T della PLL è possibile proprio grazie all’analisi immunofenotipica.
Dal punto di vista immunofenotipico, i prolinfociti B sono una popolazione di cellule mature con restrizione clonale per le catene leggere (kappa nel 70% dei casi, lambda nel 30% dei casi). Esprimono ad elevata intensità sia le immunoglobuline di superficie (sIg), con prevalenza delle forme IgM+, rispetto a quelle IgM+/IgD+ o IgG+, che gli antigeni B cellulari (CD19, CD20, CD22, CD79a e b e FMC7). In genere il CD200 è espresso a bassa intensità. Il profilo immunofenotipico è sovrapponibile a quello di altri linfomi B che anche clinicamente risultano simili, con splenomegalia e linfocitosi. Il CD23 è presente nel 20% dei casi. Il CD5 è espresso nel 30% dei casi e ciò rende difficile la diagnosi differenziale con l’MCL in fase leucemica (Dearden C, 2015); la diagnosi differenziale non è semplice anche con lo SMZL e la leucemia a cellule capellute variante (HCL-v), ma è di solito più semplice con la LLC (Matutes E et al, 1994). Ad esempio, la densità delle sIg è caratteristicamente più elevata nella B-PLL rispetto alla LLC. Benché alcuni casi di LLC, definiti “LLC con aumento dei prolinfociti circolanti” (CLL-PL) possano presentare un aumento dei prolinfociti circolanti (comunque < 55%), l’immunofenotipo di queste cellule si mantiene quello tipico della LLC e risulta diverso da quello di una B-PLL de novo (Dearden C, 2015). ZAP70 e CD38 sono espressi in circa la metà dei casi, ma la loro espressione non correla con lo stato mutazionale dei geni delle immunoglobuline (stato IGHV).
Nella T-PLL la citofluorimetria conferma una popolazione T cellulare con fenotipo maturo post-timico, TdT (terminal deoxynuclotidyl transferase) negativa, CD1A negativa (Colon Ramos A et al, 2021), CD5 positiva, CD2 positiva, CD7 positiva (Colon Ramos A et al, 2021). La maggior parte dei prolinfociti sono CD4 positivi con co-espressione di CD8 in circa il 25% dei casi. Solo in una minoranza di casi si riscontra solo l’espressione del CD8 (Colon Ramos A et al, 2021). Il CD3 citoplasmatico è sempre presente ma la sua espressione superficiale può essere debole o negativa. I marker NK (CD16 e CD56) e dei granuli citoplasmatici (TIA-1: T-cell Intracellular Antigen 1 Cytotoxic Granule Associated RNA Binding Protein) sono generalmente negativi. Tipicamente l’espressione del CD7 è forte, mentre il CD25 può essere negativo, aiutando così a distinguere la T-PLL dalla leucemia a cellule T dell’adulto e dalla sindrome di Sezary. I pazienti affetti da T-PLL sono inoltre negativi per HTLV-1 (Dearden C, 2015; Rashidi A et al, 2015).
Citogenetica e genetica molecolare
Nei sottotipi B e T si individuano riarrangiamenti clonali rispettivamente dei geni delle immunoglobuline e del TCR (T-cell receptor).
Nella B-PLL i geni immunoglobulinici sono clonalmente riarrangiati con una configurazione non mutata dei geni per le catene pesanti in circa la metà dei casi. Le B-PLL usano per lo più i membri VH3 (68%) e VH4 (32%) delle famiglie geniche, con i geni V3-23, V4-59 e V4-34 rappresentati in più del 50% dei casi, indipendentemente dallo stato mutazionale e senza una correlazione identificabile tra l’uso dei geni IGHV e l’outcome clinico (Del Giudice I et al, 2006).
Il cariotipo è per lo più è complesso (≥ 3 anomalie) nel 73% dei casi, e altamente complesso (>5 anomalie) nel 45% (Chapiro E et al, 2019). Le aberrazioni cromosomiche più frequenti sono traslocazioni coinvolgenti MYC (62%), del17p (38%), trisomia 18 (30%), del13q (29%), trisomia 3 (24%), trisomia 12 (24%), e del8p (23%) (Chapiro E et al, 2019). Riarrangiamenti di MYC, ad esempio associati alla t(8;14), e un aumento del numero di copie di MYC sono stati identificati in una elevata proporzione di pazienti. In alcuni casi, anomalie di MYC e TP53 sono state riscontrate insieme. Mediante FISH, una del13q è stata riscontrata nel 27% dei pazienti, mentre più rara è la trisomia del cromosoma 12 (Lens D et al, 1999; Solé F et al, 1998).
I casi di B-PLL presentano una notevole eterogeneità biologica (El Hussein S et al, 2021). Lo studio dei profili di espressione genica (GEP) di una serie di casi di B-PLL (Del Giudice et al, 2009) ha rilevato una firma GEP distinta rispetto alla LLC (inclusa la CLL-PL), e in generale una iperespressione di molti geni espressi anche in molti altri linfomi B, tra cui SMZL (BTK, LPXN, NOTCH, AKT) e MCL (IkBkB, CDK4, SMARCA4, oltre a MYC, NF-kB, Ras/MAPK, PI3K/AKT, e geni correlati alla via di attivazione del proteasoma), in particolare per quei casi con una presentazione leucemica (Dearden C, 2015), senza identificare un profilo specifico per la B-PLL. Convenzionalmente, la dimostrazione di t(11;14) e l’espressione della ciclina D1 e/o SOX-11 permettono di distinguere tra MCL e B-PLL (Ruchlemer R et al, 2004), ma è stato anche suggerito (van der Velden et al, 2014) che la B-PLL possa rappresentare un tipo di MCL, indipendentemente dalla presenza o assenza di t(11;14). E’ possibile che l’entità attualmente definita come B-PLL sia costituita da uno spettro di disordini B-cellulari, caratterizzati da splenomegalia, linfocitosi e una sovrapposizione di caratteristiche morfologiche, immunofenotipiche e genetiche, che vanno dalla B-PLL CLL-like, alla B-PLL leukemic MCL-like, alla B-PLL nodal MCL-like (El Hussein S et al, 2021) e che ulteriori studi e scoperte molecolari permettano in futuro di riclassificare meglio i casi attualmente definiti come B-PLL (Dearden C, 2015; Gaillard B et al, 2021; Sun L et al, 2020; Bhushan M e Kumar KR, 2021; El Hussein S et al, 2021).
Studi di WES (whole exome sequencing) (Chapiro E et al, 2019) hanno rilevato frequenti mutazioni di TP53, MYD88, BCOR, MYC, SF3B1, SETD2, CHD2, CXCR4, e BCLAF1. Inizialmente le alterazioni di MYC non sembravano necessariamente associarsi ad un comportamento clinico aggressivo, come nel linfoma di Burkitt.
