E’ oggi possibile prevedere nei soggetti anziani l’insorgenza di leucemia mieloide acuta?
L’età mediana dei pazienti con leucemia mieloide acuta (LAM) nei paesi avanzati è di 65 anni, per cui oltre la metà dei casi viene oggi diagnostica in età geriatrica. E’ ben noto che lo sviluppo della LAM è dovuto al progressivo accumulo di mutazioni somatiche a livello dei precursori emopoietici (HSPCs), con successiva espansione clonale (Lindsley RC et al, 2015). In anni recenti (Shlush LI et al, 2014; Genovese G et al, 2014; Jaiswal S et al, 2014; Xie M et al, 2014), è stato dimostrato che all’aumento di età corrisponde un incremento di mutazioni somatiche nelle cellule HPSCs anche in individui che non sviluppano LAM: questo fenomeno è noto come “age-related-clonal-hemopoiesis” (ARCH).
Due studi recentemente pubblicati indicano che è possibile, in base dell’assetto mutazionale, identificare sottogruppi di soggetti anziani ad alto rischio di insorgenza di LAM.
Nello studio di Desai e coll (Desai P et al, 2018), 212 pazienti di sesso femminile affette da LAM sono state analizzate nell’ambito di un vasto progetto denominato The Women’s Health Initiative (WHI), che mirava a investigare l’impatto della terapia ormonale e dei problemi post-menopausa in una coorte di oltre 160.000 soggetti con un follow-up mediano di 11 anni circa. 188 pazienti sono state studiate con metodica di deep sequencing nel sangue periferico e i dati paragonati a un gruppo di controllo “age-matched” che nel periodo di osservazione non ha sviluppato LAM. Lo studio ha dimostrato che la presenza di mutazioni di IDH1, IDH2, TP53, DNMT3A, TET2 e dei geni dello splisosoma incrementa in maniera significativa lo sviluppo di LAM (Figura I e II).
Figura I: Mutazioni osservate nel gruppo LAM e controlli.
Figura II: Analisi multivariata del rischio di LAM in base a differenti mutazioni.
Inoltre, tutte le pazienti con mutazione di TP53 (21/21) e IDH1 e IDH2 (15/15) sono andate incontro alla malattia. Infine, è stata dimostrata una significativa correlazione tra lo stato mutazionale ed il tempo alla diagnosi di LAM (Figura III).
Figura III: Stato mutazionale e tempo di insorgenza di LAM.
Nello studio di Abelson e coll. (Abelson S et al, 2018), sono stati analizzati campioni di 95 soggetti con LAM ottenuti prima dello sviluppo della malattia (mediana: 6,3 mesi), definiti pre-LAM, e confrontati con un gruppo di controllo paragonabile per età e sesso (n=414). I campioni pre-LAM mostravano maggior numero di mutazioni per campione, più elevata frequenza allelica e incremento di specifiche mutazioni (DNMT3A e TET2), con conseguente espansione clonale, come indicato nelle Figure IV e V. Inoltre gli autori hanno sviluppato un modello predittivo utile all’identificazione dei pazienti a rischio.
Figura IV: Prevalenza di ARCH, numero di mutazioni e VAF nel gruppo pre-LAM.
Figura V: Il progressivo accumulo di specifiche mutazioni è associato allo sviluppo di LAM.
FONTE
BIBLIOGRAFIA
- Abelson S et al. Prediction of acute myeloid leukaemia risk in healthy individuals. Nature 2018;55:400-404.
- Desai P et al. Somatic mutations precede acute myeloid leukemia years before diagnosis. Nat Med 2018;24:1015-1023.
- Genovese G et al. Clonal hematopoiesis and blood-cancer risk inferred from blood DNA sequence. N Engl J Med 2014;371,2477–2487.
- Jaiswal S et al. Age-related clonal hematopoiesis associated with adverse outcomes. N Engl J Med 2014;371,2488–2498.
- Lindsley RC et al. Acute myeloid leukemia ontogeny is defined by distinct somatic mutations. Blood 2015;125:1367-76.
- Shlush LI et al. Identification of pre-leukaemic haematopoietic stem cells in acute leukaemia. Nature 2014;506,328–333.
- Xie M et al. Age-related mutations associated with clonal hematopoietic expansion and malignancies. Nat Med 2014;20,1472–1478.
A cura di:
Divisione di Ematologia, Ospedale Cardarelli, Napoli