Primario presso la divisione di Ematologia dell’Ospedale Cardarelli di Napoli
La leucemia acuta promielocitica (LAP) è un sottotipo distinto di leucemia acuta mieloide (LAM), caratterizzata da peculiari caratteristiche morfologiche, citogenetiche e biomolecolari. La malattia è più frequente tra i giovani e nella maggioranza dei casi esordisce con leucopenia e una tipica coagulopatia da consumo (CID, coagulazione intravascolare disseminata) che spesso domina il quadro clinico alla diagnosi (Ferrara F, Schiffer CA, 2013; Lo-Coco F et al, 2008). E’ una forma relativamente rara (10 % circa di tutte la LAM) ed è più frequentemente diagnosticata tra i latino-ispanici rispetto ai caucasici (Douer D, 2003). Nella maggior parte dei casi la diagnosi può essere agevolmente effettuata già con il semplice esame morfologico del sangue periferico e/o del midollo osseo. Si osserva generalmente un quadro di leucopenia con presenza di promielociti anomali, il cui citoplasma è stipato di granuli azzurrofili spesso irregolari e agglomerati di corpi di Auer (Figura I, panel A). In una minoranza di pazienti con LAP definita “variante” (LAPv), all’esame morfologico si riscontra invece una preponderante popolazione di cellule patologiche caratterizzate da citoplasma ipo-granuloso e rarissimi o assenti corpi di Auer (Liso V, Bennett J, 2003); il nucleo mostra contorno irregolare ed appare spesso bilobato, multi-lobato e/o reniforme (Figura I, panel B). A un’attenta osservazione il reperto di rari promielociti ipergranulari con corpi di Auer è quasi sempre evidenziabile anche nella LAPv, che è spesso associata ad iperleucocitosi e a complicanza da terapia con acido trans-retinoico (ATRA), in particolare pseudotumor cerebri (Ferrara F, 2010; Tallman M et al, 2011; Dimov ND et al, 2010). Una tempestiva diagnosi morfologica è di fondamentale importanza nella LAP, poiché l’immediato avvio di una terapia con ATRA e intensivo supporto con plasma e concentrati piastrinici, già in base al solo sospetto morfologico e prima della conferma molecolare, è in grado di ridurre in maniera significativa la mortalità precoce per emorragia cerebrale. Per la diagnosi rapida di LAP, è disponibile un test in immunofluorescenza mediante un anticorpo monoclonale anti-PML che, in presenza della proteina anomala PML-RARalpha, evidenza un caratteristico pattern di positività microgranulare (microspeckled).
Immunofenotipo della LAP
La LAP è stata oggetto di attiva investigazione immunofenotipica. Le cellule leucemiche mostrano tipicamente positività per CD13, CD33 a CD19, mentre DR è generalmente assente. Si può osservare bassa espressione di CD7, CD11b e CD14 e positività per CD2 e CD34 (Dong HY et al, 2011; Di Noto R et al, 2007). Sebbene una rilevanza clinica dell’espressione dei diversi antigeni non sia chiaramente definita, alcuni autori hanno riportato una associazione tra positività per CD2 e LAPv e un certo grado di correlazione tra espressione di CD34 e immaturità cellulare (Lin P et al, 2004; Albano F et al, 2006). Inoltre, l’espressione dell’antigene di adesione neuronale CD56 è stata correlata a risultati clinici sfavorevoli dopo trattamento con ATRA + chemioterapia (Ferrara F et al, 2000). Più recentemente è stata riportata una corerelazione tra positività per CD2 e presenza di mutazioni FLT3/ITD oltre che elevate livelli di FLT3 mRNA (Takenokuchi M et al, 2012).