Chapiro et al. (Chapiro E et al, 2019) ha proposto invece 3 gruppi di rischio citogenetico in cui le anomalie di MYC e TP53 svolgono un ruolo chiave: basso rischio (assenza di aberrazioni di MYC), rischio intermedio (aberrazioni di MYC ma assenza di del17p), e alto rischio (aberrazioni di MYC e del17) (Kay NE e Hanson CA, 2019). Da un lato emerge quindi come l’aggressività della malattia dipenda da un accumulo di lesioni citogenetiche e molecolari durante il processo di evoluzione clonale. D’altro canto, questi risultati ricordano il panorama genomico della LLC che è andata incontro ad una trasformazione in DLBCL (Sindrome di Richter), frequentemente caratterizzata da un cariotipo complesso, portando a considerare la B-PLL come uno stato di trasformazione aggressiva di patologie linfoproliferative sottostanti, anche non precedentemente diagnosticate.
In più del 95% dei casi di T-PLL, si osservano inversioni o traslocazioni che coinvolgono il cromosoma 14 e il cromosoma X [inv(14)(q11q32); t(14;14)(q11q32); t(X;14)(q28q11)]. Tali anomalie citogenetiche sono considerate patogenetiche, in quanto determinano una espressione costitutiva aberrante dei proto-oncogeni TCL1A (T-cell leukemia 1, a livello di 14q32.1) o di MTCP1 (a livello di Xq28) causata dalla giustapposizione di tali proto-oncogeni al locus TRA (a livello di 14q11.2) che codifica per la catena α del TCR (TCR α-chain) e si trova sotto controllo di elementi enhancer altamente attivi (Braun T et al, 2021). L’iperespressione di TCL1A e MTCP1 – silenziati invece in condizioni fisiologiche a livello dei timociti CD4/CD8 doppi positivi a livello dei quali avvengono i riarrangiamenti del TCR – determina proliferazione e sopravvivenza cellulare attraverso l’attivazione della protein kinasi B (Akt) (Colon Ramos A et al, 2021) e il potenziamento della via del segnale del TCR (Braun T et al, 2021; Sun S e Fang W, 2020).
Una elevata espressione di TCL1A è associata ad una instabilità genomica e costituisce la base per ulteriori danni genomici che guidano l’oncogenesi. E’ possibile che una delezione mono-allelica o una mutazione di ATM, altamente ricorrente nei pazienti con T-PLL (in più dell’85% dei casi) preceda questi eventi, come supportato anche da una elevata incidenza di T-PLL nei pazienti con difetti germline di ATM (Colon Ramos A et al, 2021; Braun T et al, 2021).
Nella T-PLL il cariotipo è nel 70% dei casi caratterizzato da riarrangiamenti complessi (≥3 aberrazioni numeriche o strutturali), evidenziati con tecniche convenzionali e da copy number alterations (CNA) con tecniche di array-based profiling (Braun T et al, 2021). Prevalgono le perdite di regioni cromosomiche, con il coinvolgimento di centinaia di geni nello stesso paziente, non sempre associate ad un’alterata espressione di tali geni, indicando la presenza di altri meccanismi di disregolazione trascrizionale, al di là delle CNA (Braun T et al, 2021). Oltre alle anomalie sopra descritte, coinvolgenti TCL1, le alterazioni genomiche più frequenti sono le perdite a carico del cromosoma 11 e gain a carico del cromosoma 8 (trisomia 8, isocromosoma 8q). Le perdite a livello del cromosoma 11 coinvolgono ATM (11q22.3), implicato nello sviluppo della T-PLL attraverso la disregolazione dei meccanismi di riparazione dei danni del DNA, come evidenziato da cariotipi più complessi nei casi con mutazioni di ATM (Braun T et al, 2021). La regione genomica codificante per p53, effettore a valle di ATM è alterata solo in una minoranza di casi di T-PLL (Braun T et al, 2021).
I gain del cromosoma 8q non sempre coinvolgono il proto-oncogene MYC (a livello di 8q24.21) (Braun T et al, 2021). Sono più frequentemente coinvolti altri geni come AGO2 a livello di 8q24.3 L’iperespressione di AGO2, che regola i meccanismi di RNA interference, può ulteriormente contribuire allo sviluppo della T-PLL (Braun T et al, 2021).
Con tecniche convenzionali sono state osservate anche numerose anomalie ricorrenti, tra cui delezioni aggiuntive (22q, 13q, 6q, 9p, 12p e 17p) e duplicazioni (22q and 6p). Sino ad ora, i geni target di queste aberrazioni strutturali e il loro contributo funzionale non sono stati chiariti (Braun T et al, 2021).
Oltre alle lesioni strutturali prevalenti, numerose single-nucleotide variants (SNVs) sono state messe in connessione con la patogenesi della T-PLL. La maggior parte di queste SNVs somatiche si accumulano durante la leucemogenesi in un contesto di alti livelli di danno ossidativo e in assenza di efficaci meccanismi di riparazione del DNA che controbilancino (Braun T et al, 2021).
Altri geni frequentemente mutati sono CHEK2, SAMHD1, MSH, FBXW10, anch’essi coinvolti nei meccanismi di riparazione del danno al DNA. Ulteriori mutazioni aggiuntive sono state identificate in EZH2, TET2, KMTs (regolatori epigenetici). SAMHD1 e ATM appartengono ad una piccola frazione di geni per i quali la variant allele fractions (VAFs) è maggiore dell’80%, suggerendo che l’acquisizione di queste lesioni avvenga precocemente nel processo di leucemogenesi. La disregolazione di una di queste vie costituisce un forte stimolo oncogenico ed è possibile che contribuisca alla patogenesi o all’evoluzione della T-PLL (Dearden C, 2015; Braun T et al, 2021).
Nell’ultima decade anche aberrazioni genomiche nella via del segnale JAK/STAT sono emerse come ulteriore caratteristica della T-PLL. Il gene JAK3 mostra la più alta frequenza di tali mutazioni gain-of-function seguito da STAT5 e JAK1 (Colon Ramos A et al, 2021). Sono state descritte anche mutazioni gain-of-function di IL2RG, che conducono all’attivazione di STAT5B. Mutazioni di JAK-3 sono state riportate nel 30-40% dei pazienti. Complessivamente, tre quarti dei pazienti presentano anomalie genetiche nella via JAK/STAT. Un nuovo gene di fusione SEPT9–ABL1, che a sua volta determina una attivazione a valle di STAT5, è stato individuato in un caso di T-PLL. Le SNVs che coinvolgono la via JAK/STAT si verificano ad una VAFs relativamente bassa, indicando un carattere subclonale. Tuttavia, il ruolo centrale della via JAK/STAT è sostenuto da perdite genomiche di geni che codificano per i regolatori negativi di questa via, come DUSP4 e i geni SOCS (Braun T et al, 2021).
Anche le vie di WNT e Notch presentano SNVs in alcuni casi di T-PLL. Altre rare mutazioni coinvolgono la regolazione del ciclo cellulare (CDC27) e la regolazione dell’apoptosi (BCLAF1) (Braun T et al, 2021).
