In statistica, il paradosso di Simpson indica una situazione in cui una relazione tra due fenomeni appare modificata, o anche invertita, a causa di altri parametri non presi in considerazione nell’analisi. È alla base di frequenti errori nelle analisi statistiche nell’ambito delle scienze sociali e mediche, ma non solo (Blyth CR et al,1972). Un esempio di “Simpson’s paradox” viene dall’impatto prognostico delle mutazioni di DNMT3A nella leucemia mieloide acuta (LAM) (Gale RE et al, 2015). Globalmente, la frequenza di singole mutazioni nella LAM non è superiore al 10 %, ma le mutazioni di FLT3-ITD, NPM1 e DNMT3A sono state riscontrate in oltre il 20-25 % dei pazienti e spesso occorrono come co-mutazioni (Cancer Genomer Atlas Research Network, 2013; Patel JP et al, 2012), come indicato nella Figura I.
Figura I: Frequenza delle diverse mutazioni nella LAM
Mentre è ben noto che le mutazioni di NPM1 e di FLT3-ITD hanno rispettivamente impatto prognostico favorevole e sfavorevole, il significato di DNMT3A, che è una mutazione di tipo epigenetico, rimane incerta (Ferrara F and Schiffer CA, 2013). Nello studio di Gale et al., mutazioni di DNMT3A sono state identificate in 272 su 914 pazienti totali con LAM (30%), in una casistica di età inferiore a 60 anni. Come indicato nella Figura II, un impatto prognostico negativo della mutazione DNMT3A è stato evidenziato solo nel gruppo di pazienti con concomitante mutazione di NPM1, che peraltro costituivano l’80% di tutti i pazienti mutati per DNMT3A. Tuttavia, l’analisi multivariata ha confermato l’effetto prognostico negativo delle mutazioni di DNMT3A, indipendentemente dallo stato di NPM1.
Figura II: Impatto prognostico delle mutazioni di DNMT3A: la differenza è apprezzabile solo in presenza di concomitante mutazione di NPM1 (panel B, E, F)
Questo esempio di Simpson’s Paradox risulta quindi dall’alta coincidenza delle mutazioni di DNMT3A e NPM1, per cui l’effetto prognostico di una particolare caratteristica genotipica viene mascherata dalla combinazione dei dati relativi a due sottogruppi. Questo paradosso potrebbe spiegare, almeno in parte, alcune delle differenze riportate finora negli studi che hanno esaminato l’impatto prognostico delle mutazioni di DNMT3A. Una ulteriore analisi ha dimostrato che, nell’ambito delle mutazioni di DNMT3A, non vi era differenza di outcome tra i pazienti con presenza delle mutazioni R882 e missense, mentre i pazienti “truncation mutant” avevano lo stesso outcome di quelli wild-type (Figura III).
Figura III: Outcome sovrapponibile tra i pazienti con mutazione DNMT3A missense e R882 (A), mentre i pazienti “truncation mutant” hanno lo stesso outcome di quelli wild-type (C).
Questi dati suggeriscono che la presenza di due simultanee mutazioni nei pazienti con LAM e cariotipo normale può costituire un significativo fattore prognostico, che va tenuto presente nell’approccio terapeutico soprattutto in fase post-remissionale.
Fonte:
BIBLIOGRAFIA
Divisione di Ematologia, Ospedale Cardarelli, Napoli
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