Caratteristiche citogenetice e molecolari
Dal punto di vista citogenetico, la LAP è caratterizzata una traslocazione reciproca bilanciata tra i cromosomi 15 e 17, t(15;17)(q22;q21), che produce una fusione tra il gene PML (promyelocytic leukemia) e quello del recettore dell’acido retinoico (RARalpha), come indicato in Figura II. Poiché l’efficacia della terapia con ATRA e/o arsenico è strettamente correlata alla presenza del gene ibrido di fusione PML/RARalpha, la conferma della presenza della lesione genetica è assolutamente richiesta per una corretta diagnosi di LAP (Grimwade D et al, 2010; Mi JQ et al, 2012; Lo-Coco F, Ammatuna E, 2007). Inoltre, il gene ibrido è di estrema importanza nel monitoraggio della risposta molecolare alla terapia; infatti, la LAP rappresenta un esempio unico nel campo delle LAM in quanto la remissione molecolare è indispensabile per l’ottenimento della sopravvivenza a lungo termine e/o guarigione (Cazzaniga G et al, 2006; Freeman SD et al, 2008). E’ da sottolineare che la valutazione della risposta molecolare mediante real-time PCR (RT-PCR) va effettuata al termine della terapia di consolidamento, poiché in quel momento è realmente informativa sull’outcome successivo; inoltre, la ricomparsa del trascritto ibrido in pazienti precedentemente negativi, dimostrata in due determinazioni successive a intervallo di un mese, è invariabilmente seguita dalla recidiva ematologica. E’ per questa ragione che nella LAP la recidiva molecolare rappresenta una indicazione assoluta alla terapia, non diversamente dalla recidiva ematologica (Grimwade D et al, 2010; Mi JQ et al, 2012; Lo-Coco F, Ammatuna E, 2007; Cazzaniga G et al, 2006; Freeman SD et al, 2008; Sanz MA, Lo-Coco F, 2011).
Fattori prognostici
Sono stati proposti diversi fattori di prognosi, potenzialmente in grado di predire i risultati terapeutici della LAP. E’ stato riportato che la LAPv rispetto alla forma classica è associata a più alta percentuale di complicanze emorragiche e quindi di morte precoce, ma la differenza appare più correlata al numero di globuli bianchi all’esordio che non alla morfologia di per sé. Lo score proposto da Sanz e collaboratori considera tre gruppi di rischio in base ai valori di leucociti (WBC) e piastrine (PLT) all’esordio: rischio favorevole (WBC ≤10×109/L ePLT >40×109/L), rischio intermedio (WBC ≤10×109/L e PLT ≤40×109/L), rischio alto (WBC >10×109/L) (Sanz MA et al, 2000). I pazienti ad alto rischio sono gli unici nei quali è stato riportato un vantaggio in termini di percentuali di remissione completa (RC) e sopravvivenza con aggiunta di citarabina (ARA-C) in induzione, mentre nei rischi basso e intermedio la combinazione ATRA-antracicline costituisce la terapia ideale. La LAPv è comunque associata con più alta frequenza di mutazioni FLT3, che in alcuni studi hanno significato prognostico negativo (Gallagher RE et al, 2012; Kutny MA et al, 2012). Nel 12-38 % dei casi si tratta di mutazioni FLT3/ITD, mentre le mutazioni FLT3/TKD sono meno frequenti (2-20%). In generale, i pazienti con mutazioni FLT3 hanno una più elevata conta di globuli bianchi all’esordio di malattia e quindi più alta probabilità di morte precoce; mancano comunque a riguardo dati definitivi e differenti studi hanno prodotto risultati controversi, per cui negli abituali algoritmi prognostici della LAP, le mutazioni del gene FLT3 non vengono considerate (Schnittger S et al, 2011; Barragán E et al, 2011; Callens C et al, 2005; Beitinjaneh A et al, 2010). Altri parametri come il livello e la lunghezza delle mutazioni FLT3, il loro carico allelico ed il “load” di PML-RARalpha sono stati anche investigati, ma nella pratica clinica lo score di Sanz appare ancora oggi di indiscussa validità e viene anche considerato nei principali trials clinici.