Studi combinati di cariotipo, FISH, SNP e GEP hanno identificato regioni con minime delezioni, tra cui quella di CDKN1B sul cromosoma 12, che codifica per una proteina essenziale nella regolazione del ciclo cellulare.
Sono state condotte analisi del trascrittoma della T-PLL con metodiche di gene expression arrays o di RNA sequencing (RNA-seq), che in linea con i riarrangiamenti del cromosoma 14q hanno dimostrato che il gene TCL1A è up-regolato virtualmente in tutti i casi di T-PLL, seguito dai geni della stessa famiglia TCL1B e MTCP1. Altri geni con alterata espressione sono risultati quelli coinvolti nella via del TCR/segnale citochinico. Un esempio è la dawn-regolazione di CTLA4 e SLAMF6, mediatori della trasduzione del segnale immune e dell’attivazione linfocitaria. La loro perdita è coinvolta nel fenotipo T attivato delle T-PLL (Braun T et al, 2021).
Recentemente è stato analizzato il miR-ome delle T-PLL, mediante small RNA-seq. Le cellule di T-PLL hanno mostrato complessivamente una firma di espressione con circa ~35 miRs disregolati in modo significativo, con un profilo simile a quello dei linfociti T attivati di soggetti sani. Combinando questi dati con quelli relativi al trascrittoma è possibile individuare il coinvolgimento di vie chiave del ciclo cellulare e di riparazione del DNA. La principale up-regolazione riguarda il cluster miR-141/200c, con conseguenze sulla via del segnale del TGFβ (Braun T et al, 2022). Le conseguenze funzionali di altri miR deregolati non sono state ancora dimostrate, nonostante una prima proposta di overall survival score basata sull’espressione di miRs (miROS-TPLL) (Braun T et al, 2022).
Analisi di gene set enrichment sui trascrittomi delle T-PLL hanno rivelato che anche le vie di regolazione epigenetica sono significativamente alterate, a conferma delle mutazioni riscontrate nei geni per modificatori epigenetici (Tian S et al, 2021). Tuttavia, analisi sistematiche dei profili di metilazione del DNA, dei profili di modificazione istonica e dello stato di accessibilità della cromatina, non sono state ancora pubblicate.
Oltre alle modifiche epigenetiche un nuovo interesse sta emergendo nella dipendenza delle cellule leucemiche dal microambiente. Queste interazioni sono mediate da molecole di adesione, ligandi di superficie, citochine e chemochine e dai loro recettori. Ad oggi si conosce poco riguardo al microambiente specifico della T-PLL. La up-regolazione delle citochine (TNF, IL-8), dei loro recettori (CD25 o IL-2Ra, CD122 o IL-2Rb, CD124, e CD127), e i recettori delle chemochine (CCR3 e CCR4) forniscono la base per un alterato crosstalk tra le cellule di T-PLL e le cellule circostanti. Sono state descritte anche mutazioni in recettori chemochinici (CXCR3), ma sono necessari ulteriori studi per comprendere la composizione del microambiente nella T-PLL e le interazioni molecolari coinvolte (Braun T et al, 2021).
Un altro aspetto chiave è il ruolo del TCR e di diversi meccanismi di amplificazione del segnale che caratterizzano molte neoplasie a cellule T, tra cui una minor soglia di attivazione del TCR da parte di una stimolazione esogena, una attivazione autonoma, una disregolazione dei co-regolatori con effetto inibitorio, o un aumento dei segnali attivatori, come gli input citochinici. In genere le cellule di T-PLL esprimono sulla loro superficie il complesso del TCR che risulta attivo se stimolato ex vivo. Inoltre, TCL1A agisce come co-attivatore delle chinasi del TCR come AKT, ZAP70, o ERK. In linea con la presenza di una via attiva del TCR, le cellule di T-PLL presentano un fenotipo maturo, tipico delle cellule T memory. L’ipotesi è che attraverso un segnale del TCR aumentato, la transizione da cellule T naïve a T memory venga accelerata. La mancanza di un clonotipo comune di TCR tra i vari casi indicherebbe l’assenza di uno specifico antigene a guidare la crescita delle T-PLL mediata dal TCR. Più probabilmente si tratta di una attivazione del TCR MHC-dipendente attraverso vari (auto)antigeni a bassa avidità o tramite segnali tonici, in modo antigene indipendente, sia in modo MHC-driven o attraverso una attivazione self del TCR nelle cellule T memory competenti. Molti aspetti della dipendenza della T-PLL dal TCR non sono però stati ancora chiariti (Braun T et al, 2021).
I recenti avanzamenti nelle tecnologie –omiche nell’ultima decade hanno senza dubbio migliorato la comprensione molecolare della T-PLL. Le traslocazioni e inversioni del cromosoma 14q al livello dei timociti doppi positivi sono considerati come l’evento chiave della leucemogenesi. Queste aberrazioni genomiche portano all’iperespressione degli oncogeni TCL1A e MTCP1 e questo determina una resistenza alla apoptosi e una instabilità genomica. Lesioni attivanti nei geni della famiglia TCL1 causano una cooperazione funzionale con lesioni (precedenti o successive) che interessano l’onco-soppressore ATM, che causa una ulteriore incapacità delle cellule di T-PLL di mettere in atto i meccanismi di autocontrollo del danno al DNA. Probabilmente altre perturbazioni intervengono perché questo precursore leucemico TCL1up/ATMdef sfugga definitivamente al controllo omeostatico T cellulare. Questo è dovuto a lesioni acquisite che attivano il segnale JAK/STAT tramite una regolazione del sistema miR, ad amplificazioni di MYC e ad una disregolazione dei meccanismi epigenetici. Meno noto è l’impatto di questi eventi epigenetici sulla centralità della via del TCR (Braun T et al, 2021). Studi futuri chiariranno se caratteristiche biologiche specifiche possano aiutare a distinguere diverse forme di T-PLL con diversi comportamenti clinici, con conseguenti possibili ricadute sulle scelte terapeutiche (Rashidi A et al, 2015). Complessivamente molti aspetti patogenetici rimangono irrisolti, tra cui anche i meccanismi che portano alla progressione della malattia e alla resistenza alle terapie. Soprattutto questo ultimo aspetto richiederà studi a livello di single-cell per chiarire gli aspetti di evoluzione clonale della malattia (Braun T et al, 2021).
Diagnosi
La diagnosi accurata dipende dalla piena integrazione del quadro clinico (marcata splenomegalia con polo inferiore splenico oltre l’ombelicale trasversa nel 90% dei casi, in genere assenza di linfoadenopatie superficiali, scadimento delle condizioni cliniche, presenza di sintomi B) con i risultati di laboratorio (linfocitosi periferica rapidamente progressiva >100 × 109/L nel 60% dei casi, linfocitosi midollare, anemia e piastrinopenia) e con la morfologia del sangue periferico (più del 55% di prolinfociti), l’immunofenotipo, la citogenetica e la genetica molecolare (Figura II). Data la rarità di questa leucemia è molto importante che nell’interpretazione dei risultati via sia il contributo di un ematologo/emo-patologo esperto (El Hussein S et al, 2021).
