Leucemia mieloide acuta: novità dall’ASH 2017
In occasione del 59° meeting annuale dell’ASH (American Society of Hematology), in apertura in questi giorni (Atlanta, USA, 9-12 dicembre 2017), vi segnaliamo una selezione di abstract dedicati alla leucemia acuta mieloide (LAM) che verranno presentati nel corso del congresso
In questo studio del gruppo cooperativo francese ALFA, è stato investigato il potenziale beneficio del trapianto allogenico a condizionamento ridotto (RIC-SCT) in una serie di 509 pazienti anziani con leucemia mieloide acuta (LAM) (età mediana: 68 anni, range 60-85). Dopo chemioterapia intensiva con idarubucina + ARA-C, 335 pazienti (72,5%) hanno raggiunto la RC e sono stati avviati a consolidamento con 2 cicli di IDA + dosi intermedie di ARA-C. Il RIC-SCT era stato programmato per tutti i pazienti con categoria di rischio intermedio o alto secondo i criteri ELN e per quelli nei quali erano stati necessari due cicli per ottenere la RC ed è stato effettuato in 93 pazienti in RC1, 22 con malattia refrattaria e 25 in recidiva pre-trapianto. La conclusione più rilevante dello studio è che, come illustrato in Figura I, il beneficio clinico del RIC-SCT è limitato ai pazienti ad alto rischio ELN; mentre nella categoria a rischio intermedio non è stato dimostrato vantaggio di sopravvivenza, soprattutto a causa della elevata mortalità trapianto-relata.
Figura I
Vengono descritti i risultati del trial “RELAZA2” del gruppo cooperativo tedesco SAL (Study Alliance Leukemia), nel quale 205 pazienti (178 LAM e 37 MDS avanzata) in RC dopo chemioterapia (n=58) o trapianto allogenico (n=147) sono stati monitorati per la malattia minima residua (MRD) e trattati con 6 cicli di azacitidina in caso di MRD positività. Quest’ultima veniva monitorata centralmente, con inizio al giorno + 56 dall’ultima terapia e poi con cadenza mensile. La metodica di studio della MRD includeva quantificazione dei livelli di NPM1 (n=77), leukemia-specific fusion genes (DEK-NUP214 n = 1, t(8;21) n = 9, inv16 n = 10) o, nei pazienti sottoposti a trapianto allogenico da donatore informativo, l’analisi del chimerismo delle cellule CD34+ nel sangue periferico. Come indicato in Tabella I, sono stati trattati 53 pazienti MRD positivi e, a 6 mesi dall’inizio del trattamento, il 58 % di essi è ancora in RC e continua a ricevere AZA. Le conclusioni degli autori è che un approccio “MRD” driven con AZA è fattibile e potenzialmente utile in pazienti con LAM o MDS ad alto rischio.
Tabella I
La schedula registrata della decitabina (D) per il trattamento della LAM è di 20 mg/mq per via endovenosa per 5 giorni. Studi precedenti hanno suggerito un benefico per una somministrazione più prolungata (10 giorni). In questo studio di fase 2, 63 pazienti sono stati randomizzati a ricevere 5 o 10 giorni di D. Non vi è stata nessun vantaggio nella percentuale di risposte globali, di RC, di Event Free Survival (EFS) e Overall Survival (OS) (Fig. II). La conclusione degli autori è che, pur su una casistica limitata, non vi è vantaggio clinico di una somministrazione a 10 giorni.
Figura II
111 pazienti anziani con LAM > 60 anni in RC/RCi (remissione completa con incompleto recupero ematologico) dopo almeno due cicli di chemioterapia intensiva sono stati randomizzati a ricevere AZA (50 mg/mq, giorni 1à5) per 12 cicli o nessun trattamento. I risultati si riferiscono a 109 pazienti, con caratteristiche sovrapponibili nei due gruppi di randomizzazione. La conclusione degli autori (Fig. III) è che la terapia di mantenimento con AZA migliora la Disease Free Survival (DFS) anche dopo censorizzazione al trapianto.
Figura III
Studio caso controllo condotto allo scopo di investigare le caratteristiche cliniche e la rilevanza prognostica del sarcoma granulocitico (SG) nella LAM. I siti maggiormente coinvolti erano sistema nervoso centrale, tessuti molli, cute e osso. In totale sono stati analizzati 39 pazienti con SG. Non sono state registrate differenze per quanto concerne le caratteristiche iniziali (inclusa citogenetica e classificazione WHO), tra i pazienti con SG ed i controlli. Al contrario l’outcome è risultato significativamente peggiore per i pazienti con sarcoma granulocitico in termini di DFS, EFS e OS (Fig. IV).
