Impiego delle CAR-T Cells nel mieloma multiplo
Il mieloma multiplo (MM) è una neoplasia maligna che origina da un clone di plasmacellule (Röllig C et al, 2015; Kumar SK et al, 2017). Negli Stati Uniti, si stima che nel 2020 siano stati diagnosticati 32.270 nuovi casi di MM e che si siano verificati 12.830 decessi correlati al MM (Siegel RL et al, 2020).
Negli ultimi due decenni, la disponibilità di nuovi farmaci – inibitori del proteasoma, agenti immunomodulanti e anticorpi monoclonali anti-CD38 – ha aumentato significativamente la durata mediana della sopravvivenza dei pazienti con MM che è passata dai 3 anni ai 6 anni dalla diagnosi iniziale (Röllig C et al, 2015: Nandakumar B et al, 2019). Tuttavia, il MM rimane ancora una malattia incurabile; ad ogni nuova recidiva le plasmacellule mielomatose tendono ad acquisire nuove mutazioni che possono conferire caratteristiche a cattiva prognosi e resistenza ai trattamenti standard (Bolli N et al, 2014; Kumar SK & Rajkumar SV, 2018; Furukawa Y et al, 2020), con conseguente aumento progressivo della morbilità da malattia (Laubach J et al, 2016; Durer C et al, 2020).
Risulta evidente come siano necessari nuovi approcci terapeutici in grado di indurre remissioni durature della malattia e possibilmente la guarigione.
I recettori chimerici (CAR) sono proteine di fusione artificiali con specificità antigeniche note che consistono in un dominio extracellulare di riconoscimento dell’antigene, derivante dalla porzione variabile dalla catena pesante delle immunoglobuline, connesso, tramite un dominio transmembrana, ad un dominio intracellulare di trasduzione del segnale che include una porzione attivante derivata dalla catena CD3ζ e uno o più domini co-stimolatori derivati da proteine come il CD28 e 4-1BB (Kochenderfer JN et al, 2013; Sadelain M et al, 2013; Sadelain M et al, 2017). Questi recettori vengono trasdotti medianti vettori virali (lentivirus o γ-retrovirus) o trasposoni all’interno di linfociti T autologhi o allogenici che esprimeranno successivamente lo specifico recettore CAR (Wang X et al, 2016; Levine BL, 2017).
Come discusso in dettaglio nel capitolo, negli ultimi anni le CAR-T hanno portato a numerosi avanzamenti nel trattamento delle leucemie acute linfoblastiche B (LAL B) e dei linfomi non-Hodgkin a cellule B recidivati/refrattari (R/R). Attualmente sono in corso numerosi trials anche nel MM R/R. In seguito a risultati estremamente promettenti, a Marzo 2021 la Food and Drug Administration (FDA) ha approvato la prima CAR-T per il MM R/R, Abecma (idecabtagene vicleucel, ide-cel; Bristol-Mayers-Squibb/Bluebird) con specificità diretta verso l’antigene di maturazione dei linfociti B (BCMA), un membro della superfamiglia del TNF.
Selezione di antigeni bersaglio delle cellule CAR-T
Il determinante più importante per il successo della terapia con CAR-T è la scelta dell’antigene bersaglio (Srivastava S et al, 2015; Sadelain M et al, 2017; Lim WA & June CH, 2017). L’antigene bersaglio ottimale delle cellule CAR T è teoricamente quello che è costantemente espresso sulla superficie delle cellule maligne ma non sulla superficie delle cellule sane (Srivastava S et al, 2015; Sadelain M et al, 2017). Ad oggi, non è stato identificato alcun antigene che sia espresso in modo selettivo forte e uniforme sulle cellule MM e non sulle cellule non maligne. Degli antigeni identificati finora, il BCMA ha il modello di espressione più favorevole come bersaglio per il CAR (Novak AJ et al, 2004; Carpenter RO et al, 2013). Infatti, il BCMA è espresso a livelli variabili dalle plasmacellule maligne in quasi tutti i pazienti con MM, mentre l’espressione di questo antigene sulle cellule sane è limitata alle plasmacellule e ad un piccolo subset di cellule B (O’Connor BP et al, 2004; Ng LG et al, 2004; Carpenter RO et al, 2013). Molti studi clinici sono attualmente in corso sulle CAR-T anti-BCMA.