La diagnosi di B-PLL prevede di escludere altre malattie linfoproliferative B con splenomegalia, in particolare l’MCL (El Hussein S et al, 2021; Chowdhury Z et al, 2020). La citologia e il diverso immunofenotipo, oltre a un diverso profilo di espressione genica permettono di distinguerla dalla CLL (Magnano L et al, 2020).
La diagnosi di T-PLL è anch’essa basata principalmente sulle caratteristiche citomorfologiche, ma nelle ultime decadi gli avanzamenti nelle conoscenze patogenetiche hanno permesso di individuare anomalie citogenetiche ricorrenti che sono diventate importanti nella definizione diagnostica.
Figura II. Diagnosi integrata della PLL. Caratteristiche morfologiche, immunofenotipo, citogenetica e genetica molecolare dei sottotipi T e B. (da Dearden C, 2015).
Terapia
La rarità della PLL fa sì che vi siano pochi dati pubblicati riguardo al trattamento (Collignon A et al, 2017). Per la B-PLL vi sono case report e piccole serie di casi. La terapia viene spesso impostata basandosi su dati estrapolati dai trial clinici della LLC (Bindra BS et al, 2019; Jain A et al, 2020).
Per la T-PLL esistono alcuni studi di fase II a singolo braccio e analisi retrospettive.
Per nessun dei 2 sottotipi sono stati effettuati trial clinici randomizzati o studi con un numero elevato di pazienti. Le raccomandazioni, pertanto, si basano sui migliori dati disponibili e sull’esperienza clinica (Kay NE e Hanson CA, 2019; El Hussein S et al, 2021; Colon Ramos A et al, 2021).
Watch and wait
Dal momento che non vi sono trattamenti che portino alla guarigione, il trattamento non è indicato in nessuno dei 2 sottotipi per i pazienti asintomatici che presentano una pre-fase indolente. Questa situazione può persistere per alcuni anni e non vi sono evidenze che il trattamento precoce possa essere utile. Tuttavia, nella maggior parte dei pazienti, la malattia è rapidamente progressiva e pertanto è appropriato uno stretto monitoraggio clinico-laboratoristico (Dearden C, 2015; Colon Ramos A et al, 2021).
Terapia di prima linea
Per la B-PLL, data la sovrapposizione con altre leucemie/linfomi a cellule B mature quali LLC, MCL e SMZL, l’approccio terapeutico si è basato sui regimi terapeutici sviluppati per questi quadri clinici. La B-PLL complessivamente risponde poco alle terapie e la sopravvivenza mediana, assai inferiore a quella della LLC, è di 30-50 mesi. ZAP70, CD38, del17p e stato mutazionale non rappresentano in modo chiaro fattori prognostici che correlano con la sopravvivenza (Del Giudice I et al, 2009). Peraltro, la frequente presenza di delezioni/mutazioni di TP53 può spiegare in parte l’oucome sfavorevole con la chemioterapia convenzionale.
I pazienti con B-PLL che non presentano alterazioni di TP53 sono generalmente trattati con regimi chemio-immunoterapici (CIT) rituximab-based (El Hussein S et al, 2021). Nel 50% dei casi con TP53 non mutata una terapia convenzionale, con FCR (fludarabina, ciclofosfamide, rituximab) o bendamustina-rituximab, risulta ragionevole. Non sono state dimostrate risposte migliori con l’aggiunta di antracicline, che certamente determinano una maggiore tossicità.
I pazienti che presentano alterazioni di TP53 negli USA possono ricevere un trattamento con alemtuzumab (Bowen AL et al, 1997; Chaar BT e Petruska PJ, 2007; Dearden C, 2012; El Hussein S et al, 2021) che in Italia e in Europa non è invece autorizzato.
Gli inibitori del pathway del B-cell receptor (BCR) – ibrutinib e idelalisib – hanno ricevuto l’approvazione in prima linea per la LLC con del17p. Pur in assenza di trial clinici prospettici, sembra che gli inibitori del BCR possano essere una opzione terapeutica efficace per i casi di B-PLL con del17p (Dearden C, 2015; Collignon A et al, 2017). La loro efficacia è stata descritta in alcuni case report (Gordon MJ et al, 2017; Oka S et al, 2020; George P et al, 2020). Gordon e colleghi (Gordon MJ et al, 2017) hanno riportato 2 casi di CR (complete remission) di durata superiore ai 12 mesi in 2 pazienti affetti da B-PLL con TP53 mutata trattati in monoterapia con ibrutinib. Eyre e colleghi (Eyre TA et al, 2017) hanno studiato 5 casi di B-PLL con anomalie di TP53 trattati in seconda linea con idelalisib e hanno osservato 3 CR e 2 PR (partial remission), con CR mantenute a 6,5–10 mesi, ma si sono verificate anche importanti tossicità (Eyre TA, et al, 2019). Gli inibitori di BCR potrebbero rappresentare un’interessante terapia bridge-to-transplant (Eyre TA et al, 2017; Coelho H et al, 2017) ed essere efficaci in particolari gruppi di B-PLL (Damlaj M et al, 2017). Questi dati dovranno essere confermati nei prossimi anni, anche attraverso studi osservazionali e di registro (Eyre TA et al, 2017; Moore J et al, 2020). Siddiqui et al. (Siddiqui MT et al, 2021) ha riportato un caso di B-PLL con del17p e mutazione di TP53 trattato con ibrutinib e venetoclax (inibitore di BCL2) in prima linea, con una remissione di malattia MRD negativa per oltre 3 anni. Anche la combinazione di venetoclax con obinutuzumab è stata recentemente riportata in un case report (Bell S et al, 2021).
Venetoclax in combinazione con OTX015 (un potente inibitore delle proteine BET, che agisce nelle B-PLL con traslocazioni di MYC) ha dimostrato alcune risposte in case report e studi in vitro (El Hussein S et al, 2021; Chapiro E et al; 2019). Un case report (Xing L et al, 2021) ha riportato per la prima volta l’efficacia in prima linea dell’inibitore di BTK di nuova generazione zanubrutinib combinato con rituximab e lenalidomide in un paziente con B-PLL e anomalie di TP53 e MYC.
La T-PLL ha una prognosi infausta, e i pazienti non sopravvivono a lungo dopo la diagnosi inziale. Inoltre, studi prospettici sono difficili da condurre per la rarità della condizione e il suo decorso generalmente rapido.
Per questi motivi, i trattamenti disponibili sono limitati. I pazienti con malattia attiva, se non trattati, progrediscono rapidamente con un OS mediano di pochi mesi. L’obiettivo della terapia è quello di alleviare i sintomi e migliorare l’OS (Colon Ramos A et al, 2021).
In passato sono stati utilizzati la splenectomia, l’irradiazione splenica, la leucoaferesi e agenti alchilanti, nel regime CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone) ma si sono rivelati inefficaci. La risposta allo schema CHOP è risultata limitata e di breve durata con una OS mediano di 7 mesi in studi retrospettivi (Matutes E et al, 1991; Shvidel L et al, 1999).
