Il ferro modula l’espressione ematologica dei disordini mieloproliferativi JAK2 positivi
La tirosin-chinasi Janus kinase 2 (JAK2) trasduce il segnale di eritropoietina (EPO) e trombopoietina (TPO), quando legate ai rispettivi recettori, per incrementare a livello midollare la differenziazione eritroide e piastrinica, rispettivamente. L’attività tirosin-chinasica è praticamente nulla in assenza dei ligandi EPO o TPO, tranne che nel caso di mutazioni “gain of function” di JAK2, quali la classica V617F. Quest’ultima, presente nella maggior parte delle forme di policitemia vera (PV) nonché in una percentuale elevata dei casi di trombocitemia essenziale (ET) e mielofibrosi, conferisce infatti alla chinasi un’attività costitutiva, indipendente dai ligandi citochinici EPO e TPO, ed è pertanto responsabile del fenotipo.
Il lavoro di Stetka e collaboratori (Stetka J et al, 2023), utilizzando modelli murini di disordini mieloproliferativi (MPN) JAK2-correlati, dimostra che il ferro corporeo modula il fenotipo, in particolare l’entità dell’eritrocitosi rispetto alla trombocitosi.
Gli Autori sono partiti dall’osservazione effettuata su un numero limitato di pazienti MPN alla diagnosi, ove coloro che mostravano un fenotipo caratterizzato da ET pura non presentavano alterazioni dei parametri del ferro, mentre al contrario quelli con fenotipo PV, caratterizzato primariamente da eritrocitosi e variabile incremento di piastrine, mostravano una riduzione di sideremia, ferritina, ed epcidina, associate ad aumento dell’eritroferrone pur in presenza di bassi livelli di EPO. Questo fenomeno risultava ancora più evidente nelle rare forme associate alla delezione N542-E543 sull’esone 12 di JAK2, caratterizzate da eritrocitosi pura senza incremento delle piastrine. In questi casi si osservano infatti livelli particolarmente elevati di eritroferrone e ridotti di epcidina, in accordo con il concetto di una prevalente richiesta di ferro per l’eritropoiesi. Gli Autori hanno quindi esaminato diversi modelli murini MPN, previa verifica che essi ricapitolassero i fenotipi umani sopra descritti. In tali modelli, ovvero JAK2 V617F e delezione nell’esone 12 dello stesso gene, il protocollo prevedeva una modulazione dell’entità del ferro disponibile, utilizzando come controlli topi normali (wild-type – WT) sottoposti sia a carenza che a sovraccarico di ferro.
Per ottenere un numero sufficiente di topi ove variare le condizioni sperimentali, gli Autori hanno impiegato il trapianto di midollo a partire da animali donatori il cui fenotipo MPN era ben definito. Il ferro è stato modulato in tutti i casi mediante una dieta povera di ferro associata o meno a salassi ripetuti per indurre carenza, mentre il sovraccarico veniva indotto mediante somministrazione parenterale di ferro destrano.
I risultati ottenuti si possono così riassumere:
- L’induzione di sideropenia marcata riduce l’eritropoiesi e quindi il livello di Hb, come atteso, ma aumenta nettamente la produzione di piastrine nei topi con PV da mutazione V617F; l’aumento delle piastrine è di entità assai minore nei topi WT e in quelli con la mutazione nell’esone 12.
- Al contrario, la somministrazione di ferro ad alte dosi per via parenterale aumenta ulteriormente l’emoglobina e riduce drasticamente il numero di piastrine nei topi con PV mentre non cambia il conteggio degli eritrociti e delle piastrine nel topo normale. Lo stesso trattamento è risultato mal tollerato nel topo con mutazione dell’esone 12, dove aumenta ulteriormente l’Hb, senza aumento degli eritrociti bensì per normalizzazione di MCV e MCH, e si riducono le piastrine a livelli subnormali.
- La regolazione dell’omeostasi del ferro è fortemente influenzata dai livelli elevati di ERFE, la cui produzione è stimolata non da EPO (il gene è un target dell’EPO che in tutte le forme di PV presenta bassi livelli), ma dall’attività tirosin chinasica costitutiva di JAK2 mutato. I livelli elevati di ERFE mantengono a bassi livelli l’espressione di epcidina.
- L’analisi citofluorimetrica del midollo indica che nella sideropenia aumentano i progenitori dei megacariociti e i pre Meg-E (progenitori comuni di eritroblasti e megacariociti) che possono differenziare sia verso la serie eritroide che verso la serie piastrinica. Dopo somministrazione di ferro si assiste a un fenotipo midollare opposto a quello osservato nella carenza.
Il precursore ferro-sensibile è in effetti preMeg-E. In presenza di stimolo JAK2 elevato quando il ferro è scarso si riduce il commitment eritroide e aumenta quello megacariocitario, mentre quando il ferro è abbondante viene favorito la differenziazione eritroide. Questo dato conferma precedenti osservazioni in topi sideropenici WT (Xavier Ferrucio J et al, 2021).
