La diagnostica radiologica convenzionale, in particolar modo la TAC, rappresenta la metodica di imaging più utilizzata nella stadiazione e nel follow-up dei pazienti con NHL. Tuttavia, l’impiego della radiologia convenzionale per la valutazione della risposta alla terapia presenta dei limiti, in particolare a causa dell’impossibilità di distinguere la presenza di fibrosi/necrosi da quella di tessuto neoplastico attivo nei pazienti con lesioni residue, vale a dire in oltre un terzo dei casi di NHL (Canellos GP, 1998). L’introduzione della PET e più recentemente della TAC/PET ha consentito di superare in gran parte questo limite, e un numero esteso di lavori ha dimostrato il valore predittivo di questo esame sia nella valutazione precoce che nella valutazione finale della risposta al trattamento. Il linfoma di Hodgkin e i linfomi non Hodgkin B aggressivi sono le patologie in cui la PET è stata più estesamente utilizzata e studiata: essa trova peraltro sempre più frequente impiego anche nei NHL indolenti, in particolare per indirizzare il sospetto di trasformazione istologica.
Impiego nella stadiazione pre-terapia
La PET risulta più efficiente rispetto alla TAC nell’individuare soprattutto le localizzazioni extralinfonodali (Moog F et al, 1998). In pazienti con linfoma B diffuso a grandi cellule e linfoma follicolare la PET consente di attribuire uno stadio superiore rispetto alla valutazione tradizionale TAC + biopsia osteomidollare in circa il 15% dei pazienti. Al contrario, nei pazienti con linfoma linfocitico o della zona marginale splenica, nodale e MALT la PET presenta una sensibilità decisamente inferiore alla TAC e non appare, da sola, un’indagine di stadiazione adeguata (Jerusalem G et al, 2001). Il linfoma mantellare di norma capta il fluorodesossiglucosio (FDG), tuttavia è stato segnalato che le localizzazioni viscerali possono essere sottostimate ed è necessario eseguire accertamenti endoscopici per confermarne o escluderne la presenza (Bodet-Milin C, 2010). I dati sull’impiego della PET nella stadiazione dei NHL T sono più limitati e contrastanti: negli istotipi più comuni (linfoma T periferico NAS e linfoma anaplastico a grandi cellule) la PET presenta una sensibilità paragonabile alla TAC (Bishu S et al, 2007). Considerato l’ampio impiego nella routine clinica e l’utilità come esame di riferimento per valutare la successiva risposta al trattamento, il consenso degli esperti ha definito che la TAC-PET dovrebbe essere raccomandata come esame di stadiazione pre-terapia in tutti i pazienti con linfomi nodali captanti il FDG (ossia tutte le istologie ad eccezione del linfoma linfocitico, del linfoma linfoplasmocitico e dei linfomi della zona marginale) (Barrington SF, 2014).
Impiego nella valutazione precoce della risposta al trattamento
Una delle applicazioni di maggior interesse della PET riguarda la cosiddetta analisi “ad interim”, ossia dopo un numero limitato (da 1 a 4) di cicli di chemio- o immunochemioterapia. Da un punto di vista biologico, una interim PET negativa indica che la neoplasia è sensibile al trattamento in corso, e il valore predittivo negativo di tale esame supera il 90% nel linfoma di Hodgkin e l’80% nei linfomi non Hodgkin ad alto grado (Jerusalem G et al, 2000). D’altra parte il valore predittivo positivo dell’interim PET è decisamente inferiore, e in particolare nei NHL aggressivi occorre considerare che la cinetica di crescita cellulare è più alta rispetto al linfoma di Hodgkin, il che rende ragione della presenza frequente di un uptake residuo minimo del marcatore radioattivo pur in assenza di tessuto neoplastico attivo.