Patogenesi della LAP
Sebbene diversi meccanismi molecolari alla base della patogenesi della LAP e della risposta alla terapia con ATRA e triossido di arsenico (ATO) siano stati ormai definitivamente chiariti, alcuni aspetti restano controversi. Il classico meccanismo patogenetico della LAP presuppone che il gene ibrido di fusione PML/RARalpha agisca come dominante negativo di RAR-alpha in grado di formare omodimeri reclutanti corepressori, a loro volta in grado di inibire funzioni di geni correlati alla differenzazione emopoietica e così di bloccarla a livello promielocitario. Inoltre, i prodotti di PML-RARalpha sono anche in grado di inibire la funzione di PML (un tumor suppressor gene) e quindi il gene ibrido agisce come dominante negativo sia di PML che RAR-alpha. PML è l’organizzatore di domini nucleari noti come PML nuclear bodies (NB). Concentrazioni farmacologiche di ATRA sono in grado di indurre una modifica della conformazione dei complessi multifunzionali connessi a PML-RARalpha, con il rilascio di specifici corepressori. Ciò restaura la normale funzione di PML-RARalpha con conseguente ripristino della normale differenziazione emopoietica (Ablain J, de The H, 2011). A sua volta, ATO induce degradazione di PML-RARalpha e ricostituzione dei nuclear bodies agendo prevelentemente sulla via PML con degradazione delle onco-proteine PML correlate (de Thé H et al, 2012). Il sinergismo tra i due farmaci supporta l’idea che sia la degradazione di PML-RARalpha che la ricostituzione dei nuclear bodies contribuiscono alla restaurazione della normale differenziazione emopoietica e quindi alla remissione complete clinico-ematologica (Lo-Coco F, Ammatuna E, 2006).
Terapia della LAP
Come già detto, la terapia con ATRA deve essere iniziata senza attendere la conferma genetica o citofluorimetrica della diagnosi nello stesso giorno in cui la diagnosi è sospettata nell’esame morfologico dello striscio di sangue periferico e/o del midollo osseo. Questa raccomandazione è giustificata dal favorevole rapporto rischio beneficio associato a questo tipo di approccio (Stein, Tallman MS, 2012); inoltre, è da escludere che l’ATRA possa aver avuto effetti negativi nel caso l’analisi genetica non confermasse la diagnosi di LAP in quanto ATRA non ha effetti collaterali severi e può essere somministrato senza alcuna complicazione a qualunque paziente con LAM. Al contrario, ci sono ipotesi sulla potenziale utilità di questo farmaco nella LAM associata a mutazione di NPM1 (Schlenk RF et al, 2004). E’ noto che ATRA migliora in tempi rapidi i segni della coagulopatia da LAP, perciò l’inizio precoce di questa terapia può portare ad una diminuzione del rischio di emorragia severa. Nel complesso, il trattamento della LAP include le fasi di induzione, consolidamento e mantenimento. Esistono ancora oggi quesiti non risolti che riguardano la terapia di induzione ideale, la miglior terapia iniziale nei pazienti anziani, il sottogruppo di pazienti che hanno maggiori probabilità di beneficiare della terapia di mantenimento, ed il regime di salvataggio più efficace.
