Dall’ASH 2019. Highlights sul linfoma di Hodgkin
Anche quest’anno il meeting annuale dell’ASH (Orlando, 7-10 dicembre 2019) ha riservato sia nella sezione educazionale che in quella dedicata alle presentazioni orali una particolare attenzione alle novità nel campo del linfoma di Hodgkin (LH).
La sezione educazionale, dal titolo “Hodgkin Lymphoma: celebrating 200 years since Thomas Hodgkin entered medicine” (1819: apprendistato di Thomas Hodgkin al Guy’s Hospital), traendo slancio da questo rimando storico ha voluto approfondire tre aspetti del trattamento del LH:
1) Trattamento del paziente anziano (presentato da Andrew M. Evans)
2) Nuovi agenti ed evasione immunitaria nel LH (presentato da Ann LaCasce)
3) Analisi di farmaco-economia nella terapia di prima linea nel LH (presentato da Scott F Huntington).
Nella prima relazione, “Trattamento del paziente anziano” (tema che avrà un prossimo approfondimento dedicato) è stato illustrato in maniera approfondita come la popolazione anziana affetta da LH presenti delle peculiarità specifiche, sia da punto di vista biologico e di presentazione della malattia e sia in termini di risposta alle terapie, con tassi significativamente maggiori di resistenza o di recidiva.
Fondamentale in questa tipologia di pazienti, come dimostrato anche da importanti contributi scientifici italiani, è una valutazione multidimensionale di tipo geriatrico per poter correttamente stratificare i pazienti in fit o unfit per un trattamento chemioterapico intesivo.
L’avvento dei nuovi farmaci, con il loro diverso meccanismo d’azione e profilo di tossicità, ha sicuramente rinnovato l’interesse per questa categoria particolarmente insidiosa di pazienti.
I dati più interessanti provengono dagli studi di associazione in prima linea del brentuximab-vedotin (BV) con chemioterapia per i pazienti fit:
– BV sequenziale a AVD (2 cicli BV seguiti da 6 cicli AVD e successivi 4 cicli BV) (Evens AM et al, JCO 2018a), che ha mostrato una sopravvivenza libera da progressione (PFS) a 2 anni del 84% e una sopravvivenza globale (OS) del 93%;
– BV associato a ciclofosfamide/doxorubicina/prednisone (BV-CAP) (Boell B et al, Blood 2018): tasso globale di risposta (ORR) del 98%, con 65% di risposte complete (CR);
– la sottoanalisi dello studio ECHELON-1 (BV-AVD vs ABVD) per i pazienti con età uguale o superiore ai 60 anni non ha invece dimostrato un superiorità statisticamente significativa per il braccio sperimentale (Evens AM et al, Blood 2018).
La seconda relazione, “Nuovi agenti ed evasione immunitaria nel LH”, presentata da Ann LaCasce, si è invece concentrata sulla tematica dell’evasione immunitaria nel LH quale bersaglio terapeutico ed in particolare è stata fatta un’ampia disamina sui farmaci “checkpoint inhibitors”, sia in termini della loro efficacia in monoterapia nel paziente recidivato/refrattario (vedasi parte dedicata nel capitolo generale) sia come possibili partner di terapie di associazione in linee precoci di trattamento (prima linea o pre-trapianto autologo).
Ed è proprio in quest’ultimo campo che stanno emergendo i dati più interessanti.
Per quanto riguarda la prima linea sono da segnalare:
– nivolumab associato ad AVD in pazienti all’esordio con LH avanzato: 51 pazienti, Coorte D dello studio CheckMate 205 (Ansell SM, 15-ICML 2019). 4 cicli di nivolumab seguiti da 6 cicli Nivo-AVD: ORR del 86%, con 69% di CR;
– nivolumab+AVD negli stadi precoci: vedasi abstract orale n°236;
– nivolumab+BV nei pazienti anziani: vedasi abstract orale n°237;
– pembrolizumab+AVD: vedasi abstract orale n°235.
E’ attualmente in corso in Nord America un ampio studio di fase 3 randomizzato volto a valutare l’associazione BV-AVD vs lo schema nivolumab-AVD in pazienti con LH in stadio III-IV all’esordio (https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT03907488).
