Il 60° ASH Annual Meeting convegno svoltosi a San Diego dal 1 al 4 dicembre 2018 ha visto come di consueto la suddivisione in sessioni di tipo educazionale, comunicazioni orali e poster inerenti le novità in ambito sia biologico che clinico-terapeutico. Presentiamo qui una sintesi organica delle principali novità riportate sul trattamento del linfoma di Hodgkin (LH).
SESSIONE EDUCAZIONALE
La sessione educazionale è stata suddivisa in tre relazioni che hanno messo a fuoco i principali nodi e le prospettive future del trattamento nel LH:
1) Terapia adattata al rischio nei pazienti con LH avanzato
Michael A. Spinner and Ranjana H. Advani, Risk-adapted therapy for advanced-stage Hodgkin lymphoma.
Hematology 2018 2018:200-206; doi:10.1182/asheducation-2018.1.200
Sebbene gli attuali regimi polichemioterapici utilizzati per il LH garantiscano elevati tassi di guarigione con percentuali di sopravvivenza globale (OS) attorno al 90%, rimane una percentuale minoritaria ma pur sempre rilevante di pazienti che risultano refrattari o recidivano precocemente dopo i trattamenti convenzionali di prima linea. In particolare i pazienti con età superiore ai 60 anni e i pazienti adolescenti/giovani adulti hanno evidenziato tassi di risposta inferiori con i normali regimi di terapia.
Gli sforzi per migliorare i risultati nel trattamento di prima linea hanno percorso varie strategie:
Studi di intensificazione PET2-guidati
Dopo vari studi retrospettivi che hanno dimostrato l’efficacia della PET ad interim nell’identificare i pazienti con outcome sfavorevole, 5 trial clinici sono stati condotti negli ultimi anni per valutare la possibilità di modificare il trattamento sulla base della PET ad interim (Tabella I):
Tabella I: Studi di intensificazione PET2-guidati.
Nel complesso tutti questi studi hanno evidenziato, con percentuali di PFS nel complesso sovrapponibili, come l’intensificazione nei pazienti con PET2+ possa nettamente migliorare i dati di outcome rispetto ai dati delle coorti storiche. Emerge però chiaramente come nessun regime di intensificazione riesca a superare completamente l’impatto prognostico negativo dato dalla PET2 positività. È inoltre importante sottolineare come regimi di intensificazioni particolarmente intensi non possano ad esser applicati nei pazienti più anziani.
Studi di riduzione della terapia PET2-guidati
Alla luce dei risultati di efficacia ottenuti con i regimi di terapia attuali, l’obiettivo di ridurre i potenziali effetti collaterali a breve e lungo termine legati al trattamento rappresenta un importante campo di studio nella terapia del LH.
Negli ultimi anni vari studi hanno esplorato la possibilità di ridurre l’intensità dei regimi chemioterapici basandosi sulla valutazione della risposta intermedia mediante PET (Tabella II):
Nel loro complesso, questi trial hanno evidenziato come la riduzione precoce della terapia basata sull’esito della PET ad interim possa nettamente migliorare il profilo di tossicità anche di regimi particolarmente intensi come il BEACOPP, senza pregiudicare gli attuali standard di efficacia terapeutica raggiunti.
Tabella II: Studi di riduzione della terapia PET2-guidati.
Studi di integrazione con nuovi agenti nella terapia di prima linea del LH avanzato
L’edizione dell’ASH del 2017 aveva visto la presentazione dei dati dello studio ECHELON-1, in cui 1334 pazienti sono stati randomizzati a ricevere 6 cicli ABVD o 6 cicli di brentuximab-vedotin (BV) associato ad AVD. I pazienti trattati con BV-AVD hanno mostrato tassi di PFS leggermente superiore al braccio standard (82% vs 77,2%). Lo schema sperimentale ha inoltre evidenziato una maggior efficacia nei pazienti con stadio IV, IPS ad alto rischio (da 4 a 7) e presentazione extranodale, a spese però di un maggior tasso di neutropenie (recuperate con fattore di crescita granulocitario) e di tossicità neurologica periferica. Questi dati hanno portato alla registrazione FDA dell’associazione BV-AVD nel trattamento del LH avanzato (stadio III-IV).