CAR-T anti-BCMA
- Risultati dei primi protocolli con CAR-T anti-BCMA
Il National Cancer Institute (NCI) ha condotto il primo studio sulle CAR-T anti-BCMA (Carpenter RO et al, 2013; Brudno JN et al, 2018). Il prodotto CAR (chiamato 11D5-3-CD828Z) utilizzato includeva un scFv murino, un dominio co-stimolatorio CD28, domini cerniera/transmembrana e un dominio di attivazione CD3ζ. Un totale di 24 pazienti sono stati trattati a uno dei quattro diversi livelli di dose (0,3-9,0 × 106 cellule CAR-T/kg); i 2 pazienti che avevano ricevuto la dose inferiore hanno ricevuto una seconda dose a dosaggio più alto per inefficacia della prima dose. La tossicità CAR-T-relata è risultata dose-dipendente (Brudno JN et al, 2018). I pazienti trattati con 0,3-3,0 × 106 cellule CAR-T/kg presentavano tossicità generalmente lievi e nessuna CRS (cytokine release syndrome) di grado 3 o 4. Al contrario, il 38% dei pazienti che hanno ricevevuto la dose più elevata hanno presentato una CRS di grado 3 o 4. Nel contesto dei pazienti che hanno ricevuto la dose più elevata, è stata osservata una associazione statisticamente significativa tra il carico di plasmacellule nel midollo osseo e una CRS grave (Brudno JN et al, 2018). Uno dei risultati più importanti di questo studio è stata l’evidenza della dose-dipendenza dell’attività anti-MM delle CAR-T. Infatti, solo 1 dei 10 pazienti che hanno ricevuto i 3 dosaggi più bassi ha mostrato una very good partial response (VGPR) e il tasso di risposta globale (ORR) è stato del 20%. A dosaggi più alti, l’ORR dei 16 pazienti è stata invece dell’81%, con un 63% di VGPR o remissione completa (RC) (Brudno JN et al, 2018). Nonostante l’alto tasso di ORR, nei pazienti con MM non sono finora state riportate remissioni durature, contrariamente a quanto invece osservato in pazienti con linfoma trattati con CAR-T anti-CD19 (Kochenderfer JN et al, 2017; Brudno JN et al, 2020; Chong AE at el, 2021). Infatti, tutti i pazienti trattati nello studio di Brudno et al (2018) con CAR-T anti-BCMA sono andati incontro ad una progressione o recidiva di malattia. La perdita dell’espressione del BCMA sulle cellule di MM è stata rilevata in 2 pazienti.
- Idecabtagene vicleucel
Idecabtagene vicleucel (precedentemente noto come bb2121) incorpora lo stesso scFv del sopracitato CAR 11D5-3-CD828Z testato presso l’NCI, ma presenta come molecola costimolatoria il 4-1BB al posto del CD28 (Friedman KM et al, 2018; Raje N et al, 2019). Nello studio di fase I che ha testato ide-cel, sono stati trattati un totale di 33 pazienti a quattro diversi dosaggi (50-800 × 106 CAR-T), in una prima coorte, e con un range di dosi più limitato (150-450 × 106 CAR-T) nella coorte di espansione. Dei 33 pazienti trattati, 14 hanno richiesto una terapia bridge durante la fase di manifattura delle CAR-T. I pazienti avevano ricevuto una mediana di 7 precedenti linee di terapia (Raje N et al, 2019). Quasi la metà di tutti i pazienti (45%) aveva una citogenetica ad alto rischio ed il 27% aveva una malattia extramidollare. In totale, 25 pazienti (76%) hanno sviluppato, in seguito all’infusione delle CAR-T, una CRS che, nella maggior parte dei casi (70%), è stata di grado 1/2. Nessun paziente ha sviluppato una CRS di grado 4 o 5. Per quanto riguarda la tossicità neurologica, questa è stata sviluppata da 14 pazienti, ma nel 93% dei casi è stata di grado 1 o 2. Da sottolineare che quasi la metà dei pazienti (42%) ha sviluppato complicanze infettive durante lo studio.
I pazienti che hanno ricevuto ide-cel in questo studio hanno mostrato una ORR dell’85%, con il 45% di RC o RC stringenti (sRC); la durata mediana della sopravvivenza libera da progressione (PFS) è stata di 11,8 mesi. Il prodotto finale delle cellule CAR-T comprendeva una miscela di cellule T CD4+ e CD8+ con una mediana dell’85% (range 42-98%) di cellule T-CAR+CD4+ e del 13% (range 2-47%) di cellule T-CAR+CD8+ (Raje N et al, 2019). I livelli di cellule CAR-T circolanti erano significativamente più alti nei pazienti che hanno ottenuto una risposta alla terapia entro i 28 giorni dall’infusione.