Per quanto riguarda il loro possibile utilizzo in associazione in fase pre-trapianto autologo, da segnalare lo studio con nivolumab-ICE presentato da Herrera nella sezione dedicata alle presentazioni orali (vedasi abstract orale n°239).
Come ulteriore prospettiva futura vi è inoltre la possibilità di combinare tali farmaci con altri nuovi agenti in grado di modificare l’ambiente immunitario del LH, come i farmaci demetilanti (decitabina) e nuovi anticorpi monoclonali (Ab bispecifici anti CD30/CD16, ipilumab).
L’ultima relazione, “Analisi di farmaco-economia nella terapia di prima linea nel LH”, si è invece soffermata sugli aspetti di farmaco-economia correlati alle nuove terapie introdotte per il LH. Partendo da una prospettiva storica, Scott Huntington ha mostrato delle chiare evidenze dell’esponenziale aumento dei costi dei trattamenti e di come questa tematica rappresenterà un aspetto non secondario nella moderna terapia del LH sia nel paziente recidivato/refrattario sia nella futura terapia di prima linea.
SELEZIONE DI PRESENTAZIONI ORALI
La sessione dedicata alle presentazioni orali ha rilanciato le tematiche emerse nelle relazioni educazionali. Se da una parte sono stati portati i dati consolidati di studi già ultimati (da segnalare la presentazione di Pierluigi Zinzani sui dati finali dello studio Keynote 087), varie presentazioni hanno invece presentato i risultati degli studi in cui i nuovi agenti (BV e chekpoint inhibitors) sono stati utilizzati in prima linea o in fase precoce di recidiva.
Da segnalare inoltre come le nuove terapie necessitino di metodiche di monitoraggio e valutazione della risposta alternative ai consueti standard, e in questo ambito va sicuramente segnalato lo studio italiano coordinato da Carmelo Carlo-Stella che ha valutato il DNA tumorale circolante quale biomarkers di risposta nei pazienti trattati con i checkpoint inhibitors (Abstract n.131).
Sarah Gillessen et al. Dose-Intensification in Early Unfavorable Hodgkin Lymphoma: Long Term Follow up of the German Hodgkin Study Group (GHSG) HD14 Trial. Oral Abstract 129.
Lo studio tedesco HD14 era stato sviluppato per migliorare i risultati terapeutici nei pazienti con LH precoce sfavorevole e prevedeva la randomizzazione di 1.550 pazienti a ricevere 4 ABVD + RT (30 Gy) (braccio standard), oppure 2 cicli di BEACOPPesc seguiti da 2 cicli ABVD + RT (30 Gy) (braccio sperimentale). I dato finali dello studio, pubblicati su JCO nel 2012, mostravano come nel braccio sperimentale vi fosse un significativo miglioramento (circa il 7%) della FFTF (freedom from treatment failure) senza però una differenza statistica nella OS.
L’analisi portata all’ASH di quest’anno ha valutato i dati in termini di OS e sicurezza a lungo termine.
A 10 anni, la PFS nel braccio 4 ABVD è stata del 85,6% contro il 91,2% del braccio 2+2, mentre invece la OS non ha mostrato differenze statisticamente significative (94,1% vs 94%). Per quanto riguarda la tossicità, il braccio 2+2 ha mostrato un numero maggiori di morti legate al trattamento (7) rispetto al braccio 4 ABVD (1 morte), mentre sono risultati comparabili i dati delle seconde neoplasie (6,4% vs 4,7%, p = 0,86).
Paul G. Rubinstein et al. Safety and Efficacy of Brentuximab Vedotin in Combination with AVD in Stage II-IV HIV-Associated Classical Hodgkin Lymphoma: Results of the Phase 2 Study, AMC 085. Oral Abstract 130.
Questo studio si è proposto di applicare lo stesso schema terapeutico dell’ECHELON-1 (E1) (BV-AVD per 6 cicli) nei pazienti con LH classico associato a HIV, popolazione di pazienti non arruolata nell’E1 e che usualmente è caratterizzata da tassi maggiori di resistenza/recidiva e di tossicità legata ai trattamenti.