La forte espressione del CD52 sulla superficie dei prolinfociti T ha permesso l’utilizzo, da circa 20 anni, dell’anticorpo monoclonale umanizzato anti-CD52 alemtuzumab inizialmente conosciuto come CAMPATH-1H (Bowen AL et al, 1997). Ad oggi, alemtuzumab è risultato l’unico farmaco in grado di ottenere ORR (overall response rate) elevate (>80% in prima linea, 75% in pazienti recidivati/refrattari), con il raggiungimento di CR in molti pazienti, ma purtroppo ancora senza possibilità di ottenere guarigioni definitive (Colon Ramos A et al, 2021; Braun T et al, 2021). Purtroppo, infatti quasi tutti i pazienti ricadono entro 2 anni dalla terapia con alemtuzumab, con pochissime opzioni di salvataggio (Braun T et al, 2021).
Altre terapie single-agent per la T-PLL sono state la pentostatina, la cladribina, la nelarabina e la bendamustina (Morelli F e Sanna A, 2021; Herbaux C et al, 2015) che determinano un tasso di risposta tra il 30 e il 50%, della durata di pochi mesi (Colon Ramos A et al, 2021).
Una chemioterapia di combinazione basata su induzione con fludarabina, mitoxantrone e ciclofosfamide (FMC), seguita da consolidamento con alemtuzumab ha dato risultati migliori della sola fase di induzione con chemioterapici, in uno studio multicentrico prospettico di fase II (Hopfinger G et al, 2013). Anche la terapia di combinazione pentostatina e alemtuzumab è risultata superiore al solo alemtuzumab (Ravandi F et al, 2009). L’aggiunta di un analogo purinico (pentostatina o cladribina) è utile soprattutto per quei pazienti che hanno mostrato una risposta lenta o incompleta alla monoterapia con l’anticorpo monoclonale (Dearden C, 2015).
In tempi recenti, i ricercatori stanno implementando l’uso di terapie target in vitro ed ex vivo, seguite da trial in vivo su piccoli gruppi di pazienti (Colon Ramos A et al, 2021). Queste nuove opzioni di trattamento si basano sui profili citogenetici e di espressione genica della T-PLL e stanno dando risultati promettenti che potrebbero portare alla riorganizzazione dei protocolli esistenti, non solo per la diagnosi ma anche per il trattamento della T-PLL nel prossimo futuro (Colon Ramos A et al, 2021). Uno studio ha integrato dati di RNA-seq con exome-seq e studi di sensibilità ex vivo di singoli farmaci, stabilendo una piattaforma personalizzata con previsioni individuali delle risposte alle combinazioni di farmaci (He L et al, 2018). Anche strategie terapeutiche che hanno come target la via del segnale del TCR hanno mostrato un potenziale promettente (Braun T et al, 2021).
Trapianto di cellule staminali ematopoietiche
Con la tradizionale CIT non è attualmente possibile ottenere una guarigione dei pazienti con PLL. La recidiva sembra inevitabile e le remissioni in genere sono di breve durata. Per questi motivi è appropriato considerare il consolidamento con un trattamento potenzialmente curativo come il trapianto allogenico (allo-SCT) in prima remissione, per i pazienti ad esso candidabili. Purtroppo, l’età e la fitness dei pazienti con PLL spesso fanno scartare questo approccio, nonostante negli ultimi anni si siano applicati regimi di condizionamento a ridotta intensità.
Nella B-PLL vi sono alcuni case report di trapianti condotti con successo, ma molti sono anche i casi di fallimento (Arima H et al, 2014).
Alcune pubblicazioni sull’allo-SCT nella T-PLL (Guillaume T et al, 2015) hanno suggerito che esso potrebbe migliorare l’OS ed essere curativo per alcuni pazienti. I problemi principali rimangono l’elevata mortalità legata al trapianto e l’elevata incidenza di recidive (Dearden C, 2015). Anche il trapianto autologo (auto-SCT) è stato considerato come terapia di consolidamento, con un OS mediano di 52 mesi in uno degli studi retrospettivi, rispetto a un OS mediano di 33 mesi per il gruppo sottoposto ad allo-SCT e 20 mesi per il gruppo di pazienti non sottoposti a trapianto, ma le differenze non sono state statisticamente significative (Krishnan B et al, 2010; Colon Ramos A et al, 2021).
Malattia recidivata/refrattaria
Nella B-PLL, in base alla durata della remissione dopo il trattamento di prima linea, la ricaduta può essere gestita con la stessa CIT o con un regime simile (Hew J et al, 2018). I pazienti che ricadono precocemente o che presentano caratteristiche genetiche ad alto rischio possono essere considerati per una terapia con ibrutinib e idelalisib o altre terapie sperimentali preferibilmente nel contesto di trial clinici.
Anche venetoclax può essere una opzione da considerare nei casi di B-PLL recidivata o refrattaria agli inibitori di BCR, ma attualmente i dati derivano solo da case report (Patil N e Went RG, 2019). E’ stata riportata anche una risposta a idelalisib in un paziente con B-PLL refrattaria al venetoclax, che aveva sospeso ibrutinib per tossicità cardiologica (Christoforidou A et al, 2020). Ulteriori studi sono necessari per chiarire i meccanisimi di farmacoresistenza, che potrebbero essere diversi da quelli della LLC (Christoforidou A et al, 2020).
Nella T-PLL, circa metà dei pazienti raggiungono una seconda remissione con alemtuzumab ma di solito di breve durata. L’espressione del CD52 può infatti essere persa alla recidiva, rendendo alemtuzumab inefficace.
Vi sono alcuni studi che riportano come alcune terapie epigenetiche (inibitori di istone deacetilasi, HDACi, come vorinostat, belinostat o romidepsina), con o senza agenti ipometilanti come la cladribina (Hasanali ZS et at, 2015), possano modificare l’espressione del CD52 e superare così la resistenza al trattamento con alemtuzumab (Colon Ramos A et al, 2021). Altri approcci si focalizzano sulla combinazione dell’inibizione di istone deacetilasi con l’induzione del danno al DNA, ad esempio panobinostat e bendamustina o la molecola di fusione tinostamustina (vorinostat e bendamustina) già approvata da FDA.
Altre terapie di salvataggio comprendono la nelarabina e la bendamustina (Herbaux C et al, 2015), ma queste terapie raramente determinano remissioni prolungate.
Regimi intensivi seguiti immediatamente da allo-SCT possono essere efficaci solo in una minoranza di casi. La ricaduta dopo allo-SCT si associa ad una prognosi infausta. Più comunemente la ricaduta avviene entro i primi 3 anni, con un picco di incidenza nel primo anno. In alcuni casi l’infusione di linfociti da donatore è stata efficace. Uno stretto monitoraggio e un intervento precoce potrebbero essere utili per prevenire una ricaduta franca (Dearden C, 2015).
