Highlights sulla terapia dei linfomi non Hodgkin 2022
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Il paradigma di trattamento per i linfomi non Hodgkin (LNH) sta rapidamente cambiando grazie allo sviluppo di nuovi farmaci e terapie cellulari.
Dopo molti anni di infruttuosi tentativi di migliorare il classico R-CHOP con l’aggiunta di nuovi agenti terapeutici, l’introduzione dell’anticorpo farmaco-coniugato anti-CD79b polatuzumab vedotin nel backbone della prima linea di terapia del linfoma B diffuso a grandi cellule (DLBCL) ha consentito di ottenere un miglioramento della sopravvivenza libera da progressione (PFS).
La terapia basata sulle cellule T con recettore chimerico per l’antigene (CAR) anti-CD19 si sta affermando come una seconda linea per il DLBCL ricaduto/refrattario a prognosi molto sfavorevole e ha mostrato un’efficacia promettente per i LNH indolenti.
Nuovi anticorpi farmaco-coniugati stanno entrando nella disponibilità terapeutica per i pazienti con linfomi ricaduti/refrattari, da soli o in combinazione con altri farmaci. Gli anticorpi attivatori delle cellule T bispecifici hanno ottenuto promettenti risultati nella terza e successive linee di trattamento dei pazienti non candidabili a trapianto autologo.
In questo approfondimento riassumiamo alcuni dei più rilevanti highlights della terapia dei linfomi nel 2022.
Terapia di prima linea del DLBCL
L’attuale standard of care nella terapia di prima linea del DLBCL è rappresentato dal classico schema R-CHOP, che consente di ottenere la guarigione in circa il 60% dei pazienti. Esiste tuttavia una significativa eterogeneità dei DLBCL legata a fattori clinici e biologici. Ad esempio, l’iperespressione di MYC e BCL2 (linfomi double expressors), la presenza di alterazioni genetiche a carico di MYC, BCL2 e/o BCL6 (linfomi double o triple hit) o anomalie a carico di TP53 hanno un valore prognostico sfavorevole e delineano setting di pazienti in cui l’efficacia di R-CHOP è insoddisfacente (Sehn LH e Salles G, 2021). Numerosi studi di fase III in pazienti con DLBCL di nuova diagnosi hanno testato la sostituzione di rituximab con obinutuzumab (studio GOYA), l’intensificazione della chemioterapia (dose-adjusted EPOCH-R) o l’aggiunta di nuovi farmaci come lenalidomide (studio ROBUST), bortezomib (studio ReMoDL-B) o ibrutinib (studio PHOENIX): nessuno di questi approcci sperimentali ha comportato miglioramenti della PFS rispetto allo standard R-CHOP.
Lo studio POLARIX, presentato come late-breaking abstract al Congresso ASH 2021 e contemporaneamente pubblicato sul New England Journal of Medicine, ha confrontato il trattamento R-CHOP con uno schema basato sull’associazione tra polatuzumab vedotin, rituximab, ciclofosfamide, doxorubina e prednisone (Pola-R-CHP). Sono stati randomizzati 879 pazienti adulti con DLBCL di nuova diagnosi a rischio IPI intermedio-alto e buon performance status (ECOG 0-2). Lo studio ha raggiunto il suo obiettivo primario, dimostrando un miglioramento significativo della PFS nel braccio sperimentale rispetto al braccio di controllo, con una riduzione del 27% del rischio relativo di progressione di malattia o recidiva. I tassi di PFS a 2 anni sono risultati pari al 76,7% nel braccio Pola-R-CHOP e del 70,2% nel braccio R-CHOP. Lo studio non ha dimostrato differenze significative tra i due gruppi nel tasso di risposta completa e nella sopravvivenza globale (88,7% e 88,6% rispettivamente) anche se il follow-up mediano di 28,2 mesi è da considerare ancora piuttosto limitato. La frequenza e il tipo di eventi avversi è risultato comparabile nei bracci di randomizzazione. Analisi post-hoc per sottogruppi hanno dimostrato un particolare beneficio di questa nuova associazione di farmaci in prima linea in pazienti di età >60 anni, con IPI elevato e profilo genomico ABC (Tilly H et al, 2022).
Cellule CAR-T
Le cellule CAR-T sono state approvate da FDA ed EMA per il trattamento dei pazienti con DLBCL ricaduto/refrattario dopo almeno due linee di terapia sulla base di studi dettagliati in un precedente approfondimento (https://www.ematologiainprogress.it/trattamento-con-cellule-CAR-T-nei-linfomi)
Più recentemente, tre studi con disegno simile hanno confrontato l’impiego di cellule CAR-T rispetto alla miglior terapia convenzionale come seconda linea nei DLBCL a prognosi molto sfavorevole, ossia refrattari o ricaduti entro 12 mesi dalla terapia di prima linea.