Terapia di induzione
Sebbene il trattamento con ATRA in monoterapia determini percentuali di RC > 85-90%, vi è consenso unanime che la terapia di induzione debba basarsi sulla combinazione di ATRA + chemioterapia. Vi sono due ragioni per questo atteggiamento: la prima riguarda la miglior qualità della RC ottenuta con ATRA + chemioterapia (i primi studi hanno infatti dimostrato che la maggior parte dei pazienti trattati con il solo ATRA alla fine recidivavano), la seconda è che la combinazione è più efficace nel controllo della leucocitosi indotta da ATRA, che spesso è un indice della insorgenza della sindrome da LAP (descritta successivamente). Il tasso di RC ottenuto con la combinazione simultanea è > 90% nei maggiori studi multicentrici. Da notare che la più frequente causa di fallimento terapeutico, probabilmente sottostimata negli studi clinici, è la morte precoce da emorragia cerebrale, mentre le infezioni secondarie alla neutropenia sono causa di fallimento dell’induzione in una ridottissima minoranza di pazienti (McClellan JS et al, 2012; Lehmann S et al, 2011; Park JH et al, 2011). Va sottolineato poi che la più alta percentuale di decessi è stata registrata in popolazioni di pazienti con LAP anziani (Lengfelder E et al, 2013; Ferrara F et al, 2010). La refrattarietà alla terapia nella LAP è virtualmente assente e deve generare il sospetto di una diagnosi non corretta. L’aggiunta di ATRA è chiaramente associata ad una rilevante riduzione della mortalità secondaria alla coagulopatia da LAP, tanto che non vi è indicazione ad acido tranexamico, ma solo a terapia con concentrati piastrinici in modo da mantenere la conta piastrinica 30.000/mmc (Breen KA et al, 2012). Uno dei quesiti ancora discussi concerne il tipo di chemioterapia da associare ad ATRA. Al di fuori degli studi clinici, il nostro approccio corrente si basa sull’utilizzo di idarubicina (IDA), indipendentemente dalla conta leucocitaria iniziale, avendo ottenuto nella nostra personale esperienza una percentuale di RC del 96% in una serie di 95 pazienti con LAP. Non è stata osservata nessuna differenza prendendo in considerazione i gruppi di rischio secondo Sanz. In letteratura, tassi di RC comparabili sono stati ottenuti utilizzando ATRA + daunorubicina e citarabina oppure ATRA + IDA, senza nessun apparente vantaggio determinato dall’aggiunta di ARA-C (Adès L et al, 2013). Tuttavia, molti clinici (in particolare negli USA) ancora aggiungono l’ARA-C alla combinazione ATRA + antracicline (Ades L, Fenaux P, 2006). Un recente studio randomizzato britannico ha recentemente dimostrato che l’ARA-C non è necessaria nell’induzione della LAP, qualsiasi sia il gruppo di rischio alla diagnosi (Burnett AK et al, 2013). Per quel che riguarda il tipo di antraciclina, noi preferiamo IDA sebbene non vi sia nessun dato che confermi in maniera definitiva la sua superiorità rispetto alla daunorubicina. Mentre ATRA + chemioterapia somministrati simultaneamente rappresentano l’attuale gold standard nella LAP di nuova diagnosi, con percentuali di cura pari a circa l’80%, ATO in differenti combinazioni (± ATRA ± CHT) è in corso di valutazione come terapia front-line, con risultati incoraggianti in numerosi studi pilota ed in due studi di fase 3 condotti in Cina e negli USA (Breccia M, Lo Coco F, 2012b). Un recente studio condotto in Italia e Germania ha per primo comparato ATO + ATRA vs. ATRA + IDA ed ha dimostrato in maniera definitiva che nei pazienti con LAP non ad alto rischio una terapia front-line ATO+ATRA, ossia senza aggiunta di alcuna chemioterapia, è almeno non inferiore in termini di event free survival (EFS) a due anni (Lo Coco F et al, 2013), cosa che potrebbe portare ad uno nuovo standard terapeutico nei pazienti non ad alto rischio.
