L’epcidina è un piccolo peptide epatico che regola l’omeostasi sistemica del ferro. Identificato nel 2001 da tre gruppi attraverso approcci diversi in modelli murini e nelle urine di volontari sani, rappresenta l’ormone chiave del metabolismo marziale. L’epcidina circolante è prodotta dagli epatociti a partire da un precursore di 84 aminoacidi (pro-epcidina) per l’azione di proteasi che danno luogo ad un peptide maturo di 25 aminoacidi. La presenza di 8 cisteine determina la formazione di 4 ponti disolfuro, e il conseguente ripiegamento della molecola su sé stessa a formare una struttura a forcina (Ganz T, 2011). Tale struttura la rende, di fatto, analoga alle defensine, ovvero alla famiglia di peptidi ad attività antimicrobica dell’immunità innata o naturale. La trascrizione di epcidina è un processo altamente regolato e la quantità di messaggero che si forma correla con la proteina misurata nel siero.
Mutazioni di epcidina nell’uomo sono estremamente rare e causano sovraccarico di ferro precoce e grave (emocromatosi giovanile) (Roetto A et al, 2003). Anche nel modello murino la mancanza del peptide provoca sovraccarico di ferro nel fegato, pancreas e cuore (Lesbordes-Brion JC et al, 2006).
La sintesi di epcidina è stimolata da ferro e citochine infiammatorie. Il ferro agisce attraverso le bone morphogenetic proteins (BMPs) che, legandosi ai corrispondenti recettori sull’epatocita, attivano la trasmissione del segnale attraverso le proteine SMAD. BMP6 e BMP2, citochine prodotte dalle cellule endoteliali dei sinusoidi epatici, regolano la sintesi di epcidina, in quanto la loro inattivazione germinale nel topo causa grave e precoce sovraccarico di ferro (Meynard D et al, 2009; Andriopoulos B Jr et al, 2009; Koch PS et al, 2017). BMP6 legandosi ai suoi recettori BMPR1 e BMPR2 in presenza del co-recettore hemojuvelin, attiva la trasmissione del segnale attraverso la fosforilazione di SMAD1/5/8, la formazione di un complesso con SMAD4 che trasloca nel nucleo, dove si lega a sequenze specifiche (BMP-responsive elements, BMP-RE) del promotore di epcidina (Babitt JL et al, 2006) (Figura I).
Figura I. Schema del meccanismo di azione di epcidina e della sua regolazione ferro-dipendente (modificata da Girelli D et al, 2021). La sintesi epatica di epcidina è regolata dal ferro mediante BMP6 (e in minor misura BMP2) prodotte dalle cellule endoteliali dei sinusoidi epatici. In presenza del corecettore hemojuvelin (HJV) le BMP si legano ai recettori (BMPRI e II) attivando la trasmissione del segnale mediante fosforilazione (P) delle proteine SMAD. Il complesso SMAD attivato migra nel nucleo dove si lega a sequenze specifiche del promotore di epcidina (HAMP). Un modello proposto prevede che, a seguito dell’incremento della transferrina (TF) diferrica, HFE, normalmente legato a TFR1, si leghi a TFR2, in questo modo partecipando all’attivazione di epcidina, con meccanismo ancora non definito.
BMP2 è coinvolta nell’attivazione di epcidina, in quanto topi con inattivazione di Bmp2 nelle cellule endoteliali sviluppano sovraccarico di ferro a bassa epcidina (Koch PS et al, 2017), con effetto indipendente da BMP6 (Canali S, Wang CY et al, 2017b). A differenza di BMP6, BMP2 non appare regolata da ferro e la sua espressione è costante e piuttosto elevata. Il modello attuale prevede quindi che BMP6 risponda soprattutto all’aumento del ferro tissutale (epatico), mentre BMP2 potrebbe controllare la produzione basale di epcidina (Canali S, Zumbrennen-Bullough KB et al, 2017a). La formazione di eterodimeri BMP2/BMP6 spiegherebbe la cooperazione delle due citochine per la massima attivazione di epcidina quando il ferro epatico è elevato (Xiao X et al 2020).
La sintesi di epcidina è stimolata anche dall’infiammazione, soprattutto dai lipopolisaccaridi (LPS) e dall’interleuchina 6 (IL-6). Quest’ultima, legandosi al suo recettore (IL-6R) attiva JAK2 che trasmette il segnale attraverso STAT3 (Verga Falzacappa MV et al, 2007). Studi recenti mostrano che tale pathway non è del tutto indipendente, in quanto per l’espressione ottimale di epcidina nell’infiammazione appare necessaria anche l’integrità della via mediata dalle BMP (Fillebeen C et al, 2018).