Lo studio ZUMA-7 ha confrontato l’impiego di axicabtagene ciloleucel (axi-cel) rispetto al trattamento standard (chemioimmunoterapia a base di platino seguita da terapia ad alte dosi e trapianto autologo nei pazienti responsivi) in 359 pazienti adulti affetti da DLBCL refrattario o in ricaduta precoce dopo una terapia di prima linea standard (cioè basata sulla combinazione di un anticorpo anti-CD20 e una polichemioterapia contenente antracicline). L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da eventi (EFS), con una definizione composita di eventi comprendente progressione, necessità di una nuova linea di trattamento anti-linfoma, morte da qualsiasi causa o l’avere come miglior risposta una stable disease a oltre 150 giorni dall’inizio del trattamento. La EFS così definita è risultata significativamente superiore nel braccio axi-cel (8,3 mesi) rispetto a quello standard (2 mesi). Il 94% dei pazienti randomizzati ad axi-cel ha ricevuto l’infusione delle CAR-T, mentre nel braccio di confronto i pazienti che hanno ottenuto una risposta alla chemioterapia di seconda linea e hanno eseguito il trapianto autologo sono stati il 36%. Con un follow-up mediano di circa 24 mesi la sopravvivenza mediana non è stata raggiunta per i pazienti trattati con axi-cel, mentre quelli randomizzati a chemioterapia hanno una OS mediana stimata pari a 35 mesi (Locke FL et al, 2022).
Lo studio TRANSFORM ha un disegno simile a quello dello studio ZUMA-7, confrontando le CAR-T lisocabtagene maraleucel (liso-cel, approvato da FDA ma non ancora da EMA nei DLBCL ricaduti dopo ≥2 linee di trattamento) con la chemioimmunoterapia seguita dal trapianto autologo in 184 pazienti con DLBCL, linfomi ad alto grado double/triple hit o linfomi primitivi del mediastino refrattari o in recidiva precoce. Anche in questo caso l’endpoint primario è stato la EFS, che è risultata pari a 10,1 mesi nel braccio sperimentale e 2,3 mesi nel braccio di controllo, con una riduzione del 65% del rischio di eventi nei pazienti trattati con CAR-T. Una risposta completa è stata ottenuta dal 66% dei pazienti trattati con liso-cel e dal 39% dei pazienti trattati con immunochemioterapia e trapianto (Kamdar M et al, 2022).
Lo studio BELINDA ha utilizzato invece il prodotto tisagenlecleucel (tisa-cel, approvato da FDA ed EMA per i pazienti con DLBCL refrattari/ricaduti dopo ≥2 linee di trattamento, oltre che per i pazienti con leucemia linfoblastica acuta B di età inferiore a 25 anni in seconda o ulteriore recidiva). Anche in questo caso il confronto randomizzato è stato con la chemioimmunoterapia seguita da trapianto autologo e i pazienti arruolati, tutti affetti da linfomi B di varia istologia refrattari o ricaduti entro 12 mesi dalla terapia di prima linea, sono stati 322. A differenza dei due studi precedenti, la EFS non è risultata superiore nei pazienti randomizzati a ricevere le CAR-T rispetto al braccio di controllo (3 mesi per entrambi i gruppi). Il tasso di risposta completa è stato del 28,4% nel braccio sperimentale e del 27,5% in quello convenzionale. Gli autori hanno osservato un eccesso di progressioni nei pazienti del braccio CAR-T prima dell’infusione (26% a 6 settimane dalla randomizzazione), suggerendo che la somministrazione di un numero eccessivo di cicli di chemioterapia come bridge all’infusione della terapia cellulare abbia ritardato e in alcuni casi impedito l’impiego stesso delle cellule CAR-T (Bishop MR et al, 2022).
La Tabella I mette a confronto i dati principali di questi 3 studi.
Tabella I: Efficacia e sicurezza delle CAR-T come terapia di seconda linea dei DLBCL ricaduti/refrattari.