Il successivo studio di fase II, il protocollo KarMMa, ha valutato ulteriormente la sicurezza e l’efficacia di ide-cel (Munshi NC et al, 2021). I risultati di questo studio sono stati recentemente pubblicati sul New England Journal of Medicine (Munshi NC et al, 2021) e hanno portato all’approvazione da parte dell’FDA di ide-cel (Abecma). In questo studio, ide-cel è stato utilizzato in pazienti con MM R/R che avevano ricevuto almeno 3 linee di terapia comprendenti inibitori del proteasoma, agenti immunomodulanti e l’anticorpo anti-CD38. I pazienti hanno ricevuto ide-cel a 3 dosaggi differenti – 150 × 106 (n=4), 300 × 106 (n=70) e 450 × 106 (n= 54) – di cellule CAR-T. Sono stati arruolati complessivamente 140 pazienti e 128 (91,4%) hanno ricevuto l’infusione di ide-cel. Dei 12 che non hanno ricevuto ide-cel, 8 sono usciti dal protocollo prima della linfodeplezione (in 3 casi per decisione medica, in 2 per decisione del paziente, in 1 caso per fallimento nella manifattura, in 1 caso per progressione di malattia e nell’ultimo caso per un evento avverso non specificato), gli altri 4 sono usciti dal protocollo dopo la linfodeplezione ma prima dell’infusione (in 2 casi per decesso, negli altri 2 per decisione del paziente). L’età mediana è stata di 61 anni (range 33-78) e i pazienti trattati avevano ricevuto una mediana di 6 linee di trattamento precedenti (range 3-16) e il 94% aveva effettuato almeno un trapianto autologo (auto-SCT). Ad un follow-up mediano di 13,3 mesi, l’ORR è stata del 73% con un 33% di RC/sRC ed il 52% di VGPR. RC/sRC sono state registrate in 44/54 (81%) pazienti che avevano ricevuto la dose più elevata, nel 69% pazienti che avevano ricevuto la dose intermedia e nel 50% di quelli che avevano ricevuto la dose più bassa. La malattia minima residua (MMR) è stata valutata nei pazienti in RC/sRC mediante citofluorimetria e tecniche di next generation sequencing: 33/42 (79%) sono risultati negativi alla valutazione della MMR, i rimanenti 9 sono risultati non valutabili. Globalmente, la PFS mediana è stata di 8,8 mesi (IC 95%, da 5,6 a 11,6), mentre nei pazienti che avevano raggiunto una RC/sRC è stata di 20,2 mesi (IC 95%, 12,3- non raggiunta). Per quanto concerne la tossicità, una CRS è stata segnalata in 107 pazienti (84%), inclusi 7 (5%) che hanno avuto CRS di grado ³3 (compreso un evento di grado 5). L’incidenza della CRS è risultata correlata al dosaggio di ide-cel ricevuto. Ventitré (18%) pazienti hanno sviluppato una tossicità neurologica, in 4 casi (3%) di grado 3; nessun caso di neurotossicità di grado 4 o 5 è stato riportato. Anche per la neurotossicità è stata osservata una correlazione con la dose infusa di ide-cel.
Anche in questo protocollo le complicanze infettive sono state numerose; infatti, nel 69% dei pazienti è stato documentato un evento infettivo che nel 22% dei casi è stato di grado 3 o 4.
Un totale di 44 pazienti trattati (34%) sono deceduti durante lo studio; la maggior parte dei decessi (27/44, 61%) è stata attribuita a complicanze insorte per progressione del MM, la maggior parte delle quali avvenute dopo i 6 mesi dall’infusione (17/27). Cinque pazienti sono deceduti precocemente entro le 8 settimane dall’infusione: 3 pazienti per eventi avversi correlati a ide-cel (aspergillosi broncopolmonare, emorragia gastrointestinale e CRS) e 2 per progressione di malattia. Per quanto riguarda la cinetica, nei pazienti in cui era disponibile un follow-up più lungo, le CAR-T circolanti sono state rilevate a 6 mesi in 29 su 49 pazienti (59%) valutabili e a 12 mesi in 4 su 11 pazienti (36%) valutabili. Tuttavia, la presenza di CAR-T circolanti non è risultata protettiva nei confronti di una recidiva; rimane ancora poco chiaro se tale fenomeno sia correlato alla selezione di un clone resistente di cellule mielomatose e/o all’anergia delle cellule CAR-T.
Il BCMA solubile (sBCMA) è stato utilizzato come marker del burden di malattia e dosato al baseline e a specifici timepoints. In tutti i pazienti che hanno ottenuto una risposta è stato osservato un rapido decremento del sBCMA dopo l’infusione di ide-cel con un nadir raggiunto entro i 3 mesi dall’infusione. Il raggiungimento di livelli non rilevabili di sBCMA è stato osservato più frequentemente nei pazienti che avevano ottenuto risposte più profonde ed è risultato correlato ad una maggiore espansione delle cellule CAR-T. Inoltre, un sBCMA non rilevabile a 2 mesi dall’infusione è stato correlato positivamente ad una maggiore durata della risposta e ad una PFS più lunga.