- Il modello con mutazione dell’esone 12 si associa a una pura e marcata eritropoiesi con scarsa tendenza a incremento piastrinico. La ragione sta in una diversa (maggiore) affinità di questo mutante di JAK2 per il recettore di EPO rispetto al recettore di TPO (Yao H et al, 2017). Come evidenziato nel lavoro ciò comporta anche la capacità di supportare al meglio l’eritropoiesi con una precoce marcata produzione di ERFE (già espresso a livello del precursore comune pre-Meg-E). Questi livelli di ERFE mantengono l’epcidina soppressa anche con Hb molto elevata (Grisouard J et al, 2016)
- Composti agonisti di epcidina (come la miniepcidina PR-73) o inibitori di ferroportina (vamifeport) hanno effetti simili sull’eritropoiesi e potrebbero essere entrambi considerati per il trattamento della PV per controllare i livelli di emoglobina in alternativa alla salassoterapia.
Nel secondo lavoro, Bennett e collaboratori (Bennet C et al, 2023) portano ulteriori dati a supporto del ruolo del ferro nel fenotipo della PV, utilizzando approcci diversi. In uno studio GWAS che utilizzava 440 casi di PV e un ampio campione (oltre 400.000) di controlli della UK Biobank, gli Autori hanno individuato una forte associazione tra PV e la mutazione C282Y di HFE. Tale mutazione, in omozigosi, conferisce il rischio di emocromatosi ereditaria, una patologia recessiva caratterizzata da elevato assorbimento intestinale e accumulo epatico di ferro. Il dato è stato replicato in un’analisi di una popolazione indipendente, utilizzando lo studio FinnGen che riunisce in un network le BioBanche finlandesi. Studi precedenti non avevano messo in evidenza tale associazioni in altre popolazioni ma, correttamente, gli Autori osservano che la prevalenza della mutazione HFE in alcune popolazioni è troppo bassa per cui gli studi non avevano sufficiente potere per evidenziare l’associazione con PV.
In accordo con quanto riportato nello studio sopra menzionato di Stetka et al., anche in questo studio 30 pazienti con PV alla diagnosi presentavano sideropenia con ferritina, saturazione della transferrina ed epcidina ridotte, nonché un aumento dei livelli di ERFE in confronto a 30 controlli. Dato che ERFE è un regolatore di epcidina, gli Autori hanno creato un topo doppio mutante PV-JAK2-V617F associato a delezione costitutiva di ERFE, che sorprendentemente non presentava differenze fenotipiche rispetto al modello basale di PV. Sulla scorta di tale dato, gli Autori concludono che il ruolo di ERFE nella PV sarebbe di per sé scarsamente rilevante. Questa osservazione è in disaccordo con il lavoro precedente, ma potrebbe dipendere dal fatto che l’espressione fenotipica di PV nel modello murino studiato da Bennet è piuttosto modesta. La delezione aggiuntiva di epcidina, al contrario, determinava un sensibile peggioramento del fenotipo PV nel topo, possibilmente spiegato dalla maggiore disponibilità di ferro derivante in questo caso sia dall’assorbimento intestinale che dal recycling macrofagico. L’importanza dell’epcidina nella modulazione del fenotipo PV è pienamente in accordo nei due lavori.
Esaminando i profili di espressione nel fegato di topi PV Bennett e collaboratori hanno riscontrato un’attivazione del pathway IL6-STAT per cui sulla base di questi dati concludono che nella PV epcidina è regolata da citochine infiammatorie più che dall’espansione eritropoietica. Va peraltro nuovamente sottolineato che il modello utilizzato da Bennett et al. presenta delle differenze notevoli rispetto ai modelli studiati da Stetka et al., ove invece l’infiammazione non sembra giocare alcun ruolo.
Infine, gli Autori di entrambi i lavori concordano sull’utilità di impiegare agonisti dell’epcidina come terapia della PV in sostituzione della classica salasso-terapia.
Dopo i risultati positivi del trial di fase 2 presentati all’ultimo ASH (Ginzburg Y et al, 2021), un trial di fase 3 [NCT05210790] è attualmente in corso con l’epcidina-mimetico rusfertide nella PV, nell’intento di ridurre i livelli di Hb, evitando i salassi. Vi è molta attesa nella comunità ematologica per i risultati conclusivi. Per una review aggiornata sul ruolo dell’epcidina nella PV si veda l’interessante articolo del gruppo di Ronald Hoffman del Mount Sinai di New York (Handa S et al, 2023).
Fonte:
Bibliografia
- Ginzburg Y, Kirubamoorthy K, Salleh S et al. Rusfertide (PTG-300) induction therapy rapidly achieves hematocrit control in polycythemia vera patients without the need of therapeutic phlebotomy. Blood 2021 Suppl; 138, 390.
- Grisouard J, Li S, Kubovcakova L, et al. JAK2 exon 12 mutant mice display isolated erythrocytosis and changes in iron metabolism favoring increased erythropoiesis. Blood. 2016;128:839-51.
- Handa S, Ginzburg Y, Hoffman R, et al. Hepcidin mimetics in polycythemia vera: resolving the irony of iron deficiency and erythrocytosis. Curr Opin Hematol. 2023;30:45-52.
- Yao H, Ma Y, Hong Z, et al. Activating JAK2 mutants reveal cytokine receptor coupling differences that impact outcomes in myeloproliferative neoplasm. Leukemia. 2017;31:2122-31.
- Xavier-Ferrucio J, Scanlon V, Li X, Zhang PX, et al. Low iron promotes megakaryocytic commitment of megakaryocytic-erythroid progenitors in humans and mice. Blood. 2019;134:1547-57.