Sul versante tedesco sono stati condotti studi di fase 2 di associazione tra BV e BEACOPP con l’omissione della bleomocina e della vincristina e la sostituzione della procarbazina con la dacarbazina, mostrando risultati di efficacia comparabili ai dati storici dell’eBEACOPP, con però un netto miglioramento in termini di tossicità cumulativa.
Importante inoltre segnalare i dati dello studio di fase 2 CheckMate 205, all’interno del quale, pazienti con LH avanzato sono stati trattati con 6 cicli di nivolumab in associazione ad AVD, mostrando tassi globali di risposta (ORR) del 84%, con risposte complete (RC) del 67%. La PFS modificata a 9 mesi era del 94%.
La Tabella III mostra infine gli studi attualmente in corso che vedono l’integrazione dei nuovi farmaci (BV e farmaci anti PD-1) nella prima linea del LH.
Tabella III: Studi in corso sull’integrazione dei nuovi farmaci nel trattamento di prima linea del LH.
Sulla base di tutti gli studi descritti in questo educazionale è stata proposta una flow-chart di trattamento del LH avanzato che modula la terapia di prima linea sulla base del rischio iniziale alla diagnosi e sulla risposta valutata ad interim con la PET (Figura I).
Figura I: Flow-chart per il trattamento del LH avanzato.
Le prospettive future per il trattamento di prima linea del LH avanzato sono inoltre volte a ricercare dei migliori predittori di risposta identificabili già alla diagnosi della malattia, sia con metodiche radiologiche (come la valutazione del total lesion glycolysis –TLG- in PET) sia immunoistochimiche (espressione di CD68, PD1) e molecolari (valutazione del DNA circolante).
2) Ottimizzazione del ruolo di brentuximab-vedotin
Alison J. Moskowitz, Optimizing the role of brentuximab vedotin in classical Hodgkin lymphoma therapy.
Hematology 2018 2018:207-212; doi:10.1182/asheducation-2018.1.207
Il brentuximab-vedotin, approvato dalla FDA nel 2011, è diventato un cardine del moderno approccio del trattamento del LH in particolare nelle forme recidivate/refrattarie.
Negli anni che sono seguiti alla sua introduzione, tutti gli ambiti di trattamento del LH hanno visto lo studio dell’utilizzo del BV, sia in monoterapia che in terapia di associazione.
Questa sessione educazionale ha quindi voluto fare il punto sui risultati finora raggiunti nell’utilizzo del BV e sulle sue possibili ulteriori applicazioni future.
Pazienti anziani
Il BV in monoterapia in pazienti anziani non eleggibili a chemioterapia convenzionale ha mostrato ottimi tassi di risposta (ORR 92% con 73% di RC), seppur gravati da una limitata durata di risposta da una significativa tossicità in ambito neurologico periferico.
L’associazione di BV con bendamustina ha mostrato dei tassi di tossicità particolarmente elevati, mentre l’associazione con dacarbazina è risultata più tollerabile, con un incremento dei tassi di risposta (ORR 100% con RC del 62%) e della sua durata (mediana di 18 mesi circa).
Di notevole interesse è inoltre lo studio di fase 2 di associazione BV-AVD (2 cicli BV seguiti da 6 cicli AVD e successivamente 4 cicli BV) in pazienti con età maggiore di 60 anni e LH avanzato. La ORR è stata del 95% con 90% di RC, ed una PFS e OS a due anni rispettivamente del 84% e 93%. Anche in questo studio la neuropatia periferica ha rappresentato la principale tossicità riscontrata.
BV negli stadi precoci
L’introduzione di BV nel trattamento degli stadi precoci è stato valutato al fine di ridurre od omettere l’utilizzo della radioterapia. Gli studi preliminari hanno evidenziato come l’introduzione di BV possa permettere di ridurre l’intensità della radioterapia e in taluni caso di ometterla, anche se sono necessari ancora ampi studi randomizzati per definire con chiarezza il reale ruolo di BV nel trattamento degli stadi precoci.
