Dall’ASH 2019. CAR-T cell nella leucemia acuta linfoblastica
Dal 61° meeting annuale dell’American Society of Hematology (Orlando, Florida, 7-10 dicembre 2019) presentiamo una selezione dei più interessanti abstract dedicati alle CAR-T nel trattamento della leucemia acuta linfoblastica B recidivata o refrattaria (LAL B R/R), tra gli oltre 40 presentati.
Schultz LM, Muffly LS, Spiegel JY, et al.
Stanford University Medical Center, Palo Alto, CA, USA; Loyola University Medical Center, Maywood, IL, USA; Center for Cancer Research National Cancer Institute, Bethesda, MD, USA.
La terapia con cellule CAR-T anti-CD19 o anti-CD22 è in grado di indurre elevate percentuali di remissioni complete (RC) in pazienti affetti da LAL B R/R, ma alcuni pazienti possono andare incontro a recidiva con blasti CD19 negativi o CD22 negativi. È stato ipotizzato che l’utilizzo di un costrutto CAR-T bivalente in grado di colpire contemporaneamente il CD19 ed il CD22 potrebbe ridurre il tasso delle recidive con perdita dell’antigene.
In questo abstract, Schultz e colleghi riportano i risultati di uno studio monocentrico di fase I per pazienti adulti e pediatrici affetti dal LAL B R/R che utilizza questo costrutto bispecifico testando due diversi dosaggi. Globalmente sono stati arruolati 19 pazienti (10 pediatrici e 9 adulti) con un’età mediana di 23 anni (range 2-68) ed una mediana di 4 precedenti linee di trattamento. Di questi 19 pazienti, 14 hanno ricevuto il trattamento con CAR-T CD19/CD22 bispecifiche: 7 hanno ricevuto un dosaggio pari a 1×106 CAR-T/kg e 7 un dosaggio pari a 3×106 CAR-T/kg. Non sono stati registrati fallimenti nella manifattura delle cellule (con tempi di produzione che variavano tra i 7 e gli 11 giorni).
Al giorno +28, sono risultati valutabili 12 pazienti. Globalmente, 11/12 (92%) hanno raggiunto una RC: 10 la hanno raggiunta entro il g +28, mentre 1 paziente con malattia extramidollare con risposta parziale al g +28 ha ottenuto una RC al g +180 senza ulteriori trattamenti. Dal punto di vista della tossicità, 9/12 (75%) hanno avuto una sindrome da rilascio di citochine (CRS) e 2/12 (17%) hanno sviluppato la sindrome da neurotossicità (ICANS); in entrambi i casi, la sintomatologia riferita è stata lieve (max grado 2). Sei pazienti (tutti bambini) hanno ricevuto un trapianto allogenico (allo-SCT).
Ad oggi, 3 pazienti hanno presentato una recidiva (2 pediatrici e 1 adulto): i blasti sono risultati CD19+. La sopravvivenza globale è stata del 92% con un follow-up mediano di 9,5 mesi (range 1-20). È importante sottolineare che tutte le recidive sono state CD19+, suggerendo che una strategia dual targeting possa superare il fenomeno della perdita dell’antigene.
Liu S, Deng B, Pan J, et al.
Beijing Boren Hospital, Beijing, China
La terapia con cellule CAR-T presenta come effetto collaterale più comune e tipico la CRS. Nei casi di CRS severa, è fondamentale un trattamento atto a controllarla efficacemente per garantire la sicurezza del paziente. Gli agenti farmacologici più utilizzati sono rappresentati dal tocilizumab – un antagonista del recettore dell’IL-6 – ed i corticosteroidi, che però hanno un potenziale effetto linfocito-tossico, che pertanto potrebbe inficiare l’attività delle CAR-T.
Questo studio era inteso a valutare l’impiego degli steroidi per il trattamento della CRS, sia in termini di efficacia nella gestione della CRS stessa che in termini di attività e persistenza delle cellule CAR-T. Sono stati arruolati un totale di 68 pazienti (28 adulti e 40 bambini). Ventidue (32,4%) presentavano malattia extramidollari (EMD), mentre i pazienti senza EMD presentavano una quota di blasti midollari variabile tra il 5% ed il 96,5%; 31 (45,6 %) avevano eseguito in precedenza un trapianto allogenico.