Anticorpi farmaco-coniugati
Una nuova terapia approvata anche in Italia per i pazienti con DLBCL recidivante/refrattario non candidabili a trapianto è pola-BR (polatuzumab vedotin, bendamustina e rituximab). Uno studio di fase II ha confrontato pola-BR (sei cicli ogni 21 giorni) con bendamustina e rituximab da soli in pazienti che avevano ricevuto una o più linee precedenti di trattamento. I pazienti trattati con pola-BR hanno avuto una migliore percentuale di risposta completa (40% contro 18%), migliore percentuale di risposta globale (63% contro 25%), PFS mediana (9,5 contro 3,7 mesi) e sopravvivenza globale (OS) mediana (12,4 contro 4,7 mesi) rispetto a quelli trattati con solo BR. Sebbene pola-BR abbia portato a tassi più elevati di citopenie, il tasso di infezioni di grado da 3 a 4 è stato simile tra i gruppi. Un quadro di neuropatia periferica correlato a polatuzumab vedotin è stata documentata nel 44% dei pazienti, in genere di grado 1 (Sehn LH et al, 2020). Più recentemente, allo studio originale è stata aggiunta una coorte di estensione a braccio singolo, confermando i benefici di efficacia con pola-BR senza tossicità aggiuntive (Sehn LH et al, 2022). Date le preoccupazioni sulla linfodeplezione indotta da bendamustina, alcuni autori hanno proposto di usare polatuzumab vedotin e rituximab senza bendamustina come terapia bridge prima del trattamento con linfociti CAR-T (Liebers N et al, 2021).
Loncastuximab tesirin è un coniugato anti-CD19 approvato da FDA ma non ancora da EMA per i pazienti con DLBCL recidivanti/refrattari che hanno ricevuto due precedenti linee di terapia. Nello studio LOTIS-2 i pazienti sono stati trattati con loncastuximab ogni 3 settimane per un massimo di 1 anno. Il trattamento ha portato a un tasso di risposta globale del 48%, un tasso di risposta completa del 24% e una PFS mediana e una OS mediana rispettivamente di 5 e 10 mesi. Per i pazienti che avevano ricevuto in precedenza cellule CAR-T, il tasso di risposta globale è stato del 46%, simile a quello della popolazione complessiva dello studio, e quelli che avevano ricevuto cellule CAR-T dopo loncastuximab hanno avuto un tasso di risposta globale del 47%. Gli eventi avversi più comuni sono stati neutropenia, trombocitopenia e aumento della gamma-glutamil transferasi. Eventi avversi specifici legati al farmaco sono stati edema/versamenti e fotosensibilità, per cui si raccomanda di limitare l’esposizione al sole (Caimi PF et al, 2021).
Una ulteriore strategia, valutata principalmente nei pazienti con DLBCL recidivante ma non refrattari all’ultima precedente linea di terapia, è la combinazione di lenalidomide con tafasitamab, anticorpo monoclonale umanizzato anti-CD19. Lo studio L-MIND ha valutato questa combinazione in pazienti non candidabili al trapianto che avevano ricevuto da una a tre linee terapeutiche precedenti: i pazienti che avevano ricevuto una precedente terapia anti-CD19 erano esclusi. Questo regime ha dimostrato un tasso di risposta globale del 57,5%, un tasso di risposta completa del 40% e una PFS mediana e OS mediana di 11,6 e 34 mesi, rispettivamente. Gli eventi avversi più comuni di grado 3 o superiore sono stati neutropenia (48%), trombocitopenia (17%) e neutropenia febbrile (12%). Gli eventi avversi non ematologici erano per lo più di grado da 1 a 2 e includevano rash (36%), diarrea (32%), astenia (23%) e tosse (22%) (Salles G et al, 2020).
Anticorpi monoclonali bispecifici
Il nuovo posizionamento delle cellule CAR-T come terapia di seconda linea nel DLBCL ricaduto/refrattario impone la ricerca di strategie alternative efficaci nelle linee più avanzate. In questo setting particolarmente difficile sono arrivati recentemente risultati incoraggianti con l’impiego di anticorpi monoclonali bispecifici.
Glofitamab è un anticorpo bispecifico anti-CD3/CD20 caratterizzato da un legame monovalente con i linfociti T e un legame bivalente con il bersaglio rappresentato dai linfociti B. Uno studio di fase 2 ha incluso 154 pazienti affetti da DLBCL (età mediana 66 anni) che avevano ricevuto precedentemente almeno due trattamenti, includenti almeno un anticorpo anti-CD20 e antracicline. Il 75% dei pazienti presentava malattia in stadio avanzato e il 90% era risultato refrattario a tutti i trattamenti precedenti. Dopo un follow-up mediano di 12,6 mesi, i tassi di risposta globale e di risposta completa sono risultati rispettivamente del 51,6 e del 39,4%. Il tempo mediano alla prima remissione complete (CR) è stato di 42 giorni e la durata mediana della risposta è stata di 18,4 mesi. PFS e OS globali sono state di 4,9 e 11,5 mesi. Una sindrome da rilascio di citochine di qualsiasi grado si è osservata nel 63% dei pazienti e il 15% dei pazienti ha avuto infezioni di grado 3 o superiore (Dickinson M et al, 2022).
