La terapia con linfociti T portatori di recettori chimerici per l’antigene (CAR-T cells) nei linfomi non Hodgkin
La tecnologia dei linfociti CAR-T (linfociti T autologhi ingegnerizzati ex vivo tramite trasduzione retro- o lentivirale al fine di esprimere in maniera costitutiva un recettore verso un antigene tumorale) ha avuto un grande sviluppo nell’ultimo decennio, e nel 2017 l’FDA ha approvato la prima terapia CAR-T (Kymriah™, CTL019) per il trattamento della leucemia linfoblastica acuta B refrattaria/ricaduta in pazienti con età inferiore ai 25 anni.
Nel numero del New England Journal of Medicine del 28 dicembre 2017, sono stati pubblicati due lavori che riportano i risultati del trattamento con cellule CAR-T in pazienti affetti da linfoma non Hodgkin B avanzato.
Lo studio ZUMA-1 (Neelapu SS et al.) è uno studio prospettico di fase 2 condotto tra novembre 2015 e settembre 2016 in 22 centri (21 negli Stati Uniti e 1 in Israele) su 111 pazienti con linfoma B diffuso a grandi cellule (DLBCL, n=81), linfoma primitivo del mediastino o linfoma trasformato da follicolare (n=30) refrattari a precedente chemioterapia o ricaduti dopo trapianto autologo. I pazienti sono stati trattati con la terapia CAR-T anti-CD19 axicabtagene ciloleucel (axi-cel, Kite Pharma) alla dose target di 2×106 cellule/kg dopo condizionamento con ciclofosfamide e fludarabina. In 110 pazienti (99%) è stato possibile produrre con successo i linfociti CAR-T e la somministrazione è avvenuta in 101 pazienti (91%) con un tempo mediano tra la leucaferesi e la somministrazione di axi-cel di 17 giorni. Nell’82% dei 101 pazienti sottoposti a trattamento (analisi “per-protocol”) si è documentata risposta completa (54%) o parziale. Ad un follow-up mediano di 15 mesi il 42% dei pazienti ha mantenuto la risposta e la sopravvivenza globale a 18 mesi è stata del 52%, con un apparente plateau delle curve di sopravvivenza. Gli eventi avversi di maggior rilievo sono stati la mielosoppressione (neutropenia di grado≥3: 78%, anemia: 43%, piastrinopenia: 38%), la sindrome da rilascio citochinico (di qualsiasi grado nel 93% e di grado≥3 nel 13% dei pazienti) e gli eventi neurologici (28% dei pazienti). La sindrome da rilascio citochinico si è risolta in tutti i pazienti con l’impiego di tocilizumab (anti-IL6) e/o steroidi tranne in due casi (emofagocitosi incontrollata e arresto cardiaco, rispettivamente). Non vi è stata differenza in termini di persistenza della risposta e sopravvivenza nei pazienti trattati o meno con terapia anti-citochinica.
Il secondo studio (Schuster SJ et al.) è un’esperienza monocentrica condotta presso l’Università della Pennsylvania su 28 pazienti adulti con DLBCL (n=14) o linfoma follicolare (n=14) in ricaduta precoce o refrattari ad almeno 2 linee precedenti di trattamento. I pazienti sono stati trattati con i linfociti CTL019 (Novartis) alla dose di 1-5×108 cellule/kg dopo condizionamento con vari tipi di linfodeplezione. Gli autori hanno riportato un arruolamento iniziale nello studio di 38 pazienti, 10 dei quali non hanno potuto ricevere i linfociti CAR-T per rapida progressione di malattia o insufficiente leucaferesi. Il tempo mediano tra la leucaferesi e la somministrazione delle CAR-T è stato di 39 giorni e 10 pazienti hanno avuto necessità di trattamenti “bridge” tra la leucaferesi e la linfodeplezione pre-infusione. Il tasso di risposta completa 6 mesi dopo l’infusione è stato del 43% nei 14 pazienti con DLBCL e del 73% nei 14 pazienti con linfoma follicolare, e tutti i pazienti in risposta completa a 6 mesi hanno mantenuto tale risposta ad un follow-up mediano di 29 mesi. Tra i 6 pazienti con DLBCL e duratura risposta al trattamento, due erano linfomi “double-hit”. Anche in questo studio gli eventi avversi non ematologici di maggior rilievo sono stati la sindrome da rilascio citochinico (di qualsiasi grado nel 57% e di grado≥3 nel 18% dei pazienti) e gli eventi neurologici (di qualsiasi grado nel 39% e di grado≥3 nell’11% dei pazienti). La sindrome da rilascio citochinico si è risolta in tutti i pazienti con l’impiego di tocilizumab, senza steroidi. Al follow-up mediano di 29 mesi, in circa metà dei casi in duratura remissione completa si è osservata la ricomparsa di cellule B e un recupero della capacità di sintesi di immunoglobuline.
In conclusione, questi due studi, che impiegano linfociti CAR-T prodotti con tecnologie diverse e usando differenti protocolli di condizionamento e reinfusione, mostrano risultati comparabili in termini di efficacia e sicurezza, che superano largamente quanto ottenuto dal trattamento convenzionale di pazienti ricaduti/refrattari con analoghe caratteristiche (in un recente studio osservazionale retrospettivo su oltre 800 pazienti i tassi di risposta globale e completa a vari tipi di reinduzione convenzionale sono stati del 26% e del 7% rispettivamente, con una sopravvivenza mediana di 6 mesi) (Crump M et al., 2017). La tecnologia CAR-T si mostra quindi promettente anche nei linfomi B avanzati ma il suo impiego su larga scala dovrà tenere conto dell’impegno logistico (preparazione, somministrazione, gestione degli eventi avversi) e, non secondariamente, economico.
Fonte:
BIBLIOGRAFIA
- Crump M, Neelapu SS, Farooq U, et al. Outcomes in refractory diffuse large B-cell lymphoma: results from the international SCHOLAR-1 study. Blood. 2017;130:1800-1808.
A cura di:
Sezione di Ematologia del Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Verona