Terapia post-induzione
Come detto in precedenza, la RC molecolare deve sempre essere l’end point finale della terapia di induzione/consolidamento. L’approccio convenzionale è basato sulla somministrazione di due o tre cicli di chemioterapia con antracicline più o meno l’ARA-C. Poiché ogni ciclo di consolidamento induce sostanziale mielotossicità che a sua volta determina una prolungata pancitopenia, è stata presa in considerazione la possibilità della riduzione dell’intensità del consolidamento secondo un approccio “less is better” (Sanz MA et al, 2004). Come per l’induzione, il ruolo della citarabina nel consolidamento rimane in qualche modo controverso, ma almeno per quel che riguarda i pazienti a rischio basso o intermedio, i rischi derivanti da un consolidamento più intensivo non sono bilanciati da alcun beneficio clinico; al contrario, un trend che raccomanda la somministrazione di citarabina è stato osservato nei pazienti ad alto rischio (Ades L et al, 2008). La mia raccomandazione è di utilizzare solo le antracicline e di evitare l’ARA-C nei pazienti a rischio basso e intermedio, considerando la combinazione solo nei pazienti con conta iniziale di GB superiore ai 10000/mL, che sono quelli a maggior rischio di recidiva. Recentemente, i dati dal gruppo cooperativo italiano GIMEMA, hanno dimostrato una significativa riduzione del rischio di recidiva aggiungendo ATRA alla dose standard in combinazione con tre cicli di chemioterapia di consolidamento (Lo-Coco F et al, 2010). Questo approccio è quello attualmente in uso nel nostro Istituto, con la somministrazione di ATRA a 45 mg/m2 per 15 giorni per ogni ciclo di consolidamento. Con lo scopo di evitare l’uso di chemioterapia e di rafforzare l’efficacia di ATRA, ATO è stao utilizzato come terapia post-induzione nella LAP. A parte alcuni piccoli studi di fase 2 con relativamente piccoli numeri di pazienti (Breccia M, Lo Coco F, 2012b), l’utilizzo di ATO come terapia post-remissionale è confortato dai risultati di una grosso studio randomizzato del US Intergroup. In questo trial, i pazienti, prima del consolidamento standard con due ulteriori cicli di ATRA + daunorubicina, erano randomizzati a ricevere o no due cicli di 25 giorni con ATO (5 giorni alla settimana per 5 settimane) subito dopo l’ottenimento della RC (Powell BL et al, 2010). L’uso di ATO ha determinato EFS e OS significativamente migliori, provvedendo ulteriori prove a supporto del suo possibile utilizzo in consolidamento. In ogni caso va detto che i pazienti del braccio di controllo hanno avuto una sopravvivenza relativamente più bassa rispetto ai risultati di altri studi che utilizzavano schedule con ATRA + antracicline.
Il problema della terapia di mantenimento nei pazienti con LAP in RC molecolare alla fine del consolidamento rappresenta ancora una questione irrisolta (Marzbani E, Estey E, 2012). Due recenti studi randomizzati non ne hanno dimostrato beneficio, sia utilizzando ATRA + 6-mercaptopurina + methotrexate in combinazione (l’approccio italiano) sia usando 6 cicli di terapia intensificata (l’approccio giapponese) (Avvisati G et al, 2011; Asou N et al, 2007). In più, nella nostra esperienza, la tolleranza alla chemioterapia è mediocre e più della metà dei pazienti deve interrompere la terapia a causa di tossicità gastrointestinale o epatica. Il nostro approccio attuale è di somministrare ATRA per 15 giorni ogni tre mesi per due anni.
Terapia della recidiva
La recidiva si manifesta in circa il 5-30% dei pazienti con LAP ed è quasi esclusivamente limitato a quelli con malattia ad alto rischio alla diagnosi (Tallman MS, 2007). Circa il 3-5% dei pazienti sviluppa una recidiva extramidollare. Nella maggior parte dei casi è coinvolto il SNC, ma possono essere coinvolti anche altri siti (Specchia G et al, 2001). Infine, una piccola percentuale di pazienti (<3%) si presenta con una recidiva molecolare isolata in assenza di recidiva ematologica. Le opzioni terapeutiche dovrebbero tenere in considerazione diverse caratteristiche dei pazienti alla recidiva, a loro volta indipendenti dalla categorizzazione iniziale secondo Sanz. In particolare, vanno considerate la durata della prima RC, la conta leucocitaria, il numero delle precedenti recidive, e l’eventuale ottenimento della remissione molecolare dopo quella ematologica (Estey EH, 2003). I pazienti che non presentano nessuno di questi fattori vanno considerati a basso rischio, tutti gli altri ad alto rischio. Nei pazienti trattati in induzione/consolidamento con ATRA + chemioterapia, non ci