Il trattamento con epcoritamab, un anticorpo bispecifico first-in-class che si somministra per via sottocutanea, è stato oggetto dello studio di fase 2 EPCORE NHL-1, presentato durante il simposio presidenziale al Congresso EHA 2022. I pazienti eleggibili erano affetti da DLBCL, linfomi ad alto grado, linfomi primitivi del mediastino o linfomi follicolari grado 3b ricaduti/refrattari e dovevano essere stati sottoposti ad almeno due linee precedenti di terapia, comprendenti almeno un anticorpo anti-CD20. Il 39% dei pazienti aveva ricevuto precedentemente cellule CAR-T, e il 75% di essi era andato in progressione entro 6 mesi dall’infusione. Con un follow-up mediano di 10 mesi, il tasso di risposta globale è risultato del 63% e quello di risposta completa del 39%. La risposta è stata ottenuta nel tempo mediano di 1,4 mesi e la durata è stata di 12 mesi. Il tasso di OS a 6 e 12 mesi è risultato del 70,6 e del 56,9%. Nei pazienti naïve alle CAR-T il tasso di risposta è stato del 42% mentre nei pazienti esposti precedentemente alle CAR-T è stato del 34%. Il 31,8% dei pazienti ha sviluppato una cytokine-relase syndrome (CRS) di grado 1, il 15,3% di grado 2 e il 2,5 % di grado 3 (Thieblemont C et al, 2022).
Risultati promettenti sono emersi in uno studio di fase 1/2 con l’anticorpo monoclonale bispecifico anti-CD3/CD20 mosunetuzumab somministrato a pazienti con linfoma follicolare ricaduti/refrattari dopo ≥2 linee di terapia includenti almeno un anticorpo anti-CD20 e un agente alchilante. Mosunetuzumab è stato somministrato per via endovenosa con frazionamento della dose nel primo ciclo e poi ogni 21 giorni per 8 cicli. Il trattamento, somministrato nel setting ambulatoriale nella maggior parte dei casi, è stato ben tollerato e l’incidenza di CRS è stata del 44,4% (tutti i gradi, di cui solo il 2,2% di grado severo), mentre neurotossicità è stata osservata nel 4,4% dei pazienti, di grado lieve. Il tasso di risposta globale è stato dell’80% e quello di risposta completa del 60%, con una durata mediana della risposta di 22,8 mesi. Risposte favorevoli sono state osservate anche nei pazienti a cattiva prognosi come quelli con POD24 (progressione entro 24 mesi dall’inizio della precedente terapia) (Budde LE et al, 2022).
Altri trattamenti nei linfomi B
Sono stati presentati all’ASH 2021 interessanti risultati relativi all’inibitore di PI3kδ parsaclisib, utilizzato sia nei linfomi follicolari ricaduti/refrattari (studio CITADEL-203) (Lynch RC et al, 2021) che nei linfomi a cellule del mantello ricaduti/refrattari (studio CITADEL-205) (Metha A et al, 2021).
Rispetto agli inibitori di PI3k già approvati da FDA per l’impiego nei pazienti con linfoma follicolare ricaduto/refrattario (umbralisib, copanlisib, duvelisib e idelalisib – gli ultimi due approvati anche da EMA), parsaclisib ha una maggiore affinità per l’isoforma delta della protein chinasi e un minore potenziale di tossicità.
Nello studio CITADEL-203 sono stati inclusi 126 pazienti con linfoma follicolare refrattari o ricaduti dopo ≥2 linee di trattamento mai esposti a inibitori di PI3k né di Bruton tirosin-chinsi (BTK). I pazienti hanno ricevuto parsaclisib alla dose di 20 mg al giorno per 8 settimane, seguito da una dose di mantenimento di 2,5 mg al giorno fino a progressione. Il 77% dei pazienti ha risposto al trattamento (risposta completa 19%, risposta parziale 58%), con una durata mediana di risposta di 14 mesi. La tossicità gastrointestinale, comune a questa classe di farmaci (diarrea e colite) ha portato a interruzione temporanea e riduzione di dose nel 30% dei pazienti, mentre la tossicità epatica è stata molto limitata.
Nello studio CITADEL-205 sono stati inclusi 108 pazienti con linfoma a cellule del mantello trattati con 1-3 linee precedenti di terapia sistemica ma mai esposti a inibitori di PI3k o inibitori di BTK. Il tasso globale di risposta in questa popolazione è stato del 70% e quello di risposta completa del 16%. Le risposte sono state rapide e osservate nella maggior parte dei casi già dopo 8 settimane di trattamento. La durata mediana della risposta è stata di 12 mesi e la PFS mediana è stata di 13 mesi. Gli eventi avversi sono stati simili a quelli del precedente studio, anche se la percentuale di pazienti che hanno sospeso il trattamento per diarrea o colite è stata maggiore (16% e 6% rispettivamente).
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