La produzione di epcidina è ridotta fino ad essere soppressa in condizioni di elevato fabbisogno di ferro per l’attività eritroide quali sideropenia ed ipossia, nonché nelle condizioni di espansione eritropoietica come nelle anemie “iron loading” e durante trattamento con eritropoietina (EPO) e analoghi.
Nella sideropenia l’attività BMP è soppressa da uno specifico inibitore epatico, la serin-proteasi matriptasi 2, codificata dal gene TMPRSS6 sul cromosoma 22. Matriptasi-2 è una proteasi transmembrana che inibisce epcidina attraverso il blocco di componenti del complesso di attivazione (Enn C et al, 2020) e soprattutto il clivaggio di hemojuvelin, la proteina co-recettore delle BMP sulla membrana degli epatociti, spegnendo in tal modo il principale segnale attivante. Il gene è stato clonato nel topo “Mask” in cui matriptasi-2 è inattiva per una delezione del dominio catalitico serin-protesico (Du X et al, 2008). Il topo knock out per Tmprss6 (Folgueras AR et al, 2008) ha un fenotipo sovrapponibile a Mask: entrambi sono piccoli, senza pelo del tronco ed hanno un’anemia sideropenica resistente alla somministrazione di ferro dovuta a eccessiva produzione di epcidina. Lo studio di questi modelli ha permesso l’identificazione della patogenesi molecolare dell’anemia ereditaria denominata IRIDA (iron refractory iron deficiency anemia) e di dimostrare l’importante funzione di TMPRSS6 in vivo.
L’epcidina è tipicamente ridotta anche nelle condizioni di ipossia (es. ad alta quota), per permettere un maggior assorbimento di ferro con la finalità di aumentare la produzione di globuli rossi (Piperno A et al, 2011), così come dopo un’emorragia per consentire la ricostituzione del patrimonio eritroide. E’ anche ridotta nelle cosiddette anemie “iron loading” quali la b-talassemia non-trasfusione-dipendente (NTDT), laddove il segnale positivo per l’assorbimento del ferro prevale sul segnale inibitorio dei depositi di ferro. Il meccanismo è stato chiarito di recente. Il principale regolatore eritroide di epcidina è l’eritroferrone (ERFE), una proteina prodotta dagli eritroblasti midollari (murini ed umani) quando stimolati da eritropoietina (Kautz L et al, 2014). Si tratta di un ormone membro della famiglia C1q/TNF espresso da diversi tessuti, la cui espressione è incrementata dopo stimolo eritropoietinico solo nei tessuti emopoietici. Nel modello murino l’espressione di ERFE aumenta poche ore dopo la somministrazione di EPO o dopo salasso, prima della soppressione di epcidina, che avviene dopo 12-15 ore. Tale meccanismo non si verifica nel topo knock out per Erfe, che presenta solo una lieve e precoce flessione dell’espressione di epcidina. ERFE agirebbe sequestrando BMP6 e BMP2 nello spazio extracellulare, impedendone il legame con i complessi recettoriali di membrana e il conseguente pathway di attivazione (Wang CY et al, 2020). Altri inibitori di epcidina proposti quali GDF15 e TWSG1 (Tanno T et al, 2010) non sembrano giocare un ruolo altrettanto sostanziale come regolatori eritroidi.
Un altro inibitore di epcidina documentato in vivo è PDGF-BB prodotto dalle piastrine e altre cellule durante ipossia (Sonnweber T et al, 2014). Anche ormoni e farmaci possono inibire la produzione di epcidina. Tra gli ormoni il testosterone mantiene i livelli di epcidina più bassi nell’uomo rispetto alla donna per favorire l’eritropoiesi molto più espansa (Latour C et al, 2014). Tra i farmaci, gli immunosoppressori che legano FKBP12 (rapamicina e tacrolimus) attivano epcidina tramite lo spiazzamento della immunofillina dal recettore delle BMP (ALK2) target di BMP6 (Colucci S et al, 2017) per evitare l’attivazione della via BMP6 quando il ferro non è elevato. Da segnalare che recentemente anche farmaci emergenti per la cura del diabete mellito e dello scompenso cardiaco quali le glifozine (inibitori del co-trasporto sodio-glucosio di tipo 2) (Braunwald E, 2022) hanno evidenziato una interferenza con la produzione di epcidina di potenziale impatto clinico (Ghanim H et al, 2021).