sono dubbi che ATO come singolo agente rappresenta la terapia di scelta (Lengfelder E et al, 2012). I dati dello studio multicentrico USA mostrano una percentuale di RC del 85% e di remissione molecolare del 78%, evidenziando in maniera chiara che ATO è il più potente induttore della remissione molecolare (Soignet SL et al, 2001). Noi proponiamo due o tre cicli addizionali di terapia dopo l’ottenimento della RC. I pazienti ad alto rischio con età < 45-50 anni potrebbero essere presi in considerazione per un trapianto allogenico di cellule staminali (allo-SCT), mentre quelli che non hanno un donatore e quelli con età superiore ai 50 anni potrebbero essere candidati al trapianto autologo (ASCT) una volta ottenuta la remissione molecolare e confermata la negatività delle staminali raccolte (Yanada M et al, 2013; Ferrara F et al, 2004; Thirugnanam R et al, 2009). L’ovvia obiezione a questo tipo di approccio è che non esistono studi randomizzati che dimostrano che l’ASCT sia davvero utile nei pazienti in seconda remissione molecolare e quindi potenzialmente guariti già prima del trapianto. Tuttavia la nostra esperienza è molto favorevole nei pazienti in recidiva trattati con ASCT (assenza di mortalità trapianto-relata e sopravvivenza a lungo termine superiore al 80% (Ferrara F et al, 2010c). Per quel che riguarda l’allo-SCT, vi è unanime consenso a ritenere che esso non ha nessun ruolo nei pazienti con LAP in prima remissione molecolare (Kharfan-Dabaja MA et al, 2007; Sanz MA et al, 2007). L’unica indicazione ad allo-SCT è nei pazienti che non hanno ottenuto la remissione molecolare alla fine del consolidamento (5% o meno) o in quelli che hanno una recidiva precoce (durata della prima RC inferiore a 18-24 mesi). Come è ovvio l’allo-SCT va considerato anche nei pazienti in seconda o successiva recidiva. Le possibili opzioni terapeutiche per la LAP sono riassunte nella Tabella I.
Sindrome da differenziazione
La sindrome da differenziazione (SD), precedentemente nota come sindrome da acido retinoico, è una complicazione frequente ma non prevedibile che può presentarsi in corso di somministrazione di ATRA e/o ATO nei pazienti con LAP (Rogers JE, Yang D, 2012). La SD è riportata nel 2,5-30% dei pazienti con LAP che ricevono terapia di induzione con ATRA e/o ATO, mentre non viene mai osservata né in consolidamento, né in mantenimento pur utilizzando uno dei due composti; la DS non compare neanche durante il trattamento con ATRA per altre neoplasie non LAP, il che implica un ruolo cruciale delle cellule leucemiche della LAP nello sviluppo della sindrome (Montesinos P, Sanz MA, 2011). L’ampio range di incidenza dipende probabilmente dai differenti criteri utilizzati per la sua diagnosi e dalla severità dei sintomi considerati Inoltre, poiché nessuno dei sintomi osservabili è patognomonico della sindrome – e potrebbe essere secondario ad altre condizioni come batteriemia, sepsi, polmonite, emorragia polmonare, scompenso cardiaco congestizio – la SD potrebbe essere stata sotto- o sovrastimata. Da un punto di vista clinico, la sindrome va sospettata quando ci si trovi in presenza di uno dei seguenti sintomi o segni: dispnea, febbre non spiegabile con altre cause, aumento ponderale, edemi periferici, ipotensione non spiegabile con altre cause, insufficienza renale acuta o scompenso cardiaco congestizio, ed in particolare quando una radiografia toracica dimostri degli infiltrati polmonari interstiziali multipli o versamento pleuropericardico. I fattori di rischio per lo sviluppo della SD non sono del tutto definiti, ma dovrebbero includere alta conta e/o rapido aumento di leucociti, e l’espressione di specifici antigeni di superficie (Zuckerman T et al, 2012). Nei pazienti trattati con la combinazione di ATRA + IDA, un indice di massa corporea aumentata correla con l’incidenza della SD (Breccia M et al, 2012). La sindrome viene riconosciuta come una complicanza distinta dalle altre e rappresenta una complicanza potenzialmente letale. Per tale motivo, siamo soliti utilizzare una terapia specifica con desametasone ev a 10 mg al giorno quando uno dei sintomi è presente. In presenza di alta conta di GB (>100×109/L), la nostra abitudine è di somministrare una dose di ARA-C 500 mg, anche se ciò aumenta in maniera sostanziale il rischio di mielotossicità. Una temporanea interruzione di ATRA e/o ATO è indicata nei casi di SD severa, in particolare in presenza di insufficienza renale acuta o sindrome da distress respiratorio necessitante il ricovero in unità di terapia intensiva.
