Nei pazienti anziani con mieloma multiplo (MM) di nuova diagnosi, non eleggibili per procedure trapiantologiche, i regimi più largamente utilizzati prevedono l’associazione di melphalan e prednisone con talidomide o bortezomib. Con questo tipo di trattamenti, sono stati registrati tassi di sopravvivenza libera da progressione (PFS) di 18-24 mesi e di sopravvivenza globale di 4-5 anni.
Allo scopo di migliorare l’outcome di questi pazienti, lo studio randomizzato di fase 3 ALCYONE ha indagato l’aggiunta di daratumumab, anticorpo monoclonale anti-CD38 già dimostratosi efficace nei pazienti con almeno una linea di trattamento alle spalle, alla combinazione melphalan-prednisone-bortezomib (VMP).
Con una popolazione totale di 706 pazienti e un follow-up mediano di 16,5 mesi, i risultati ad interim dello studio, recentemente pubblicati sul New England Journal of Medicine (Mateos MV et al. N Engl J Med, 2018; 378: 518-528), riportano una PFS a 18 mesi del 71,6% nel gruppo daratumumab e del 50,2% nel gruppo di controllo (HR: 0,50) (Figura I). Anche il tasso complessivo di risposta è stato migliore nel braccio daratumumab: 90,9% verso 73,9% (p <0,001), con un tasso di risposte complete e di pazienti negativi per MRD del 42,6% verso 24,4% e del 22,3% verso 6,2%, rispettivamente.
Figura I: PFS nei pazienti riceventi daratumumab e nel gruppo di controllo
Sul fronte delle eventi avversi, l’aggiunta di daratumumab è stata associata con un maggior numero di infezioni di grado 3 o 4: 23,1% verso il 14,7% nel gruppo di controllo. Tuttavia, il tasso di interruzione del trattamento a causa di infezioni è risultato paragonabile nei due bracci (0,9% e 1,4%, rispettivamente).
Questi risultati dimostrano che la combinazione di daratumumab al regime standard VMP è in grado di fornire un beneficio clinicamente significativo, riducendo del 50% il rischio di progressione o morte e raddoppiando il tasso di risposte complete e stringenti nei pazienti con MM di nuova diagnosi ineleggibili per il trapianto. D’altra parte, mentre l’aggiunta di daratumumab ha indotto un maggior rischio di infezioni, incluse le polmoniti, e di reazioni associate all’infusione, il tasso complessivo di eventi avversi normalmente associati alla chemioterapia, inclusi quelli ematologici, e di interruzioni del trattamento sono stati sovrapponibili nei due gruppi.
Lo studio ALCYONE è il primo di diversi trial attualmente in corso, dedicati a valutare l’uso di daratumumab nei pazienti con MM alla diagnosi, a riportare i risultati. I dati provenienti da questi studi chiariranno se l’aggiunta di daratutmumab in prima linea dovrà essere considerata il nuovo standard of care nei pazienti anziani ineleggibili per le procedure trapiantologiche.
Redazione Ematologia in Progress
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