Il CAR utilizzato in ide-cel è utilizzato anche in un altro prodotto CAR-T noto come bb21217, sebbene quest’ultimo sia prodotto utilizzando un processo che include la co-coltura ex vivo con un inibitore della fosfoinositide-3-chinasi per arricchire in cellule T con un fenotipo meno differenziato (Berdeja JG et al, 2019). Bb21217 è attualmente in fase di sperimentazione in uno studio clinico di fase I con risultati preliminari incoraggianti (Alsina M et al, 2020).
- Altri costrutti CAR anti-BCMA
L’Università della Pennsylvania (UPENN) ha testato delle CAR-T anti-BCMA con un recettore chimerico completamente umanizzato in tre coorti di pazienti (totale n=25) (Cohen AD et al, 2019). I pazienti della coorte 1 hanno ricevuto 100-500 × 106 CAR-T senza chemioterapia linfodepletiva; quelli della coorte 2 hanno eseguito ciclofosfamide per 3 giorni prima dell’infusione di 10-50 × 106 CAR-T e quelli della coorte 3 hanno eseguito ciclofosfamide per 3 giorni seguiti da 100–500 × 106 CAR-T. Il prodotto CAR-T-BCMA è stato somministrato suddividendolo in tre infusioni a dosi crescenti: il 10% della dose totale al giorno 0, il 30% al giorno 1 ed il 60% al giorno 2 (Cohen AD et al, 2019). Globalmente, 21 pazienti (84%) hanno ricevuto tutte e tre le infusioni pianificate; i restanti 4 pazienti hanno ricevuto solo il 40% della dose pianificata a causa dell’insorgenza di una CRS precoce. Nel complesso, la maggior parte dei pazienti (88%) è andato incontro ad una CRS; Il 32% di grado 3/4. Un’encefalopatia di grado 3/4 si è verificata in 3 pazienti (compreso un caso di sindrome da encefalopatia posteriore), tutti con un elevato disease burden e trattati con alte dosi di CAR-T. L’ORR è stata globalmente del 48% in tutte le coorti (44%, 20% e 64% nelle coorti 1, 2 e 3, rispettivamente).
Lo studio di fase I/II EVOLVE sta attualmente valutando la sicurezza e l’efficacia di JCARH125 (orvacabtagene ciloleucel, orva-cel) (Harrington K et al, 2017; Shah UA & Smith EL, 2019: Shah UA & Mailankody S, 2020; Colonna L et al, 2020), CAR-T anti-BCMA con un CAR completamente umanizzato associato ad un dominio co-stimolatore 4-1BB e un rapporto CD4:CD8 di 1:1 (Colonna L et al, 2020). Lo studio, che ha come obiettivo l’efficacia, ha evidenziato una ORR del 91%, con un 39% di RC/sRC (Colonna L et al, 2020). Da sottolineare che una coorte di questo studio prevede l’utilizzo in profilassi di anakinra, un inibitore del signaling dell’IL-1; dati preliminari recentemente riportati hanno evidenziato in questa coorte una riduzione dell’incidenza di CRS di grado ≥2 in assenza di effetti negativi sul tasso di risposta (Costa L et al, 2021).
- CAR-T specifiche per più epitopi del BCMA o con CAR umanizzato
LCAR-B38M è un prodotto che incorpora due domini di riconoscimento per il BCMA, aumentando così potenzialmente l’avidità di legame con l’antigene (Zhao WH et al, 2018; Wang BY et al, 2019; Xu J et al, 2019). Un totale di 74 pazienti sono stati trattati con questo prodotto durante lo studio di fase I Legend-2 in quattro diversi centri in Cina (Zhao WH et al, 2018; Xu J et al, 2019; Wang BY et al, 2019). Le differenze nei regimi chemioterapici linfodepletivi e nei programmi di infusione hanno portato i ricercatori a riportare i risultati di due coorti separate: 17 pazienti trattati in uno dei tre siti e 57 pazienti trattati in un quarto sito. I pazienti nella coorte più piccola hanno eseguito un’infusione graduale di CAR-T nei giorni 0 (20%), 3 (30%) e 6 (50%) oppure un’infusione singola. I pazienti di questa coorte avevano ricevuto una mediana di 4 linee di terapia precedente; più della metà di questi pazienti non era stata sottoposta ad un precedente auto-SCT (Zhao WH et al, 2018; Xu J et al, 2019). In tutti i casi è stata registrata una CRS; 10 (59%) di grado 1/2, 6 (35%) di grado 3 e 1 di grado 5. Non è stato evidenziato, invece, alcun evento di neurotossicità. In questa coorte, l’ORR è stata dell’88%, con 14 pazienti (82%) in sRC (Zhao WH et al, 2018; Xu J et al, 2019). La durata mediana della PFS in tutti i pazienti è stata di 12 mesi, simile a quella evidenziata con ide-cel. Nella seconda coorte, sono stati trattati 57 pazienti. I pazienti hanno ricevuto infusioni frazionate di cellule CAR-T al giorno 1 (20%), al giorno 3 (30%) e al giorno 7 (50%) (Wang BY et al, 2019). I pazienti avevano ricevuto una mediana di 3 precedenti linee di terapia (range 3-9). Quasi l’80% dei pazienti non era stato sottoposto a precedente auto-SCT. In questa coorte, l’82% dei pazienti ha mostrato una CRS di grado 1/2 ed il 7% aveva CRS di grado 3. L’ORR è stata dell’88%, con un tasso di RC del 74% (nel 92% di queste si trattava di sRC). La durata mediana della PFS è stata di 20 mesi (range 10-28), mentre la PFS mediana dei pazienti in sRC è stata di 28 mesi (Wang BY et al, 2019).