Indicazioni ad approcci “individualizzati” nella terapia della LAP
L’inclusione in un trial clinico rappresenta la migliore scelta terapeutica per I pazienti con LAP; vi sono però specifiche situazioni nelle quali i criteri di inclusione/esclusione degli studi non consentono l’arruolamento dei pazienti. Inoltre, per differenti ragioni (performce status compromesso, età avanzata, severe malattie concomitanti, gravidanza), la combinazione ATRA/antracicline, che rappresenta il corrente standard della terapia di induzione ed un consolidamento standard possono essere controindicati. In questi casi, la terapia va adattata alla situazione specifica in accordo al migliore rapporto rischio/beneficio.
LAP in gravidanza
Dato il potenziale teratogeno dell’ATRA e dell’ATO, ogni decisione terapeutica in gravidanza dovrebbe considerare la possibilità di un aborto terapeutico, sopratutto se la diagnosi viene effettuata nel primo trimestre. In questo caso, il nostro approccio è di indurre la RC con ATRA + idarubicina e poi procedure all’interruzione di gravidanza. Dopo l’aborto, il consolidamento va somministrato in base alla categoria di rischio secondo Sanz, indipendentemente dalla situazione precedente. In caso di rifiuto da parte della paziente di interrompere la gravidanza per ragioni religiose e/o di altra natura, ATO e ATRA vanno evitati e l’induzione deve basarsi solo su antracicline, preferibilmente daunorubicina, in quanto i dati disponibili ne indicano l’efficacia e la letteratura a sostegno è più estesa (Ganzitti L et al, 2010; Sanz MA et al, 2009). Ovviamente la paziente va informata sull’aumentato rischio emorragico e di mortalità dovuta al mancato impiego di ATRA. Per le LAP che insorgono nel secondo o terzo trimestre, non vi sono raccomandazioni particolari e la terapia va condotta secondo i criteri standard. E’ comunque raccomandabile uno stretto follow-up del feto ed un estrema attenzione alle possibili complicanza dovute all’impiego dell’ATRA.
LAP nel paziente anziano
A differenza degli altri sottotipi di LAM, la LAP dell’anziano mostra caratteristiche biologiche e cliniche simili a quelle dei pazienti giovani-adulti e la sensibilità ad ATRA, ATO e antracicline non è differente. Ciò nonostante, la prognosi della malattia peggiora progressivamente con l’età e in un numero non trascurabile di pazienti la terapia di induzione più efficace, in particolare le antracicline, possono essere contraindicate per cardiomiopatie o altre severe compromissioni di organo antecedenti alla diagnosi (Ferrara F et al, 2010b; Lengfelder E et al, 2013). Inoltre, la possibilità di morte precoce per emorragia cerebrale come dimostrato da due recenti studi di “real life” condotti in Svezia (Lehmann S et al, 2011) e negli Stati Uniti (Park JH et al, 2011) è significativamente più elevata nell’anziano. In particolare, nello studio svedese la mortalità precoce era 29 % in una serie di 104 pazienti consecutivi e del 50 % nella popolazione con età superiore a 60 anni (Park JH et al, 2011). Va inoltre considerato che la terapia di consolidamento è a sua volta associata a maggiore morbidità e mortalità nei pazienti anziani (Sanz MA et al, 2004). In generale, I pazienti “fit”, in grado di soddisfare i criteri di inclusione dei trials hanno un outcome sovrapponibile a quello dei soggetti più giovani (Mandelli F et al, 2003; Prebet T, Gore SD, 2011), per cui appare opportuno offrire in questi casi una terapia standard con attenuazione delle dosi in base a singole situazioni. Al contrario, per i pazienti non in grado di ricevere chemioterapia l’approccio ideale dovrebbe basarsi su ATO come agente singolo, poiché la combinazione ATRA/ATO, pur maggiormente attiva, è associata a rischio più elevato di insorgenza di DS. Dopo l’ottenimento della RC, la terapia di consolidamento dovrebbe essere impostata in base ai risultati del monitoraggio molecolare. Gemtuzumab-ozogamicin (GO), un anticorpo monoclonale anti-CD33 coniugato con l’agente citotossico chalieceamicina, potrebbe avere un ruolo importante nella terapia di questa fase della LAP (Breccia M, Lo-Coco F, 2011).