Boidol e colleghi (Boidol B et al, 2017) hanno effettuato una valutazione funzionale (next generation functional drug-profiling) di 106 farmaci oncologici già approvati da FDA o in fase di sviluppo clinico, su cellule leucemiche prelevate da pazienti, con l’obiettivo di identificare nuovi farmaci efficaci per i pazienti affetti da T-PLL. Venetoclax ha dimostrato la maggiore risposta specifica tra i vari farmaci testati ex vivo, in cellule di 86 pazienti con malattie ematologiche refrattarie. Sulla base delle risposte ex vivo, la terapia con venetoclax è stata iniziata in 2 pazienti con T-PLL refrattaria in stadio avanzato e sono state riportate risposte cliniche. Questa prima evidenza di una attività di venetoclax in monoterapia sia ex vivo che in vivo ha portato a considerare il venetoclax come una opportunità terapeutica per i pazienti affetti da T-PLL (Boidol et al, 2017). C’è un crescente interesse nella combinazione di venetoclax, solo moderatamente efficace come agente singolo (Hampel PJ, et al, 2021), con altre classi di farmaci nella T-PLL recidivata/refrattaria (Braun T et al, 2021). E’ stato riportato un caso di potenziamento della terapia con venetoclax, associando l’analogo purinico pentostatina, associazione risultata efficace, con una remissione completa duratura (Alfayez M et al, 2020). Un trial clinico di fase II (NCT03873493) sta valutando l’efficacia di venetoclax e ibrutinib in pazienti con T-PLL attiva e/o già trattata con alemtuzumab (Kornauth C et al, 2021).
L’identificazione di vie chiave nella patogenesi della T-PLL offre senza dubbio la possibilità di sviluppo di nuovi farmaci target, anche se la centralità patogenetica di una via non corrisponde necessariamente a una vulnerabilità specifica. Ulteriori studi sono necessari per ottimizzare le strategie contro le cellule di T-PLL possibilmente con terapie di combinazione (Braun T et al, 2021).
Inibitori della via JAK–STAT sono stati utilizzati in studi preclinici e in alcuni case report (Braun T et al, 2021; Gomez-Arteaga A et al, 2019). Un trial clinico di fase I (NCT03989466) si propone di usare itacitinib (un inibiotre di JAK1) associato ad alemtuzumab nei pazienti con T-PLL (Colon Ramos A et al, 2021).
In studi preclinici sono state testate nuove terapie che hanno come target la via del segnale de TCR, le vie attivate dai protooncogeni TCL1 o MTCP1 (AKT1/PI3K/AKT/mTOR), l’inattivazione di ATM. L’incapacità delle cellule di T-PLL di indurre adeguate risposte al danno al DNA è stata traslata in strategie terapeutiche volte a riattivare p53 attraverso inibitori di MDM2/MDMx (Braun T et al, 2021). Terapie epigenetiche mirate con gli inibitori di EZH2 e potenziatori degli onco-soppressori CHEK2, FBXW10 e SAMHD1 sono in fase di studio e rappresentano un futuro potenziale terapeutico.
Una altra sfida è la riprogrammazione del sistema immune innato e adattativo ad attaccare le cellule di T-PLL
Le CAR-T cells (chimeric antigen receptor T-cells) sono cellule T modificate in laboratorio per avere un recettore di superficie che sia in grado di legarsi ad uno specifico antigene. Le cellule T normali esprimono la regione costante 1 o 2 della catena β del TCR (TRBC1/TRBC2) con una proporzione di circa 50:50 nelle cellule T sane, mentre le cellule T patologiche sono clonalmente TRBC1 positive. Le CAR-T cells dirette contro TRBC1 uccidono solo le cellule T-PLL, risparmiando le cellule T sane in vitro. Questo approccio offrirebbe la possibilità di mantenere un adeguato numero di cellule T normali e l’immunità T policlonale (Colon Ramos A et al, 2021).
L’approccio alla gestione della PLL è riassunto in Tabella I.
Tabella I. Algoritmo di gestione della PLL tratta da Dearden C, 2015.
Conclusioni
Negli ultimi anni sono emersi aspetti importanti sulla leucemia prolinfocitica.
Per quanto riguarda la B-PLL gli aspetti chiave sono la sua eterogeneità biologica e la possibilità che si tratti di una trasformazione aggressiva di diverse malattie linfoproliferative. Purtroppo, la sua rarità e quindi i piccoli numeri dei casi studiati precludono al momento adeguate conclusioni sugli aspetti biologici e sulle migliori strategie terapeutiche (El Hussein S et al, 2021).
La T-PLL rappresenta una delle maggiori sfide tra le malattie ematologiche rare. E’ fondamentale che nuovi studi espandano le conoscenze biologiche e terapeutiche in questo ambito che continua a rappresenta un unmet clinical need (Hampel PJ, et al, 2021; Colon Ramos A et al, 2021).
BIBLIOGRAFIA
- Agbay RL,Jain N, LoghaviS, et al. Histologic transformation of chronic lymphocytic leukemia/small lymphocytic lymphoma. Am J Hematol 2016; 91:1036–43.
- Alfayez M, Thakral B, Jain P, et al.: First report of clinical response to venetoclax combination with pentostatin in T-cell-prolymphocytic leukemia (T-PLL). Leuk Lymphoma. 2020, 61:445-449.
- Arima H, Ono Y, Tabata S, et al. Successful allogeneic hematopoietic stem cell transplantation with reduced-intensity conditioning for B-cell prolymphocytic leukemia in partial remission. Int J Hematol. 2014;99: 519-522.
- Bell S, Lattanzio N, Braham J, et al. An Unusual Case of Prolymphocytic Leukemia Transformation in a Patient With Chronic Lymphocytic Leukemia. J Investig Med High Impact Case Rep. 2021 Jan Dec;9:2324709621990767.
- Bhushan M, Kumar KR. An unusual case of chronic lymphocytic leukemia with trisomy 12 presenting with prolymphocytic transformation and t(8;21)(q22;q22). Clin Case Rep. 2021;9:2504-2506.
- Bindra BS, Kaur H, Portillo S, et al. B-cell Prolymphocytic Leukemia: Case Report and Challenges on a Diagnostic and Therapeutic Forefront. Cureus. 2019;11:e5629.
- Boidol B, Kornauth C, van der Kouwe E, et al. First in human response of BCL-2 inhibitor venetoclax in T-cell prolymphocytic leukemia. Blood. 2017. Published on line Sept 27, 2017.
- Bowen AL, Zomas A, Emmett E, et al. Subcutaneous CAMPATH-1H in fludarabine-resistant/relapsed chronic lymphocytic and B-prolymphocytic leukaemia. Br J Haematol. 1997;96:617-9.
- Braun T, Dechow A, Friedrich G, et al. Advanced Pathogenetic Concepts in T-Cell Prolymphocytic Leukemia and Their Translational Impact. Front Oncol. 2021;11:775363.