JNJ-4528 (ciltacabtagene autoleucel, cilta-cel) è un prodotto che presenta lo stesso CAR di quello utilizzato nel prodotto LCAR-B38M, ed è attualmente in fase di sperimentazione nello studio di fase Ib/II CARTITUDE-1 negli USA. I risultati della fase 1b e della parte iniziale della fase 2 dello studio sono stati recentemente riportati sottoforma di abstract al congresso della European Hematology Association (EHA) del 2021 (Usmani S et al, 2021). Attualmente, 97 pazienti hanno ricevuto cilta-cel (29 nella fase 1b; 68 nella fase 2). I pazienti avevano ricevuto una mediana di 6 linee precedenti di trattamento (range 3-18). l’ORR è stato del 97%, con un tasso di sRC del 67%. La MMR è stata valutabile in 57 pazienti: il 93% è risultato negativo. I tassi di PFS e OS a 12 mesi sono stati rispettivamente del 77% e del 89%; le mediane di PFS e OS non sono state raggiunte. Quattordici decessi si sono verificati durante lo studio; 9 per eventi avversi (CRS/MAS, neurotossicità, insufficienza respiratoria, sepsi, shock settico, polmonite, ascesso polmonare e leucemia mieloide acuta) e 5 per progressione di malattia. La CRS si è verificata nel 95% dei pazienti (4% di grado 3/4). La neurotossicità è stata riportata nel 21% dei pazienti (10% di grado 3/4) (Usmani S et al, 2021). È attualmente in corso lo studio di fase 2 CARTITUDE-2, in cui cilta-cel viene somministrato a coorti di pazienti con MM con caratteristiche differenti (compresa una coorte di paziente non precedentemente trattati). Al congresso EHA del 2021 sono stati presentati dei risultati preliminari della coorte A (pazienti con MM che hanno ricevuto fino ad un massimo di 3 linee di terapia comprendenti inibitori del proteasoma e IMiDs, e considerati resistenti alla lenalidomite) (Agha M et al, 2021). Sono stati trattati finora 20 pazienti; il tasso di risposta globale è stato del 95% con un 75% di RC/sRC. La CRS si è verificata nell’85% dei pazienti: nel 10% è stata di grado 3/4. La neurotossicità CAR-T cell-relata si è verificata nel 20% dei casi (tutte di grado 1/2). Con l’eccezione di un decesso per COVID-19, non sono stati riportati eventi infettivi.