LAP “treatment related” (LAP-t)
E’ ben noto che le forme di LAM che insorgono dopo chemio e/o radioterapia per precedente neoplasia si associano a prognosi peggiore rispetto alle LAM “de novo” (Godley LA, Larson RA, 2008). Per quanto riguarda le LAP-t, l’incidenza è maggiore dopo chemioterapia per tumore della mammella in seguito a uso estensivo di inibitori delle topoisomerasi-2 (epirubicina, mitoxantrone); la LAP-t può anche insorgere dopo terapia per linfoma (più spesso non-Hodgkin), mentre è rara dopo trattamento di altri tumori (Duffield AS et al, 2012). Negli anni recenti sono stati segnalati diversi casi di LAP-t secondaria a terapia con mitoxantrone per sclerosi multipla (Ammatuna E et al, 2011). In generale le caratteristiche biologiche e cliniche delle LAP-t non sono differenti dalle forme de novo, per cui vanno distinte dalle altre LAM secondary (Duffield AS et al, 2012), anche perché non vi è una reale differenza prognostica. Per questa ragione i pazienti con LAP-t devono ricevere un trattamento standard, con la sola eccezione di quelli pretrattati con dosi massive di antracicline nei quali un approccio di combinazione ATRA/ATO va senz’altro considerato.
Conclusioni
La LAP rappresenta un paradigma di efficace “targeted therapy” in ematologia clinica; ciononostante, i correnti risultati terapeutici possono ulteriormente essere migliorati. E’ ormai tempo di trattare i pazienti a rischio basso/intermedio con ATRA/ATO in induzione e consolidamento, evitando la chemioterapia. In questi casi particolare attenzione va rivolta alla sindrome DS, indipendentemente dalla comparsa o meno di leucocitosi. Per i pazienti ad alto rischio, che restano a rischio significativo di recidiva, l’induzione deve comprendere ATRA e chemioterapia seguita da 2-3 corsi di ARA-C associata ad antraciclina. Recentemente peraltro il gruppo MRC ha dimostrato che anche nell’alto rischio non vi sono benefici dell’aggiunta dell’ARA-C, che determina invece significativamente maggiore mielosoppressione e peggiore qualità di vita. L’agente singolo più efficace nella terapia della LAP rimane al momento l’ATO, il cui ruolo va esplorato anche come agente singolo in futuri trials e va sicuramente riconsiderato il ruolo del GO, sopratutto nella terapia di consolidamento dei pazienti “frail”. Una delle sfide più rilevanti nella terapia della LAP è oggi la riduzione della mortalità precoce che nella real life è ancora superiore al 10 % anche nei paesi avanzati. Un altro aspetto rilevante, sopratutto alla luce di terapie future che eviteranno la chemioterapia, è quello della sindrome DS. La diagnosi di tale sindrome è spesso insidiosa e può confondersi con altre complicanza quali sepsi e/o tossicità da ATRA; in ogni caso nel sospetto di DS, l’avvio tempestivo della terapia steroidea va considerato. Infine vanno sottolineati gli sforzi recenti di migliorare i risultati terapeutici della LAP nei pazienti in aree poco industrializzate, specie in America Latina, dove la malattia è molto più frequente. Recentemente, un consorzio internazionale di esperti è riuscito a implementare un interscambio di conoscenze che ha portato a sensibili miglioramenti dei risultati clinici con riduzione della mortalità precoce di oltre il 50 % e della sopravvivenza di circa il 30 % (Rego EM et al, 2013).
BIBLIOGRAFIA
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