L’anticorpo biclonale BLINATUMOMAB (BITE®) è una molecola in grado di legarsi contemporaneamente alle cellule T, tramite il CD3, ed alle cellule B, mediante il CD19, causando la stimolazione dell’attività citotossica delle cellule T contro le cellule B. L’ utilizzo di tale farmaco in pazienti affetti da leucemia acute linfoblastica acuta (LAL) a cellule B ha portato a risultati promettenti sia in casi di persistenza di malattia minima che in pazienti con franca recidiva di malattia.
Recentemente, sono stati presentati i risultati di uno studio di fase II condotto in collaborazione con il German Multicenter Study Group for Adult Acute Lymphoblastic Leukemia (GMALL), che prevedeva l’utilizzo del blinatumomab (15 mcg/m2/i.c. per 24 ore e.v.) per 4 settimane, seguite da 2 settimane di pausa per pazienti con LAL con persistenza di malattia minima residua (MMR) (Topp MS et al. Journal of Clinical Oncology, 2011, 29; 2493-8). Tutti i pazienti responsivi e con un donatore allogenico sono stati sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche dopo almeno un ciclo di trattamento; per tutti gli altri pazienti, se rispondenti, era prevista la somministrazione di blinatumomab fino ad un massimo di altri 3 cicli. Sono stati arruolati 21 pazienti con MMR positiva, di cui 6 pazienti in recidiva molecolare e 15 con MMR persistentemente positiva. Tra questi 5 erano BCR-ABL+ e 2 di essi hanno associato la terapia con l’anticorpo biclonale ad un inibitore delle tirosin-chinasi (imatinib o dasatinib, rispettivamente). E’ stata ottenuta una MMR negativa nell’80% dei casi, in tutti dopo un solo ciclo di terapia, compreso un paziente con LAL MLL-AF4+ e 3 BCR-ABL+. La relapse-free survival (RFS) osservata è stata del 78% con un follow-up a 405 giorni. Il 50% dei pazienti con MMR negativa è stato successivamente sottoposto a trapianto allogenico con una RFS del 100% (follow-up mediano di 434 giorni). I restanti pazienti (8 casi) non hanno ricevuto ulteriori terapie: 4 di essi hanno ancora una MMR negativa mentre gli altri hanno presentato due recidive extra-midollari (SNC e testicolo) e due recidive midollari con blasti CD19-, verificatesi in un periodo tra i 98 e 198 giorni. Non si sono osservati decessi durante il trattamento; eventi avversi di grado 3 o 4, prevalentemente linfopenia, febbre, brividi, ipogammaglobulinemia e ipokaliemia, sono stati osservati nell’81% dei pazienti e sono stati transitori. Due pazienti hanno presentato rispettivamente una crisi convulsiva ed epilettica, completamente reversibili.
All’ultimo congresso dell’ASH del Dicembre scorso a San Diego sono stati presentati i risultati del blinatumomab (5 mcg/m2/die) anche in pazienti con LAL-B in recidiva morfologica (Topp et al, Blood ASH Annual Meeting Abstracts, Nov 2011;118:252). E’ stata osservata una tossicità sul sistema nervoso centrale nel 25% dei casi, completamente reversibile, ed una remissione completa ematologica e molecolare nel 67% dei pazienti (dopo due cicli di terapia) con una RFS del 75%.
Il blinatumomab è stato utilizzato anche in 3 pazienti pediatrici resistenti pluritrattati e recidivati dopo trapianto allogenico (Handgretinger et al, Leukemia 2011, 25; 181-4). In tutti i pazienti si è evidenziata una rapida negativizzazione della MMR, seppur dimostratasi persistente solo in un caso. Gli effetti collaterali osservati sono stati transitori, ed in tutti si è osservata un’attivazione del linfociti T del donatore, senza tuttavia causare una GVHD.
Attualmente il Centro di Ematologia dell’Università “Sapienza” di Roma partecipa a due protocolli multicentrici internazionali che prevedono l’utilizzo dell’anticorpo biclonale in pazienti adulti con LAL che presentano persistenza di MMR molecolare oppure una recidiva clinica. Nei pazienti con MMR positiva è previsto l’utilizzo del blinatumomab (15 mcg/m2) per 4 cicli associato a chemioterapia intratecale; per i pazienti in recidiva morfologica l’anticorpo (dose escalation fino 28 mcg/m2) associato a chemioterapia intratecale può essere somministrato fino ad un massimo di 5 cicli. In entrambi i protocolli, i pazienti con donatore compatibile potranno essere successivamente sottoposti a trapianto allogenico. I risultati di tali studi potranno confermare l’efficacia e la sicurezza di tale farmaco per i pazienti con malattia refrattaria e/o resistente.
Dott.ssa Sara Grammatico
Prof. Robin Foà
Dipartimento di Ematologia, Università “Sapienza” di Roma
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