Figura IV
Vi è grande interesse clinico verso gli inibitori di FLT3 nella terapia della LAM; recentemente, midostaurina è stata approvata da FDA in base ai risultati dello studio cooperativo internazionale “Ratify” (Stone et al, NEJM, 2017). Nello studio di Wang, 29 pazienti hanno ricevuto crenolanib, un nuovo e più potente inibitore di FLT3, in associazione a chemioterapia di induzione e consolidamento convenzionale in pazienti con età < 60 anni (mediana: 45, range:22-58). La percentuale di RC è stata dell’83%, che è largamente superiore a quella ottenuta nel trial Ratify. Va tenuto conto, ovviamente, del numero molto limitato dei pazienti inclusi nel presente studio. La percentuale di recidiva è risultata estremamente bassa (Fig. V), a dimostrazione della potenziale utilità di crenolanib nei pazienti con LAM.
Figura V
L’ottenimento della RC è stato considerata per anni l’unica risposta clinicamente rilevante nella LAM. Studi recenti hanno dimostrato che con l’impiego degli agenti ipometilanti il DNA (azacitidina e decitabina) è possibile ottenere un beneficio clinico e, quindi, miglioramento della prognosi anche senza necessariamente ottenere la RC. Nello studio di He e coworkers sono stati confrontati in termini di sopravvivenza globale 38 pazienti che hanno ottenuto la RC (15,7 %) con i 204 che non la hanno ottenuta. La sopravvivenza mediana dei due gruppi è stata di 19,1 mesi per il gruppo RC vs. 5,7 del gruppo non RC (Fig. VI). Gli autori concludono che l’ottenimento della RC conferisce un significativo vantaggio di sopravvivenza nei pazienti con LAM trattati con decitabina.
Figura VI
Lo standard terapeutico della terapia di consolidamento nei pazienti con LAM a cariotipo favorevole, definita come CBF-AML, [(t8;21), inv16 e t(16;16)] prevede 3-4 cicli di consolidamento con dosi alte o intermedie di ARA-C, con esclusione da programmi di trapianto allogenico. Nello studio di Sawler, sono stati analizzati retrospettivamente 108 pazienti con CBF-AML, 34 dei quali hanno ricevuto due cicli e 74 3 cicli in base alla politica del centro ed al tempo di osservazione. Non vi sono state differenze in termini di Relapse Free Survival (RFS) e OS (Fig. VII), per cui viene concluso che 2 cicli di consolidamento possono essere sufficienti in questa categoria di pazienti con LAM.
Figura VII
In questo studio vengono riportati i dati di una analisi post-hoc derivante dal trial Ratify (Stone et al. NEJM, 2017) che aveva comparato midostaurina e placebo nei pazienti con LAM FLT3+. Come evidenziato in Figura VIII, è evidente un marcato benefico clinico in termini di sopravvivenza globale e riduzione del rischio di recidiva tra i pazienti NPM1wt/FLT3-ITDhigh che hanno ricevuto midostaurina verso placebo.
Figura VIII
In questo studio, condotto mediante una analisi post-hoc del trial Ratify (Stone et al, NEJM, 2017), viene confermato nei pazienti che hanno ottenuto la RC il vantaggio di midostaurina rispetto a placebo nella riduzione delle recidive nella LAM FLT3+. Questo vantaggio è particolarmente evidente se viene escluso l’effetto del trapianto allogenico, mentre non vi è differenza statisticamente significativa se vengono considerati i pazienti sottoposti a trapianto allogenico. La conclusione degli autori è che l’effetto antileucemico del trapianto può considerevolmente attenuare il beneficio derivante dalla midostaurina (Fig. IX).
Figura IX
Nel trial Ratify (Stone et al, NEJM, 2017), oltre che in induzione e consolidamento, la midostaurina (M) è stata anche somministrata come terapia di mantenimento per 12 mesi con random 1:1 (Fig. X).
Figura X: Double-blind, placebo-controlled, randomized phase III study Primary endpoint: OS (not censored for SCT)
3277 patients screened for FLT3 mutations.
Per differenti ragioni, solo 174 pazienti in RC sono stati randomizzati a ricevere il farmaco (105 M e 69 placebo). In questo studio è stata effettuata una analisi post-hoc allo scopo di verificare l’utilità della terapia di mantenimento. La conclusione degli autori è che il ruolo del farmaco nel mantenimento rimane incerto e senza apparente beneficio (Fig. XI) e che una definitiva conclusione potrà solo derivare da uno studio “ad hoc”.