BV negli stadi avanzati
Sono stati già descritti in precedenza e nel capitolo generale i dati emersi dallo studio ECHELON-1 e presentati nel corso dell’edizione 2017 dell’ASH. Anche in questa relazione educazionale è stato posto l’accento al fatto che il regime BV-AVD sembrerebbe aver una maggior efficacia nei pazienti con LH avanzato ad alto rischio (stadio IV, localizzazione extra-nodali) di sesso maschile. Da segnalare inoltre la maggior tossicità neurologica e i maggior tassi di neutropenia.
BV come ponte al trapianto autologo di cellule staminali
Il trattamento delle forme recidivate/refrattarie rappresenta un ampio terreno di studio e a tutt’oggi vari regimi di polichemioterapia sono stati testati (ICE, DHAP, ESHAP, IGEV), sebbene nessuno di essi abbia dimostrato una evidente superiorità rispetto agli altri.
Attualmente sono in corso vari trial che vedono l’associazione del BV con tali regimi chemioterapici sia con approccio sequenziale sia in combinazione (Tabella IV). Sebbene gli studi siano ancora in corso, i dati preliminari mostrano un aumento delle risposte rispetto allo storico, con tassi di RC pre-autologo compresi tra il 60 e il 90%.
Tabella IV: Regimi di associazione tra BV e chemioterapia.
BV come mantenimento post-autologo
I dati ormai consolidati dello studio AETHERA hanno mostrato come i pazienti che proseguono il trattamento con BV nel post-trapianto godono di maggiori percentuali di PFS (43 mesi vs 24 mesi) ed in particolare color che se ne giovano sono i pazienti con un elevato profilo di rischio pre-trapianto (risposta parziale, malattia a primariamente refrattaria, relapse precoce, malattia extra-nodale, multiple linee di trattamento).
BV come ponte al trapianto allogenico
Il BV è stato testato con discreto successo nei pazienti candidati a trapianto allogenico al fine di ridurre il carico di malattia in fase pre-trapiantologica. Una serie retrospettiva di 21 pazienti trattati con BV pre-allogenico ha mostrato una PFS a 2 anni del 59,2%, nettamente superiore se confrontata al 23,8% di una corte storica in era pre-BV.
Lo Figura II riassume gli attuali orientamenti di utilizzo del BV nel trattamento del LH. Il futuro della ricerca vedrà l’identificazione di biomarcatori sia alla diagnosi sia in fase di malattia recidivata in grado di discriminare i pazienti che si possono maggiormente giovare di un approccio immunomediato come quello del BV.
Figura II: Utilizzo di BV nel trattamento del LH.
3) Gli inibitori di PD-1 nel trattamento del LH
Alex F. Herrera, Where does PD-1 blockade fit in HL therapy?
Hematology 2018 2018:213-220; doi:10.1182/asheducation-2018.1.213
L’introduzione dei farmaci inibitori di PD-1 ha rappresentato la seconda rivoluzione dopo il BV nel trattamento del linfoma di Hodgkin (vedasi approfondimento dedicato).
Con il fiorire degli studi ed il passare del tempo dall’introduzione di questi farmaci, i dati sull’utilizzo nelle varie tipologie di pazienti si stanno facendo sempre più maturi ed aprono a nuovi scenari terapeutici.
Sia gli studi in monoterapia con nivolumab che con pembrolizumb (vedasi approfondimenti dedicati) in pazienti recidivati/refrattari hanno mostrato percentuali di ORR attorno al 60-70% con RC attorno al 20% (Tabella V). Gli aspetti sicuramenti peculiari nel trattamento con questa tipologia di farmaci sono la possibilità di avere miglioramenti continui nella risposta con inoltre una dilatazione del tempo al successivo trattamento, anche in pazienti in progressione franca di malattia.
Tabella V: Studi su anti PD-1 in monoterapia.
Anti PD-1 nella terapia di combinazione del LH recidivato/refrattario
Alla luce dei dati in monoterapia vari sono gli studi in corso che valutano le combinazioni degli anti PD-1 con chemioterapia e con BV, come illustrato nella Tabella VI:
Tabella VI: Studi su anti PD-1 in combinazione.
