Il monitoraggio molecolare della malattia minima residua (MRD) fornisce informazioni prognostiche di grande rilevanza clinica nei pazienti con leucemia acuta mieloide (LAM) con mutazione di nucleofosmina1 (NPM1mut) e può essere di grande utilità per la valutazione degli effetti di specifiche terapie nell’ambito di studi clinici (Freeman SD, 2019).
Nello studio di Kapp-Schwoerer e coll. (Blood, 2020) sono stati determinati i livelli trascrizionali di NPM1mut (TL) mediante RQ-PCR e ne è stato valutato l’impatto prognostico in termini di MRD. Inoltre è stato investigato l’effetto di gemtuzumab ozogamicin (GO), un anticorpo monoclonale anti-CD33 coniugato con calicheamicina, sui livelli trascrizionali di NPM1mut e l’incidenza cumulativa di recidiva (CIR) nei pazienti con NPM1mut LAM arruolati nel trial randomizzato di fase III AMLSG 09-09 (Kapp-Schwoerer S et al, 2020). GO ha indicazione in combinazione a terapia con daunorubicina e citarabina (3 + 7) per il trattamento di pazienti di età pari o superiore a 15 anni con LAM CD33- positiva de novo, precedentemente non trattata, ad eccezione della leucemia promielocitica acuta.
Nello studio sono stati analizzati 3733 campioni di midollo osseo (BM) e 3793 di sangue periferico (PB) di 469 pazienti con LAM e mutazione di NPM1 (237 terapia standard e 232 terapia con GO, come indicato in Tabella I). La riduzione di NPM1mut TL a log10 ≥3 e il raggiungimento della negatività MRD in BM e PB sono stati associati a un tasso di CIR significativamente inferiore, dopo due cicli di trattamento e alla fine del trattamento (EOT), come mostrato nelle Figure I e II. Nella Figura III viene indicato come i pazienti che hanno mostrato almeno una volta un livello di NPM1 mut TL > 200 nel midollo osseo (n=75) o nel sangue periferico (n=72) andavano incontro a recidiva nel 67% e 71 % dei casi, rispettivamente. In analisi multivariata, la positività alla MRD si è confermata come fattore prognostico sfavorevole in BM e PB (Tabella II).
Tabella I. Caratteristiche dei pazienti.
Tabella II. Risultati dell’analisi multivariata per la recidiva dopo due cicli di induzione ed alla fine del trattamento.
Figura I. La riduzione di NPM1mut TL a log10 ≥3 si associa a CIR significativamente minore.
Figura II. Il raggiungimento della negatività MRD in BM e PB è stata associata a un tasso di CIR significativamente inferiore, dopo due cicli di trattamento (panel A & B) e alla fine del trattamento (panel C & D).
Figura III. I pazienti che hanno mostrato almeno una volta un livello di NPM1 mut TL > 200 nel midollo osseo (n=75) o nel sangue periferico (n=72) andavano incontro a recidiva nel 67% e 71% dei casi, rispettivamente.
Per quanto riguarda l’effetto della terapia, il TL mediano di NPM1mut era significativamente più basso nel braccio GO in tutti i cicli di trattamento (Figura IV), determinando una percentuale significativamente più alta di pazienti che raggiungevano la negatività MRD all’EOT (56% vs 41%; p = 0,01). La riduzione più significativa di NPM1mut TL dopo due cicli di trattamento in pazienti MRD-positivi mediante l’aggiunta di GO ha portato a un tasso di CIR significativamente inferiore (CIR a 4 anni 29,3% vs 45,7%, p = 0,009) (Figura V).
Figura IV. Il TL mediano di NPM1mut era significativamente più basso nel braccio GO in tutti i cicli di trattamento
Figura V. La riduzione più significativa di NPM1mut TL dopo due cicli di trattamento in pazienti MRD-positivi mediante l’aggiunta di GO ha portato a un tasso di CIR significativamente inferiore (CIR a 4 anni 29,3% vs 45,7%; p = 0,009).
In conclusione, l’aggiunta di GO alla chemioterapia intensiva nella LAM NPM1mut ha determinato una riduzione significativa di NPM1mut TL in tutti i cicli di trattamento, portando a un tasso di ricaduta significativamente inferiore.
Fonte:
Bibliografia:
Divisione di Ematologia, Ospedale Cardarelli, Napoli
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