Cinquantaquattro pazienti (79,4%) hanno ricevuto infusione di CAR-T anti-CD19 e 14 (20,6%) anti-CD22. Quarantadue pazienti (61,8%) hanno ricevuto corticosteroidi. In 23/42 (54,8%), è stato necessario l’utilizzo di steroidi ad alto dosaggio (>10 mg/m2/die di desametasone o equivalente); la somministrazione degli steroidi è durata tra 1 e 16 giorni (≤7 giorni nel 78,6% dei casi). Ventisei pazienti (38,2%) non hanno ricevuto steroidi, ma solo terapia di supporto. Non è stata riscontrata differenza nei due gruppi di pazienti né nel tasso di RC (95,2% vs 92,3%, p = 0,344) né nella percentuale di RC con malattia minima residua (MRD) negativa (80,0% vs 79,2%, p = 0.249).
Analizzando la cinetica di espansione delle CAR-T nel sangue periferico (PB) dei pazienti appartenenti ai due gruppi, la conta delle cellule CAR-T nel gruppo di pazienti trattati con steroidi era significativamente più elevata rispetto a quella nel gruppo non trattato ai giorni +11 (p = 0,0302), +15 (p = 0,0053), +20 (p = 0,0045) e +30 (p = 0,0028), a riprova che gli steroidi non sopprimono la proliferazione delle cellule CAR-T nel PB. Inoltre, non sono state trovate differenze statisticamente significative nelle percentuali di CAR-T riscontrabili nel midollo osseo o nel liquor tra i due gruppi di pazienti (p=0,923 e p=0,433, rispettivamente). E’ stata monitorata anche la persistenza dell’aplasia delle cellule B nei due gruppi: nessuna differenza è stata riscontrata a 2 e a 3 mesi dall’infusione. Gli autori hanno concluso che l’uso di corticosteroidi non compromette l’efficacia del trattamento né la cinetica delle cellule CAR-T.
Annesley C, Gardner R, Wilson A, et al.
Seattle Children’s Hospital, Seattle, WA, USA; Fred Hutchinson Cancer Research Center, Seattle, WA, USA.
Circa un 50% dei pazienti con LAL B R/R trattati con CAR-T anti-CD19 va incontro ad una recidiva, frequentemente associata ad una perdita precoce della persistenza delle cellule CAR-T circolanti. È stato dimostrato che un basso livello di espressione dell’antigene CD19 nel midollo osseo ed una rapida riduzione delle cellule CAR-T circolanti nel sangue dopo l’attecchimento siano predittivi di questo fenomeno.
In questo studio sono stati riportati i risultati preliminari dello studio PLAT03 in cui venivano somministrate cellule T presentanti l’antigene CD19 (T-APC CD19t) dopo l’infusione di cellule CAR-T anti-CD19 per re-innescare la loro proliferazione e riattivazione in vivo, con il fine ultimo di indurre una persistenza più duratura e una riduzione del rischio di recidiva CD19+, che si correla in genere ad una perdita di attività delle CAR-T. Le cellule T-APC sono state prodotte a partire da cellule T CD4/CD8 autologhe – precedentemente criopreservate – trasdotte con un vettore lentivirale per esprimere un CD19 umano troncato (CD19t). Il protocollo prevede una infusione al mese per 6 mesi totali alla dose di 10×106 T-APC/kg/dose (se peso <25 kg) o di 5×108 T-APC/dose (se peso ≥25 kg).
Sono stati arruolati 14 pazienti affetti da LAL B R/R sottoposti a trattamento con cellule CAR-T anti-CD19 con un range di età variabile tra 8 e 26 anni: 8 pazienti presentavano un basso livello di espressione del CD19, 5 una rapida riduzione delle cellule CAR-T ed 1 paziente una perdita precoce della persistenza del clone CAR-T (sottoposto a reinfusione di CAR-T prima dell’infusione delle T-APC). Due pazienti sono risultati non eleggibili in quanto avevano perso la persistenza delle cellule CAR-T subito prima dell’infusione delle T-APC. Globalmente, 11 pazienti hanno ricevuto almeno una dose di T-APC. Per quanto riguarda gli eventi avversi di grado ≥2, un paziente ha presentato una febbre di G3 alla seconda infusione ed è uscito dallo studio. Non sono state osservate CRS o neurotossicità in seguito all’infusione delle T-APC. In tutti gli 11 pazienti è stato riscontrato un aumento delle cellule CAR-T anti-CD19 circolanti dopo trattamento con T-APC. Dei 10 pazienti trattati, 8/10 presentavano persistenza delle cellule CAR-T oltre il g +63. Ad un follow-up mediano di 8,8 mesi (intervallo 2-18,5 mesi), 5/10 presentavano una persistente aplasia delle cellule B. La sopravvivenza libera da leucemia stimata a 1 anno risulta del 69,2%.
Da questa prima esperienza sembra quindi che le T-APC CD19t possano determinare una espansione secondaria delle cellule CAR-T e potenzialmente migliorarne la persistenza.