Utilizzo degli anti PD-1 in fase precoce
Sulla scorta dei dati nel LH recidivato/refrattario e ripercorrendo il percorso tracciato dal BV, anche i farmaci anti PD-1 sono oggetto di vari studi come parte integrante dei trattamenti precoci (pre- e post-autologo) e nel trattamento di prima linea.
Dati preliminari hanno evidenziato come l’associazione di BV e nivolumab in seconda linea in pazienti eleggibili a trapianto dia un tasso di ORR del 82% con RC del 61%, ed un profilo di tossicità favorevole.
Studi di associazione di nivolumab o pembrolizumab con i regimi di reinduzione standard sono in corso.
Utilizzo degli anti PD-1 in prima linea
I dati preliminari di associazione di nivolumab e AVD sono stati presentati all’ASH del 2017 (studio Checkmate 205 coorte D) secondo uno schema che prevedeva 4 dosi di nivolumab ogni 2 settimane seguite da 12 dosi di nivolumab+AVD ogni 2 settimane. Alla fine della terapia di combinazione, il tasso di ORR è stato del 84% e di RC del 67%, con una PFS a 9 mesi del 94%.
Sono attualmente in corso altri studi in prima linea che prevedono l’utilizzo di nivolumab in associazione a BV e in protocolli PET-guidati.
Come per il BV anche il futuro dell’utilizzo dei farmaci anti PD-1 vedrà la ricerca di biomarcatori, sia nei pazienti di prima linea che in quelli recidivati/refrattari, in grado di predire la suscettibilità a questa promettente famiglia di farmaci.
SELEZIONE DI PRESENTAZIONI ORALI
1) CAR-T nel trattamento del LH
CD30-Chimeric Antigen Receptor (CAR) T Cells for Therapy of Hodgkin Lymphoma (HL).
Carlos A. Ramos, et al. Blood 2018 132:680; https://ash.confex.com/ash/2018/webprogram/Paper111202.html
Alla luce dei promettenti risultati ottenuti con l’utilizzo delle CAR-T nel trattamento dei linfomi non-Hodgkin, anche nell’ambito del LH si sta studiando la loro applicazione in ambito terapeutico.
In questo studio sono state prodotte con metodica di trasduzione retrovirale cellule CAR-T anti-CD30 e sono stati trattati 9 pazienti con malattia recidivata o refrattaria, 6 dei quali dopo trattamento con brentuximab-vedotin. 3 pazienti sono stati trattati alla dose di 2×107 CD30-CAR-T cells/m2 mentre 6 pazienti alla dose di 1×108 cellule/m2. Tutti i pazienti hanno ricevuto una chemioterapia a scopo linfodepletivo a base di ciclofosfamide 500 mg/m2 and fludarabina 30 mg/m2 al giorno per tre giorni. Quattro pazienti hanno avuto una sindrome da rilascio citochinico di grado 1, mentre 6 pazienti hanno registrato rash maculo-papulare.
A distanza di 6 settimane dal trattamento sono stati valutati 8 pazienti, di cui 6 hanno ottenuto la RC mentre 2 pazienti hanno evidenziato una progressione di malattia.
2) Studio di combinazione di ipilumab, nivolumab, brentuximab-vedotin nei pazienti con LH recidivato/refrattario (studio ECOG-AGRIN E4412)
A Phase I Study with an Expansion Cohort of the Combinations of Ipilimumab, Nivolumab and Brentuximab Vedotin in Patients with Relapsed/Refractory Hodgkin Lymphoma: A Trial of the ECOG-ACRIN Research Group (E4412: Arms G-I)
Catherine Diefenbach, et al. Blood 2018 132:679; https://ash.confex.com/ash/2018/webprogram/Paper115390.html
In questo studio è stata testata la possibilità di trattare i pazienti con una terapia di combinazione comprendente nivolumab (al dosaggio di 3 mg/kg), brentuximab-vedotin (al dosaggio di 1,2 mg/kg per il braccio G e 1,8 mg/kg per il braccio H e I) e ipilumab (al dosaggio di 1 mg/kg). Nivolumab e brentuximab-vedotin venivano somministrati ogni 3 settimane per 16 dosi, con la possibilità di proseguire nivolumab per altri 12 mesi, mentre ipilumab veniva somministrato ogni 4 settimane. Sono stati trattati complessivamente 22 pazienti, 19 dei quali sono risultati valutabili per la risposta al trattamento. Dal punto di visita della tollerabilità del trattamento (vedi Figura III) non si sono registrati eventi avversi di grado 5, si è verificato un evento avverso di grado 4 (sindrome di Steven-Johnson), mentre i principali eventi di grado 3 sono stati rash, coliti, gastriti, pancreatiti e artriti.
