Ibrutinib (inibitore orale della Bruton Tyrosin Kinase, BTK) e venetoclax (inibitore orale di BCL2) sono risultati agenti attivi in monoterapia nel linfoma mantellare, determinando tassi di risposta completa duratura nel 20% circa dei pazienti. Evidenze precliniche suggerivano sinergismo tra i due farmaci.
Nello studio di fase 2 condotto in due centri australiani e pubblicato da Tam CS et al, 2018, ibrutinib e venetoclax sono stati utilizzati per il trattamento di 24 pazienti con linfoma mantellare (23 ricaduti/refrattari, 1 paziente naïve; età mediana 68 anni, numero mediano di precedenti linee di terapia pari a 2). Ibrutinib è stato somministrato alla dose di 560 mg/d e venetoclax è stato introdotto dopo 4 settimane a dosi incrementali, da 50 mg fino a un massimo di 400 mg/d.
L’endpoint primario dello studio era il tasso di risposta completa dopo 16 settimane di trattamento ed è stato ottenuto dal 42% dei pazienti. Il tasso di risposta completa a qualsiasi timepoint è stato del 67% (16 pazienti su 24). In questo trial la malattia residua minima è stata valutata sia in citofluorimetria che in biologia molecolare, ed è risultata negativa rispettivamente nell’84% (citofluorimetria) e nel 56% (ASO-PCR) dei pazienti valutabili. A un follow-up di 15,9 mesi, il 78% dei pazienti responsivi al trattamento è risultato libero da progressione.
Gli eventi avversi del trattamento combinato sono risultati prevalentemente di grado non severo e hanno compreso diarrea (85%), fatigue (75%), nausea/vomito (71%) e sanguinamenti (54%). Una sindrome da lisi tumorale severa è stata registrata in 2 pazienti ed ha portato ad un emendamento nello studio che prevedeva la riduzione della dose di partenza di venetoclax a 20 mg/d. Dopo questo emendamento non sono stati registrati ulteriori casi di sindrome da lisi tumorale.
Lo studio è relativamente limitato nella numerosità del campione e nel follow-up ma fornisce una prospettiva interessante per il trattamento di pazienti ricaduti dopo più linee di terapia e con caratteristiche biologiche di alto rischio (in particolare, 12 pazienti su 24 risultavano aver sviluppato mutazioni di TP53 – in un setting analogo ibrutinib in monoterapia è risultato efficace in meno del 10% dei casi). La combinazione dei due farmaci si è dimostrata sicura e ciò fornisce la base per uno sviluppo anche in setting diversi. Infine, gli elevati tassi di risposta MRD completa aprono la strada a possibili strategie di sospensione del trattamento, analogamente a quanto avviene per regimi di combinazione contenenti venetoclax nella leucemia linfatica cronica; tale ipotesi viene formalmente testata in alcuni studi di recente attivazione.
Fonte:
BIBLIOGRAFIA
Sezione di Ematologia del Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Verona
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