- Braun T, Glass M, Wahnschaffe L, et al. Micro-RNA networks in T-cell prolymphocytic leukemia reflect T cell activation and shape DNA damage response and survival pathways. Haematologica. 2022;107:187-200.
- Campo E, Catovsky D, Montserrat E, et al. B-cell prolymphocytic leukemia In: WHO Classification of Tumours of Haematopoietic and Lymphoid Tissue. Edited by: Swerdlow S, Campo E, Lee Harris N, Jaffe ES, Pileri SA, Stein H, Thiele J, Vardiman JW. 2008; pp183-184.
- Castoldi G, Liso V. Malattie del sangue e degli organi ematopoietici, 6 ed. Mc Grow Hill, Milano, 2013, p 402-418.
- Catovsky D, Galetto J, Okos A, et al. Prolymphocytic leukaemia of B and T cell type. Lancet. 1973;2:232-234.
- Chaar BT, Petruska PJ. Complete response to alemtuzumab in a patient with B prolymphocytic leukemia. Am J Hematol. 2007;82:417.
- Chapiro E, Pramil E, Diop M, et al. Genetic characterization of B-cell prolymphocytic leukemia: a prognostic model involving MYC and TP53. Blood 2019;134:1821–31.
- Chowdhury Z, Khonglah Y, Sarma S, Kalita P. De novo chronic lymphocytic leukemia/prolymphocytic leukemia or B-cell prolymphocytic leukemia? The importance of integrating clinico-morphological and immunophenotypic findings in distinguishing chronic lymphoproliferative diseases with circulating phase. Autops Case Rep. 2020;11:e2020196.
- Christoforidou A, Bezirgiannidou Z, Vrachiolias G, et al. B-cell prolymphocytic leukemia successfully treated with B-cell receptor antagonists, but resistant to venetoclax. Leuk Lymphoma. 2020;61:749-752.
- Coelho H, Badior M, Melo T. Sequential kinase inhibition (Idelalisib/Ibrutinib) induces clinical remission in B-cell prolymphocytic leukemia harboring a 17p deletion. Case Reports in Hematology. 2017. Article ID 8563218, 4 pages
- Collignon A, Wanquet A, Maitre E, Cornet E, et al. Prolymphocytic Leukemia: New Insights in Diagnosis and in Treatment. Curr Oncol Rep. 2017;19(29).
- Colon Ramos A, Tarekegn K, Aujla A, et al. T-Cell Prolymphocytic Leukemia: An Overview of Current and Future Approaches. Cureus. 2021;13:e13237.
- Cross M, Dearden C. B and T cell prolymphocytic leukaemia. Best Pract Res Clin Haematol. 2019;32:217-228.
- Damlaj M, Al Balwi M, Al Mugairi AM. Ibrutinib therapy is effective in B-cell prolymphocytic leukemia exhibiting MYC aberrations. Leuk Lymphoma. 2017 Jul 11:1-4.
- Dearden C. How I treat prolymphocytic leukemia. Blood 2012;120:538–51.
- Dearden C. Management of prolymphocytic leukemia. Hematology 2015. ASH Educational Book 2015.
- Del Giudice I, Davis Z, Matutes E, et al. IgVH genes mutation and usage, ZAP-70 and CD38 expression provide new insights on B-cell prolymphocytic leukemia (B-PLL). Leukemia. 2006;20:1231-7.
- Del Giudice I, Osuji N, Dexter T, et al. B-cell prolymphocytic leukemia and chronic lymphocytic leukemia have distinctive gene expression signatures. Leukemia. 2009;23:2160-7.
- Dungarwalla M, Matutes E, Dearden CE. Prolymphocytic leukaemia of B- and T-cell subtype: a state-of-the-art paper. Eur J Haematol. 2008;80:469-76.
- El Hussein S, Khoury JD, Medeiros LJ. B-prolymphocytic leukemia: Is it time to retire this entity? Ann Diagn Pathol. 2021;54:151790.
- Eyre TA, Fox C P, Shankara P, et al. Idelalisib-Rituximab induces clinical remissions in patients with TP53 disrupted B cell prolymphocytic leukaemia. Br J Haematol. 2017;177:486-91.
- Eyre TA, Fox CP, Boden A, et al. Idelalisib-rituximab induces durable remissions in TP53 disrupted B-PLL but results in significant toxicity: updated results of the UK-wide compassionate use programme. Br J Haematol. 2019;184:667-671.
- Feld J, Arnason J, O Apos Brien K, Nahas M. Hot and Cold: A Concurrent Warm and Cold Autoimmune Hemolytic Anemia in B-cell Prolymphocytic Leukemia. Acta Haematol. 2019;141:222-224.
- Frater JL. T-cell prolymphocytic leukemia: Review of an entity and its differential diagnostic considerations. Int J Lab Hematol. 2020 Jun;42 Suppl 1:90-98.
- Gaillard B, Cornillet-Lefebvre P, Le QH, et al. Clinical and biological features of B-cell neoplasms with CDK6 translocations: an association with a subgroup of splenic marginal zone lymphomas displaying frequent CD5 expression, prolymphocytic cells, and TP53 abnormalities. Br J Haematol. 2021;193:72-82.
- Galton DA, Goldman JM, Wiltshaw E, et al. Prolymphocytic leukaemia. Br J Haematol 1974;27:7–23.
- George P, Brown A, Weinkove R. B-cell prolymphocytic leukaemia with a t(4;14) FGFR3/IGH translocation: response to ibrutinib. Pathology. 2020;52:491-492.
- Gomez-Arteaga A, Margolskee E, Wei MT, et al. Combined use of tofacitinib (pan-JAK inhibitor) and ruxolitinib (a JAK1/2 inhibitor) for refractory T-cell prolymphocytic leukemia (T- PLL) with a JAK3 mutation. Leuk Lymphoma. 2019, 60:1626-1631.
- Gordon MJ, Raess PW, Young K, Spurgeon SEF, Danilov AV. Ibrutinib is an effective treatment for B-cell prolymphocytic leukaemia. Br J Haematol. 2017;179:501-503.
- Guillaume T, Beguin Y, Tabrizi R, et al. Allogeneic hematopoietic stem cell transplantation for T-prolymphocytic leukemia: a report from the French society for stem celltransplantation (SFGM-TC). Eur J Haematol. 2015;94:265-269.
- Hampel PJ, Parikh SA, Call TG, et al. Venetoclax treatment of patients with relapsed T-cell prolymphocytic leukemia. Blood Cancer J. 2021;11:47.
- Hasanali ZS, Saroya BS, Stuart A, et al. Epigenetic Therapy Overcomes Treatment Resistance in T Cell Prolymphocytic Leukemia. Sci Transl Med. 2015;7:293ra102.
- He L, Tang J, Andersson EI, et al. Patient-Customized Drug Combination Prediction and Testing for T-Cell Prolymphocytic Leukemia Patients. Cancer Res. 2018;78:2407–18.
