Inotuzumab e chemioterapia non-intensiva, seguiti o meno da blinatumomab, come terapia per pazienti affetti da LAL Ph- in prima recidiva

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Questo mese su Cancer sono stati pubblicati dal gruppo dell’MD Anderson Cancer Center i risultati preliminari di uno studio di fase II (Jabbour E et al, 2018) per pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta Ph- (LAL Ph-) in prima ricaduta ematologica, in cui è stata valutata l’efficacia e la fattibilità di una immunochemioterapia basata sull’utilizzo di inotuzumab ozogamicin, anticorpo monoclonale anti-CD22 coniugato con la calicheamicina, in combinazione ad una chemioterapia non-intensiva (mini-hyper-CVD), seguiti o meno da 4 cicli di blinatumomab nella fase di consolidamento.

In questo studio, l’inotuzumab è stato inizialmente somministrato per il primo ciclo al dosaggio di 1.8 mg/m2 per la prima dose e di 1.3 mg/m2 nelle somministrazioni successive e, dal secondo ciclo, al dosaggio di 1.3 mg/m2 per la prima dose e di 1 mg/m2 nelle somministrazioni successive. A partire da febbraio 2017, il dosaggio di inotuzumab è stato ridotto a 0.9 mg/m2 per il primo ciclo e a 0.6 mg/m2 per i cicli successivi (4 in totale), per ridurre il rischio di VOD (veno-occlusive disease), e dopo la fase di trattamento con inotuzumab sono stati somministrati fini a 4 cicli di blinatumomab alla dose standard di 28 μg/die in infusione continua per 4 settimane, per aumentare il tempo intercorso tra l’ultima dose di inotuzumab ed il trapianto allogenico di midollo osseo (ASCT). In aggiunta, nei pazienti in cui si evidenziava sul blasto leucemico un’espressione dell’antigene CD20 >20% è stato somministrato anche rituximab.

Da novembre 2012 a gennaio 2018 sono stati arruolati 48 pazienti (età mediana: 39 anni, range 18-87) in prima recidiva ematologica. Trentaquattro/48 pazienti (71%) presentavano alla recidiva una percentuale di infiltrazione midollare >50%. Il 15% aveva già eseguito un ASCT. Nessuno dei pazienti arruolati aveva ricevuto precedentemente inotuzumab o blinatumomab. Trentotto pazienti hanno eseguito il trattamento originale, 10 il trattamento con basso dosaggio di inotuzumab seguito da blinatumomab.

Dei 48 pazienti arruolati, 44 (92%) hanno ottenuto una risposta: 35 hanno mostrato una remissione completa (RC) morfologica, 8 una RC con incompleto recupero in piastrine e 1 paziente una RC con incompleto recupero in neutrofili e piastrine. Quarantuno pazienti sono stati valutati per la malattia minima residua mediante citofluorimetria a sei colori, che è risultata negativa nel 68% dei pazienti al momento della remissione morfologica e nel 93% entro i primi 3 cicli. Ventiquattro pazienti (50%) in seconda remissione completa hanno eseguito un ASCT.

Ad un follow-up mediano di 31 mesi, 23 pazienti (48%) mantenevano la seconda RC (13 dopo ASCT). A due anni, la progression-free survival (PFS) è stata del 42% (mediana: 11 mesi) e la overall survival (OS) del 54% (mediana: 25 mesi). L’OS ad 1 anno per i pazienti trattati con la combinazione originale (38 pazienti) è stato del 63% mentre ancora non è disponibile per i pazienti trattati dopo l’emendamento del protocollo (10 pz).

Per quanto concerne la tossicità, una piastrinopenia prolungata si è verificata nel 79% dei pazienti. Cinque dei 38 pazienti che hanno ricevuto il trattamento originale hanno manifestato una VOD; 2 avevano precedentemente effettuato un trapianto, mentre gli altri 3 lo hanno eseguito successivamente al trattamento con inotuzumab. In seguito all’emendamento definitivo, nessuno dei 10 pazienti è andato incontro ad una VOD (4/10 sottoposti a seguente ASCT); è però necessario un follow-up più lungo per confermare il miglior profilo di tossicità epatica.

Complessivamente, l’approccio di immunoterapia in associazione a chemioterapia non intensiva in pazienti LAL Ph- in recidiva ematologica, notoriamente a prognosi infausta, sì è dimostrato efficace e ben tollerato e potrebbe rappresentare una alternativa alle terapie cellulari di nuova generazione nel subset di pazienti con elevato tumor burden.

 

Fonte:

Jabbour E, Sasaki K, Ravandi F, Huang X, Short NJ, Khouri M, Kebriaei P, Burger J, Khoury J, Jorgensen J, MD, Jain N, Konopleva M, Garcia-Manero G, Kadia T, Cortes J, Jacob J, Montalbano K, Garris R, O’Brien S and Kantarjian H. Chemoimmunotherapy With Inotuzumab Ozogamicin Combined With Mini-Hyper-CVD, With or Without Blinatumomab, Is Highly Effective in Patients With Philadelphia Chromosome–Negative Acute Lymphoblastic Leukemia in First Salvage. Cancer. 2018 Oct 11. [Epub ahead of print]

A cura di:

Ematologia, Università Sapienza, Roma

Michela Ansuinelli, Robin Foà
Michela Ansuinelli, Robin Foà
Ematologia, Università Sapienza, Roma
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