Figura XI
Dati precedenti hanno riportato l’assenza di significato prognostico sfavorevole della mutazione TP53 nella LAM dopo terapia con decitabina (D) per 10 giorni (NEJM 2016;375:2023-36). In questo studio di “real life” vengono analizzati i dati relativi a 296 pazienti trattati con D dal gruppo cooperativo tedesco SAL. 174 pazienti sono stati trattati in prima linea, gli altri in seconda o successiva. La percentuale di RC è stata del 12 %, il tasso complessivo di risposta (risposta completa o parziale + malattia stabile) del 42%. Le conclusioni degli autori sono che nella real life i risultati sono sostanzialmente sovrapponibili a quelli degli studi clinici e che la mutazione TP53 non ha impatto sulla prognosi (Fig. XII).
Figura XII
Gli autori riportano l’update dello studio randomizzato “SORAML” nel quale 268 pazienti con LAM (età inferiore a 60 anni) sono stati randomizzati a ricevere terapia convenzionale (dauno + ARA-C 2 cicli + 3 cicli di consolidamento con alte dosi di ARA-C) +/- sorafenib (S), indipendentemente dalla presenza di mutazione di FLT3. S è stato somministrato alla dose di 400 mg due volte al dì nei giorni 10-19 dei cicli dauno/ARA-C e dal giorno + 8 di ogni ciclo di consolidamento fino a 3 giorni prima dell’inizio del successivo ciclo. Era inoltre prevista una terapia di mantenimento dalla fine del consolidamento per 12 mesi. Il trapianto allogenico è stato considerato in tutti i pazienti ad alto rischio, indipendentemente dal random. Le conclusioni degli autori sono che S determina una significativa riduzione del rischio di recidiva nella LAM e una migliore EFS, con vantaggio anche sulla sopravvivenza globale (OS) (Fig. XIII).
Figura XIII
Gli autori descrivono i risultati aggiornati dello studio di fase 1/2, che ha impiegato venetoclax + basse dosi di ARA-C in pazienti con LAM non eleggibili a terapia intensiva (Fig.14). Il 44 % dei pazienti aveva LAM secondaria a precedente malattia del sangue. La percentuale di CR/CRi è stata del 62%, con una mediana di sopravvivenza di 11,9 mesi e una durata mediana di RC di 14 mesi. La percentuale di CR è stata sensibilmente più elevata nei pazienti a cariotipo intermedio (76%), ma è ragguardevole il 47 % nei pazienti a citogenetica sfavorevole, come indicato in Figura XIV.
Figura XIV
Gli autori descrivono i risultati aggiornati dello studio di fase 1/2, che ha impiegato venetoclax + azacitidina o decitabina in pazienti con LAM non eleggibili a terapia intensiva (Fig. XV). La percentuale di CR/CRi è stata del 66%, con una mediana di sopravvivenza di 17,5 mesi e una durata mediana di RC di 11 mesi. La percentuale di CR/CRi è stata sensibilmente più elevata nei pazienti a cariotipo intermedio (75%), ma è ragguardevole il 55 % nei pazienti a citogenetica sfavorevole, come indicato in Figura XV. Il venetoclax è stato somministrato a dosi crescenti da 20 a 1200 mg, ma non vi è vantaggio oltre i 400 mg. I risultati dello studio sono particolarmente incoraggianti in una popolazione di pazienti con LAM ad alto rischio.
Figura XV
Gli autori descrivono i dati di “real life” sull’impiego di decitabina nella leukemia acuta mieloide dell’anziano. La casistica include 150 pazienti provenienti da diversi centri italiani osservati dal 2013 al 2017. E’ di particolare interesse che l’ORR e la sopravvivenza mediana sono sensibilmente superiori a quanto riportato nel trial registrativo, dove presumibilmente vi era stata una selezione di pazienti. In accordo con i dati della letteratura, la prognosi è stata peggiore nei pazienti con citogenetica sfavorevole ed in quelli che non hanno ottenuto la remissione completa (Fig. 16), anche se un beneficio clinico è stato osservato in tutti i responders. Questo studio conferma l’efficacia della decitabina nella AML dell’anziano con profilo di safety accettabile.
Figura XVI
A cura di:
Divisione di Ematologia, Ospedale Cardarelli, Napoli