Lenalidomide attiva nei pazienti con HD recidivato

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Nei pazienti con linfoma di Hodgkin (HD) recidivato o resistente, il trattamento con lenalidomide permette di ottenere risposte cliniche anche complete e parziali, suggerendo una possibilità di utilizzo in associazione con altri agenti attivi in questa patologia. I dati clinici provengono da uno studio multicentrico di fase 2 (Fehniger TA et al. Blood, 2011;118:5119-25) su 38 pazienti con HD già sottoposti a una mediana di 4 cicli di terapia. La somministrazione di lenalidomide è stata effettuata al dosaggio di 25 mg/die per os nei giorni 1-21 di un ciclo di 28 giorni, fino a progressione di malattia o tossicità inaccettabile.

Su 36 pazienti valutabili, sono state osservate 1 remissione completa, 6 remissioni parziali e 5 malattie stabili per > 6 mesi, con un tasso complessivo di risposta pari al 19%. La durata mediana delle risposte è stata di 6 mesi (range: da 4 a ≥ 24) e il tempo mediano alla recidiva nei rispondenti (CR/PR/SD ≥ 6 mesi) è stato pari a 15 mesi (range: da 4 to ≥ 43). La sopravvivenza globale mediana dell’intero gruppo è stata di 20 mesi. Il trattamento è stato ben tollerato e gli eventi avversi di grado 3/4 più comuni sono stati la neutropenia, l’anemia e la trombocitopenia. Quattro pazienti hanno interrotto la somministrazione di lenalidomide per tossicità.

«Dati recenti dimostrano che il microambiente che circonda la cellula di Reed-Stenberg svolge un ruolo critico per la patogenesi della malattia di Hodgkin. Questo network di cellule, citochine e immunità alterata fornisce nuovi potenziali bersagli terapeutici, su cui la lenalidomide è teoricamente in grado di agire», scrivono gli autori dello studio. Dati in vitro riportati dagli stessi autori non dimostrano invece un’azione diretta della lenalidomide sulla crescita o la sopravvivenza di linee cellulari di HD.

Tuttavia, la modesta ma obiettiva azione terapeutica della lenalidomide osservata in questo e altri studi suggeriscono l’opportunità di sperimentare ulteriori dosaggi e schemi di trattamento nei pazienti con HD, fra cui una somministrazione continua (giorni 1-28 di un ciclo di 28 giorni) o in associazione con altri agenti. La fattibilità di usare la lenalidomide come terapia di mantenimento dopo autotrapianto e come trattamento di prima linea nei pazienti anziani in associazione con adriamicina, vinblastina e dacarbazina sono alcune delle possibilità attualmente in via di sperimentazione clinica.

Link: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21937701

A cura di:

www.ematologiainprogress.net

Redazione Ematologia in progress
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