Infine, l’epcidina può essere soppressa con meccanismo epigenetico, sia in condizioni di carenza di ferro che nella espansione eritropoietica da stimolo eritropoietinico (Pascricha SR et al, 2017). Il contributo dell’epigenetica nel determinare la soppressione di epcidina in termini quantitativi è però ancora da definire.
L’epcidina inibisce il rilascio di ferro dalla cellula alla transferrina circolante legandosi alla proteina transmembrana ferroportina, determinandone l’internalizzazione e la degradazione lisosomiale (Nemeth E et al, 2004). Ferroportina è l’unico esportatore cellulare del ferro, pressoché ubiquitario ma particolarmente espresso nelle cellule che rilasciano ferro nella circolazione, quali gli enterociti duodenali, i macrofagi, gli epatociti e il trofoblasto.
L’effetto principale di epcidina è un blocco fisico del canale di ferroportina attraverso cui il ferro viene esportato (Aschemever S et al, 2018). Successivamente l’epcidina induce la degradazione selettiva della ferroportina contenente ferro, come recentemente dimostrato mediante microscopia elettronica criogenica (Billesbolle CB et al, 2020). In questo modo regola la cessione di ferro al plasma solo nelle cellule che effettivamente lo trasportano, in particolare macrofagi ed enterociti duodenali.
La regolazione di ferroportina è complessa: la sua trascrizione è aumentata dall’eme e soppressa dall’infiammazione. E’ anche regolata post-trascrizionalmente dalle iron regulatory proteins (IRPs), in quanto l’mRNA di ferroportina possiede un elemento IRE (Iron Responsive Element) nella regione 5’UTR. La sua traduzione pertanto aumenta nel sovraccarico di ferro, mentre si reduce in condizioni di siderocarenza analogamente a quanto avviene per la ferritina.
Nel duodeno il ferro attraversa la membrana baso-laterale per essere ceduto alla transferrina ad opera di ferroportina con la cooperazione dell’ossidasi efestina. Nel macrofago l’attività ossidasica è invece fornita dalla ceruloplasmina legata alla membrana.
Ferroportina è altamente espressa anche nella serie eritroide e nei globuli rossi maturi dove esporta attivamente il ferro. Nel globulo rosso, ferroportina è esclusivamente regolata da epcidina e, in carenza di ferro, non essendo degradata da epcidina, continua ad esportare ferro nella circolazione. Tale esportazione contribuirebbe a circa il 20% del ferro circolante (Zhang DL et al, 2018a; Zhang DL et al, 2018b). Al contrario, nel sovraccarico di ferro il rilascio del ferro alla circolazione viene bloccato dagli alti livelli di epcidina. Gli Autori hanno confermato l’importanza della ferroportina eritrocitaria inattivandola in modo specifico nella linea eritroide del topo, e dimostrando che i globuli rossi sono precocemente distrutti per danno ossidativo, con conseguente anemia emolitica. Il ruolo della ferroportina eritrocitaria sarebbe quindi quello di evitare lo stress ossidativo causato dalla liberazione di ferro da parte dell’emoglobina degradata.
Questi risultati identificano una nuova funzione di ferroportina e migliorano la nostra comprensione della fisiologia degli eritrociti.
L’epcidina può essere dosata nel siero con tecniche diverse: le più usate sono la spettrometria di massa e i metodi immuno-enzimatici (ELISA). Tuttavia, in mancanza di armonizzazione dei dati ottenuti con metodi diversi, il dosaggio è attualmente consigliato solo a scopo di ricerca. Per una discussione sul potenziale utilizzo del dosaggio dell’epcidina in clinica in casi selezionati si rimanda ad una rassegna dedicata (Girelli D et al, 2016).
L’identificazione di epcidina ha rivoluzionato la fisiopatologia dei disordini del metabolismo del ferro e permesso di reinterpretare i disordini genetici da sovraccarico e carenza di ferro. E’ possibile che in futuro rivoluzioni anche la diagnostica e la terapia di questi disordini (Nemeth E et al, 2010).
Sono stati sviluppati e testati con esito positivo in studi preclinici i cosiddetti agonisti dell’epcidina, che ne mimano la funzione o influenzano l’espressione dell’ormone. La finalità terapeutica è di aumentarne i livelli per correggere sovraccarichi di ferro nell’emocromatosi e nella talassemia o per indurre sideropenia nella policitemia vera. Alcuni composti sono già entrati in fase di sperimentazione clinica (Casu C et al, 2018). Tra questi appaiono discretamente promettenti rusfertide (Protagonist Therapeutics) (Ginzburg Y et al, 2021) e vamifeport (Vifor) (Manolova V et al, 2019), farmaci in grado di bloccare selettivamente il canale di ferroportina similmente all’azione dell’epcidina.
