Alcune interessanti novità sul trattamento del mieloma multiplo (MM) di nuova diagnosi o recidivato/refrattario presentate nel corso dell’EHA25 Virtual Meeting (11-21 giugno 2020) sono riassunte in questa selezione di abstract.
Novità sul trattamento del mieloma di nuova diagnosi
Dimopoulos M. et al.
Lo studio randomizzato di fase III TOURMALINE-MM4 ha dimostrato che la somministrazione di ixazomib, come terapia di mantenimento per un massimo di 2 anni al termine della terapia di induzione, nei pazienti con MM di nuova diagnosi prolunga significativamente la sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto al placebo. Tale studio ha arruolato 706 pazienti con MM, i quali sono stati randomizzati (2:1) a ixazomib di mantenimento o placebo. La PFS mediana dall’inizio della terapia di mantenimento è risultata pari a 17,4 mesi nel braccio ixazomib rispetto ai 9,4 mesi del braccio placebo, con una riduzione del rischio di progressione o morte pari al 34% in favore di ixazomib (HR: 0,659; p<0,001). Tale beneficio in termini di PFS si è osservato in tutti i sottogruppi analizzati, indipendentemente dalla risposta ottenuta con la terapia di induzione, dall’età (> o < 75 anni) e dallo stadio clinico (ISS). La somministrazione di ixazomib è associata ad un maggior rischio di eventi avversi, in particolare nausea, vomito e diarrea.
Mina R. et al.
Quattro regimi di induzione basati sulla somministrazione di ixazomib, inibitore del proteasoma orale, sono stati testati in 175 pazienti affetti da MM di nuova diagnosi non candidabili a trapianto. Ixazomib-desametasone (Id) o Id in combinazione con ciclofosfamide (ICd), talidomide (ITd) o bendamustina (IBd) sono stati somministrati per 9 cicli seguiti da ixazomib di mantenimento per 2 anni. La percentuale di pazienti che ha ottenuto almeno una risposta parziale è stata superiore nei pazienti che hanno ricevuto tre farmaci (ICd: 75%; ITd: 84%) rispetto ai pazienti che hanno ricevuto la doppietta Id (57%). La PFS mediana è risultata pari a 10,5 mesi nel braccio Id, 12,9 nel braccio ITd, 17,5 nel braccio ICd e 22,9 nel braccio IBd. La tossicità ematologica di grado 3-4 è risultata limitata (<10%) mentre le tossicità di grado 3-4 non ematologiche sono state più frequentemente osservate nei bracci ITd (30%) e IBd (38%), in particolare la tossicità neurologica (13%) e dermatologica (8%) nel braccio ITd. La terapia di mantenimento con ixazomib in monoterapia è stata ben tollerata e ha determinato un incremento della risposta ottenuta durante la fase di induzione nel 15% dei pazienti.
Usmani S. et al.
Lo studio SWOG-1211 è uno studio di fase I/II in cui pazienti affetti da MM ad alto rischio (definito sulla base della presenza di anomalie cromosomiche in FISH o GEP, gene-expression profile, ad alto rischio, LDH elevata o leucemia plasmacellulare primitiva) sono stati randomizzati a ricevere terapia di induzione e mantenimento con bortezomib, lenalidomide e desametasone (VRD) con o senza l’anticorpo monoclonale elotuzumab (EVRd). L’obiettivo primario dello studio era la PFS. Sono stati arruolati un totale di 134 pazienti. Ad un follow-up mediano di 53 mesi, non sono state evidenziate differenze statisticamente significative in termini di PFS (mediana: 34 vs. 31 mesi; p: 0,449) tra i due bracci di trattamento, così come non si è osservata una differenza significativa in termini di sopravvivenza globale (OS) nei due gruppi (OS mediana non raggiunta vs 68 mesi, VRD vs EVRD). L’aggiunta di elotuzumab alla combinazione VRD non ha incrementato i tassi di risposta rispetto a VRD (83% vs. 88%). Al contrario, l’aggiunta di eleotuzumab ha incrementato i tassi di neutropenia, infezioni e neuropatia di grado 3-4 rispetto alla combinazione VRD.
Novità sul trattamento del mieloma alla recidiva
Costa L. et al.
CC-93269 è un T-cell engager diretto contro il B-cell maturation antigen (BCMA) espresso dalle plasmacellule di mieloma. In questo studio di fase I CC-93269, viene per la prima volta testato in pazienti affetti da MM recidivato/refrattario esposti alla maggior parte delle terapie approvate (mediana di precedenti linee di trattamento: 5; 66,7% di pazienti refrattari ad un PI, IMiD e un MoAb anti-CD38). Diverse dosi crescenti (0,1 à 10 mg) di CC-93269 sono state testate su un totale di 30 pazienti. Obiettivo principale dello studio era la RP2D (dose raccomandata per la fase II) e la descrizione del profilo di tossicità, mentre tra gli obiettivi secondari figurano i tassi di risposta. Il profilo di tossicità è caratterizzato principalmente da neutropenia (43%), anemia (37%) e infezioni (30%) di grado 3 o superiore. La comparsa della cytokine release syndrome (CRS) si è osservata nella maggior parte dei pazienti: il 77% ha mostrato CRS di grado lieve (1-2) mentre un 3,3% di grado moderato-severo (3 o più); il 73% dei pazienti ha necessitato della somministrazione di steroidi e il 43% di tocilizumab per la gestione della CRS. Il rischio di CRS è dose dipendente ed insorge a dosaggi di CC-93269 > 3 mg. Similarmente anche le risposte si sono mostrate essere dose-dipendenti; a dosi comprese tra i 6 e i 10 mg infatti il tasso di risposta globale (ORR) è risultato pari al 89%, con circa la metà dei pazienti (44%) in remissione completa. Inoltre, il 16,7% dei pazienti ha raggiunto la MRD negatività. I dati presentati supportano lo sviluppo di CC-93269 come terapia del paziente con RRMM.
Mateos VM. et al.
Teclistamab, un anticorpo bispecifico diretto contro BCMA e CD3 è stato testato per la prima volta nell’uomo in pazienti affetti da RRMM in uno studio di fase I, i cui obiettivi primari erano la RP2D nella prima parte dello studio e la sicurezza del farmaco nella seconda parte. Anche in questo studio sono stati arruolati (n=78) pazienti altamente pretrattati (mediana di precedenti linee di trattamento: 6; 80% di pazienti triplo-refrattari e 41% di pazienti penta-refrattari). Teclistamab è stato somministrato in dosi crescenti, con frequenza settimanale. Le principali tossicità di grado 3-4 evidenziate sono di tipo ematologico (neutropenia: 38%; anemia 36%). Teclistamab ha indotto una CRS nel 56% di pazienti senza però evidenza di eventi di grado 3-4. L’attività anti-mieloma di teclistamab è dose-dipendente, con risposte oggettive a partire da dosi maggiori o uguali a 38,4 mcg/kg. Alla dose di 270 mcg/kg, l’ORRè stata pari al 78%; il 67% dei pazienti ha ottenuto almeno una risposta parziale, e il 50% una VGPR.
Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute, Università degli Studi di Torino, SC Ematologia U, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino
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