Secondo i criteri proposti da un panel internazionale di esperti (Meignan M et al, 2009), la valutazione PET si basa su una scala visiva (da un minimo di 1, ossia nessun segnale, a un massimo di 5, ossia un segnale di uptake marcatamente più forte rispetto a quello epatico), associata a una valutazione quantitativa (misurazione del SUV, standardized uptake value) raccomandata nei gradi intermedi della scala visiva. La definizione di positività secondo la scala visiva è stata assai varia nei diversi studi ma sostanzialmente si possono individuare due strategie di valutazione: una più “restrittiva” (che definisce negativa solo la PET con valore 1) e una più “liberale” (che considera negativo l’esame anche in presenza di un segnale residuo minimo, pari a un valore 2). Localizzazioni residue con valori pari o superiore a 3 (uptake superiore a quello del mediastino ma inferiore a quello epatico) sono definite positive, tuttavia recenti lavori hanno dimostrato che pazienti con linfoma B diffuso a grandi cellule e interim-PET presentante localizzazioni con grado massimo pari a 3 raggiungono al termine del trattamento la risposta metabolica completa e hanno una buona prognosi a lungo termine (Pregno P, 2012). Analogamente, pazienti con linfoma B a grandi cellule del mediastino hanno una prognosi eccellente sia che presentino, al termine dell’immunochemioterapia, risposta metabolica completa (definita come grado 1 o 2) sia che presentino uptake residuo di grado 3 (sopravvivenza a 5 anni 100% vs 83% dei pazienti con uptake 4 o 5) (Martelli M, 2014).
Nonostante alcuni limiti interpretativi non ancora risolti, sono attualmente in corso numerosi studi prospettici in pazienti con linfomi non Hodgkin B aggressivi, tesi a valutare se l’intensificazione di terapia guidata dal risultato della PET precoce possa annullare il valore prognostico negativo dell’avere una PET positiva. Va tuttavia considerato che, al momento e al di fuori di studi clinici controllati, non ci sono elementi per indirizzare a un’intensificazione terapeutica pazienti con PET precoce positiva senza procedere ad una conferma istologica di persistenza di malattia.
Impiego nella ristadiazione al termine del trattamento
La valutazione della risposta al termine del trattamento (in genere 3-12 settimane dopo l’ultimo ciclo di terapia o altro trattamento) è l’indicazione più frequente all’utilizzo della PET. Sono stati pubblicati recentemente i nuovi criteri di valutazione della risposta al trattamento (Cheson BD, 2014) (Tabella I).Rispetto ai criteri precedenti, basati sulla valutazione radiologica convenzionale, scompare la definizione di remissione completa non confermata (RCu): in presenza di un residuo di malattia visibile alla TAC, la negatività PET è sufficiente per definire lo stato di remissione completa.
Tabella I: Criteri di Risposta al Trattamento nei Linfomi (modif. da Cheson et al, 2014)
Il valore predittivo negativo della PET finale è paragonabile a quello della interim PET, e supera l’80% nei NHL aggressivi. Il valore predittivo positivo della PET finale è pari al 70-80%. Per ridurre il tasso di false positività viene raccomandato di eseguire la PET di ristadiazione finale non prima di 3 settimane dopo l’ultimo ciclo di chemioterapia e non prima di 8-12 settimane dopo il completamento della radioterapia, allo scopo di minimizzare l’uptake aspecifico legato ai fenomeni infiammatori post-terapia. Una valutazione visiva (secondo lo score proposto dalla conferenza di Deauville) integrata con l’analisi semiquantitativa del SUV nei casi a uptake intermedio è considerata la metodica più adeguata per interpretare i risultati della PET di ristadiazione (Meignan M et al, 2009).
L’impiego della PET nel monitoraggio dei pazienti dopo il termine della terapia è sconsigliato (Cheson BD, 2014).
Impiego nella valutazione della trasformazione dei NHL indolenti
La valutazione quantitativa del SUV può essere di aiuto nell’individuare, nel contesto dei NHL indolenti, possibili lesioni sede di trasformazione verso un linfoma ad alto grado. Un SUV max >13 correla con un’istologia aggressiva, mentre SUV max <6 sono più comuni nelle localizzazioni a basso grado (Schöder H et al, 2005). Tale correlazione non è tuttavia assoluta, e inoltre molte lesioni cadono nel range intemedio (SUV max 6-13) che non consente un giudizio definitivo: pertanto, al momento attuale, la PET può essere molto utile per guidare la scelta della sede nodale o extranodale da sottoporre a biopsia di conferma, ma non può essere considerata per se una prova formale della trasformazione istologica di un NHL indolente. Nuovi marcatori metabolici potrebbero in futuro risultare più sensibili del FDG nel differenziare le lesioni indolenti da quelle aggressive (Buck AK et al, 2006).
Università degli Studi di Verona, Professore Onorario di Ematologia, già Direttore della Scuola di Specializzazione in Ematologia, della UOC di Ematologia e del Dipartimento di Medicina
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