La ORR è stata del 82% con una RC del 68% mentre, con un follow-up di 0,82 anni, la PFS e OS mediane non sono ancora state raggiunte.
Figura III: Eventi avversi, PFS e OS nello studio E4412.
3) Trattamento di seconda linea con nivolumab e brentuximab, seguito da brentuximab e bendamustina nei pazienti con risposta sub-ottimale, in pazienti con LH recidivato/refrattario pediatrici e giovani adulti (studio CheckMate 744)
Response-Adapted Therapy with Nivolumab and Brentuximab Vedotin (BV), Followed By BV and Bendamustine for Suboptimal Response, in Children, Adolescents, and Young Adults with Standard-Risk Relapsed/Refractory Classical Hodgkin Lymphoma.
Paul Harker-Murray, et al. Blood 2018 132:927; https://ash.confex.com/ash/2018/webprogram/Paper111279.html
Questo studio di fase 2 ha arruolato pazienti tra i 5 e i 30 anni con LH recidivato/refrattario alla prima linea di terapia. I pazienti sono stati indotti con 4 cicli di nivolumab associato a brentuximab-vedotin (fase di induzione), a cui seguivano dai 2 ai 4 cicli di brentuximab associato a bendamustina (fase di intensificazione) per i pazienti che non avevano raggiunto la risposta metabolica completa alla PET. I pazienti che raggiungevano la risposta metabolica completa dopo l’induzione o l’intensificazione venivano avviati a trapianto autologo.
L’endpoint primario era quello di valutare i tassi di risposta metabolica pre-trapianto mentre come endpoint secondario vi era la tollerabilità del trattamento.
Al momento della comunicazione, 25 pazienti avevano concluso l’induzione, mentre 6 avevano completato la fase di intensificazione con 2 cicli brentuximab-bendamustina. Dopo la fase di induzione, il 64% dei pazienti aveva ottenuto la riposta metabolica completa (16% risposta parziale, 4% progressione e 16% risposta non ancora valutata), mentre al termine della fase di intensificazione tutti i pazienti avevano raggiunto tale obiettivo.
I principali effetti collaterali legati al trattamento sono stati nausea, diarrea e febbre.
4) Risultati finali dello studio tedesco HD16 basato sul trattamento PET-guidato nel LH in stadio precoce favorevole
PET-Guided Treatment of Early-Stage Favorable Hodgkin Lymphoma: Final Results of the International, Randomized Phase 3 Trial HD16 By the German Hodgkin Study Group
Michael Fuchs, et al. Blood 2018 132:925; https://ash.confex.com/ash/2018/webprogram/Paper114519.html
Questa comunicazione ha riportato i risultati finali dello studio tedesco HD16, che è stato condotto allo scopo di valutare la possibilità di omettere la radioterapia IF (20 Gy) nei LH in stadio precoce favorevole.
I pazienti venivano randomizzati a ricevere il trattamento standard (2 ABVD + RT IF 20 Gy) oppure un trattamento PET2-guidato, dove nei pazienti con PET negativa (Dueville score 1-2) dopo i 2 ABVD veniva omessa la radioterapia.
Sono stati arruolati 1150 pazienti e 628 pazienti sono risultati PET2 negativi e quindi valutabili per lo studio di non inferiorità.
Con un follow-up di 47 mesi, la PFS a 5 anni della terapia combinata è stata del 93.4% (90,4-96,5) contro 86,1% (81,4-90,9) dei pazienti trattatati con solo chemioterapia (differenza: 7,3%; 95%CI: 1,6%-13,0%). Tale differenza è rappresentata principalmente dal maggior tasso di recidive locali nei pazienti trattati con sola chemioterapia (2,1% vs. 8,7%; p=0,0003). La OS non ha mostrato differenze nei due gruppi (98,1% [96,5-99,8] nella terapia combinata e 98,4% [96,5-100,0] per la sola chemioterapia).