Sono stati arruolati 41 pazienti con stadio II-IV, nei quali la terapia antiretrovirale veniva iniziata almeno una settimana prima della chemioterapia. Nel corso del trattamento era obbligatorio l’utilizzo del supporto con fattore di crescita granulocitario.
L’analisi di efficacia ha mostrato una PFS a 2 anni del 86% con una OS del 92% (vedi Figura I). Sono state registrate tre morti, una delle quali associata al trattamento. Per quanto riguarda il profilo di tossicità, rispetto allo studio E1 si è registrato un maggior tasso di neutropenie (57% vs 29%) e di neuropatia periferica (49% vs 29%), sebbene le infezioni e le neutropenie febbrili siano risultate comparabili nei due studi.
Dal punto di vista della carica virale del HIV, la maggior parte dei pazienti si presentava con carica assente già al momento dell’inizio della terapia; da segnalare l’aumento delle conte dei CD4 e dei CD8 in corso di terapia.
Figura I. PFS e OS nella popolazione totale (A) e nei soggetti con LH associato a HIV.
Martina Di Trani et al. Longitudinal Assessment of Circulating Tumor Mutational Burden Using a Next-Generation Sequencing Cancer Gene Panel: A Potential Biomarker of Response to Programmed Cell Death 1 (PD-1) Blockade in Patients with Relapsed/Refractory Classical Hodgkin Lymphoma. Oral Abstract 131.
Questo studio italiano si è proposto di identificare dei biomarcatori di risposta nei pazienti in trattamento con farmaci anti PD-1 attraverso l’analisi del DNA tumorale circolante (ctDNA).
Sono stati studiati 21 pazienti trattati con farmaci anti PD-1 nei quali è stato raccolto il ctDNA e il DNA germline da sangue periferico prima del trattamento, in corso di terapia e al suo termine, analizzando poi un pannello di 133 geni usualmente coinvolti nei linfomi di derivazione B.
I geni più frequentemente coinvolti (>20%) sono stati: STAT6 (45%), SOCS1 (40%), ITPKB (35%), GNA13 (35%), TP53 (20%), TNFAIP3 (15%). Non è stato possibile identificare una correlazione tra specifiche mutazioni identificate al baseline e successiva resistenza alla terapia con anti PD-1. Di particolare interesse però è stata l’osservazione del progressivo calo durante il trattamento della quantità di ctDNA nei pazienti in CR/PR, mentre vi è invece un aumento progressivo nei pazienti con progressione di malattia (PD).
I pazienti in CR/PR hanno mostrato inoltre un fenomeno di “clonal reshaping”, in cui scompaiono in corso di trattamento le mutazioni presenti al baseline soppiantate da nuovi cloni. Nei pazienti refrattari, invece, vi è al contrario un fenomeno di “clonal persistency”, in cui le mutazioni presenti al baseline si mantengono in corso di trattamento, espressione della persistenza del clone maligno resistente.
Aspasia Stamatoullas et al. Brentuximab Vedotin in First Refractory/Relapsed Classical Hodgkin Lymphoma Patients Treated By Chemotherapy (ICE) before Autologous Transplantation. Final Analysis of Phase II Study. Oral Abstract 132.
In questa presentazione sono stati portati i risultati finali dello studio francese del LYSARC di associazione del BV con chemioterapia secondo schema ICE, come seconda linea di trattamento nei pazienti R/R prima del trapianto autologo. 42 pazienti sono stati trattati con 2 cicli ICE associati a BV (1,8 mg/Kg), con successiva valutazione PET. Solo i pazienti con risposta metabolica completa ricevevano un terzo ciclo BV-ICE ed una somministrazione di BV.
Il 69,2% dei pazienti ha raggiunto una CR dopo due cicli, con un 25,6% di PR.
Per quanto riguarda la tossicità, gli eventi di grado 3-4 sono stati principalmente: tossicità ematologia (71%), infezioni (21%), disturbi gastrointestinali (10%), mentre non si sono registrati casi di neuropatia o di morte da tossicità legata al trattamento.