- Herbaux C, Genet P, Bouabdallah K, et al. Bendamustine is effective in T-cell prolymphocytic leukaemia. Br J Haematol. 2015;168:916-9.
- Hew J, Pham D, Matthews Hew T, Minocha V. A Novel Treatment With Obinutuzumab-Chlorambucil in a Patient With B-Cell Prolymphocytic Leukemia: A Case Report and Review of the Literature. J Investig Med High Impact Case Rep. 2018 Jul 17;6:2324709618788674.
- Hopfinger G, Busch R, Eichorst B, et al. Sequential therapy of fludarabine, mitoxantrone and cyclophosphamide (FMC) induction followed by alemtuzumab consolidation is effective and safe in patients with T-cell prolymphocytic leukemia (T-PLL)—results from a multicentre phase II trial of the German CLL study group (GCLLSG). Cancer. 2013;119:2258-2267.
- Jain A, Khunger JM, Prasad P, et al. An illustrative case of B-cell prolymphocytic leukemia. Blood Res. 2020;55:181-184.
- Kaseb H, Madan A, Hozayen S. T Cell Prolymphocytic Leukemia. 2021 Jun 20. In: StatPearls [Internet]. Treasure Island (FL): StatPearls Publishing; 2021 Jan. PMID: 31082044.
- Kay NE, Hanson CA. B-cell prolymphocytic leukemia has 3 subsets. Blood. 2019;134:1777-1778.
- Kornauth C, Herbaux C, Boidol B, et al. Rationale for the combination of venetoclax and ibrutinib in T-prolymphocytic leukemia. Haematologica. 2021;106:2251-2256.
- Krishnan B, Else M, Tjonnfjord GE, et al.: Stem cell transplantation after alemtuzumab in T-cell prolymphocytic leukaemia results in longer survival than after alemtuzumab alone: a multicentre retrospective study. Br J Haematol. 2010, 149:907-910.
- Lens D, Coignet LJ, Brito-Babapulle V, Lima CS, Matutes E, Dyer MJ, Catovsky D. B cell prolymphocytic leukaemia (B-PLL) with complex karyotype and concurrent abnormalities of the mp53 and c-MYC gene.
- Leukemia. 1999;13:873-6.
- Magnano L, Navarro A, López-Guerra M, et al. Chronic lymphocytic leukaemia and prolymphocytic leukaemia. Two coins or two sides of the same coin? Haematologica. 2020;105:e484.
- Matutes E, Brito-Babapulle V, Swansbury J, et al. Clinical and laboratory features of 78 cases of T-prolymphocytic leukemia. Blood. 1991;78:3269-3274.
- Matutes E, Garcia Talavera J, O’Brien M, Catovsky D. The morphological spectrum of T prolymphocytic leukaemia. Br J Haematol. 1986;64:111–24.
- Matutes E, Owusu-Ankomah K, Morilla R, et al. The immunological profile of B-cell disorders and proposal of a scoring system for the diagnosis of CLL. Leukemia. 1994;8:1640-1645.
- Moore J, Baran AM, Meacham PJ, et al. Initial treatment of B-cell prolymphocytic leukemia with ibrutinib. Am J Hematol. 2020;95:E108-E110.
- Morelli F, Sanna A. Bendamustine as Front-Line Therapy in T-Cell Prolymphocytic Leukemia: A Monocentric Experience. Clinical Lymphoma, Myeloma and Leukemia. 2021 Sept 21:S248.
- Oka S, Ono K, Nohgawa M. Effective upfront treatment with low-dose ibrutinib for a patient with B cell prolymphocytic leukemia. Invest New Drugs. 2020;38:1598-1600.
- Patil N, Went RG. Venetoclax is an option in B-cell prolymphocytic leukaemia following progression on B-cell receptor pathway inhibitors. Br J Haematol. 2019;186:e80-e82.
- Rashidi A, Fisher S I. T-cell chronic lymphocytic leukemia or small-cell variant of T-cell prolymphocytic leukemia: a historical perspective and search for consensus. Eur J Haematol. 2015;95:199-210.
- Ravandi F, Aribi A, O’Brien S, et al. Phase II study of alemtuzumab in combination with pentostatin in patients with T-cell neoplasms. J Clin Oncol. 2009;27:5425-5430.
- Ruchlemer R, Parry-Jones N, Brito-Babapulle V, et al. B-prolymphocytic leukaemia with t(11;14) revisited: a splenomegalic form of mantle cell lymphoma evolving with leukaemia. Br J Haematol 2004;125:330–336.
- Shvidel L, Shtalrid M, Bassous L, Klepfish A, Vorst E, Berrebi A. B-cell prolymphocytic leukemia: a survey of 35 patients emphasizing heterogeneity, prognostic factors and evidence for a group with an indolent course. Leuk Lymphoma. 1999;33:169-79.
- Siddiqui MT, Price A, Ferrajoli A, Borthakur G. Sustained MRD negative remission in del17p and TP53 mutated B cell prolymphocytic leukemia with ibrutinib and venetoclax. Leuk Res Rep. 2021;16:100266.
- Solé F, Woessner S, Espinet B, et al. Cytogenetic abnormalities in three patients with B-cell prolymphocytic leukemia. Cancer Genet Cytogenet. 1998;103:43-5.
- Sun L, Patil VV, Wilgus N, et al. A Novel t(10;22) Translocation Harboring an IGL Gene Deletion in a CLL Patient Transforming to B-PLL with 1q Gain. J Assoc Genet Technol. 2020;46:92-97.
- Sun S, Fang W. Current understandings on T-cell prolymphocytic leukemia and its association with TCL1 proto-oncogene. Biomed Pharmacother. 2020;126:110107.
- Swerdlow SH, Campo E, Harris NL, et al. T-Cell prolymphocytic leukemia. In: WHO Classification of Tumours of Haematopoietic and Lymphoid Tissues. Revised. 4th ed. Lyon, France: IARC; 2017b. Section: Mature T- and NK-cell neoplasms Pages: 346-347 (b)
- Swerdlow SH, Campo E, Harris NL, et al. B-Cell Prolymphocytic Leukemia. WHO Classification of Tumours of Haematopoietic and Lymphoid Tissues. Revised. 4th ed. Lyon, France: IARC; 2017. Section: Mature B-cell neoplasms. Pages: 222-223 (a)
- Tian S, Zhang H, Zhang P, et al. Epigenetic alteration contributes to the transcriptional reprogramming in T-cell prolymphocytic leukemia. Sci Rep. 2021;11:8318.
- van der Velden VH, Hoogeveen PG, de Ridder D, et al. B-cell prolymphocytic leukemia: a specific subgroup of mantle cell lymphoma. Blood. 2014;124:412-419
- Xing L, He Q, Xie L, et al. Zanubrutinib, rituximab and lenalidomide induces deep and durable remission in TP53 mutated B-cell prolymphocytic leukemia: a case report and review of literature. Haematologica. 2021 Dec 23. doi: 10.3324/haematol.2021.280259. Online ahead of print. PMID: 34937321