Nei 693 pazienti trattati con terapia combinata standard, i pazienti con PET2 negativa al termine della chemioterapia hanno mostrato una PFS a 5 anni del 93,2% (90,2-96,2) contro 88,1% (83,8-92,3) nei pazienti PET2 positivi (p=0,035).
Questi dati hanno evidenziato come l’omissione della radioterapia aumenti il rischio di recidive a livello locale e di come la positività alla PET2 rimanga un fattore prognosticamente sfavorevole anche nei LH precoci favorevoli.
5) Trattamento con ciclo B-CAP (brentuximab, ciclofosfamide, doxorubicina e prednisone) nei pazienti anziani con LH avanzato (studio congiunto GHSG e NLG)
B-CAP (brentuximab vedotin, cyclophosphamide, doxorubicin and predniso(lo)Ne) in Older Patients with Advanced-Stage Hodgkin Lymphoma: Results of a Phase II Intergroup Trial By the German Hodgkin Study Group (GHSG) and the Nordic Lymphoma Group (NLG).
Boris Boell, et al. Blood 2018 132:926; https://ash.confex.com/ash/2018/webprogram/Paper119363.html
In questo studio di fase II, sono stati arruolati 49 pazienti con LH avanzato all’esordio ed età >60 anni (mediana: 66 anni, range: 64-80), trattati con 6 cicli B-CAP con successiva radioterapia sui residui PET positivi. La risposta al trattamento è stata valutata con TC. La ORR è stata del 98% con 21 pazienti che hanno raggiunto la RC, 26 la risposta parziale (PR) e solo un paziente in progressione di malattia. Valutati in PET, 31 pazienti hanno ottenuto la negatività metabolica al termine del trattamento. Questo regime terapeutico è stato ben tollerato con solo 2 pazienti che hanno dovuto omettere gli ultimi cicli previsti.
6) Limiti di un approccio PET-guidato nei pazienti con LH avanzato: risultati a lungo termine dello studio SWOG S0816
Long-Term Follow-up of SWOG S0816: Response-Adapted Therapy for Stage III/IV Hodgkin Lymphoma Demonstrates Limitations of PET-Adapted Approach.
Deborah M. Stephens, et al. Blood 2018 132:929; https://ash.confex.com/ash/2018/webprogram/Paper113034.html
Lo studio SWOG S0816, condotto dal 2009 al 2012, ha arruolato 331 pazienti con LH avanzato all’esordio, i quali sono stati trattati secondo una strategia PET-guidata. Dopo 2 cicli ABVD iniziali, i pazienti PET2 negativi continuavano il trattamento con ulteriori 4 cicli ABVD mentre i pazienti PET2 positivi (Dueville score >3) intensificavano il trattamento con 6 cicli eBEACOPP. In questa comunicazione stati presentati i dati del follow-up a lungo termine (follow-up mediano: 5,9 anni). La PFS globale a 5 anni è stata del 74%; nei pazienti PET2 negativi è stata del 76% (95%CI: 71-81%) mentre nei pazienti PET positivi del 65% (95%CI: 51-76%). Il tasso di OS globale è stato del 94% a 5 anni (95%CI: 91%-96%; Figura IV). Da segnalare l’aumentata incidenza di seconde neoplasie nel braccio di pazienti trattati con eBEACOPP (7 casi: MDS, rene, melanoma, NHL, tiroide, basalioma) rispetto al braccio trattato con ABVD (6 casi: rene, melanoma, NHL; vescica, prostata, carcinoma a cellule squamose) (p = 0,001).
Questo studio ha evidenziato come anche nei pazienti con PET2 negativa i dati a lungo termine mostrino dei tassi di relapse di circa il 25% e di come il trattamento intensificato, nei pazienti PET2 positivi, mostri dei dati di PFS sicuramenti migliori rispetto alle coorti storiche trattate con solo ABVD, a prezzo però di un maggior tasso di seconde neoplasie.
Figura IV: PFS e OS nello studio SWOG S0816.
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