Per decenni il trattamento del mieloma si è basato sulla combinazione di agenti alchilanti, in particolare il melfalan, e steroidi (MP). All’inizio del nuovo millennio tuttavia, con l’introduzione della talidomide, farmaco immunomodulante, e del bortezomib, inibitore del proteasoma (PI), per il trattamento del MM, è iniziata una nuova era, quella dei cosiddetti “novel agent”. Due le classi principali protagoniste di questa rivoluzione: quella dei farmaci immunomodulanti (IMiDs) e quella degli inibitori del proteasoma (PI). La talidomide, è stato il primo novel agent a dimostrare un’attività rilevante nel trattamento dei pazienti affetti da MM, incrementando le risposte e la sopravvivenza dei pazienti trattati rispetto ai regimi standard, sia in pazienti eleggibili al trapianto che nella popolazione anziana non candidabile a procedura trapiantologica. Analoghi della talidomide, i cosiddetti immunomodulanti di nuova generazione, sono stati successivamente sperimentati nel trattamento dei pazienti affetti da MM, sia in fase di recidiva che alla diagnosi (Fayers PM et al, 2011). La lenalidomide, farmaco approvato sia in Europa che negli Stati Uniti d’America per il trattamento dei pazienti recidivati, deve la sua approvazione a due studi di fase 3 (MM009 e MM010) in cui ha dimostrato maggiore efficacia a confronto con il trattamento a base di solo cortisone in pazienti recidivati (Dimopoulos M et al, 2007; Weber DM et al, 2007). Recentemente, uno studio randomizzato di fase 3 ha dimostrato la superiorità della combinazione lenalidomide-desametasone (Rd) nei confronti di uno dei regimi standard per il trattamento del paziente anziano, ossia melfalan-prednisone-talidomide (MPT) (Benboubker L et al, 2014). La pomalidomide, IMiD di terza generazione, è stato sperimentato in pazienti recidivati dopo trattamento con lenalidomide e bortezomib, dimostrando un’elevata efficacia anche in pazienti esposti ai novel agent e rappresentando quindi una risorsa terapeutica importante per pazienti la cui malattia recidiva dopo l’utilizzo di nuovi farmaci (San Miguel JF et al, 2013).
Un’altra importante classe di novel agent è quella dei PIs. Il primo farmaco appartenente a tale classe impiegato nel trattamento di pazienti affetti da MM è il bortezomib, molecola attualmente utilizzata alla diagnosi, sia in pazienti candidati al trapianto autologo di cellule staminali sia in pazienti anziani, ed alla recidiva (San Miguel JF et al, 2008). I meccanismi d’azione dei PIs sono molteplici: essi determinano l’accumulo di molecole inibitorie nei confronti del ciclo cellulare, l’inibizione dei meccanismi di clearance di proteine intracellulari anomale il cui eccesso determina l’attivazione di meccanismi di danno cellulare e l’inattivazione del pathway di NF-Kb.
Tuttavia, nonostante l’elevata efficacia del bortezomib, la somministrazione per via parenterale e il profilo di tossicità, in particolare la neurotossicità, sia di tipo motoria che sensoriale, hanno promosso la ricerca di nuove molecole appartenenti alla classe dei PIs. Recentemente il carfilzomib, PI di seconda generazione, è stato approvato dalla Food & Drug Administration (FDA) per il trattamento di pazienti sottoposti ad almeno due linee di terapia, compresi un IMiD e il bortezomib. Il carfilzomib, disponibile per la somministrazione endovenosa, a differenza di quanto accade con il bortezomib, si lega al proprio bersaglio in maniera irreversibile e non presenta una rilevante tossicità di tipo neurologico. L’efficacia dimostrata nei pazienti alla recidiva ha permesso la sperimentazione del carfilzomib anche in pazienti di nuova diagnosi, sia giovani che anziani, per la definizione di nuovi standard terapeutici.
Inibitori del proteasoma di ultima generazione, in fase più o meno precoce della sperimentazione, sono molecole come l’oprozomib, l’ixazomib e il marizomib.
IMiDs e i PIs rappresentano le due classi di farmaci cardine nel trattamento del MM. Ad oggi tuttavia, il MM è una patologia impossibile da eradicare e per quanto profonda e duratura sia la risposta ad un trattamento, la recidiva è un’evenienza inesorabile. Per questo motivo è fondamentale la ricerca di nuove molecole in grado di vincere le resistenze create dai farmaci attualmente in uso.
Nuove molecole con diverso meccanismo d’azione si stanno affacciando nel mondo del MM con risultati talora molto promettenti. Tra le nuove e più promettenti molecole in corso di sperimentazione si annoverano gli anticorpi monoclonali (MoAbs), i cui target sono per lo più molecole di superficie come CS1 (elotuzumab) o CD38 (daratumumab e SAR650984) e gli inibitori dell’istone-deacetilase (panobinostat e vorinostat), che vengono testati sia come agenti singoli sia, soprattutto, in combinazione con i farmaci già approvati al fine di determinare il sinergismo tra molecole con diverso meccanismo d’azione.
Professore Ordinario di Ematologia, Università di Torino; Direttore Dipartimento di Oncologia, Azienda Ospedaliera Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino.
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