Pamela Allen et al. Brief Pembrolizumab (PEM) Monotherapy Results in Complete and Near Complete Responses in the Majority of Untreated Patients with Classical Hodgkin Lymphoma (cHL): A Multicenter Phase 2 PET-Adapted Study of Sequential PEM and AVD. Oral Abstract 235.
Questo lavoro riporta i dati preliminari dell’utilizzo in prima linea del pembrolizumab in associazione allo schema AVD. 30 pazienti con LH in tutti gli stadi sono stati trattati con 3 cicli di pembrolizumab (200 mg ogni 3 settimane) seguite da 4-6 cicli di AVD (a seconda dello stadio), con rivalutazione PET ad interim (dopo i 3 cicli di pembrolizumab e dopo 2 cicli AVD) e al termine del trattamento.
Le risposte complete dopo 3 cicli di pembrolizumab sono state del 37% (con ulteriori 8 pazienti con riduzione del tumor metabolic volume di oltre il 90%), mentre dopo 2 cicli di AVD il 100% dei pazienti aveva ottenuto la CR metabolica. Con un follow up mediano di 6,5 mesi, i tassi di PFS e OS sono stati entrambi pari al 100%. Il trattamento è stato nel complesso ben tollerato con un solo caso di reazione avversa di grado 4 (transaminite).
Paul Jan Bröckelmann et al. Nivolumab and AVD for Early-Stage Unfavorable Hodgkin Lymphoma (NIVAHL). Oral Abstract 236.
Questo studio riporta i dati di utilizzo di nivolumab (Nivo) in prima linea in associazione allo schema AVD secondo 2 modalità:
– braccio A – nivolumab somministrato contemporaneamente allo schema AVD (giorni 1-15) per 4 cicli complessivi;
– braccio B – somministrazione consequenziale: 4 infusioni di nivolumab a intervalli di 2 settimane seguiti da 2 cicli NivoAVD e 2 cicli AVD.
Entrambi i bracci di terapia eseguivano la radioterapia (RT) al termine del trattamento. La rivalutazione PET veniva eseguita ad interim (dopo 2 cicli NivoAVD per il braccio A e dopo 4 Nivo per il braccio B) e al termine della terapia. Sono stati arruolati 110 pazienti con LH in stadio precoce sfavorevole secondo i criteri GHLSG.
L’ORR ad interim è stata del 100% per il braccio A e del 96% per il braccio B, mentre al termine del trattamento l’ORR è stata del 100% e del 98%, con CR del 81% e del 86% rispettivamente, per il braccio A e B.
Christopher A. Yasenchak et al. Phase 2 Study of Frontline Brentuximab Vedotin Plus Nivolumab in Patients with Hodgkin Lymphoma Aged ≥60 Years. Oral Abstract 237.
Questo studio ha valutato la terapia di associazione con BV e nivolumab in pazienti di età superiore ai 60 anni non eleggibili ai trattamenti chemioterapici convenzionali. 21 pazienti di età mediana di 72 anni sono stati trattati con BV (1,8 mg/Kg) in associazione a nivolumab (3 mg/Kg) ogni 3 settimane fino ad un massimo di 16 cicli.
18 pazienti sono risultati valutabili per l’analisi di efficacia con una ORR del 100%, una CR del 72% ed una PR del 28%.
Gli eventi avversi più frequenti sono stati astenia, neuropatia periferica, diarrea, febbre e reazioni infusionali che non hanno però mai condotto ad una discontinuazione del trattamento.
Alison J. Moskowitz et al. Brentuximab Vedotin and Nivolumab for Relapsed or Refractory Classic Hodgkin Lymphoma: Long-Term Follow-up Results from the Single-Arm Phase 1/2 Study. Oral Abstract 238. Alison Moskowitz ha presentato i dati a lungo termine dello studio di fase 1-2 con l’associazione brentuximab vedotin + nivolumab in paziente resistenti o refrattari a precedenti chemioterapie (dati preliminari pubblicati su Blood 2018).
In questo studio sono stati arruolati 91 pazienti con LH R/R (40% primary refractory e 30% early relapse) che hanno ricevuto 4 cicli di brentuximab (1,8 mg/kg ogni 21 giorni) associato a nivolumab (3 mg/Kg somministrato ai giorni 1 e 8 per una parte di pazienti o solo al giorno 1).