- CAR-T anti-BCMA associati ad inibitori delle γ-secretasi
Pont et al (2019) hanno riportato due meccanismi di resistenza alla terapia con CAR-T anti-BCMA: una bassa densità o addirittura una mancata espressione del BCMA sulla superficie di alcune cellule di MM in alcuni pazienti e la capacità del BCMA solubile (sBCMA) di bloccare l’interazione tra le cellule CAR-T e il BCMA espresso sulla superficie delle cellule MM. Per affrontare questi meccanismi di escape, ricercatori hanno studiato l’uso di inibitori della γ-secretasi (GSI) per migliorare l’espressione di BCMA sulla superficie delle cellule MM e ridurre le concentrazioni di sBCMA bloccando la scissione del BCMA sulla superficie cellulare (Pont MJ et al, 2019). I GSI sono normalmente utilizzati nei pazienti con malattia di Alzheimer e in quelli affetti da alcuni specifici tumori solidi. In esperienze pre-cliniche, Pont et al (2019) hanno osservato che le linee cellulari di MM in presenza di GSI (JSMD194) subivano un aumento reversibile da tre a cinque volte dell’espressione del BCMA sulla superficie cellulare. Inoltre, il riconoscimento delle cellule MM da parte delle cellule CAR-T anti-BCMA risultava potenziato in seguito alla somministrazione di GSI quando le cellule di MM mostravano bassi livelli di espressione del BCMA, ma non quando i livelli di espressione di BCMA erano già alti (Pont MJ et al, 2019; Green DJ et al, 2019). Un potenziale svantaggio dell’utilizzo di questo approccio è che i GSI sembrano anche compromettere il rilascio di IL-2 da parte delle CAR-T e la loro proliferazione, sebbene l’attività citolitica non sia stata influenzata. Gli autori hanno osservato in modelli murini miglioramenti dell’efficacia delle CAR-T anti-BCMA dopo la somministrazione di GSI. Sulla base di questi risultati pre-clinici, è stato avviato uno studio di fase I che combina il JSMD194 con le FCARH125. I risultati sui primi 10 pazienti che hanno ricevuto il trattamento in questo studio sono stati presentati come abstract (Cowan AJ et al, 2019). I pazienti arruolati erano pesantemente pre-trattati, avendo ricevuto una mediana di 10 precedenti linee di trattamento. Sono stati testati tre dosaggi di CAR-T (50-150 × 106). Al fine di valutare gli effetti dei GSI sull’espressione del BCMA delle plasmacellule, a tutti i pazienti è stata eseguita una agobiopsia del midollo osseo per valutare l’entità dell’espressione del BCMA dopo tre dosi orali di JSMD194 a partire dal giorno 0 ad intervalli di 48 ore. I pazienti hanno continuato JSMD194 tre volte alla settimana per 3 settimane dall’infusione delle cellule CAR-T. È stato osservato un aumento mediano di 20 volte dell’espressione di BCMA sulle plasmacellule (range 8-157) e i livelli di sBCMA diminuiti di due volte dopo tre dosi di JSMD194. La CRS si è verificata nel 100% dei pazienti, nella maggior parte dei casi di grado 1/2. È importante sottolineare che nel 70% dei pazienti si è verificata una neurotossicità, un’incidenza superiore rispetto alla maggior parte degli altri studi che coinvolgono cellule CAR-T anti-BCMA. Su 9 pazienti valutabili, l’ORR è stata del 100%. La somministrazione di GSI sembra, quindi, essere un approccio promettente per aumentare l’efficacia delle CAR-T anti-BCMA. Diversi protocolli sono attualmente in corso.
Targeting delle cellule staminali di MM
Si ipotizza che ci siano cellule B clonotipiche circolanti che non esprimono marcatori plasmacellulari caratteristici, come il CD138, e che rappresentino cellule staminali mielomatose capaci di autorinnovamento e differenziazione, e necessarie per la persistenza del MM (Brennan SK et al, 2009; Hajek R et al, 2013; Gao M et al, 2016). Le cellule B clonotipiche potrebbero dare origine a cellule MM con un fenotipo resistente ai farmaci e potrebbero spiegare perché la ricaduta è quasi inevitabile. Tuttavia, il concetto di cellule B clonotipiche come cellule staminali mielomatose non è attualmente universalmente accettato e non sono stati identificati marcatori antigenici definitivi da utilizzare come target per queste presunte cellule staminali, sebbene i dati provenienti da studi in vitro suggeriscano che i marcatori delle cellule B CD19 e CD20 possano essere dei potenziali candidati (Garfall A et al, 2015; Garfall A et al, 2016; Zhang H et al, 2019; Shi X et al, 2019).
Nei primi tentativi di utilizzare terapie target contro le presunte cellule staminali di MM, Garfall et al hanno somministrato cellule CAR-T anti-CD19 (CTL019; Kymriah) dopo chemioterapia mieloablativa con melphalan e auto-SCT (Garfall A et al, 2015; Garfall A et al, 2016; Garfall AL et al, 2018). Dieci pazienti con MM R/R dopo un precedente auto-SCT sono stati sottoposti ad un secondo auto-SCT seguito da un’infusione di 50 × 106 CTL019 (Garfall AL et al, 2018). La durata mediana della PFS è stata di 185 giorni (range 42-479).