Il cuore è l’organo che dopo il fegato esprime epcidina in quantità maggiormente elevate, sebbene 30 volte inferiori rispetto all’espressione epatica. L’inattivazione specifica dell’epcidina cardiaca nel topo non altera il metabolismo sistemico del ferro ma induce un grave sovraccarico di ferro dei cardiomiociti con scompenso cardiaco. L’espressione di epcidina cardiaca è stimolata da carenza di ferro, ipossia, infiammazione e l’effetto è limitato alla degradazione di ferroportina cardiaca. Infatti l’asse epcidina ferroportina nel cuore ha una funzione squisitamente locale ed autonoma rispetto all’omeostasi marziale sistemica (Lakhal-Littleton S et al, 2019).
Diversi altri tessuti possono produrre epcidina, ma il ruolo non è ben definito.
Recentemente è stato documentato un ruolo per epcidina prodotta dalle cellule dendritiche dell’intestino. Qui l’epcidina appare essenziale per permettere la riparazione della mucosa in modelli sperimentali di danno intestinale, un fenomeno indipendente dall’epcidina epatica e dall’entità dei livelli di ferro (Bessman NJ et al, 2020). Infatti, l’epcidina prodotta localmente dalle cellule dendritiche soprattutto in presenza di infiammazione della mucosa sequestra il ferro sottraendolo al microbioma per permettere la guarigione della mucosa, una funzione che appare molto importante nelle malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD).
L’attività di epcidina come peptide antimicrobico è ben documentata in vitro. Il ferro è infatti un elemento essenziale non solo per il nostro organismo, ma anche per la maggior parte dei microrganismi patogeni. Durante un’infezione, si sviluppa pertanto una sorta di competizione per l’elemento tra l’ospite e i germi patogeni invadenti. Questi ultimi utilizzano vari sistemi cosiddetti “siderofori” (Kramer J et al, 2020) per procurarselo a spese dell’ospite, mentre l’epcidina agisce al contrario sottraendo il metallo dalla circolazione per renderlo indisponibile ai germi stessi. L’epcidina è espressa anche nelle cellule mieloidi e aumenta significativamente dopo stimolo con IL-6 o LPS, allo scopo di incrementare il sequestro di ferro nei macrofagi nell’infezione/infiammazione (Theurl I et al, 2008).
Nel modello murino l’effetto dell’epcidina è quello di eliminare dalla circolazione l’NTBI che è la specie di ferro più facilmente acquisibile da alcuni tipi di patogeni. Il Vibrio vulnificus ad esempio è particolarmente avido di NTBI, rendendo ragione del perché questo germe infetta soprattutto pazienti con sovraccarico trasfusionale o genetico di ferro che hanno una transferrina spesso satura al 100% e quindi maggiori quote di NTBI circolante (Arezes J et al, 2015; Stefanova D et al, 2017).
Inoltre, l’epcidina funziona da peptide antimicrobico anche in infezioni gravi quali le sepsi da Gram negativi. La presenza di ferro, soprattutto sottoforma di NTBI, causa una moltiplicazione e disseminazione batterica particolarmente rapida di diversi ceppi di E. coli nel modello murino, mentre la somministrazione di un agonista dell’epcidina riduce NTBI e moltiplicazione batterica (Stefanova D et al, 2018).
L’epcidina prodotta nell’epidermide è importante nella risposta alle infezioni locali, in particolare è stato dimostrato un suo ruolo essenziale nella fascite necrotizzante da Streptococco di gruppo A, temibile infezione nei soggetti immunodepressi. La produzione di epcidina è indotta nella cute dei pazienti infettati dallo Streptococco. L’assenza di epcidina nei cheratinociti nel modello murino di infezione da Streptococco A blocca la produzione della chemochina CXCL1 per il reclutamento dei neutrofili, con disseminazione dell’infezione, mentre la somministrazione di epcidina risolve il problema (Malerba M et al, 2020).
Già Professore ordinario di Medicina interna presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e Responsabile della Unità Regolazione del metabolismo del ferro, IRCCS San Raffaele, Milano
Professore Ordinario di Medicina Interna presso Dipartimento di Medicina, Università di Verona, Centro di Riferimento EuroBloodNet per Malattie Rare Ematologiche, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata Verona, Policlinico Giambattista Rossi
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