Il tasso di risposte complessive è stato del 85%, con il 67% di risposte complete. 67 pazienti sono stati poi sottoposti a trapianto autologo. Con un follow-up mediano di circa 22 mesi, la PFS per i pazienti sottoposti a trapianto è stata del 91% contro il 78% dell’intera coorte di pazienti (Figura II). L’OS è stata del 93%.
Figura II. PFS per l’intera coorte di pazienti trattati e per i pazienti sottoposti a trapianto autologo.
Alex F. Herrera et al. PET-Adapted Nivolumab or Nivolumab Plus ICE As First Salvage Therapy in Relapsed or Refractory Hodgkin Lymphoma. Oral Abstract 239.
Questo studio prospettico multicentrico ha voluto esplorare l’utilizzo di nivolumab in monoterapia o in associazione a chemioterapia secondo schema ICE, nei pazienti R/R dopo la prima linea di trattamento. 37 pazienti sono stati trattati con nivolumab (3 mg/Kg ogni 2 settimane) fino a 6 cicli. I pazienti in CR dopo 6 cicli venivano sottoposti a trapianto autologo, mentre i pazienti con persistenza di malattia ricevevano nivolumab in associazione a ICE (NICE) per 2 cicli.
I risultati in termini di risposta sono illustrati in Figura III.
Figura III. Risultati dello studio.
Al termine del trattamento previsto, compreso il trapianto autologo, la ORR è stata del 89%, con 86% di CR.
Gli effetti avversi più comuni legati al trattamento con nivolumab in monoterapia sono stati astenia, eritema, febbre e trombocitopeni,a sebbene nella maggior parte dei caso di grado I-II. Gli effetti avversi legati al trattamento NICE sono stati invece nausea, vomito, anemia, astenia, ipertensione e iponatremia, tutti di grado I-II.
Pierluigi Zinzani et al. of Keynote-087: Pembrolizumab Monotherapy in Relapsed/Refractory Classic Hodgkin Lymphoma. Oral Astract 240.
Pierluigi Zizani ha portato i dati a lungo termine (follow-up di 3 anni) dei pazienti con LH R/R trattati in monoterapia con pembrolizumab (200 mg ogni 3 settimane) nell’ambito dello studio KEYNOTE 087, che ha raccolto pazienti con malattia R/R dopo trapianto autologo e BV (coorte 1), trattati con BV ma ineleggibili al trapianto (coorte 2) o sottoposti a trapianto ma non trattati con BV (coorte 3).
Considerando la popolazione globale (210 pazienti), la ORR è stata del 71% con il 27,6% di RC.
Suddividendo i dati tra le varie coorti:
– coorte 1: ORR 78,3%, mediana di risposta 25 mesi, PFS 16,4 mesi, OS a 36 mesi 86,3%;
– coorte 2: ORR 64,2%, mediana di risposta 11,1 mesi, PFS 11,1 mesi, OS a 36 mesi 85,7%;
– coorte 3: ORR 71,7%, mediana di risposta 16,8 mesi, PFS 19,4 mesi, OS a 36 mesi 87,6%.
Di particolare interesse è una coorte di pazienti (17) che sono stati ritrattati con pembrolizumab per recidiva dopo aver raggiunto in precedenza una CR stabile. In questi pazienti la ORR è stata del 68,8% (31% CR).
Gli effetti avversi più frequenti correlati al trattamento sono stati febbre, astenia, eritema (attorno al 10%) e ipotiroidismo (14,3%).
BIBLIOGRAFIA
• Ansell SM, et at. 15th International Conference on Malignant Lymphoma. Lugano, Switzerland, June 18-22, 2019.
• Evens AM, Advani RH, Helenowski IB, et al. Multicenter Phase II Study of Sequential Brentuximab Vedotin and Doxorubicin, Vinblastine, and Dacarbazine Chemotherapy for Older Patients With Untreated Classical Hodgkin Lymphoma. J Clin Oncol. 2018;36:3015-3022.