Yan et al (2019) hanno progettato due prodotti CAR-T-41BB contro il CD19 e il BCMA e hanno infuso entrambi i prodotti a 21 pazienti arruolati, con l’obiettivo di colpire simultaneamente le cellule di MM esprimenti il BCMA e potenzialmente anche le cellule staminali di MM che esprimono il CD19. Una CRS è stata osservata in 19 (90%) dei 21 pazienti, 18 dei quali avevano una CRS di basso grado. Due pazienti (10%) sono andati incontro ad una neurotossicità. L’ORR è stata del 95%, con un 57% di RC/sRC (Yan ZL et al, 2019). Sono stati recentemente riportati all’EHA Virtual Congress del 2021, i risultati di uno studio di fase 1 su un nuovo prodotto FasT CAR-T anti-BCMA/CD19 (GC012F), che ha mostrato una ORR del 94,7% con un 88% di sRC tra i rispondenti. Globalmente, lo stato di sRC MRD- è stato raggiunto da 16/19 pazienti, con una durata mediana di risposta non ancora raggiunta al follow-up mediano di 13,4 mesi (Du J et al, 2021). L’efficacia delle sole CAR-T anti-BCMA non è stata confrontata a quella delle CAR-T anti-CD19 + CAR-T anti-BCMA; pertanto, l’entità di qualsiasi beneficio per i pazienti derivato dall’aggiunta delle CAR-T anti-CD19 non è chiara.
Diversi studi clinici che stanno valutando CAR-T con antigeni diversi dal BCMA sono attualmente in corso.
Direzioni future
Le cellule CAR-T anti-BCMA inducono una remissione in pazienti con MM pesantemente pre-trattati con durata delle risposte, purtroppo, limitata. L’obiettivo principale della ricerca futura in questo settore dovrebbe essere, appunto, quello di aumentare la durata di queste risposte. Diversi studi clinici attualmente in corso indicano alcune strade promettenti per il miglioramento della terapia con cellule CAR-T per il MM.
Il MM è fenotipicamente eterogeneo; quindi, prendere di mira un solo antigene alla volta potrebbe non essere la strategia più vantaggiosa. Inoltre, l’espressione variabile sulla superficie cellulare del BCMA rende questo antigene un bersaglio non del tutto ottimale, come sottolineato anche dall’emergere di recidive BCMA-negative e dall’esistenza di cellule MM che esprimono bassi livelli di BCMA prima dell’esposizione a terapie anti-BCMA (Ali SL et al, 2016; Green D at el, 2019; Mikkilineni L et al, 2019; Madduri D et al, 2020; Munshi NC et al, 2021; Usmani S et al, 2021). Pertanto, l’obiettivo più importante per il miglioramento delle terapie con cellule CAR T nei pazienti con MM è identificare ulteriori e, potenzialmente, migliori antigeni target da colpire singolarmente o simultaneamente.
La molecola SLAMF7 è un promettente antigene alternativo in quanto non espresso né nei tessuti epiteliali né nelle cellule staminali ematopoietiche (Hsi ED et al, 2008; Wu N & Veillette A, 2016; Gogishvili T et al, 2017; Boudreault JS et al, 2017). Inoltre, >95% delle cellule di MM midollari esprime SLAMF7 e l’espressione persiste alla recidiva e durante il trattamento con terapie standard (Chu J et al, 2014; Lonial S et al, 2015; Lonial S et al, 2016a; Boudreault JS et al, 2017). SLAMF7 è espresso su un sottogruppo di cellule T CD8+, cellule natural killer (NK) e cellule T-NK; pertanto, le terapie mirate a questo antigene potrebbero causare l’esaurimento di queste sottopopolazioni di leucociti (Veillette A & Guo H, 2013) e aumentare il rischio infettivo. Diversi studi clinici stanno attualmente valutando la sicurezza e/o l’efficacia delle cellule CAR-T autologhe e allogeniche anti-SLAMF7 nei pazienti con MM R/R. I risultati sono fortemente attesi in quanto una precedente esperienza in modelli pre-clinici in vitro e in vivo ha dimostrato che CAR-T anti-SLAMF7 sono sostanzialmente più potenti contro le cellule di MM rispetto all’anticorpo anti-SLAMF7, elotuzumab, già approvato per il trattamento del MM R/R (Gogishvili T et al, 2017). Per aumentare la sicurezza, le CAR-T anti-SLAMF7 (in particolare dal punto di vista del rischio infettivo) attualmente in studio incorporano un gene suicida (NCT03958656 e NCT03710421). Il gruppo europeo CARAMBA ha progettato un nuovo modello di CAR-T anti-SLAMF7 che utilizza una trasduzione non virale basata sul sistema di trasposoni Sleeping Beauty ed è in corso uno studio di fase I/II (CARAMBA trial). Inoltre, le prime CAR-T allogeniche anti-MM ad essere state introdotte in un trial clinico (fase I, MELANI-01) sono CAR-T anti-SLAMF7 (UCARTCS1). Le UCARTCS1 sono prodotte utilizzando linfociti T allogenici sottoposti ad editing genico TALEN per eliminare l’espressione endogena del TCR e di SLAMF7, al fine di ridurre il rischio di GVHD e di fratricidio (Mathur R et al, 2017).
Il successo clinico dell’anticorpo monoclonale anti-CD38 (daratumumab e isatuximab) nel MM (Lonial S et al, 2016b; Martin T et al, 2017; Usmani SZ et al, 2020) è alla base dello sviluppo di CAR-T anti-CD38. Evidenze pre-cliniche sulle CAR-T anti-CD38 hanno evidenziato un efficace effetto anti-mieloma (Drent E et al, 2016; Ghosh A et al, 2018) e ciò ha portato al disegno di vari studi clinici in monoterapia (NCT03464916) o in combinazione con diverse cellule CAR-T anti-MM (anti-BCMA, anti-CD19, anti-CD138, anti-CD56 e anti-NY-ESO-13) È, inoltre, in fase di valutazione un prodotto CAR-T a doppia specificità anti-CD38/BCMA (NCT03767751). Tuttavia, il CD38 non è generalmente altamente espresso nelle cellule di MM e la sua espressione può essere down-modulata nella malattia avanzata (Drent E et al, 2016). Inoltre, esiste anche una probabilità di tossicità on-target/off-tumor poiché il CD38 è espresso anche sulle cellule T attivate (aumentando così il rischio di fratricidio), sulle cellule NK e sulle cellule normali della prostata, dei neuroni e dei muscoli.
Il recettore GPRC5D è un altro promettente antigene espresso normalmente solo nell’epitelio dei follicoli piliferi (Smith EL, et al, 2019). In studi pre-clinici, le CAR-T anti-GPRC5D somministrate da sole, in associazione alle CAR-T anti-BCMA o come CAR-T bicistroniche con un CAR anti-BCMA e uno anti-GPRC5D, sono state in grado di eradicare i tumori in modelli murini di MM (Smith EL, et al, 2019; de Larrea CF et al, 2019).
Man mano che vengono scoperti nuovi antigeni selettivamente associati al MM, saranno necessari diversi approcci di targeting simultaneo di due antigeni utilizzando le cellule CAR-T. Pertanto, identificare i metodi ottimali per colpire simultaneamente almeno due antigeni è un obiettivo cruciale della ricerca futura (CAR-T bicistroniche, CAR-T tandem, CAR-T prodotte con doppia trasduzione). In particolare, sono in corso sperimentazioni che stanno testando CAR-T dual targeting anti-BCMA e anti-CD19 o anti-CD38 (Yan Z et al, 2019; Garfall AL et al, 2019; Li C et al, 2019).
L’aumento della densità dell’espressione del BCMA è una ulteriore promettente area di ricerca, come già discusso l’utilizzo dei GSI per aumentare l’espressione di BCMA sulla superficie sembra una strategia efficace.
L’ottimizzazione del design del recettore CAR e quindi della sua funzione è un’altra area di potenziale miglioramento (Srivastava S & Riddell SR, 2015; Lim WA & June CH, 2017). Attualmente si stanno sviluppando CAR completamente umanizzati nel tentativo di limitare l’immunogenicità e lo sviluppo di anticorpi anti-CAR-T (Smith EL et al, 2018; Lam N et al, 2020).
Gli approcci di immunologia cellulare volti ad aumentare la proliferazione in vivo e la persistenza delle cellule CAR-T sono una ulteriore area di potenziale miglioramento. Alcuni approcci promettenti includono nuovi metodi di coltura dei linfociti T, tra cui l’arricchimento in cellule T staminali della memoria e l’uso di citochine come l’IL-15 (Xu Y et al, 2014; Sabatino M et al, 2016).
La combinazione di farmaci anti-MM e delle cellule CAR-T, rappresenta un’ulteriore potenziale miglioramento. Ad esempio l’utilizzo della bendamustina al posto della fludarabina, potrebbe potenziare l’attività anti-MM rispetto ai tradizionali regimi di linfodeplezione. Anche la somministrazione di trattamenti di mantenimento, come previsto dalla maggior parte dei trattamenti standard anti-MM, dopo l’infusione di CAR-T potrebbe aumentare la durata delle risposte. In particolare, agenti immunomodulatori come la lenalidomide potrebbero migliorare l’efficacia delle CAR-T (Wang X, et al, 2018).
In conclusione, le CAR-T, in particolare le CAR-T anti-BCMA, rappresentano una nuova frontiera anche nel trattamento del MM mostrando potente attività in contesti di malattia pluri-resistente o ad alto rischio citogenetico. Tuttavia, la durata delle risposte è ancora limitata nel tempo seppure superiore o pari ad altri trattamenti per il MM R/R. Numerosi sforzi sono in atto per migliorarla.
E’ inoltre importante sottolineare come i pazienti con MM trattati con CAR-T generalmente riferiscono miglioramenti nella qualità della vita nel periodo post remissione (Sidana S et al, 2019) e in una malattia come il MM questo è un dato significativo.
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